Preghiera/Porzioni giornaliere/Luglio
1 Luglio
"... ed egli mi ha detto: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”. Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su me" (2 Corinzi 12:9).
Quanto sono misteriose le azioni di Dio! È incredibile pensare che un uomo così altamente favorito come Paolo sia sceso dal "terzo cielo" fino alle porte dell'inferno. Questo non è un'espressione troppo forte, considerando che "il messaggero di Satana" è venuto dall'inferno e lo ha schiaffeggiato. Tutto questo è avvenuto per insegnargli una lezione che il cielo non gli aveva insegnato: la forza di Dio resa perfetta nella debolezza. Se noi dobbiamo imparare dalla nostra debolezza, dobbiamo farlo nello stesso modo. Come ha ottenuto Paolo la sua fede? E non dobbiamo ottenere la nostra, nella nostra misura più debole, attraverso gli stessi canali, con gli stessi mezzi e con gli stessi insegnamenti interiori?
Se dobbiamo imparare il segreto della forza di Cristo, non lo faremo facendo progressi quotidiani nella santità carnale e diventando più forti in noi stessi giorno dopo giorno. La santificazione progressiva non significa che la vecchia natura viene gradualmente ammorbidita e fusa nella grazia, ma piuttosto che la forza di Cristo è resa perfetta nella nostra debolezza. L'Apostolo Paolo non ha imparato la forza di Cristo facendo progressi, ma essendo schiaffeggiato dal messaggero di Satana e sconfitto dalle sue stesse forze, ha trovato la forza di Cristo resa perfetta nella sua debolezza.
In altre parole, così come Paolo ha imparato la sua fede attraverso tribolazioni e incontri difficili, noi dobbiamo anche noi imparare nella stessa maniera. La vera forza di Cristo non si ottiene attraverso il perfezionamento personale o il progresso costante nella santità, ma è resa perfetta nel nostro riconoscere la nostra debolezza e nell'aver fiducia nella forza divina. Paolo stesso non ha acquisito questa forza attraverso sforzi umani, ma nell'essere sconfitto e nel riconoscere la superiorità della forza di Cristo anche nella sua stessa debolezza.
2 Luglio
"Attirami a te! Noi ti correremo dietro! Il re mi ha condotta nei suoi appartamenti" (Cantico 1:4).
Quanti di noi riescono a portare sulle labbra le parole di questa sposa, o hanno mai potuto usare in qualche momento della nostra vita una simile espressione? Dobbiamo aver avuto una certa visione e senso della preziosità e dell'amabilità di Gesù prima di poter gridare: "Attirami", dal profondo di un cuore sincero. Perché l'anima sincera ha paura di avvicinarsi al santo Jahvè, i cui occhi sono come una fiamma di fuoco, e di insultarlo con petizioni beffarde e con parole che non sente. Ma se mai quel desiderio si è acceso e quella preghiera si è levata nella vostra anima: "Attirami, ti correremo dietro", deve essere stata l'opera dello Spirito Santo nei vostri cuori, per suscitare quei sentimenti e per donarti una fede viva nel Figlio di Dio.
E "chi crede sarà salvato". Qualunque dubbio, qualunque paura, qualunque tentazione, qualunque esercizio ostacoli il cammino, "chi crede sarà salvato". Colui che gli ha dato un granello di fede spirituale nella gloriosa persona di Cristo, che ha avuto una visione del suo sangue espiatorio, un sorso di amore divino sparso nel suo cuore, andrà sicuramente alla gloria; egli è salvato con una salvezza eterna, nel Capo del suo patto. Il Signore che ha acceso di sé questi forti desideri nella sua anima, sicuramente li esaudirà. Come troviamo nel caso della sposa; le disse, dopo un po': "Alzati, amore mio, mia bella, e vieni via. Perché ecco, l'inverno è passato, la pioggia è finita ed è scomparsa. I fiori appaiono sulla terra; il tempo della è giunto il canto degli uccelli e si ode nella nostra terra la voce della tortora. Alzati, amore mio, mia bella, e vieni via".
3 Luglio
"Egli ha conservato in vita l'anima nostra, e non ha permesso che il nostro piede vacillasse" (Salmo 66:9).
È infatti una misericordia indicibile per gli eredi della promessa che la vita donata loro in Cristo e comunicata dallo Spirito Santo alle loro anime non possa spegnersi. Può certo sprofondare molto in basso – difficilmente si può dire quanto in basso, ma così in basso da sprofondare fuori dalla vista e quasi fuori dal sentirla; eppure, se è stata insufflata nell'anima dalla bocca di Dio una volta, non potrà mai morire.
Tuttavia è molto desiderabile che questa vita divina sia mantenuta in forza e vigore, e non sprofondi così in basso da essere appena percettibile sia a noi stessi che agli altri, perché se così fosse, ne avremmo poco conforto e saremmo di scarsa utilità o servizio per il popolo di Dio. È cosa triste accontentarsi di uno stato d'animo basso, magro e flebile, o limitarci ad un'attività religiosa esteriore, zelante nelle forme e esteriorità, solo per preservare un esterno pulito, quando dentro non c'è altro che oscurità, schiavitù e morte. Così il Signore, per così dire, è obbligato a immergerci in prove e afflizioni per tirarci fuori dalla carnalità e dalla morte, e per impedirci di "adagiarci sulla nostra feccia come Moab" [1]!
Nota. Il riferimento dell'espressione usata dall'autore: "adagiarci sulla nostra feccia come Moab", deriva da Geremia 48:11 "Moab era tranquillo fin dalla sua giovinezza, riposava come vino sulla sua feccia, non è stato travasato da vaso a vaso, non è andato in esilio; per questo ha conservato il suo sapore e il suo profumo non si è alterato". L'immagine della "feccia" o "sedimenti" deriva dalla produzione del vino. I "sedimenti" sono i residui che si depositano sul fondo del recipiente durante la fermentazione del vino. Se il vino viene lasciato troppo a lungo sui suoi sedimenti, può diventare torbido e acquisire un sapore sgradevole. Nella metafora biblica, quindi, "adagiarci sulla nostra feccia" implica una situazione di compiacimento, inattività e mancanza di vigilanza spirituale, come se si fosse indifferenti alle azioni e ai giudizi di Dio. Qui, infatti, Moab è descritto come un popolo che è rimasto tranquillo e inattivo, mantenendo i propri "sedimenti" e quindi il proprio "gusto" e "odore" (ossia la propria natura e carattere) inalterati, a causa della mancanza di tribolazioni o cambiamenti. Questa inattività è criticata come un segno di stagnazione e mancanza di crescita spirituale. Quindi, l'espressione si riferisce a uno stato di compiacenza spirituale e inattività, e viene utilizzata per esortare i credenti a evitare di cadere in questo stato di indifferenza e a rimanere vigilanti e attivi nella loro fede.
4 Luglio
"Metterò la mia gioia nel fare loro del bene e li pianterò in questo paese con fedeltà, con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima" (Geremia 32:41).
Dio gioisce nel salvare la tua anima tanto quanto tu puoi gioire nel fatto che la tua anima sia salvata. Dire "tanto" è ancora inadeguato. La Sua gioia è infinita, e la tua è sempre limitata; la sua è la gioia di Dio, e la tua è solo una gioia umana. Credi che Dio gioisca nel salvare, si diletti nel salvare? Perché altrimenti avrebbe dato il suo caro Figlio? Gli angeli non gioiscono forse per ogni peccatore che si ravvede? Non c'è allora forse immensa gioia in Dio per salvare anche un solo peccatore? Questo ci porta, per così dire, nei regni stessi della beatitudine e ci rivela il meraviglioso carattere di Dio nella sua Trinità di persone e Unità di essenza, che c'è una gioia nella salvezza della comunione dei credenti, la Chiesa, così che Dio stesso, per così dire, è pieno di gioia eterna nella salvezza del suo popolo.
Quando il suo caro Figlio si era offerto come sacrificio per il peccato, e così aveva cancellato le trasgressioni e le iniquità dei Suoi con il suo stesso spargimento di sangue e la sua morte, aveva vinto la morte e l'inferno, e ci aveva lavato nel suo sangue da tutta la nostra sporcizia, colpa e vergogna, Dio, per così dire; aveva gioito con infinita gioia nel completamento dell'opera del suo caro Figlio. E' stato l'adempimento dei Suoi eterni propositi di sapienza e grazia. E' stata la manifestazione della sua gloria alle creature umane e agli angeli. E' stato il trionfo del bene sul male, della santità sul peccato, della misericordia sul giudizio, dell'amore sull'inimicizia, della saggezza sull'inganno, dei consigli di Dio sui disegni dell'uomo, e, soprattutto, del Figlio di Dio nella sua debolezza su Satana nella sua potenza. Il cielo aveva gioto con un'innumerevole moltitudine di santi dai quali eterni inni di lode erano cantati a Dio e all'Agnello. Possiamo così vedere come il Dio del cielo anche ora gioisca di santa gioia per chiunque Egli conduca al godimento di una salvezza così gratuita, così grande, così gloriosa.
5 Luglio
"... fortificando gli animi dei discepoli ed esortandoli a perseverare nella fede, dicendo loro che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni" (Atti 14:22).
Quali sono le promesse di Dio? Non sono forse tutte le promesse adatte alla famiglia povera e bisognosa del Signore? Quali sono le promesse di perdono, se non per i colpevoli? Quali sono le promesse di salvezza, se non per i perduti? Quali sono le promesse di consolazione, se non per gli afflitti? Quali sono le promesse di grazia, se non per coloro che si sentono completamente perduti? Così è "attraverso molte tribolazioni" che entriamo nella dolcezza delle promesse. Poi vengono con potenza nel cuore; si manifestano con vita e sentimento all'anima; e cominciamo, come Geremia nell'antichità, a "trovare la parola di Dio e mangiarla". Allora noi sentiamo che è la gioia e l'esultanza del nostro cuore.
Questo è l'effetto del passare attraverso la tribolazione nella provvidenza e nella grazia, delle prove affilate come coltelli; di tentazioni gravi e moleste; di avversione da parte del mondo; dei colpi che ci infliggono i peccatori e talvolta anche i santi; di apprendere i meccanismi di un cuore ingannevole sopra ogni cosa e disperatamente malvagio. Tutto questo "per entrare nel regno di Dio"; per entrare in quelle dolci manifestazioni di amorevole misericordia e tenera compassione che sole possono soddisfare noi, la cui coscienza è stata toccata "dal dito" di Dio. E credo che tu che sei onesto, tu che sei sincero, tu che temi di essere ingannato, tu che sai che c'è un segreto nella pietà vitale, e desideri conoscerlo più profondamente e sentirlo più potentemente. Sono sicuro che c'è una testimonianza interiore nella tua anima che non sei mai entrato in nessun mistero del regno di Dio stabilito nel tuo cuore se non attraverso una qualche forma di tribolazione. Non è forse stato attraverso la tribolazione che hai compreso la Parola e l'hai sentita applicata alla tua coscienza mediante la potenza di Dio? E non è forse attraverso la tribolazione, attraverso la sofferenza, che sei stato portato ad apprezzare sempre di più la manifestazione di Dio alla tua anima? E sentire che niente ti sazia, niente ti accontenta, se non la beata scoperta dell'amore del Cristo sofferente?
6 Luglio
"...che per mezzo di lui credete in Dio che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, affinché la vostra fede e la vostra speranza fossero in Dio" (1 Pietro 1:21)
Osservate il segno speciale qui attribuito a coloro per i quali Cristo si è manifestato. Si dice di coloro che «per mezzo di lui credete in Dio». Se questo è il loro segno distintivo, possiamo ben chiederci cosa si intende con esso. Deve sicuramente essere una cosa grandiosa credere in Dio con una fede che porta con sé la salvezza. È facile credere che esista un Dio nella natura, o un Dio nella provvidenza, o un Dio nella grazia, secondo la semplice lettera della parola, e questo è ciò che fanno migliaia di persone che non hanno alcun interesse manifesto nell'amore redentore e nel sangue dell'espiazione ["con il prezioso sangue di Cristo, come d'agnello senza difetto né macchia" v. 19].
In effetti, è la grande illusione del giorno, la religione di quella moltitudine religiosa che non conosce né Dio né se stessa, né legge né vangelo, né peccato né salvezza. Tutto questo è un credere riguardo a Dio, nel senso che egli esiste, o che è un Dio come le Scritture lo rappresentano; ma questa è una cosa molto diversa dal credere in Dio. Questa è una fede speciale e peculiare, e implica una conoscenza spirituale e salvifica di Dio, come dice nostro Signore (Giovanni 17:3); e poiché nessuno può conoscerlo fino alla vita eterna se non attraverso qualche scoperta di Lui stesso, qualche manifestazione personale della Sua presenza, qualche avvicinamento a Sé stesso nel potere della sua Parola e nelle operazioni della sua grazia, così nessuno può credere in lui senza una fede nell'operazione divina. Credere, quindi, in Dio non è un atto della mente naturale, ma è dono e opera di Dio, donatoci attraverso la mediazione di Cristo, e perciò, come dice l'Apostolo, «Poiché a voi è stato dato, rispetto a Cristo, non soltanto di credere in lui, ma anche di soffrire per lui" (Filippesi 1:29).
7 Luglio
"Quale speranza rimane mai all'empio quando Iddio gli toglie, gli rapisce la vita? Iddio presterà forse orecchio al suo grido, quando verrà su di lui la sventura? Potrà egli trovare piacere nell'Onnipotente? invocare Iddio in ogni tempo?" (Giobbe 27:8-10).
Molti dei fedeli di Dio a volte si chiedono se la fede che hanno non potesse essere altro che ipocrisia. Esso potrebbero pensino arrivare a pensare di essere i più grandi ipocriti che abbiano mai professato la fede. Se sei afflitto da questi dolorosi dubbi e timori su te stesso, cerca (e possa il Signore aiutarti a portarlo alla luce del Suo volto) di riconoscere le due caratteristiche del carattere spirituale che sono menzionate nel testo biblico di oggi. Non parlare tanto della tua speranza; potrebbe essere come una "ragnatela". Non vantarti dei tuoi doni; potrebbero essere puramente carnali. Non fare affidamento sulla buona opinione che altri hanno di te; potrebbero essere ingannati a tuo riguardo. Verifica piuttosto se, con la benedizione del Signore, riesci a sentire questi due segni nella tua anima, come scritti lì dalla Sua stessa mano. Se è così, non sei un ipocrita; Dio stesso, per mezzo del Suo servo Giobbe, ti ha assolto dall'accusa.
Hai mai "trovato piacere nell'Onnipotente"? È una domanda seria da farsi. Il tuo cuore e la tua anima hanno mai seguito il Dio vivente dovunque ti volesse portare e senza protestare? Affetto, amore e gratitudine sono mai fluiti dal tuo petto fino al cuore del Signore? Hai mai sentito come se potessi stringerlo tra le braccia della fede, vivere e anche morire nel suo abbraccio? Ora, se la tua anima ha mai sentito questo, non sei un ipocrita; e nulla può sorgere dal tuo cuore miserabile, come un diavolo accusatore, che possa dimostrare che tu lo sia.
Oppure, se non riesci a rendertene pienamente conto, sei uno che invoca sempre Dio in ogni circostanza? Se è così non sei un ipocrita. Non parlo delle tue preghiere regolari, né di qualsiasi altra tuo esercizio regolare di pietà; poiché credo che spesso ci sia più Spirito di Dio, e più desiderio di Dio e piacere in Lui, nelle tue "irregolarità" più che in tutte le "regolarità" quotidiane, quelle di cui si compiacciono gli ipocriti. Hai mai sospirato e gridato di notte come faresti di giorno? Hai avuto di tanto in tanto il desiderio speciale di pregare oltre la tua solita norma? Lo hai fatto in risposta a ciò che il Signore operava in te, nella difficoltà, nella sventura, nella perplessità, nel dolore e nell'angoscia? Questa è una prova e un segno che nessun ipocrita ha mai avuto né potrà mai avere.
8 Luglio
"Non c'è dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù" (Romani 8:1).
Il versetto di Romani 8:1, "Non c'è dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù", è un potente promemoria dell'immensa grazia e misericordia di Dio. Questo testo invita ogni credente a riflettere sulla profondità del sacrificio di Cristo, che ha portato alla nostra redenzione e ci ha liberati dalla condanna che meritano i nostri peccati. Essere in Cristo significa essere avvolti dalla Sua giustizia, accettati nel Suo amore incondizionato, e protetti dalla Sua eterna intercessione. L'affermazione di Paolo non lascia spazio a dubbi: non c'è alcuna condanna per coloro che seguono fiduciosamente il Cristo. Questo significa che, indipendentemente dal nostro passato, dalle nostre debolezze e dai nostri errori, la nostra posizione davanti a Dio è sicura e stabile grazie a Gesù. Egli ha preso su di Sé la nostra colpa, permettendoci di vivere in una nuova libertà, liberi dal peso del giudizio e della condanna eterna - una realtà che molti negano, ma che è chiaramente insegnata nelle Sacre Scritture.
Inoltre, questo versetto ci incoraggia a vivere con una rinnovata speranza e fiducia. Siamo chiamati a riconoscere che la nostra salvezza non dipende dai nostri sforzi o meriti personali, ma dall'opera perfetta e completa di Cristo sulla croce. Questa consapevolezza ci spinge a vivere una vita di gratitudine e obbedienza, non per guadagnare l'amore di Dio, ma come risposta alla Sua infinita misericordia e grazia. Infine, Romani 8:1 ci esorta a condividere questa meravigliosa verità con altri. In un mondo spesso segnato da colpa e vergogna, il messaggio della non-condanna in Cristo offre un rifugio sicuro e una speranza incrollabile. Come credenti, siamo chiamati a essere portatori di questo messaggio di riconciliazione e perdono, affinché anche altri possano fare esperienza dela libertà e la gioia di essere in Cristo Gesù.
[Rifacimento dell'originale]
9 Luglio
"Chi è l'uomo che tema l'Eterno? Egli gli insegnerà la via che deve scegliere" (Salmo 25:12).
In tutta la molteplicità e varietà delle circostanze che hanno afflitto i figli di Dio, il Signore ha forse mai fatto un passo sbagliato? Anche se ha sconcertato la natura, anche se ha confuso la ragione, anche se ha capovolto i nostri piani, anche se forse ha fatto la cosa che temevamo di più e ha ostacolato ogni nostro intento e inclinazione naturale del cuore, possiamo dire che abbia sbagliato? Che abbia commesso un errore? Che abbia agito in modo imprudente? Che non ha fatto ciò che è per il nostro bene spirituale?
Cuore che mormora, ribelle e incredulo, taci! Può l’uomo, sciocco uomo, un verme della terra, una creatura di un giorno solo, alzare la sua debole voce e dire che Dio possa sbagliare? Il tuo cammino è molto oscuro, molto intricato, molto complesso; non riesci a vedere la mano di Dio nella prova che ora ti sta opprimendo; non riesci a credere che lavorerà per il tuo bene. Lo ammetto. L’ho provato. L’ho vissuto. Ma arriverà il momento in cui questo sentiero oscuro in cui stai camminando, si rivelerà pieno di splendore e luce, e tu proverai la verità di queste parole: "Ha guidato i ciechi per una via che non conoscevano".
Quando sappiamo che Dio è infinitamente saggio, che non può sbagliare, che tutte le sue azioni devono essere improntate alla sua eterna saggezza, siamo fatti tacere, rimaniamo in pace, non abbiamo nulla da dire, siamo dove era Aronne. Quando Nadab e Abihu erano stati colpiti dal Signore, Aronne sapeva che Dio non poteva sbagliare; era rimasto in silenzio (Levitico 10:3). Questo è il nostro giusto atteggiamento. Se conosciamo qualcosa della follia della creatura, se conosciamo qualcosa della saggezza di Dio, questo è il nostro posto. Quando i nostri Nadab e Abihu sono colpiti davanti ai nostri occhi, il nostro compito è rimanere in silenzio, mettere la bocca nella polvere; perché Dio sta ancora realizzando il suo obiettivo, di fronte a noi, e nonostante la natura, il senso e la ragione.
10 Luglio
"O afflitta, sbattuta dalla tempesta, sconsolata, ecco, io incastonerò le tue pietre nell'antimonio e ti fonderò sopra zaffiri" (Isaia 54:11).
Il Signore qui paragona la sua Chiesa sofferente a una nave in mare, in difficoltà in una forte tempesta, spinta fuori rotta da venti contrari, come fu il caso di Paolo nel Mediterraneo, e dubbiosa se mai raggiungerà il porto. Che immagine quella di un'anima sballottata dalla tempesta! Il sole e le stelle sono offuscati, la bussola è persa, la carta è inutile, il pilota è assente e i frangenti sono davanti! Molti, moltissimi membri della cara famiglia del Signore sono così "sballottati dalla tempesta"; alcuni con una tempesta di dubbi e paure; altri con una tempesta di lussuria e di corruzioni; alcuni con una tempesta di ribellione e irritabilità; altri con una tempesta di senso di colpa e di sconforto, oppure con cupi presentimenti e tristi apprensioni. Così vengono deviati dal loro corso, il loro sole e le stelle sono tutti oscurati; nessuna evidenza chiara, nessuna manifestazione luminosa; l'oscurità sopra e un mare in tempesta sotto; nessun porto in vista e la speranza di raggiungere il porto desiderato era quasi svanita.
Ma di Sion si dice inoltre che "sconsolata"; cioè, non confortata, né capace di conforto da nessun altro che Dio. Questo lo considero un segno molto decisivo dell'opera della grazia sull'anima. Quando un credente è così angosciato nei suoi sentimenti, così abbattuto nella sua mente e così turbato nella sua coscienza, che nessuno tranne Dio può confortarlo, sembra che siamo subito sulle orme dello Spirito. Non troviamo ipocriti su questo terreno. I falsi professanti possono facilmente consolarsi; possono rubare ciò che Dio non dà e appropriarsi di ciò che Egli non applica. Ma la caratteristica speciale di Sion è che lei è "sconsolata", che le sue ferite sono troppo profonde per i medicamenti umani, la sua malattia troppo dolorosa per le medicine che questo mondo può offrire. Dio ha riservato il suo conforto alle sue mani; Solo dalle sue labbra si può parlare di consolazione all'anima.
11 Luglio
"... ecco, io incastonerò le tue pietre nell'antimonio e ti fonderò sopra zaffiri" (Isaia 54:11 b).
Con queste "pietre", che il Signore ha promesso di "incastonare nell'antimonio" [o "nella malachite (CEI), "sopra il marmo" (Diodati)], "with fair colours" (KJ), con bei colori], penso che possiamo comprendervi le verità benedette dell'Evangelo che sono poste nell'anima dalla mano di Dio. I bei colori sono profondamente radicati e incorporati nella sostanza stessa della pietra, non stesi artificialmente. Sono come bei marmi, in cui ogni tonalità e venatura brillante penetra nella sostanza più profonda del materiale. Tali sono le verità di Dio, belle in tutto, penetrate con grazia e gloria nelle loro profondità più intime.
Ma questi colori sono nascosti alla vista finché non vengono portati alla luce e depositati nell’anima dalla mano di Dio. Per quanto bella possa essere una parola di Dio in sé, è solo nell'esperienza che tale diventa come incisa dalla sua stessa mano divina nell'anima. Questo fa risaltare i colori giusti. Quante volte leggiamo la Parola di Dio senza vedervi la minima bellezza! Ma se quella stessa porzione arriva con dolcezza e forza all'anima, allora in essa si vede subito la bellezza, l'inesprimibile bellezza; diventa "una pietra di bei colori". La salvezza piena e gratuita, l'amore che perdona di Dio, il sangue prezioso dell'Agnello, la giustificazione mediante la giustizia imputata da Cristo, "vino e latte senza denaro e senza prezzo", la grazia sovrabbondante, la misericordia eterna, la vita eterna: questi sono alcuni delle pietre preziose dai bei colori che Dio Spirito con le proprie mani depone nella coscienza.
12 Luglio
"... ecco, io incastonerò le tue pietre nell'antimonio e ti fonderò sopra zaffiri" (Isaia 54:11 c).
Prima di poter rimanere fermamente nelle cose di Dio dobbiamo avere un buon fondamento, qualcosa di solido su cui poggiare la nostra fede, la nostra speranza, il nostro amore, il nostro tutto. Per la sua afflitta Sion Dio promette: "ti fonderò sopra zaffiri". Un dono è come una pietra preziosa agli occhi di chi lo possiede. Ogni testimonianza dunque che Dio dà all'anima, ogni promessa portata nel cuore, ogni manifestazione di misericordia, ogni visitazione d'amore o applicazione di verità, possiamo chiamarla, in senso spirituale, "zaffiro"; poiché è davvero una pietra preziosa, radiosa del colore del cielo. Quando Dio pone così i suoi zaffiri nell’anima, essi offrono un solido fondamento per la fede. E poiché sono posti dalla mano di Dio stesso, devono essere saldi; poiché sono zaffiri, devono essere indistruttibili. Questi zaffiri, è vero, possono ognuno di loro essere sepolti nella polvere della carnalità e della mentalità mondana; la sporcizia e le acque reflue, il fango e la fanghiglia della nostra natura decaduta. Tutto questo può riversarsi su di loro, inondazione dopo inondazione. Ma sono forse in questo modo pregiudicati? La loro natura è forse cambiata, il loro valore alterato, il loro colore offuscato, il loro splendore sbiadito e scomparso? Certamente possono essere nascosti alla vista, il loro ambiente oscurato e i loro volti oscurati per un po’, ma un raggio del Sole della giustizia li riporterà alla luce; un tocco della mano del "Lucidatore" ripristinerà tutta la loro bellezza. La grazia non ha più comunione con il peccato di quanto lo sia un diamante con un mucchio di cenere.
13 Luglio
"Farò i tuoi merli di rubini, le tue porte di carbonchi e tutto il tuo recinto di pietre preziose" (Isaia 54:12)
Il versetto di Isaia 54:12 fa parte di una più ampia promessa di restaurazione e benedizione per il popolo di Dio. Dopo un periodo di sofferenza e desolazione, Dio promette di ricostruire Gerusalemme, la città santa, con materiali preziosi. Questo linguaggio ricco di immagini simboliche riflette la futura gloria e sicurezza della città restaurata, simboleggiando la preziosità e la bellezza della nuova creazione che Dio ha in serbo per il Suo popolo. La promessa di Dio in Isaia 54:12 è un richiamo potente alla Sua fedeltà e al Suo impegno verso il Suo popolo. Dio non solo ricostruisce ciò che è stato distrutto, ma lo fa con una magnificenza senza pari.
Questa visione di ricostruzione non riguarda solo la dimensione materiale, ma ha un significato profondamente spirituale. Dio promette di trasformare la nostra vita, le nostre circostanze e il nostro essere interiore con una bellezza e un valore che superano ogni immaginazione umana. I merli, parte delle mura di difesa, simboleggiano protezione e sicurezza. L'uso dei rubini, pietre di grande valore e bellezza, indica una protezione preziosa e sicura, che riflette la cura e la potenza di Dio. Nella nostra vita, questo può essere visto come la protezione divina che ci circonda, rendendoci forti e inespugnabili contro le avversità. Le porte rappresentano l'accesso e l'entrata. Il carbonchio, una gemma rara e splendente, simboleggia l'accesso glorioso e luminoso alla presenza di Dio. Le porte della nostra vita, le decisioni e le direzioni che prendiamo, sono illuminate e arricchite dalla guida divina, permettendoci di entrare in una relazione più profonda con Lui. Il recinto, la struttura perimetrale, rappresenta l'integrità e la completezza. Le pietre preziose indicano che ogni aspetto della nostra vita, dalla nostra fede alla nostra morale, è adornato e rafforzato dalla grazia di Dio. Questo significa che la nostra intera esistenza è avvolta dalla bellezza e dalla perfezione che solo Dio può fornire.
Questo versetto ci invita a riflettere su come Dio sta lavorando nella nostra vita per renderla preziosa e gloriosa. Anche nei momenti di difficoltà e desolazione, possiamo avere fiducia che Dio ha un piano di ricostruzione e rinnovamento per noi. La Sua promessa di usare "pietre preziose" nella nostra vita spirituale è un promemoria costante del nostro valore agli occhi di Dio e del Suo impegno a renderci splendenti nella Sua gloria.
Preghiera: Signore Dio, grazie per le Tue promesse di restaurazione e bellezza. Aiutaci a vedere la Tua mano che lavora nella nostra vita, trasformando ogni difficoltà in un'opportunità per la Tua gloria. Donaci la fede per confidare nella Tua protezione e guida, sapendo che Tu stai costruendo qualcosa di prezioso e splendente in noi. Amen.
[Riflessione rifatta]
14 Luglio
"Volgetevi a me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra! Poiché io sono Dio, e non ce n'è nessun altro" (Isaia 45:22).
Finché, nel sentimento dell'anima, non ci troveremo "alle estremità della terra", non avremo occhi per vedere, orecchie per sentire, cuori per percepire quale glorioso Mediatore vi sia alla destra di Dio Padre. Più sentiamo di essere "alle estremità della terra", più profondo sarà il nostro bisogno di Lui; e mentre lo Spirito dispiega il mistero della gloriosa Persona di Cristo e rivela la sua bellezza, più egli diventerà oggetto di ammirazione e adorazione dell'anima. Quale Mediatore è offerto nella parola di verità alla fede viva! Quale soggetto per la fede spirituale a cui guardare, per una speranza viva a cui ancorarsi e per l'amore divino da abbracciare! Che il Figlio di Dio, che giaceva nel cuore del Padre da tutta l'eternità, uguale al Padre e allo Spirito Santo, seconda Persona nella gloriosa Trinità, si sia degnato di assumere la nostra natura, affinché potesse gemere, soffrire, sanguinare e morire per dei miserabili colpevoli che, se gli fosse stato permesso, avrebbero rovinato le loro anime mille volte al giorno: che meraviglia delle meraviglie!
Ma non possiamo entrare, né sentire il potere di questo mistero finché non siamo ridotti a tali circostanze, che nessuno tranne un tale Salvatore potrà salvare le nostre anime. Possiamo fare qualcosa per salvare noi stessi? Allora non abbiamo bisogno di aiuto da quel Potente su cui Dio ha posto l'aiuto; e lo rifiuteremo segretamente. Possiamo guarire noi stessi? Allora non abbiamo bisogno del buon Medico. Quando però i nostri occhi sono aperti per vedere la nostra completa rovina e impotenza, e per vedere la gloriosa Persona del Figlio di Dio, la fede è spinta a fuggire e riposare su quell'Oggetto glorioso.
15 Luglio
"...ben vediamo colui che è stato fatto di poco inferiore agli angeli, cioè Gesù, coronato di gloria e di onore a motivo della morte che ha sofferto, affinché, per la grazia di Dio, gustasse la morte per tutti" (Ebrei 2:9).
I tuoi occhi lo hanno mai visto? Guarda nella tua coscienza, i tuoi occhi hanno mai visto Gesù? Non intendo i tuoi occhi naturali, quelli del corpo; ma l'occhio della fede, l'occhio dell'anima. Ti dirò cosa hai provato, se hai già visto Gesù. Il tuo cuore si è intenerito e sciolto, i tuoi affetti sono stati attratti verso il cielo, la tua anima è stata penetrata di gratitudine e lode, la tua coscienza è stata cosparsa del Suo sangue espiatorio, la tua mente è stata elevata al di sopra di tutte le cose terrene per dimorare e concentrarsi nel seno del benedetto Emmanuele. Pensi, allora, di aver visto Gesù con l'occhio della fede? Allora hai visto la perfezione della bellezza,il compimento della pura amabilità; hai visto l'immagine del Dio invisibile; hai visto tutte le perfezioni e il carattere glorioso della Divinità risplendere in colui che fu inchiodato all'albero del Calvario.
Sono sicuro che uno spettacolo come quello può s ciogliere il cuore più ostinato e strappare lacrime agli occhi più duri; una tale visione per fede della bellezza e della gloria dell'unigenito Figlio di Dio deve accendere il più caldo e santo flusso di tenero affetto. Potrebbe non essere durato a lungo. Questi sentimenti sono spesso molto transitori. Il mondo, il peccato, la tentazione e l’incredulità presto hanno un effetto avverso; l'infedeltà presto assale tutti; le cose del tempo e dei sensi presto si allontanano; ma mentre duravano così, in grado maggiore o minore, venivano prodotte le sensazioni.
Ora, se hai mai visto Gesù con l'occhio della fede, e hai mai avuto un tenero affetto verso di lui, lo vedrai nella gloria. Ma non lo vedrai mai nella gloria, se non lo avrai visto nella grazia; non lo vedrai mai faccia a faccia nella visione aperta della beatitudine eterna, a meno che tu non lo abbia visto ora sulla terra mediante la fede degli eletti di Dio nel tuo cuore.
16 Luglio
"Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo" (1 Timoteo 2:5).
Che egli sia Dio, è il fondamento stesso della nostra salvezza; poiché è la sua divinità eterna che dà potenza, efficacia e dignità a tutto ciò che come uomo Egli ha compiuto e sofferto per il Suo popolo eletto. Se Egli non fosse Dio, Dio e uomo in un'unica Persona gloriosa, quale speranza ci sarebbe per le noi colpevoli? Potrebbe il suo sangue espiare i nostri peccati, se la Divinità non Gli desse efficacia? Potrebbe la Sua giustizia giustificare le nostre persone, se la Divinità non conferisse merito e valore a tutte le azioni e le sofferenze della sua umanità? Potrebbe il suo cuore amorevole simpatizzare con noi e liberarci, a meno che “come Dio sopra ogni cosa” non vedesse e conoscesse tutto ciò che accade dentro di noi e non avesse tutto il potere, così come tutta la compassione, da esercitare a nostro favore?
Ci troviamo continuamente in circostanze in cui nessun essere umano potrebbe farci il minimo bene, tanto meno potremmo aiutarci o liberarci da soli; siamo intrappolati e non possiamo risolvere questo dilemmai; soffriamo tentazioni e non possiamo liberarcene; siamo nei guai e non possiamo trovare conforto; siamo pecore smarrite e non riusciamo a trovare la via per tornare all'ovile; andiamo continuamente dietro agli idoli e scaviamo "cisterne crepate" e non possiamo tornare alla "fonte di acque vive". Quanto è appropriato, quindi, e dolce, per coloro che dimorano nella dottrina del Nuovo Testamento, vedere che c'è un Emmanuele alla destra del Padre che fa da nostro unico e solo possibile Mediatore, il cui cuore è pieno di amore e i cui affetti si muovono con compassione; che ha versato il Suo prezioso sangue affinché potessimo vivere; che ha operato una gloriosa giustizia. "Per noi c'è un mediatore, un giustiziere o un arbitro, il Figlio prediletto di Dio, che ha acquistato la pace per noi con il sangue della sua croce e che è in grado di salvare completamente tutti coloro che vengono a Dio per mezzo di lui. Se confidiamo nel suo nome, i nostri peccati saranno sepolti nelle profondità del mare, saremo lavati da tutte le nostre sporcizie e resi più bianchi della neve, in modo che nessuno possa imputarci nulla. Saremo rivestiti degli abiti della giustizia e della salvezza, adornati con le grazie dello Spirito Santo e presentati impeccabili alla presenza della sua gloria con grande gioia. Impariamo la differenza tra il giustificare noi stessi e l'essere giustificati da Dio stesso" (Matthew Henry).
17 Luglio
"... benché fosse figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì" (Ebrei 5:8)
Il nostro misericordioso Signore ha dovuto imparare l'obbedienza alla volontà di Dio attraverso un'esperienza personale di sofferenza, e soprattutto attraverso un'implicita sottomissione alla volontà del suo Padre celeste. E a quale compito si era impegnato? Ad assumere su di Sé ed espiare al posto loro la pena dei peccati inerenti ed effettivi di coloro ai quali Dio aveva concesso la grazia della salvezza; che dovesse, cioè, offrirsi come prezzo di riscatto per liberarli da essi; che avrebbe dovuto portare i nostri peccati nel suo corpo sulla croce, con tutto ciò che comportava l'essere reso maledizione per noi; che con la morte vincesse Satana, che aveva il potere della morte, e liberasse coloro che per tutta la vita, per paura della morte, erano soggetti a servitù; e che, qualunque fossero i dolori e le offerenze che dovessero trovarsi sul suo cammino, dovesse sopportarli tutti e imparare, in e attraverso essi, l'implicita sottomissione alla volontà di Dio. Questa era la volontà di Dio, poiché era determinato a magnificare la Sua Legge, glorificare la Sua giustizia, rivelare e stabilire la Sua infinita purezza e santità. Eppure, nonostante tutto il suo dispiacere contro il peccato, affinché la sua infinita saggezza, la sua tenera pietà, il suo amore eterno e la sua grazia sovrana potessero risplendere e regnare nella felicità di molti attraverso una gloriosa eternità. Questa, però, anche la gioia posta davanti a Cristo, per la quale egli sopportò la croce, disprezzando l'ignominia, e ora è posto alla destra del trono di Dio.
Nota. Nei giorni della sua carne, come uomo, il Cristo si è assoggettato alla morte, ha avuto fame, è stato un Gesù tentato, sofferente, morente e ha imparato a sottomettersi alla volontà di Dio. C'è un gioco di parole nel testo greco tra i verbi “imparè” (ἔμαθεν, emathen) e “soffrì” (ἔπαθεν, epathen).
18 Luglio
"Chi sei tu, o grande montagna? Davanti a Zorobabele diventerai pianura; egli asporterà la pietra della vetta, in mezzo alle grida di: 'Grazia, grazia su di lei!'” (Zaccaria 4:7).
Se il tempio fisico coloro che erano tornati dall'esilio a Gerusalemme l'avessero costruito senza alcuna difficoltà; se tutto fosse andato liscio e tranquillo, non ci sarebbe stato alcun grido di "Grazia, grazia!", quando tutto fosse finito. Ma quando si era visto come il Signore aveva portato da Babilonia alcuni deboli esuli; come li aveva sostenuti in mezzo a tutti i loro problemi; e come colui che aveva gettato le fondamenta ebbe portato fuori la pietra angolare, tutti quelli che stavano lì potevano davvero dire: "Grazia, grazia su di lei", perché senza la grazia di Dio non ce l'avrebbero mai fatta. Erano state proprio queste perplessità e prove che li avevano fatti tutti gridare con gioia. Avevano fatto sussultare il cuore e l'anima con le labbra, quando erano esplosi con quel "Grazia, grazia su di lei". E chi griderà più forte di così d'ora in poi?
Colui che ha conosciuto e sentito la maggior parte della miseria del peccato tanto da sprofondare la sua anima nel dolore e nella tristezza, non potrà che esultare delle sovrabbondanza della grazia sul peccato. Chi avrà maggior motivo per cantare "Grazia, Grazia"? Il disgraziato perduto e rovinato, che ha temuto mille volte di andare in perdizione, e tuttavia è stato liberato per la grazia sovrana e portato alla gloria e alla gioia della visione beatifica di Dio. Nessun’altra persona è adatta a unirsi a quel canto; e sono sicuro che nessun altro si unirà a esso se non colui che ha conosciuto dolorosamente e sperimentalmente l'amarezza del peccato e il male di un cuore depravato; eppure ha visto e sentito che la grazia ha trionfato su tutto, nonostante il diavolo, nonostante il mondo, e nonostante sé stesso, e lo ha portato in quel luogo beato dove tante volte aveva temuto di non giungere mai.
19 Luglio
"i ciechi recuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e l'evangelo è annunciato ai poveri" (Matteo 11:5).
Cos'è l'Evangelo? L'Evangelo non è forse un annuncio di pura misericordia, di grazia sovrabbondante? Non dichiara forse l’amorevole benignità di Dio nel mandare il suo Figlio unigenito a patire e morire e, mediante la sua obbedienza, sangue e merito, a portare una salvezza "senza denaro e senza prezzo"? Non è questo l'Evangelo? Non intasato da condizioni, né paralizzato da alcunché la creatura debba compiere; ma che scorre liberamente come l'aria nei cieli? I poveri ai quali viene predicato il'Evangelo, lo apprezzano; è adatto a loro; è dolce e prezioso quando il cuore è abbattuto. Ma se mi alzo in orgoglio religioso, se mi baso sulla mia giustizia, se non sono spogliato di tutto ciò che c'è nella creatura, che cos'è per impartire l'Evangelo? Non ho il coraggio di riceverlo; non c'è posto nella mia anima per un vangelo senza denaro e senza prezzo.
Quando, però, sprofondo nella profondità della povertà creaturale, quando non sono nulla e non sono altro che un ammasso di peccati e di colpe, allora il benedetto Evangelo, perdonando i miei peccati, coprendo la mia anima nuda, diffondendo l’amore di Dio, guidandomi verso tutto ciò che è buono e mi conduce al godimento con un Dio Trino, diventa apprezzato. Quando un Evangelo così puro e così benedetto giunge nel mio cuore e nella mia coscienza, la mia precedente povertà di spirito non mi ha forse preparato a ciò? La mia precedente mendicità e necessità non l'ha forse fatta la strada, non l'ha resa adatta a me, e quando viene, non l'ha resa preziosa per me? Dobbiamo, quindi, sprofondare nella povertà di spirito, quel luogo doloroso, per sentire la preziosità e bere la dolcezza e la beatitudine del vangelo della grazia di Dio.
20 Luglio
"Perché se, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, essendo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita" (Romani 5:10).
In che situazione spaventosa è trovarsi, sentirsi e temere di essere nemici di Dio! Penso che il timore di essere un nemico di Dio sia uno dei sentimenti più dolorosi che abbia mai attraversato il mio petto. Infatti quale deve essere la conseguenza se un uomo vive e muore avendo Dio come nemico? In quella guerra dovrà perire. Se Dio è suo nemico, chi può essere suo amico? Tali sensazioni in noi sono molto simili alla disperazione. Lascia che un uomo senta pienamente di essere nemico di Dio, dove può nascondere la testa? L'inferno stesso sembra non offrirgli alcun rifugio. Ma deve riflettere bene su di questo prima di poter conseguire la riconciliazione. Deve considerare sé stesso un nemico di Dio per nascita, cioè essere nato in quello che i nostri riformatori chiamavano "peccato di nascita"; e che la sua mente carnale è inimicizia contro Dio. Oh, le sensazioni dolorose della mente carnale che è inimicizia contro Dio! È già abbastanza brutto essere nemico di Dio; ma che ogni fibra della nostra natura debba essere intrisa di inimicizia contro Dio, quell'Essere santo e benedetto al quale dobbiamo tanto e al quale desideriamo dover tutto; che il nostro cuore carnale in tutta la sua costituzione, nel suo stesso sangue, dovrebbe essere una massa assoluta di inimicizia verso Dio, E' un pensiero terribile! Se ti viene fatto sperimentare quell'inimicizia in te, e sentire più o meno i suoi sollevamenti e le sue sollevazioni, ciò taglierà a pezzi tutti i nervi della rettitudine della creatura; ciò rovinerà tutta la tua bellezza e la trasformerà in corruzione.
Ora, quando una persona sente questo dentro di sé, ciò lo porterà a cercare, se ha qualche radice di sentimento spirituale, un rimedio. Dio ha provveduto a questo nel sacrificio del suo caro Figlio, nel sangue dell'Agnello; nelle sofferenze, nell'obbedienza, nella morte e nella risurrezione del Gesù benedetto. Ora, quando questo è aperto nella nostra anima dallo Spirito di Dio; quando è data la fede per riceverlo; quando lo Spirito Santo lo applica; quando è ricevuto nel cuore (perché l'Apostolo dice: "Abbiamo ricevuto l'espiazione"), allora ha luogo una riconciliazione sentita; siamo allora riconciliati con Dio; l'amore prende il posto dell'inimicizia, la lode del sospiro e la benedizione del suo nome invece di scrivere cose amare contro noi stessi.
21 Luglio
"“Insorgi, o spada, contro il mio pastore, e contro l'uomo che mi è compagno!”, dice l'Eterno degli eserciti. “Colpisci il pastore, e siano disperse le pecore! io volgerò la mia mano sui piccoli" (Zaccaria 13:7).
Se vedessimo, sentissimo e ci rendessimo conto dell'enorme peccaminosità del peccato, non sarebbe guardando i lampi e ascoltando i tuoni della cima infuocata del Sinai, ma vedendo l'agonia e il sudore sanguinante e ascoltando i gemiti e le grida del Figlio sofferente di Dio, come si è fatto peccato per noi, nel Getsemani e sulla croce. Guardare Colui che abbiamo trafitto riempirà il cuore e gli occhi di un santo dolore per il peccato e di un santo lutto per e per un Signore martirizzato e ferito. Vedere, con l'occhio della fede, come rivelato all'anima dal potere di Dio, il caro Figlio di Dio legato, flagellato, schiaffeggiato, sputato, deriso e poi, al culmine del crudele disprezzo e della crudeltà infernale, crocifisso tra due ladri: questa visione fiduciosa delle sofferenze di Cristo, scioglierà il cuore più duro nella contrizione e nella compunzione.
Ma quando vediamo, con l'occhio della fede, che questa era stata solo la parte più piccola delle sue sofferenze, che ci sono state profondità di turbamento dell'anima e di intollerabile angoscia e agonia dalla mano di Dio come un fuoco divorante, come di inflessibile giustizia e giusta indignazione contro il peccato ovunque e in chiunque si trovasse, e che il nostro benedetto Signore aveva dovuto sopportare l'ira di Dio finché non fu versato come acqua, e il suo cuore tenero nelle fiamme dell'indignazione era diventato come cera, sciolto dentro di lui (Salmo 22:14) - allora possiamo in una certa misura concepire cosa intraprese diventando un'offerta per il peccato.
Poiché tutti i peccati dei suoi eletti furono posti su di lui, l'ira di Dio dovuta a loro cadde su di lui. Separazione da Dio, sotto un senso del suo terribile dispiacere, e ciò a causa del peccato, quella cosa abominevole che la sua anima santa odia, non è questo l'inferno? Questo, quindi, fu l'inferno sperimentato dal Redentore sofferente quando il Signore aveva addossato su di lui le iniquità di tutti noi (Isaia 53:6).
22 Luglio
"I nostri padri confidarono in te; confidarono e tu li liberasti. Gridarono a te, e furono salvati; confidarono in te, e non furono delusi" (Salmo 22:4-5).
Che gran benedizione sentire nel proprio cuore una profonda e incrollabile fiducia in Dio! Mentre tanti cercano qualcosa in sé stessi o gli uni negli altri, sicuri che per loro alla fine andrà tutto bene, queste loro non sono che illusioni se non si basano solo sull'opera redentrice di Dio in Cristo accolta con fede. Il santo di Dio si riposa sul Signore della vita e della gloria! In Lui ripone la sua speranza e in Lui ripone la sua fiducia. Il Signore lo onorerà né mai deluderà la sua fiducia. Chi ha confidato nel Signore è forse mai rimasto confuso? Se sei capace di confidare in lui, di credere nella sua parola fedele, di scartare ogni fiducia nelle creature e di appendere il peso della tua anima – e oh, che peso è quello! – su un Dio fedele e fedele al Suo patto, egli non ti lascerà mai, non ti deluderà e non ti abbandonerà. Potresti trovare difficile fidarti di lui in ogni momento. Potresti sentire il desiderio di qualcosa di accessibile ai sensi, qualcosa da vedere o sentire, distinto dalla fede. Non cercare questo. Camminiamo per fede, non per visione. Deve essere una nuda fiducia in un Dio che ora non si vede. "Gli uni confidano in carri, e gli altri in cavalli; ma noi ricorderemo il nome dell'Eterno, del nostro Dio. Quelli si piegano e cadono; ma noi restiamo in piedi e siamo saldi" (Salmo 20:7-8). Se sei capace di avere tale fiducia, presto o tardi egli renderà manifesto nella tua coscienza che sei uno dei giusti; la luce brillerà sul tuo cammino; la gloria spunterà sul tuo cuore e avrai il fine della tua fede, sì, la salvezza della tua anima (Ebrei 10:39).
23 Luglio
"... affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per la piena conoscenza di lui" (Efesini 1:17).
Rivelazione significa letteralmente la scoperta o lo svelamento di un oggetto nascosto o coperto. Il termine rivelazione è usato, quindi, a volte nel senso di manifestare, rendere noto o portare alla luce ciò che prima era nascosto nell'oscurità e nell'oscurità. Questa rivelazione è, quindi, prima esteriore nella parola, poi interiore nell'anima, e le due corrispondono strettamente e sono controparti l'una dell'altra in un caso soltanto, quando questo ci viene dato, concesso. Infatti, imediatamente quando, per il potere della grazia divina, un povero peccatore eletto alla grazia della salvezza in Gesù Cristo, si rivolge al Signore, lo Spirito di Rivelazione rimuove il velo dalle Scritture e dal suo cuore. Non lo abbiamo forse trovato noi così? Che libro sigillato era una volta la parola di Dio per noi! Come la leggevamo o la ascoltavamo senza un vero raggio di luce a illuminare quella pagina oscura; e che spesso velo di ignoranza, incredulità, pregiudizio, auto-rettitudine e impenitenza c'era sul nostro cuore. Ma lo Spirito di rivelazione, Spirito di grazia, ha rimosso questo doppio velo e, donandoci la luce della vita, ha fatto della Parola di Dio per noi un libro nuovo e ci ha dato un cuore nuovo. Poi, fin dal giorno in cui l'ingresso della Sua Parola ci ha dato luce, la parola di Dio è diventata una lampada ai nostri piedi e una luce sul nostro cammino.
Lo Spirito di Rivelazione, però è dato soprattutto per condurci ad una conoscenza spirituale, sperimentale e salvifica di Cristo. Senza questo benedetto Spirito di rivelazione Cristo non può essere conosciuto in modo efficace o salvifico. Quando dunque Pietro fa quella nobile confessione della sua fede in Cristo come «Figlio del Dio vivente», nostro Signore gli dice: «Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli» (Matteo 16:17).
24 Luglio
“... ma non gli ritirerò la mia grazia e non verrò meno alla mia fedeltà. Io non violerò il mio patto e non muterò la mia promessa" (Salmo 89:33-34).
Viviamo in un mondo in costante cambiamento e mutevole. Tutto ciò che ci circonda è segnato dalla variazione, dalla morte e dalla decadenza. Anche dentro di noi stessi, riconosciamo la nostra fragilità, debolezza e instabilità. Questa realtà, osservata attraverso i nostri sensi e la ragione, ci mostra l'incertezza e la mutevolezza impressa non solo negli eventi che viviamo, ma anche dentro di noi, nel nostro corpo e nella nostra anima. Spesso questa esperienza mette alla prova la nostra fede e la nostra speranza, poiché tendiamo a valutare Dio e il nostro rapporto con Lui basandoci sui nostri pensieri e sulle attività della nostra mente, anziché sulle Sue parole.
Tuttavia, quando riusciamo a guardare con fede attraverso le nebbie e le foschie che oscurano la nostra visione delle realtà divine, possiamo trovare terreno solido nei propositi eterni di Dio, manifestati in un patto stabile e sicuro. In questo modo, la nostra fede e la nostra speranza non si basano sui nostri mutevoli sentimenti, ma sulla parola e sulla promessa di Colui che non può mentire. Come ha fatto Davide sul suo letto di sofferenza, possiamo trovare conforto in questo "patto eterno, ordinato in ogni cosa e sicuro" (2 Samuele 23:5).
Prima ancora della creazione del mondo, del peccato e dell'uomo stesso, Dio aveva già provveduto un Salvatore, istituito un Redentore e scelto coloro che sarebbero stati redenti da Lui. Di fronte a ciò, come possiamo pensare che eventi mutevoli nel tempo possano alterare ciò che è stato stabilito in modo così assoluto da un decreto sovrano?
25 Luglio
"Chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato che Dio è veritiero" (Giovanni 3:33).
Noi saremo in grado di confermare la verità di Dio in qualsiasi aspetto della dottrina cristiana, dell'esperienza o del precetto biblico solo quando percepiremo interiormente la testimonianza di Dio stesso. È solo ricevendo la testimonianza di Cristo, facendo l'esperienza di un'approvazione interiore e percependone la beatitudine che potremo confermare la verità di Dio. Questo è l'unico modo per conoscere il potere e la realtà della vera religione, comprendere le Scritture e godere di una testimonianza convincente che Dio è il nostro Dio, Cristo il nostro Salvatore, lo Spirito Santo il nostro Maestro, il nuovo cielo e la nuova terra la nostra dimora eterna, e che la nostra anima è salvata nel Signore Gesù Cristo con una salvezza eterna.
A volte, non riusciamo quasi a credere a nulla; sembra che non ci sia nulla nella parola di Dio a cui potremmo dare conferma. Tutto sembra un ammasso di confusione, e la nostra ignoranza appare così grande che non possiamo confermare nessuna verità vitale. Quando, però, lo Spirito benedetto si compiace di testimoniare Egli stesso in noi delle cose di Dio, e noi, ricevendo la testimonianza di Gesù Cristo, camminiamo alla luce di quella testimonianza, allora troviamo una santa certezza e un'acquiescenza celeste con la verità di Dio. Questa fede divina ci porterà attraverso tutte le nostre prove e i nostri dolori, e sebbene potremmo essere trascinati attraverso un vero inferno di tentazioni, tuttavia sapremo che Dio è veritiero. Ecco, quindi, la grande prova della fede; prima ricevere la testimonianza di Cristo, e poi aggrapparsi a quella testimonianza, nonostante ogni opposizione dall'interno e dall'esterno, per sentirne tutto il peso, il potere e la dolcezza.
Nota: La testimonianza a cui si riferisce il versetto è la testimonianza interiore del credente nella quale lo Spirito Santo, "prendendo le cose che ringuardano il Cristo", rende chiaro e comprensibile in noi ciò che riguarda la persona e l'opera di Gesù. In Giovanni 15:26, si dice: "Quando sarà venuto il Consolatore, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me". La "testimonianza" in Giovanni 3:33 è principalmente la rivelazione e il messaggio portato da Gesù Cristo, la verità dell'Evangelo, la natura di Dio e del piano di salvezza, e tutto questo impartito all'anima credente dallo Spirito Santo. Riceverla significa accettarla con fede, riconoscendo la veridicità e l’autorità divina del messaggio proclamato da Gesù.
26 Luglio
"Metterò quel terzo nel fuoco e lo raffinerò come si raffina l'argento, lo proverò come si prova l'oro; essi invocheranno il mio nome e io li esaudirò; io dirò: 'È il mio popolo!', ed esso dirà: 'L'Eterno è il mio Dio!" (Zaccaria 13:9).
È misericordioso essere "nella fornace" e è misericordioso essere portati fuori attraverso di essa. La promessa del Signore alla terza parte è che li porterà attraverso il fuoco. Devono quindi, secondo la sua stessa parola, esservi messi dentro, ma non lasciati lì dentro. È "nel fuoco" - proprio attraverso di esso dall'inizio alla fine, che sia lungo e lento o corto e feroce. Il Signore sa esattamente cosa possiamo sopportare, e non è sempre il fuoco più caldo a produrre gli effetti più di ammorbidimento. Alcuni metalli sono davvero così ostinati e la scoria è così profondamente radicata in loro che sembrano richiedere un fuoco più caldo di altri. Ma dopo che la Legge ha svolto la sua funzione, è allora che la scoria e lo stagno sono eliminati. Il Signore di solito non riporta di nuovo una fornace così calda. È piuttosto una prova, una tentazione, una malattia, un'afflizione familiare, delle ristrettezze nella provvidenza, una persecuzione, delle profonde e quotidiane scoperte del corpo del peccato e della morte, del nascondimento del volto del Signore e delle negazioni della sua presenza che sembrano costituire quella esperienza che mette alla prova la fede di ogni persona che vi sia sottoposta, di qualunque tipo sia. Con queste prove ed esercizi vi si opera graduale svezzamento dal mondo, un'umiltà, una mansuetudine e una rottura di spirito davanti al Signore, una maggiore semplicità e sincerità divina, un'obbedienza più volontaria ai precetti dell'Evangelo e un desiderio più grande di conoscere la volontà di Dio e di metterla in pratica. Oh, che questi frutti dello Spirito possano abbondare in noi e in tutti i santi e i servi di Dio!
Nota. Che cosa si intende in Zaccaria 13:9 per "quel terzo"? Alcuni studiosi biblici vedono questo versetto come un riferimento specifico al residuo fedele di Israele. Secondo questa interpretazione, il profeta Zaccaria sta parlando di un tempo futuro in cui solo un terzo del popolo sopravvivrà ai giudizi divini e sarà purificato attraverso prove e tribolazioni. Questo residuo sarà quindi rafforzato nella fede e riconosciuto come il vero popolo di Dio. In una prospettiva più ampia, "quel terzo" può essere visto come rappresentativo di tutti coloro che, alla fine dei tempi, passeranno attraverso un processo di purificazione e saranno salvati. Questo include non solo gli ebrei, ma tutti i credenti che accetteranno il messaggio dell'Evangeloe riconosceranno Dio come loro Signore. In questo contesto, il fuoco è simbolico della purificazione e della prova necessaria per affinare la fede dei credenti. Alcuni esegeti suggeriscono che "quel terzo" rappresenti una porzione simbolica del popolo di Dio che, attraverso il fuoco delle prove e delle sofferenze, emerge purificata e rafforzata nella fede. Questo può essere applicato sia a livello individuale che collettivo, indicando che attraverso le difficoltà, la vera fede e il vero carattere dei credenti vengono rivelati e raffinati. Nel contesto della teologia riformata, "quel terzo" è spesso visto come un simbolo della Chiesa eletta e perseverante. La prova e la purificazione attraverso il fuoco sono viste come parte del processo di santificazione, in cui i credenti sono gradualmente conformati all'immagine di Cristo attraverso le sofferenze e le prove della vita.
27 Luglio
"...affinché, come il peccato regnò nella morte, così anche la grazia regni, mediante la giustizia, a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore" (Romani 5:21).
Questa è la misericordia per i credenti "in lutto" che sospirano e gemono perché sentono tutto il peso del loro peccato e della morte. Per loro Dio ha decretato che la grazia non solo può regnare, ma deve regnare. Se fosse lasciato a noi stessi, non potremmo più liberarci dal dominio del peccato di quanto i figli d'Israele potessero liberarsi dalla schiavitù egiziana. Ma hanno "sospirato" e i loro gemiti, a causa della schiavitù, e il loro grido sono giunti a Dio. Egli tenuto in considerazione il suo patto, li ha guardati e li ha liberati (Esodo 2:23-25). Così Dio ha stabilito per conto del suo popolo che il peccato non sia la loro rovina eterna; che non li immerga in un crimine dopo l'altro, finché non li getti alla fine nell'abisso di un dolore senza fine, ma che la grazia "regni mediante la giustizia a vita eterna".
Ma deve regnare qui come nell'aldilà, perché con il suo regno qui il suo eterno trionfo è assicurato. Deve quindi sottomettere i nostri cuori orgogliosi e non cessare mai di far oscillare il suo pacifico scettro su di essi finché non avrà assicurato in essi una vittoria assoluta e incondizionata. Ora, questo è ciò che ogni sincero figlio di Dio desidera ardentemente sentire e realizzare. Desidera ardentemente abbracciare Gesù ed essere abbracciato da lui tra le braccia dell'amore e dell'affetto. Come dice l'inno, "Ma ora sottomesso dalla grazia sovrana, Il mio spirito desidera il tuo abbraccio".
Il credente odia il peccato, benché operi in lui ogni giorno, ogni ora, ogni momento, e cerchi sempre di riguadagnare il suo precedente dominio; egli aborrisce quel crudele tiranno che lo ha messo a fare il suo più vile lavoro, lo ha ingannato e illuso con mille promesse bugiarde, lo ha trascinato più e più volte in cattività, e se non fosse stato per la grazia sovrana avrebbe suggellato la sua distruzione eterna. Sottomesso dallo scettro della misericordia, egli desidera ardentemente il dominio della grazia su ogni facoltà della sua anima e su ogni membro del suo corpo. "Oh", egli dice, "lascia che la grazia regni e governi nel mio cuore; lascia che non permetta ad alcun peccato di avere dominio su di me; lascia che domini ogni desiderio sfrenato e porti in cattività ogni pensiero all'obbedienza di Cristo!" Così, colui che teme veramente Dio guarda alla grazia, e alla grazia soltanto, non solo per salvare, ma per santificare; non solo per perdonare il peccato, ma per sottometterlo; non solo per assicurargli un'eredità tra i santi nella luce, ma per renderlo idoneo a riceverla.
28 Luglio
"... però quando sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito e vi annuncerà le cose a venire" (Giovanni 16:13).
Ci sono due grandi lezioni da apprendere alla scuola di Cristo, e in esse è compreso e riassunto tutto l’insegnamento divino. Il primo è imparare, mediante l'insegnamento dello Spirito, ciò che siamo per natura; così da vedere e sentire la totale rovina e completo naufragio di noi stessi, e la completa miseria, debolezza e impotenza della creatura nelle cose di Dio. Questo è il primo grande ramo dell’insegnamento divino. E dobbiamo imparare questa lezione giorno dopo giorno, "riga su riga, riga su riga; un po' qui e un po' là". Attraverso questo ramo dell'insegnamento divino dobbiamo quasi ogni giorno guadare e talvolta sprofondare in profondità molto dolorose sotto il senso della nostra natura depravata.
E l'altro grande ramo dell'insegnamento divino è: "Conoscere l'unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo". Conoscere chi è Gesù, e sapere cosa è; conoscere l'efficacia del suo sangue espiatorio per purificare la coscienza colpevole, il potere della sua giustizia giustificante per assolvere e assolvere da ogni peccato; il mistero del suo amore sacrificale per abbattere la durezza del cuore, e innalzare una misura d'amore verso di lui; e vedere con l'occhio della fede il suo santo cammino e la sua immagine sofferente, per essere in qualche misura conformi a lui, e avere in qualche misura impressa la sua somiglianza nell'anima nostra.
29 Luglio
"Gedeone disse a Dio: “Non si accenda l'ira tua contro di me; io non parlerò più che questa volta. Ti prego, che io faccia ancora un'altra prova sola con il vello: resti asciutto soltanto il vello, e ci sia della rugiada su tutto il terreno”. E Dio fece così quella notte: il vello soltanto restò asciutto, e ci fu della rugiada su tutto il terreno" (Giudici 6:39-40).
Molte persone tra coloro che seguono il Signore si trovano ad affrontare dubbi e paure riguardo alla realtà dell'opera della grazia nei loro cuori. Si chiedono se le loro convinzioni siano autentiche o semplicemente il frutto della loro coscienza naturale, e se le loro gioie siano autentiche o piuttosto ipocrite. Desiderano ardentemente una conferma divina che lo Spirito Santo li stia guidando sulla retta via. Ma è proprio attraverso questi dubbi che si possono ottenere le prove. I dubbi portano a una ricerca sincera e, in risposta a questa ricerca, viene data la testimonianza celeste. Un uomo senza dubbi è privo di testimonianze. I dubbi sono necessari per ottenere la conferma, proprio come la serratura è necessaria per la chiave e l'enigma è necessario per la soluzione. Le testimonianze sono come pietre di aiuto che ci ricordano come l'Eterno ci abbia soccorso fino a quel momento (1 Samuele 7:12).
Tuttavia, affinché la pietra possa essere utile, deve avere un buco scavato in cui possa essere collocata, e questo buco corrisponde ai dubbi. I dubbi sulla salvezza sono necessari per preparare il terreno alle manifestazioni della salvezza, proprio come la fame prepara il terreno al cibo, la nudità prepara il terreno agli abiti, il temporale prepara il terreno al rifugio, la forca prepara il terreno alla grazia e la morte prepara il terreno alla risurrezione. Una di queste cose precede, prepara e apre la strada all'altra. Quindi, accanto alle testimonianze, i dubbi spirituali sono una benedizione preziosa. Sapere di avere ragione è la cosa migliore; temere di sbagliare è la seconda cosa migliore. Godere della testimonianza dello Spirito è la cosa più benedetta da questa parte della vita terrena; desiderare ardentemente quel godimento è la prossima più grande benedizione. È importante sottolineare che sto parlando esclusivamente dei dubbi spirituali, in quanto i dubbi naturali sono tanto lontani dalla salvezza quanto le speranze naturali. Il cammino attraverso la valle di Baca è un viaggio "di forza in forza", da una tappa all'altra, dove si scavano pozzi e "la pioggia riempie le piscine" (Salmo 84:6,7). In questo viaggio non solo impariamo di più su Dio, ma impariamo anche a conoscerci meglio.
30 Luglio
"Dio ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele e perdono dei peccati" (Atti 5:31).
Gesù è stato "innalzatp per essere Principe [1] e Salvatore per dare ravvedimento e perdono dei peccati". Le due cose vanno insieme. Ogni volta cheaccorda a qualcuno il pentimento, dà la remissione; ovunque concede la remissione, concede il pentimento. Non vi può essere una cosa senza l'altra: non c'è perdono senza pentimento preliminare e nessun autentico pentimento che non scaturisca in perdono, remissione.. Ogni figlio di Dio è portato a pentirsi dei suoi peccati e, tramite il pentimento, ad abbandonarli. "Ma", dici, "mi sono davvero pentito? Considerando la natura e la grandezza dei miei peccati, se fossi un peccatore pentito, sicuramente sarei in lutto e addolorato per loro tutto il giorno".
Cos'è che crea quel dubbio nella tua mente? Perché sei spesso duro, morto, freddo. Qui, quindi, di nuovo, dobbiamo distinguere tra quel dolore divino per il peccato che si sente nella mente spirituale, e quella durezza della nostra mente carnale che è ancora in inimicizia contro Dio, né c'è fede o amore, pentimento, o qualsiasi cosa buona in essa. Ma ci sono stati momenti e stagioni in cui, sotto una peculiare influenza, il tuo cuore si è ammorbidito e sciolto davanti a Dio; quando il peccato è stato veramente abbandonato; quando hai sentito che era davvero una cosa malvagia e amara peccare contro un Dio così buono, così santo e così grande e glorioso; quando la roccia si è sbriciolata, il cuore duro ha ceduto, gli occhi si sono riempiti di lacrime e il petto gonfio era quasi pronto a scoppiare di dolore penitenziale per i tuoi peccati e per le sofferenze e i dolori del Figlio e Agnello di Dio, e hai potuto solo detestare te stesso "nella polvere e nella cenere" davanti al suo sguardo santo e scrutatore del cuore.
Nota. [1] Ciò che è tradotto con "principe" [in greco ἀρχηγός (archegòs)], significa capo, leader, chi conduce e dà un esempio, pioniere, autore.
31 Luglio
"Ora la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono" (Ebrei 11:1).
Dovunque c'è fede, c'è desiderio; e come la fede abbraccia le realtà celesti, il desiderio abbraccia ciò di cui la fede testimonia. Ora, poiché l'anima è plasmata da una potenza divina, quella che la suscita, e la fede è trascinata nel suo beato esercizio, si accende il desiderio di godere ciò che Dio promette.
La vera religione (il vivo rapporto di una persona con Dio) non è un compito o un'occupazione gravosa, dolorosa, malinconica, faticosa come molti suppongono. Certo, essa talora soffre di prove, tentazioni, afflizioni, dolori e sofferenze che deprimono; ma ha la sua dolcezza, la sua pace, le sue delizie e i suoi godimenti. Ed è la dolcezza che sentiamo, il godimento che abbiamo e il dilettarci nelle cose di Dio, che ci tengono la testa alta e ci incoraggiano ancora a perseverare e a proseguire nel deserto di questo mondo.
Non è schiavitù, né angoscia della mente, né dolore del cuore, né perplessità dell'anima ciò che gli eredi della promessa sentono. Ci sono sorsi e gusti, gocce e briciole, e piaceri momentanei, quando non lunghi né duraturi, tuttavia dolci quando arrivano, di una dolcezza che dura per un certo tempo, e dolci nel ricordo quando se ne sono andati. Il Signore dà ciò che incoraggia, rafforza, conforta e delizia, e ci permette di vedere che c'è quella bellezza, beatitudine e gloria in Lui, quella che abbiamo gustato, sentito e maneggiato, e da cui non ci separeremmo per niente al mondo.