Etica/Soggettivismo post-moderno o spirito evangelico
Soggettivismo post-moderno o spirito evangelico
Questo articolo critica la tendenza, presente in alcune chiese influenzate dal neoliberismo teologico, a sostituire criteri morali oggettivi con un vago concetto di "amore" come principale guida morale. Questo atteggiamento, influenzato dal soggettivismo post-moderno, promuove il relativismo morale e discredita coloro che credono in principi etici assoluti. Il soggettivismo post-moderno , conduce a un nichilismo etico che mina la coesione sociale e giustifica qualsiasi comportamento se serve a mantenere il potere. La vera misericordia, come insegnata da Gesù, non è relativismo morale ma un discernimento informato che non abolisce la legge morale di Dio.
Uno slogan mediato dal titolo di un libro popolare alcuni anni fa recita: “Va dove ti porta il cuore”. Con esso si sostiene la tesi, spesso fatta passare per “evangelica”, che sia un non meglio precisato “amore” ad essere il principale criterio morale da usarsi per valutare le situazioni e quindi la determinante stessa del discernimento. Si intende così promuovere di fatto il relativismo morale discreditando nel contempo il “fariseismo” di chi crede nella normatività di criteri morali oggettivi - e quindi facendolo apparire “disumano” e persino “mostruoso”.
Tale procedura di discredito è molto comune nelle chiese influenzate dal neoliberismo teologico. Presentandosi come campioni dello “spirito evangelico” e della benevola “tolleranza”, in realtà queste equivocano promuovendo il soggettivismo post-moderno e non l’Evangelo.
Il soggettivismo post-moderno è una corrente filosofica e culturale che emerge nel tardo XX secolo e che si caratterizza per la messa in discussione delle narrazioni universali e dei metaracconti [1], proponendo invece una pluralità di prospettive individuali e contestuali. In questo contesto, la relativizzazione dei valori morali si riferisce alla visione secondo cui i principi etici e morali non sarebbero assoluti o universali, ma piuttosto contingenti e variabili a seconda delle diverse culture, società, epoche storiche, e persino delle esperienze individuali. Questa prospettiva sostiene, così, che non esisterebbe una verità morale oggettiva e immutabile, ma che i valori morali siano costruzioni sociali e linguistiche che rifletterebbero le dinamiche di potere e le influenze culturali specifiche di un dato contesto. Di conseguenza, ciò che è considerato "giusto" o "sbagliato" è considerato variare significativamente da una società all'altra e da un individuo all'altro, rendendo difficile, se non impossibile, stabilire norme morali universali e definitive.
Il soggettivismo post-moderno sfida quindi le tradizionali concezioni etiche fondate su principi assoluti, come quelle derivanti dalla teologia, dalla filosofia morale classica o dall'illuminismo. Invece, promuove un'etica basata su quello che considera “dialogo”, sull'interpretazione e sul riconoscimento della “diversità” nelle esperienze umane.
Questa relativizzazione dei valori morali di fatto porta a un nichilismo etico, in cui tutto è permesso e nulla è intrinsecamente valido o significativo, minando così la coesione sociale e la capacità di risolvere conflitti morali. Questo nichilismo morale porta oggi tipicamente alla “normalizzazione” dell’omosessualità o ai doppi standard [2] in politica dove si tende a giustificare qualsiasi cosa se quello “può servire” a sostenere la logica di potere, all’insegna del “fine giustifica i mezzi” [3].
Altrettanto tipicamente la procedura pseudo-evangelica delle chiese a tendenza liberale per giustificarsi cita il noto episodio della donna colta in adulterio di Giovanni 8:1-11 dove Gesù la salva da una lapidazione rilevando l’incompetenza a condannare dei suoi giudici in quanto tutti peccatori, in un modo o in un altro. Gesù, però, in questo episodio, non relativizza la legge morale suprema di Dio, difatti alla fine le dice: “Va' e non peccare più”. Gesù sostiene il principio della grazia (o misericordia) riabilitante, non il relativismo morale. Egli afferma infatti: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io non sono venuto per abolire ma per compiere” (Matteo 5:17). La misericordia di Dio non ha a che fare con il relativismo etico o la tolleranza morale, ma con il discernimento informato [4].
Note
[1] Il termine "metaracconto" (dal francese grand récit, letteralmente "grande racconto") è stato reso celebre dal filosofo francese Jean-François Lyotard nel suo libro "La condizione postmoderna" (1979). Si riferisce a narrazioni o discorsi ampi e totalizzanti che pretendono di spiegare e legittimare conoscenze, pratiche culturali, sociali e storiche su scala universale. I metaracconti sono storie globali che offrono una visione coerente del mondo e della storia umana, fornendo un quadro di riferimento entro cui interpretare gli eventi e dare senso alla realtà. Esempi classici di metaracconti includono: (1) L'Illuminismo: con la sua fede nel progresso, nella ragione e nella scienza come strumenti per migliorare la condizione umana. (2) Il Cristianesimo: che propone una narrazione della storia umana come storia della salvezza, con un inizio (la creazione), un punto culminante (la redenzione tramite Cristo) e una fine (il giudizio finale). (3) Il Marxismo: che vede la storia come una lotta di classe, culminante in una società senza classi e senza sfruttamento. Lyotard e altri teorici postmoderni sostengono che nella condizione postmoderna questi metaracconti perdono la loro credibilità e autorità. La postmodernità è caratterizzata da una crescente sfiducia verso queste narrazioni globali e totalizzanti, ritenute incapaci di cogliere la complessità e la pluralità delle esperienze umane. In sostanza, un metaracconto è una struttura narrativa che ambisce a offrire una spiegazione complessiva e onnicomprensiva della realtà, ma che nella prospettiva postmoderna è visto come limitante e spesso oppressivo, poiché tende a marginalizzare o escludere le voci e le esperienze che non si conformano alla narrazione dominante.
[2] Sui “doppi standard” vedasi: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Etica/Il_doppio_standard_-_considerazioni_generali
[3] Sull’idea del fine che giustificherebbe i mezzi, vedasi: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Fine_giustifica_i_mezzi
[4] Sul discernimento vedasi: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Fine_giustifica_i_mezzi come pure: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teologia/Fare_le_necessarie_distinzioni:_chiamati_al_discernimento e https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Etica/Discernimento_spirituale