Preghiera/Porzioni giornaliere/Giugno

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1 Giugno

"Io sono l'Eterno, il tuo Dio, che ti fece risalire dal paese d'Egitto; allarga la tua bocca, e io la riempirò" (Salmo 81:10).

"Allarga la tua bocca!" dice il Salmo. Quando il Signore concede alla tua anima accesso al trono della grazia, non è presunzione di volerlo sfruttare al massimo. Cosa penseremmo del pilota di una barca a vela che, quando il vento e la marea è favorevole, non tirasse su l'ancora, o issasse al vento solo la vela di trinchetto, e non traesse vantaggio del vento e della marea? Ora, a volte, è così anche per le nostre anime; soffia un gran vento di grazia sull'anima e si alza la marea della fede. Non è forse nostra saggezza e non è nostra misericordia, in una stagione così rara, trarne il massimo? Se il Signore si degna di darci orecchio, non è forse nostra misericordia dirgli tutto ciò che la nostra anima desidera?

Ricordi cosa disse il profeta al re che colpì solo tre volte le sue frecce a terra, e poi si fermò? "L'uomo di Dio si adirò contro di lui, e disse: 'Avresti dovuto colpirlo cinque o sei volte; allora tu avresti sconfitto i Siri fino a sterminarli; mentre adesso non li sconfiggerai che tre volte'". (2 Re 13:19). A volte è così con noi. Quando il Signore ci concede un piccolo accesso a Lui stesso, non ne traiamo il massimo. Satana scaglia qualche dardo infuocato, qualche circostanza mondana distrae la nostra mente, qualche sporca immaginazione si leva nella nostra mente; e invece di resistere al diavolo affinché fugga da noi, gli cediamo; l'opportunità è svanita, il dolce momento è perduto e potrebbero passare mesi prima di ottenere di nuovo l'attenzione del Re. Sarà quindi la tua saggezza e la tua misericordia, quando soffia la tempesta e la marea si alza, spiegare tutte le vele e arrivare il più lontano possibile sulla tua rotta verso il porto del riposo e della gioia.


2 Giugno

"... ben preordinato prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi" (1 Pietro 1:20).

Con "questi ultimi tempi" si intende l'attuale momento della storia della salvezza, quello in cui viviamo, il tempo della grazia. Sono chiamati ultimi tempi principalmente per due ragioni:

1. Perché Cristo è stato manifestato negli ultimi giorni dell''antico patto essendo stato "dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è vicino a sparire" (Ebrei 8:13). Questo è avvenuto quando, alla distruzione di Gerusalemme, a tutto il servizio del tempio, compresi i sacrifici ivi offerti, è stato posto fine.

2. Un altro motivo per cui la fase in cui viviamo è chiamata “gli ultimi giorni” è perché è la rivelazione finale di Dio: "Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!" (2 Corinzi 6:2), quello di cui avevano parlato tutti i profeti: "Tutti i profeti, da Samuele in poi, quanti hanno parlato, hanno anch'essi annunciato questi giorni" (Atti 3:24).

Cristo è ora sul suo trono di grazia; il grande, il glorioso, l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini è ora alla destra del Padre; l'Intercessore che è in grado di salvare completamente tutti coloro che si accostano a Dio tramite lui, poiché vive sempre per intercedere per loro, vive ancora per implorare, come avvocato presso il Padre, Gesù Cristo il giusto, come il grande Sommo Sacerdote sopra la casa di Dio. Ma lascerà il trono della grazia per prendere posto sul trono del giudizio; e poi "questi ultimi giorni" si chiuderanno con tutte le glorie della salvezza per coloro che lo amano, e con tutti gli orrori della distruzione per i suoi avversari.


3 Giugno

"Tu mi hai gettato nell'abisso, nel cuore del mare; la corrente mi ha circondato e tutte le tue onde e tutti i tuoi flutti sono passati sopra di me" (Giona 2:4).

Sentire tutto il peso della propria lontananza da Dio è possibile solo se già si è fatta l'esperienza della sua presenza. Quando il povero Giona pronuncia le parole che abbiamo or ora letto, egli le pronuncia con tutta l'amarezza del suo cuore. Sentiva di essere stato allontanato dalla grazia della presenza di Dio. Ma deve già aver conosciuto sperimentalmente qualcosa della dolcezza della presenza manifesta di Dio; doveva aver già assaporato il fatto che lì si trovava come in paradiso e che tutta la sua felicità era concentrata lì. Doveva prima averne goduto per sapere se la presenza di Dio non la sentiva più nell'anima; c'era solo una scena sterile di tristezza e di morte; e che essere "cacciato dalla sua presenza" era l'inizio dell'inferno sulla terra.

Abbiamo qui un'anima diversa da tutte le altre, vivente, sia nella morte nel peccato, sia nella morte nella professione di fede. La convinzione che solo in Dio c'è la vera felicità; il sentimento di miseria e di insoddisfazione per tutto il resto tranne il Signore, e per tutto ciò che è escluso dalla sua presenza manifesta, è ciò che imprime la realtà della vita di Dio nell'anima di un uomo. I semplici professanti di religione non provano miseria o insoddisfazione se Dio non risplende su di loro. Finché il mondo loro sorride, e hanno tutto ciò che il loro cuore possa desiderare, finché sono rinfrancati dalla speranza dell’ipocrita, e cullati nel sonno dalle dolci brezze dell’adulazione, sono ben soddisfatti di navigare lungo la corrente di un mondo che non professa fede vivente.

Ma non è così per l'anima che è stata raggiunta dalla grazia di Dio; a volte ansima e anela ai sorrisi di Dio; ha sete della sua presenza manifesta; si sente insoddisfatto del mondo, e di tutto ciò che esso presenta, se non riesce a trovare il Signore e non gode della luce del suo volto. Quando questo viene sperimentato, ciò conferma che un uomo ha la grazia di Dio nel suo cuore.


4 Giugno

"Il mio frutto è migliore dell'oro fino, e il mio prodotto vale più dell'argento scelto. Io cammino per la via della giustizia, per i sentieri dell'equità" (Proverbi 8:19-20).

In che modo il Signore Gesù – che parla qui sotto il nome di Sapienza – guida i suoi santi “per la via della giustizia”? Gettando una luce misteriosa nelle loro anime, attraverso la quale vedono ciò che la parola di Dio ha rivelato, e diffondendo un potere misterioso nei loro cuori, attraverso il quale viene creata la fede, per ricevere, afferrare e credere ciò che Dio ha fatto conoscere .

Potremo leggere per sempre invano la parola di Dio, a meno che quella parola non diventi vita e luce per le nostre anime; ma quando il Signore Spirito, il cui compito e opera del patto è prendere le cose di Gesù e rivelarle al cuore, irradia una luce misteriosa e benedetta su quelle Scritture che parlano di Gesù come dell'adempitore della Legge, come di colui che ha portato in una gloriosa giustizia, e nello stesso momento si compiace di suscitare fede e potenza nel cuore per ricevere, accreditare, abbracciare e maneggiare ciò che ha così rivelato, poi con la sua stessa forza persuasiva conduce l'anima "sulla via di giustizia." E in che modo meraviglioso! Che Dio dovesse mai trovare un modo per rendere giusto tutto il suo popolo, imputandogli la giustizia di un altro! Sarà il prodigio, il canto dei santi per tutta l'eternità; esaminare questi segreti di saggezza, amore e potere che esaurirà tutte le profondità della loro saggezza limitata.

Sì, gli angeli stessi, che superano di gran lunga gli uomini in saggezza, sono rappresentati come "desiderosi di esaminare" queste cose, e quindi quando l'arca fu costruita e il propiziatorio posto sopra le tavole che erano racchiuse in essa, i serafini erano rimasti estasiati nel guardare dall'alto questo propiziatorio dorato, che rappresenta come l'altezza, l'ampiezza, la lunghezza e la profondità di questi misteri superano persino le facoltà degli angeli stessi.


5 Giugno

"Ahimè, perché quel giorno è grande; non ce ne fu mai altro simile; è un tempo di angoscia per Giacobbe; tuttavia egli ne sarà salvato" (Geremia 30:7).

Questo “tempo di angoscia” avviene quando il peccato viene posto come un pesante fardello sulla coscienza di una persona; quando la colpa la schiaccia nella polvere della morte, quando le sue iniquità la fissano in faccia e sembrano più numerose dei capelli del suo capo; quando teme di essere gettata per sempre nell'abisso dell'inferno e di avere la sua parte con gli ipocriti.

Questo "tempo di angoscia", tradotto anche con "giorno di difficoltà", non è letteralmente un giorno, una porzione di tempo scandita dal sole che sorge o tramonta, uno spazio di ventiquattro ore. Le lancette di un orologio o l’ombra di un quadrante non possono regolare i problemi spirituali. Un giorno qui significa una stagione, lunga o breve che sia; che si tratti di un giorno, di una settimana, di un mese o di un anno. E come la stagione non può essere misurata in lunghezza, così il problema non può essere misurato in profondità.

L’unico Dio saggio distribuisce varie misure di afflizione al suo popolo. Non tutti scendono alla stessa profondità, come non tutti raggiungono la stessa altezza. Non tutti bevono ugualmente dal calice di dolore; eppure tutti, ciascuno nella sua misura, attraversano questo giorno di sventura, in cui la loro religione carnale è fatta a pezzi, la loro ipocrisia sfigurata, le loro speranze presuntuose schiacciate, e vengono portati nello stato del lebbroso, per gridare: "Impuro! Impuro!". Finché una persona non attraversa questo giorno di tribolazione, finché non ha sperimentato più o meno questi esercizi dell'anima, e ha conosciuto la colpa e la condanna nella sua coscienza; finché non avrà lottato in questo stretto passaggio e non gli saranno stati strappati via i cenci della giustizia creaturale, non potrà sapere nulla in modo sperimentale dell'efficacia del sangue espiatorio di Gesù, né sentire la potenza della risurrezione di Cristo.


6 Giugno

"Sono diventato pazzo; siete voi che mi ci avete costretto, poiché io avrei dovuto essere da voi raccomandato e perché in nulla sono stato da meno di quei sommi apostoli, benché io non sia nulla" (2 Corinzi 12:11).

In questo testo Paolo non intendeva dire che non avesse alcuna autorità in campo religioso, ma che non ne avesse alcuna in sé stesso, di per sé. Non voleva dire che non avesse potuto resistere alla tentazione di vantarsi. Ma non più di te o di me, senza l'aiuto della grazia di Dio. Paolo non diceva di non poter pregare con efficacia, ma solo nella misura in cui gli era stato dato lo spirito di grazia e di supplicazione. Paolo non diceva di non potere amare né pensare di più a un pensiero spirituale, per quanto riguardava sé stesso. Non intendeva dire che Paolo non pregasse, credesse e amasse più di chiunque di noi; ma che non aveva compiuto queste azioni in sé stesso più di quanto possiamo fare noi. Dice espressamente: "In me, cioè nella mia carne, non abita nulla di buono"; e quindi non il bene della fede, né dell'amore, né della comunione divina, che sono doni di Dio.

Ora, quando il Signore ha ridotto un'anima al nulla, allora rende perfetta la sua forza in quel nulla; comunica forza per pregare, forza per credere, forza per sperare, per amare, per accogliere l'Evangelo. Come il povero con la mano rinsecchita, al quale Gesù disse: «Stendi la tua mano». Quell'uomo era paralizzato, non poteva farlo da solo. Ma la forza di Cristo fu resa perfetta nella debolezza: quando egli parlò, la mano inaridita si stese e divenne sana come l'altra. Così con il morto Lazzaro... egli dormiva nella morte; ma quando la voce dell'amore e del potere era penetrata nella tomba: "Lazzaro, vieni fuori", la vita fu resa perfetta nel cadavere morto. Lo stesso vale per i personaggi dell'Antico Testamento, i quali "spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trassero forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri" (Ebrei 11:34). E così, ciascuno nella sua misura, Dio è con noi; la nostra debolezza, impotenza e incapacità sono proprio le cose che fanno emergere il potere, la forza e la grazia di Gesù.


7 Giugno

"Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me!" (Giovanni 14:1).

Credere in Dio vuol dire credere in Lui così come si è manifestato nel suo caro Figlio in tutta la pienezza del suo amore, in tutta la ricchezza della sua grazia e in tutta la profondità della sua misericordia. Dio deve essere visto, non nel terrore che induce una legge santa che non riusciremo mai da soli ad osservare perfettamente, ma nella misericordia e nella verità del glorioso Evangelo del Figlio di Dio. Per questo deve essere avvicinato e creduto come Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, e nostro Padre in lui. Quanti pochi lo vedono e se ne rendono conto, eppure in Cristo tutto questo lo si scopre cone reale ed efficace! Credere in Dio in modo tale da portare nella coscienza il perdono e la pace; credere in Dio per trovare presso Lui una manifesta accoglienza; credere in Dio per chiamarlo Abba, Padre, e sentire che lo Spirito stesso testimonia col nostro spirito che siamo suoi figli; credere in Dio per trovare in Lui un aiuto sempre presente nelle difficoltà; ricevere risposte alla preghiera, camminare alla luce del suo volto, vedere il suo amore sparso nel nostro cuore, essere manifestamente riconciliati con lui e sentire un senso della sua bontà e misericordia manifesta: questo è credere in Dio attraverso Gesù Cristo.

E quanto è diverso questo dal credere semplicemente in Dio da ciò che vediamo nella natura che egli è il Creatore di tutte le cose, o da ciò che potremmo aver constatato delle sue orme nella provvidenza che Egli veglia su di noi riguardo alle cose che periscono, o dal vedere nella lettera della parola che egli è il Dio di ogni grazia per coloro che temono il suo nome!


8 Giugno

"Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria" (2 Corinzi 4:17).

Voi ai quali il Signore ha concesso la grazia della salvezza e pure dovete patire prove ed afflizioni, sollevate i vostri pensieri a Lui come egli vi consente. Alzate gli occhi e contemplate ciò che in Lui vi attende. Siete provati, tentati, esercitati, afflitti? È la vostra misericordia. Dio non si comporta così con tutti. È perché siete suoi figli che egli stende su di voi la sua mano come un padre che, pur amorevole, disciplina i suoi figli. Egli intende così conformarvi all'immagine del Figlio suo nella gloria, e perciò ora vi conforma all'immagine del Figlio suo nella sofferenza, "Oh ma", dite, "non possiamo credere che sia così!" Eppure si tratta di una salutare prova di fede.

Questa è la prova della fede: continuare a gemere, a lottare, ad affliggersi, a sospirare; credere contro l'incredulità, sperare contro la speranza; e continuare, ciononostante, a guardare al Signore, sebbene ci sia tutto in natura per smorzare le speranze e le aspettative delle vostre anime in attesa. Eppure tutto finirà bene per il popolo di Dio. La loro vita qui è una vita di tentazione, di sofferenza e di prova; ma un giorno, presso Dio, egli farà ammenda per tutti. E se la nostra fede è ora messa alla prova “con il fuoco”, un giorno “sarà trovata a lode, onore e gloria all’apparizione di Gesù Cristo”. In quel giorno in cui i segreti di tutti i cuori saranno portati alla luce, si scoprirà che la fede di migliaia di persone non è altro che presunzione; ma la fede della cara famiglia di Dio sarà allora coronata di “lode, onore e gloria”; e vedranno l'Agnello come è faccia a faccia, quando tutte le lacrime saranno asciugate su tutti i volti.


9 Giugno

"Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità" (1 Giovanni 1:9).

Il Signore ha reso per te il peccato qualcosa di pesante da portare? Ti ha mai fatto sentire in colpa davanti a lui? Ha mai oppresso la tua coscienza con la vista e il senso delle tue iniquità, dei tuoi peccati, delle tue trasgressioni? Il Signore estrae, di tanto in tanto, dalle tue labbra una confessione onesta, sincera, senza riserve, di quei peccati? Cosa ti dice lo Spirito Santo? Che cosa ha registrato lo Spirito benedetto per tua istruzione e per tua consolazione? "Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati".

Non semplicemente su un piano di misericordia; ancor meno solo perché li confessi. Non è che tu li confessi, ma è così: il tuo confessarli è un segno della luce divina in te; il tuo confessarli scaturisce dall'opera della grazia sul tuo cuore. Se dunque possiedi la vita divina, se hai la grazia nell'anima, sei figlio di Dio, Gesù ha obbedito per te, Gesù ha sofferto per te, Gesù è morto per te, Gesù ha cancellato il tuo peccato. E, quindi, essendo tu un figlio di Dio, e avendo Gesù fatto tutte queste cose per te, Dio è ora "fedele" alla sua promessa di accogliere un peccatore confessante; e "solo" al suo carattere immutabile e veritiero. E così, per giustizia e misericordia, per fedeltà e compassione, può, vuole e lo fa: perdonare, perdonare e cancellare dolcemente ogni iniquità e ogni trasgressione di un penitente confessante.


10 Giugno

"Anima mia, riposa in Dio solo, poiché da lui viene la mia speranza" (Salmo 62:5).

Credo che il Signore, prima di comunicare una vera benedizione alle anime dei suoi figli poveri e bisognosi, non si limiti a convincerli della profondità della loro povertà, dello stato rovinato e perduto in cui si trovano per natura, della miseria di tutto ciò che c'è di buono in loro; ma apre loro gli occhi in modo misterioso per vedere alcune benedizioni custodite in Cristo. Ad esempio, la giustizia per coprire la loro nudità, il sangue per espiare le loro trasgressioni, la grazia per sovrabbondare sull'abbondanza del peccato, la fede per essere l'evidenza di cose non vedute, la speranza di attraversare la cortina che li separa da Dio e l'amore per essere un assaggio di beatitudine eterna.

Il Signore presenta davanti ai loro occhi queste e altre benedizioni simili, dando loro una comprensione spirituale che queste espressioni di misericordia sono conservate in Cristo per loro. Mentre mostra loro che questi beni non sono nella creatura, ma in Cristo, suscita i desideri, i sospiri e gli affetti ardenti delle loro anime per questi beni, in modo che solo queste grazie speciali possano davvero soddisfarli, rasserenare la loro mente, alleviare le loro preoccupazioni, fasciare le loro ferite e versare "olio e vino" nella loro coscienza. Così li porta ad essere supplici, li depone ai suoi piedi come mendicanti. Nonostante si sentano vili e sporchi, c'è quella misteriosa attrazione dello Spirito, così come l'unione misteriosa tra la loro povertà e la giustizia di Cristo, la loro nudità e la veste giustificatrice di Cristo, la loro impotenza e la sua forza onnipotente; che non potranno mai accontentarsi se non si realizzerà nella loro coscienza un'unione vissuta e goduta dei due.


11 Giugno

"In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio, che serve da dimora a Dio per lo Spirito" (Efesini 2:22).

Queste parole si applicano sia all'intero corpo di Cristo visto collettivamente, sia a ciascun membro separato di quel corpo visto individualmente. La Chiesa di Dio, nella sua completezza in Cristo come sarà un giorno, e nel suo stato visibile e militante ora, riflette la condizione di ogni singolo membro di quella Chiesa. Questa verità solenne rende le parole davanti a noi applicabili per ogni credente. Poiché tutti dovremo rendere conto di noi stessi, "morire", come si disse, "da soli", e poiché la fede è prima di tutto una questione personale, ogni singolo credente deve essere attento a camminare davanti a Dio e all'uomo per avere sia una prova interiore che esteriore che il suo corpo è il tempio dello Spirito Santo (1 Corinzi 6:19) e che egli è una dimora di Dio mediante lo Spirito!

Se ci si rende conto di questo, e si vive sotto il suo solenne peso e influenza, quanto più saremo attenti a non contaminare quel corpo che è il tempio dello Spirito Santo. Quanto più desiderosi e ansiosi di non contaminare i nostri occhi con passioni erranti, né i nostri orecchi ad ascoltare discorsi mondani e carnali, né le nostre labbra a parlare con inganno, o abbandonandoci a discorsi leggeri e volatili, né le nostre mani mettendole in qualcosa di malvagio, né i nostri piedi correndo per azioni di vanità e follia; ma considerando il nostro corpo come un membro di Cristo (1 Corinti 6:15), e quindi santificato al suo servizio e alla sua gloria.


12 Giugno

"Ma tu, o uomo di Dio, fuggi queste cose e ricerca giustizia, pietà, fede, amore, costanza e dolcezza" (1 Timoteo 6:11).

Possiamo capire due cose dall'espressione "ricerca giustizia" qui usata dall'Apostolo. Innanzitutto, quando la coscienza scopre che la giustizia di Cristo imputata al credente è la sola base della nostra giustificazione. In secondo luogo, la comunicazione all'anima di una natura divina o giusta, per cui produce essa frutti di sincerità e rettitudine davanti a Dio. Queste sono conseguenza soggettiva della prima. Ci si potrebbe chiedere, però, che senso avrebbero se uno ha già la conoscenza della sua giustificazione e il senso della sua accettazione da parte di Dio? Avere la consapevolezza per la gloriosa giustizia di Gesù e la testimonianza interiore dello Spirito non potrebbero perdersi nel goderne, o almeno considerevolmente diminuire, per un certo periodo? Leggiamo in Luca 15:8 della donna che aveva perduto una moneta d'argento. Non doveva forse accendere un lume, spazzare la casa e cercarla diligentemente in ogni angolo fino a ritrovarla? La preziosa moneta della donna non era realmente andata perduta; era ancora in casa; ma erano i suoi sentimenti ad essere perduti, come se non li avesse mai più riacquistati.

Proprio allo stesso modo, un senso di accettazione e giustificazione da parte di Dio che ci giustifica in Cristo, questa preziosa moneta coniata dal cielo, può andare perduta per un po' di tempo nei sentimenti, anche se non è stat perduta dal cuore. E cosa farà l'anima che l'ha perduta se non frugare diligentemente in ogni angolo della casa con il lume dello Spirito, finché non troverà di nuovo la moneta?

Commento: Il brano selezionato parla della raccomandazione dell'Apostolo di cercare "giustizia, pietà, fede, amore, costanza e dolcezza" (1 Timoteo 6:11). Questo invito si riferisce alla necessità di perseguire la vita cristiana in modo integro e virtuoso. Si sottolinea che la giustizia di Cristo è il fondamento della nostra giustificazione e che la ricerca di giustizia implica anche la manifestazione di una natura divina che produce frutti di sincerità e rettitudine davanti a Dio. Viene esaminata anche la possibilità che, nonostante uno abbia la consapevolezza della propria giustificazione e accettazione da parte di Dio, può capitare che per un periodo si perda il senso di questa realtà spirituale e divina. Questo viene paragonato alla parabola della donna che perde una moneta d'argento e deve cercarla diligentemente in casa. Analogamente, anche se la giustizia e l'accettazione da parte di Dio possono sembrare temporaneamente sfumate nei sentimenti dell'individuo, l'invito è a cercarle con impegno e con l'illuminazione dello Spirito fino a ritrovarle. In sintesi, l'Apostolo invita i credenti a perseguire la giustizia di Cristo, vivendo una vita caratterizzata dalla pietà, fede, amore, costanza e dolcezza, e a non scoraggiarsi nel cercare e mantenere una consapevolezza viva della propria posizione in Cristo, anche quando può sembrare meno evidente nei sentimenti interiori.


13 Giugno

"Io odo, odo Efraim che si rammarica: 'Tu mi hai castigato e io sono stato castigato, come un torello non domato; convertimi e io mi convertirò, poiché tu sei l'Eterno, il mio Dio" (Geremia 31:18),

La consapevolezza di essere peccatore, il sentimento spirituale del proprio peccato, è un requisito indispensabile al sentimento della salvezza. Il senso, il peso, della malattia deve sempre precedere e preparare l'anima alla credente accoglienza e alla dovuta comprensione del rimedio. Là dove Dio intende rivelare con potenza il suo Figlio, là dove intende far sì che l'Evangelo diventi «un suono di gioia», egli prima fa sentire e gemere la coscienza particolare sotto il peso del peccato. E sono sicuro che quando un uomo o una donna sente su di sé tutto il peso del peccato sarà pieno di gemiti.

La Bibbia registra centinaia di "gemiti" del popolo di Dio sotto il peso del peccato. "Le mie piaghe sono fetide e purulenti per la mia follia. Sono curvo e abbattuto, vado in giro triste tutto il giorno" (Salmi 38:5-6); "l'anima mia è sazia di mali,e la mia vita è giunta vicina al soggiorno dei morti" (Salmo 88:3). "Egli mi ha condotto, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce", geme un terzo (Lamentazioni 3:2). Un uomo che vive deve piangere in tali circostanze. Non può portare il peso senza lamentarsi del suo peso. Non può sentire la freccia conficcata nella sua coscienza senza gemere per il dolore. Non può avere "il verme" velenoso che gli rode le viscere senza gemere. Non può sentire che Dio è infuriato contro di lui senza gemere amaramente che il Signore gli sia suo nemico.

Il gemito spirituale, quindi, è un segno di vita spirituale! E' qualcosa che Dio riconosce come tale: "Io odo, odo Efraim che si rammarica". Questo mostra che quell'anima ha qualcosa per cui piangere; qualcosa che lo fa gemere, essendo oppresso; che il peccato gli è stato svelato nella sua odiosa malignità; che è un problema e un'angoscia per la sua anima; che non può inghiottirlo come un boccone sotto la lingua, ma che viene scoperto dall'occhio penetrante e punito dalla mano del giudizio di Dio.


14 Giugno

"Così, miei cari, come avete sempre ubbidito, non soltanto come se io fossi presente, ma, molto più adesso che sono assente, impegnatevi al compimento della vostra salvezza con timore e tremore" (Filippesi 2:12).

“Impegnarsi al compimento della nostra salvezza” non vuole dire, come dice qualcuno, che essa non sia completa e che “dobbiamo metterci del nostro” sennò non vi giungeremo. Infatti, come dice la Scrittura: “... è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8-9); come pure: “... avendo fiducia in questo: che colui che ha cominciato un'opera buona in voi, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Filippesi 1:6); “Perché quelli che egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli, e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati” (Romani 8:29-30). In questi versetti, Paolo descrive la catena della salvezza come un'opera interamente orchestrata da Dio, dalla predestinazione alla glorificazione.

Quando l’Apostolo scrive: “impegnatevi al compimento della vostra salvezza” egli si rivolge a persone che hanno ricevuto con fede l’annuncio dell’Evangelo e che si sono completamente affidate al Signore e Salvatore Gesù Cristo. Qui egli  non fa altro che incitarli alla santificazione. Essi sono già sulla via della salvezza, perchè hanno creduto in Gesù; si tratta ora di vegliare, di resistere alle tentazioni, d'essere attenti ai loro doveri, di perseverare nelle buone risoluzioni, di continuare, insomma, fino alla meta. E non è cosa da prendersi alla leggera. Dobbiamo farlo “con timore e tremore”, il sentimento creato in noi dalla coscienza della nostra debolezza, e dall'esperienza che abbiam fatta e facciamo della forza che ha la tentazione. È il filiale orrore che proviamo alla idea di potere in qualche modo offendere quell'Iddio che tanto ci ama, ed a cui tutto dobbiamo. Dobbiamo essere diligenti nell'uso di tutti i mezzi della grazia che Dio ci ha donato per vivere pienamente il nostro essere in Cristo e con grande attenzione, per evitare che, pur con tutti i nostri vantaggi, ci venga a mancare qualcosa delle potenzialità della grazia di Dio verso di noi. “Trafficate” diligentemente alla vostra salvezza. Questo ci incoraggia a fare del nostro meglio, perché la nostra fatica non sarà vana: dobbiamo ancora dipendere dalla grazia di Dio. L'opera della grazia di Dio in noi è quella di accelerare e impegnare i nostri sforzi. La buona volontà di Dio nei nostri confronti è la causa della sua opera buona in noi. Fate il vostro dovere senza mormorii. Fatelo e non trovate difetti. Badate al vostro lavoro e “non litigate” con esso. Con serenità, senza dare occasione di offesa. I figli di Dio devono differenziarsi dagli altri. Quanto più gli altri sono perversi, tanto più noi dovremmo essere attenti a mantenerci irreprensibili e innocenti. La dottrina e l'esempio di altri credenti coerenti ci illumineranno e indirizzeranno la nostra strada verso Cristo e la santità, proprio come il faro avverte i marinai di evitare gli scogli e indirizza la loro rotta verso il porto. Cerchiamo quindi di brillare. Il Vangelo è parola di vita, ci fa conoscere la vita eterna attraverso Gesù Cristo. Correre indica serietà e vigore, un continuo incalzare; faticare indica costanza e applicazione. È volontà di Dio che i credenti si rallegrino molto; e coloro che sono così felici da avere buoni ministri di Dio che li guidano rettamente, hanno grandi motivi per rallegrarsi con loro.

[Rifacimento di P. C.]


15 Giugno

"... poiché è Dio che opera in voi il volere e l'agire, per la sua benevolenza" (Filippesi 2:13)

Quando Dio opera in una persona il " volere", opera in essa anche l'agire", il fare. Quando la rende disposta a fuggire dall'ira che viene; disposta a essere salvata dal sangue espiatorio e dalla giustizia vicaria di Gesù; disposta a essere salvata dalla grazia sovrana come un peccatore distrutto senza speranza, e felice di essere salvato in qualunque modo Dio voglia salvarlo; disposta a passare attraverso il fuoco, a subire afflizioni e a camminare per la via stretta e angusta; disposta a prendere la croce e seguire Gesù; disposta a sopportare tutti i guai che potrebbero capitargli e tutte le calunnie che potrebbero essere accumulate sul suo nome; quando Dio la ha reso disposta a non essere nulla e a non avere nulla se non come Dio dispone - e oltre ad operare in essa il "volere", pure vi opera "l'agire". Opera in essa fede per credere, speranza con cui si ancora nell'opera compiuta di Cristo, e amore con cui si attacca a Lui con determinazione di cuore.

Quando tutto questo è avvenuto "con timore e tremore", senza affrettarsi sconsideratamente con ardita presunzione, senza incoraggiarsi dalla buona opinione degli altri, senza prendere la propria religione dai ministri e dai libri; ma da una vera e genuina opera dello Spirito Santo nella coscienza; quando ha così compiuto con timore e tremore ciò in cui Dio ha operato, essa raggiunge la salvezza; la salvezza dall'ira futura, dal potere del peccato, da una vana professione di fede; la salvezza dalla carnalità, dagli inganni di Satana, dalla cecità e dall'ignoranza del proprio cuore. Ha ottenuto una salvezza che è la salvezza di Dio, perché Dio ha operato in essa il volere e l'agire per la sua benevolenza, secondo il suo beneplacito.


16 Giugno

"In questo voi esultate anche se ora, per un po' di tempo, se necessario, siate afflitti da svariate prove" (1 Pietro 1:6)

Per poterci liberare dalla forza del peccato che ci condiziona e poterci conformare all'immagine del Suo caro Figlio, anche in quanto credenti salvati per grazia in Cristo, Dio spesso fa uso di metodi radicali come molteplici prove e tentazioni. Abbiamo quindi spesso bisogno di prova dopo prova, e di tentazione su tentazione, proprio per curarci da quello spirito mondano, da quella carnalità e negligenza, da quella professione di fede superficiale insignificante e vuota, da quella forma esteriore di pietà, da quello spirito di orgoglio e ipocrisia, da quella forma esteriore di pietà che prevale in questo mondo. Allora potremo riposarci negli insegnamenti della Parola di Dio, ricevere maggiori benedizioni celesti e manifestazioni spirituali, e sentirsi a nostro proprio agio "in Sion".

Viviamo con ogni sorta di falsi professanti della fede che ignorano le cose profonde di Dio e, per non esserne troppo condizionati negativamente noi abbiamo spesso bisogno di scossoni. Dio ci vuole tirar fuori da ambienti di falsa, ipocrita e presuntuosa professione di fede per essere resi semplici e sinceri, onesti e retti, teneri e ammaestrabili. e quindi dobbiamo conoscere per esperienza qualcosa di quello spirito affranto e contrito in cui il Signore stesso si degna di abitare. E poiché il Signore opera questo spirito di umiltà e amore per la maggior parte attraverso prove e tentazioni, c'è una necessità per ognuno di noi, di qualunque natura possa essere, o da qualunque parte possa provenire, di esserne talvolta afflitti per il nostro bene.


17 Giugno

"Poiché noi che abbiamo creduto entriamo in quel riposo, come Dio ha detto" (Ebrei 4:3).

Entriamo nel riposo cessando di confidare nel valore salvifico nelle nostre opere e trovando il nostro riposo in quelle di Cristo; secondo le parole: «poiché chi è entrato nel suo riposo si riposa anch'egli dalle proprie opere, come Dio si riposò dalle sue» (4:2). Ora, quando potrete riposarvi pienamente nell’opera compiuta del Figlio di Dio, e credere con fede vivente che i vostri peccati siano stati posti sul suo capo; quelli che ha portato nel suo corpo sulla croce; che vi ha lavati nel suo sangue prezioso, vi ha rivestito con la sua giustizia e vi sta santificando mediante il suo Spirito e la sua grazia, allora potrete riposare. Qui c'è qualcosa di fermo e solido su cui poggiare la nostra coscienza.

Mentre la legge tuona, mentre Satana accusa, mentre la coscienza condanna non c'è per noi tregua. Ma puoi riposare dove riposa Dio. Dio riposa nel suo amore; nell'opera compiuta del suo caro Figlio; nella perfezione dell'umanità di Cristo; nel suo adempimento di tutti gli impegni del suo patto; nella glorificazione della sua santa legge; nella soddisfazione resa alla sua giustizia; nell'armonizzazione di tutti i suoi attributi; nella rivelazione della sua grazia e della sua gloria ai figli degli uomini; perché è il suo Figlio diletto, nel quale si è compiaciuto.

Il tabernacolo nel deserto, e poi il tempio sul monte Sion, erano un simbolo dell'umanità pura e sacra del Signore Gesù. Lì Dio riposò in modo visibile presso una nuvola sul propiziatorio, chiamato dagli scrittori ebrei Shekinah. Questo, dunque, era il luogo del suo riposo, come dice: "Poiché l'Eterno ha scelto Sion, l'ha desiderata per sua dimora. “Questo è il mio luogo di riposo in eterno; qui abiterò, perché l'ho desiderata" (Salmo 132:13, 14).

Nota. Il termine usato in Ebrei per "riposo" è κατάπαυσις [katapausis], utilizzato in Ebrei 4:3, è di grande rilevanza teologica e richiede una comprensione approfondita del contesto sia greco che ebraico per coglierne appieno il significato. Si riferisce a un concetto di "riposo" che va oltre il semplice riposo fisico. Il "riposo" menzionato qui è una citazione dal Salmo 95:11, che a sua volta fa riferimento al riposo che Dio promise al popolo d'Israele. La parola greca κατάπαυσις deriva dal verbo καταπαύω, che significa "far cessare" o "mettere a riposo". In questo contesto, il riposo non è semplicemente il cessare dall'attività fisica, ma implica una dimensione spirituale e teologica: il riposo di Dio è un simbolo della pace e della comunione con Lui, un riposo eterno che va oltre la semplice cessazione delle fatiche terrene. Il corrispettivo ebraico di κατάπαυσις è מְנוּחָה [menuchah], che appare in diverse parti dell'Antico Testamento, inclusi i Salmi e Deuteronomio. מְנוּחָה viene utilizzato per descrivere non solo un luogo di riposo fisico, ma anche uno stato di tranquillità e pace che proviene da Dio. Ad esempio, nel Salmo 95:11, Dio giura nella sua ira che non faranno entrare il suo popolo nel "mio riposo" (menuchah). Questo riposo è quindi associato alla terra promessa, ma anche, in senso più profondo, alla presenza divina e alla realizzazione delle promesse di Dio. Gli autori della lettera agli Ebrei utilizzano questo termine per indicare che i credenti, attraverso la fede in Cristo, entrano in un riposo spirituale che è il compimento del riposo promesso nell'Antico Testamento. Questo riposo è visto come un anticipo del riposo eterno che si sperimenterà pienamente nella vita futura con Dio.


18 Giugno

"Quelli verranno e canteranno di gioia sulle alture di Sion, affluiranno verso i beni dell'Eterno: al frumento, al vino, all'olio, al frutto delle greggi e degli armenti; la loro anima sarà come un giardino annaffiato, non continueranno più a languire" (Geremia 31:12).

Finché i redenti non conosceranno qualcosa dell’efficacia del sangue espiatorio di Cristo e non avranno la loro coscienza purificata dalla colpa e dalla loro sporcizia morale e spirituale mediante l'applicazione di questa, non potranno venire a cantare "sulle alture di Sion". Ma quando saranno riscattati dalla mano di colui che è più forte di loro; quando il sangue espiatorio viene applicato alle loro coscienze per eliminare tale colpa e sporcizia; quando Cristo viene rivelato e reso noto come effettiva loro esperienza; quando il suo Evangelo nelle mani dello Spirito diventa una parola di potenza, e al cuore credente è concessa la visione del Re nella sua bellezza, allora, trascinati dalle corde dell'amore di Dio in Cristo, essi affluiscono a Sion, dove il Re siede sul trono glorioso. Sono chiamate "le alture di Sion”, non solo perché Sion era letteralmente in alto rispetto al territorio circostante, ma perché il Signore della vita e della gloria è esaltato al più alto luogo di dignità e potere. L'antica promessa di Dio era: "Ecco, il mio servo prospererà, sarà innalzato, esaltato, reso sommamente eccelso" (Isaia 52:13); e dice l'Apostolo: «Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome» (Filippesi 2:9); e ancora: "al di sopra di ogni principato e autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello a venire" (Efesini 1:21).

Ma perché "affluiranno"? Significa venire a comunicare con lui, ad adorarlo nella bellezza della santità, ad ottenere parole dalle sue labbra, sorrisi dal suo volto, tocchi dalla sua mano e sussurri dalle sue labbra. E quando Egli si compiacerà di rivolgere loro una parola come Principe della pace, di rivelarsi alle loro anime nella gloria della sua Persona divina come Dio-Uomo, e di diffondere il suo amore nei loro cuori, allora potranno cantare di gioia: e in loro si realizza la promessa: "verranno e canteranno di gioia sulle alture di Sion".


19 Giugno

"... poiché egli sta alla destra del povero per salvarlo da quelli che lo condannano a morte" (Salmo 109:31).

Quanto è incoraggiante, quanto è confortante avere un amico che ci stia accanto quando siamo nei guai! Un tale amico è Gesù. Nell'ora della necessità, egli viene come amico a stare alla destra della povera creatura, la cui anima è condannata dalla colpa e dalle accuse che da una parte la rigorosa legge di Dio, e dall'altra quelle l'Avversario e i suoi servi sostengono per ispirarci disperazione - come un uditorio ostile in tribunaìe che grida verso di noi espressioni di rivalsa e disprezzo. Il Salvatore Gesù Cristo, però, si trova in un rapporto molto più elevato di quella di un amico; egli è anche un Garante e un Liberatore. Entra, per così dire, in tribunale; e quando l'accusato sta alla sbarra, si fa avanti e sta alla sua destra come suo garante e avvocato; fa uscire l'assoluzione del debito firmata e sigillata con il proprio sangue, la esibisce davanti agli occhi del Giudice, e reclama ed esige l'assoluzione dell'accusato alla cui destra egli si trova. Sta lì, dunque, affinché l'accusato sia liberamente perdonato, e pienamente giustificato da quelle colpe che "lo condannano a morte» senza remissione. Magnifico, non è vero? Ed è proprio così!

L’incredulità, le azioni di un cuore disperatamente malvagio e i paurosi suggerimenti del nemico si fanno avanti per condannarci; ma Cristo Gesù, questo Mediatore tra Dio e l'uomo, "sta alla destra del povero" e produce la sua gloriosa giustizia. Siamo oppressi dall’incredulità? Egli comunica la fede. La nostra mente sta sprofondando nella disperazione? Ci inspira speranza. L'anima è piegata dalla colpa, lontana da Dio, incapace di avvicinarsi a Lui a causa delle sue pesanti tentazioni? Egli mette il proprio braccio sotto questa povera anima abbattuta e solleva la sua testa china e allora l'anima guarda in alto, e invece dell'ira vede il volto del Padre raggiante di misericordia e di amore, perché il Garante "sta alla destra del povero".


20 Giugno

"...redime la tua vita dalla fossa e ti corona di bontà e di compassioni" (Salmo 103:4).

L'antica incoronazione di un re poneva l'ultimo e il più alto sigillo sulla sua autorità regnante. Ciò faceva dire allo sposo: «Uscite, figlie di Sion, ammirate il re Salomone con la corona di cui l'ha incoronato sua madre, il giorno delle sue nozze, il giorno della gioia del suo cuore» (Cantico 3:11). E che giorno sarà quello in cui l’antitipo di Salomone, Cristo, verrà incoronato Signore su ogni cosa!

Così è pure quando viene posta una corona sull'anima che è guarita dalle sue miserie e la cui vita è redenta dalla perdizione. È come se Dio non potesse essere soddisfatto finché non avesse posto su quelll'anima la corona della sua benevolenza, finché non avesse egli stesso incoronato il cuore con il proprio amore. E quale ne è l'effetto? L'anima mette sul suo capo una corona di gloria. Quindi l'anima ha la corona della grazia e Dio ha la corona della gloria. Tutto questo viene coronato da compassionevole, amorevole e tenera misericordia. Che magnifica corona essa è! Essa nasconde alla vista di Dio le nostre iniquiità così come una corona copre la fronte di un monarca. Come corona tutte le prove che abbiamo dovuto attraversare, severe e dolorose come lo erano state allora nella carne, come corona tutti i nostri lutti mettendo sul cuore in lutto la corona dell'amorevole misericordia di Dio, come corona tutte le nostre preghiere permettendoci di vedere la risposta della Sua grazia, come corona tutti i rapporti di Dio con noi nella provvidenza e nella grazia, e imprime su tutti loro la Sua amorevole misericordia: tutto questo perché la corona racchiude tutto ciò che essa contiene. Come la corona della Regina include la sua regalità, la sua dignità, il suo potere – poiché tutti sono simboleggiati da essa – così l'amorevole misericordia di Dio, posta sul cuore come una corona, include e assicura ogni benedizione per il tempo e l'eternità.


21 Giugno

"Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il quale nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti" (1 Pietro 1:3).

La risurrezione di Gesù Cristo è il fulcro della fede cristiana, confermando la veridicità della sua missione divina e della sua filiazione come "Figlio di Dio con potenza". Questo evento conferisce un'impronta divina al suo sacrificio, al suo versamento di sangue e alla sua morte, mostrando l'accettazione da parte di Dio della sua offerta e cancellando così il peccato per sempre. Senza la risurrezione di Cristo e le prove inconfutabili della sua risurrezione, non ci sarebbe stato perdono dei peccati (1 Corinzi 15:17).

Tuttavia, poiché Cristo è risorto dai morti ed è asceso in alto per essere sommo sacerdote della casa di Dio, e lo Spirito Santo ne rende testimonianza sia con la parola che mediante la parola alla nostra anima, si apre la porta della speranza anche nella valle più oscura dell'esperienza umana. Lo Spirito Santo testimonia di lui all'anima, rivelandone il significato nel nostro cuore e risvegliando la fede per guardarLo e credere in Lui come Figlio di Dio. Così, secondo la misura della rivelazione, la speranza abbonda mediante la potenza dello Spirito Santo (Romani 15:13). La risurrezione di Cristo è quindi non solo un evento storico, ma una fonte di speranza e rinnovamento per tutti coloro che credono in Lui.


22 Giugno

"Gesù le disse: 'Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre, ma va' dai miei fratelli e di' loro: 'Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al mio Dio e vostro Dio'” (Giovanni 20:17).

Queste parole le dice Gesù a Maria Maddalena. Queste parole di Gesù rafforzano pure la nostra fede, poiché ci mostrano il legame stretto tra lui e il Padre. Come Figlio unigenito, Dio è il Padre di Gesù Cristo, ma anche il nostro Padre. Anche come servitore del Padre sulla terra, Dio è il suo Dio, e ora, risorto dai morti, è il grande Sommo Sacerdote sulla casa di Dio. Questa visione di Gesù è molto incoraggiante per noi.

Il grande e glorioso Dio, il grande IO SONO auto-esistente, è il Dio in cui viviamo, ci muoviamo e siamo, il Dio davanti al quale stiamo con tutto ciò che siamo e abbiamo, il Dio contro e davanti al quale abbiamo così profondamente e terribilmente peccato: questo Dio grande e glorioso è "il Dio del nostro Signore Gesù Cristo". Possiamo avvicinarci a lui con tutta santa franchezza, presentare le nostre suppliche davanti a lui, invocare il suo santo nome e adorarlo con ogni riverenza e santo timore come il Dio del nostro Signore Gesù Cristo e il nostro Dio in lui. Questa visione credente di Dio, che si rivela nella persona del suo caro Figlio, ci riconcilia a sé mediante il suo sangue prezioso, ci accetta nell'Amato e non ci imputa le nostre colpe. Ci libera dal terrore, rimuove il senso che dobbiamo meritarci la salvezza attraverso l'ubbidienza alla Legge e la colpa del peccato dalla nostra coscienza, allarga, conforta e consola l'anima, calma lo spirito turbato e scaccia quella paura che ci tormenta.


23 Giugno

"... poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: “Ma il giusto vivrà per fede” (Romani 1:17).

Una vita di fede in Cristo è essenziale per la nostra salvezza presente e soggettiva, così come la sua morte sulla croce è stata cruciale per la nostra salvezza passata e oggettiva. Quando ci rendiamo conto della nostra condizione di peccatori caduti, ci accorgiamo di essere circondati da nemici spirituali, tentazioni, peccati e insidie, e ci sentiamo indifesi e deboli, senza la forza di resistere. Schiacciati dall'incredulità, vediamo di fronte a noi una montagna di difficoltà, sia nella provvidenza che nella grazia. Scopriamo che il nostro cuore è come una gabbia di uccelli impuri e che in noi, nella nostra carne, non c'è nulla di buono; non abbiamo la volontà né la forza per combattere o fuggire.

Come possiamo trasformare questa "montagna" in una "pianura"? Come possiamo sfuggire alle insidie e alle tentazioni lungo il nostro cammino? Come possiamo avere la meglio su tutti i nostri nemici, esterni, interni e infernali, e raggiungere finalmente la "porta del paradiso" sani e salvi? Se diciamo: "Per la salvezza già compiuta", possiamo essere certi che tale salvezza ci appartenga veramente? Qual è la prova di ciò, se non la fede in Cristo? Come può la salvezza passata esserci d'aiuto nei problemi attuali, a meno che non sia già stata applicata a noi? Questa applicazione e manifestazione della salvezza avviene attraverso la sua vita. "Se, infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figlio, molto più ora, riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita" (Romani 5:10).

Vediamo quanto sia efficace e appropriato tutto questo. Noi siamo deboli, mentre lui è e possiede tutta la forza che si manifesta nella nostra debolezza. Siamo completamente impotenti contro il peccato, le tentazioni e mille nemici. Ma l'aiuto ci viene da Cristo, che è potente; per questo ci invia aiuto dal suo santuario e ci fortifica "da Sion" (Salmo 20:2), affinché questi peccati e nemici non prevalgano su di noi.


24 Giugno

"Poiché voi sapete che non con cose corruttibili, come l'argento o l'oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri antenati, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza macchia né difetto". –1 Pietro 1:18-19

O indicibili profondità della bontà e della misericordia di Dio! O le ricchezze della sua grazia sovrabbondante! Quando non c'era altra via di redenzione, Dio mandò il suo Figlio unigenito, affinché mediante il suo sangue prezioso, come di agnello senza difetto e senza macchia, potessimo essere riscattati da tutte le conseguenze del nostro vano modo di vivere; e non solo da tutte le sue conseguenze, ma dal suo potere e dalla sua pratica. È una conoscenza, una conoscenza personale, sperimentale di questa redenzione, che ci impone l'obbligo spirituale di camminare in modo degno della nostra alta vocazione. E agisce in questo modo.

La visione per fede dell'Agnello di Dio sanguinante e morente, il vedere e il sentire ciò che Egli soffrì nel giardino e sulla croce per redimerci dall'inferno, renderà sempre odioso ai nostri occhi il peccato e la santità agognata, come odio dell'anima. elemento più felice. Se mai il peccato viene pianto, odiato, confessato e abbandonato; se mai ci sono desideri ardenti di conformità all'immagine di Cristo; se mai c'è desiderio di unione e comunione con Lui, è ai piedi della sua croce. Per mezzo di esso e soltanto esso è il mondo crocifisso per noi, e noi per il mondo; e possiamo ben dire che il nostro più alto conseguimento nella grazia è fare l'esperienza dell'Apostolo: "Sono crocifisso con Cristo, tuttavia vivo; tuttavia non io, ma Cristo vive in me - e la vita che ora ho vivo nella carne Vivo mediante la fede del Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20).


25 Giugno

"In quel giorno l'uomo guarderà al suo Creatore e i suoi occhi guarderanno al Santo d'Israele". –Isaia 17:7

Nel nome stesso «Santo d'Israele» c'è qualcosa la cui dolcezza scioglie il cuore del povero peccatore. Perché che cosa è in se stesso come figlio caduto di Adamo? Un disgraziato sporco, contaminato, inquinato, inadatto alla presenza di Dio. E cosa può adattare un peccatore così impuro, indegno e deforme alla presenza eterna e al godimento di Geova Uno e Trino, se non un Salvatore come il Santo d’Israele, il cui sangue, come una fonte santa, purifica da ogni peccato? L'anima che sta in lui è completa, senza macchia né difetto. E il suo cuore non deve sussultare e danzare quando con una misura di fede riesce ad afferrare questo Santo d'Israele?

Ma questa fede viva e questa accoglienza spirituale dell’unico Mediatore tra Dio e l’uomo non possono esistere finché l’uomo non è portato in circostanze in cui ha bisogno del Santo d’Israele. Finché non è svuotato e spogliato di ogni forza creaturale, non può veramente comprendere come, né realmente desiderare che la forza di Cristo sia resa perfetta nella sua debolezza. Così con la saggezza di Cristo; la sua giustizia; il suo sangue; così con il suo amore; la sua graziosa presenza: sono tutte semplici parole, idee vaghe e fluttuanti, concezioni vaghe e sognanti, finché la povertà e il bisogno gravano pesantemente sull'anima, e lo Spirito benedetto fa conoscere "le imperscrutabili ricchezze di Cristo", come altrettante realtà sperimentali. È questa graziosa scoperta che gli rende caro il Santo d'Israele. Non c'è fede divina, non c'è perdita di speranza, non c'è flusso di affetto verso il Santo d'Israele, fino a “quel giorno”, in cui non avrà più nessuno a cui guardare, nessuna speranza nella creatura; finché tutta la sua giustizia non lo abbandona, e sente che deve essere salvato per grazia gratuita, o perire eternamente.


26 Giugno

"Lo Spirito scruta ogni cosa, sì, le cose profonde di Dio". –1 Corinzi 2:10

Lo Spirito di Dio che abita nell'uomo, facendo del suo corpo il suo tempio, scruta le cose profonde di Dio; poiché in queste cose profonde c'è un tesoro celestiale, che deve essere scrutato per poterlo trovare. Quanta profondità vediamo talvolta in un unico testo della Scrittura aperto alla comprensione o applicato al cuore; che profondità nel sangue di Cristo - come esso "purifica da ogni peccato", e se da ogni peccato, deve purificare milioni di milioni dei peccati più disgustosi dei peccatori più disgustosi. Che profondità nel suo amore sanguinante e morente che poteva abbassarsi così in basso per sollevarci così in alto! Che profondità nella sua pietà e compassione estendersi a trasgressori così colpevoli e vili come noi! Quale profondità negli eterni consigli e nell'indicibile saggezza di Dio per elaborare un piano come quello che fu compiuto e portato alla luce nell'incarnazione e morte del suo caro Figlio, affinché misericordia e giustizia potessero incontrarsi senza stordimento o discordanza, ogni attributo di Dio essere pienamente onorato, e tuttavia che coloro che meritavano l'inferno fossero elevati al godimento del paradiso.

Quante profondità ci sono anche nel nostro cuore, non solo di peccato ma di grazia, perché la vera religione ha le sue profondità che lo Spirito scruta e mette in luce. Quindi, se abbiamo una fede, essa è molto profonda, perché è nascosta nel cuore, e talvolta così nascosta da essere quasi, se non del tutto, nascosta alla vista. Lo Spirito poi lo cerca e lo porta fuori e su. Quindi, se abbiamo un amore, esso affonda le sue radici nei più intimi recessi dei nostri affetti, e quindi necessita di essere indagato; o qualsiasi speranza, giace come l'ancora in fondo al mare. Pertanto deve essere approfondito affinché possa essere reso manifesto che è sicuro e costante ed entra oltre il velo.

27 Giugno

"E coloro che usano questo mondo, come se non ne abusassero; perché la forma di questo mondo passa." –1 Corinzi 7:31

"Coloro che usano le cose del mondo, come se non fossero assorbiti da esse. Perché questo mondo nella sua forma attuale sta scomparendo." –1 Cor. 7:31

Niente è reale se non ciò che ha una sostanza duratura. La salute decade, le forze diminuiscono, la bellezza sfugge alle guance, la vista e l'udito si offuscano, la mente stessa si indebolisce, le ricchezze si mettono le ali e fuggono, i bambini muoiono, gli amici se ne vanno, la vecchiaia avanza lentamente e la vita stessa giunge alla fine. . Queste cose fuggitive e transitorie sono allora semplici ombre; non c'è sostanza, sostanza duratura in essi. Come il nostro cibo e i nostri vestiti quotidiani, la nostra casa e il nostro focolare domestico, essi ci sostengono e confortano nel nostro viaggio attraverso la vita. Ma lì si fermano; quando la vita finisce, finiscono con essa.

Ma la vera religione – e da questo comprendo l’opera di Dio sull’anima – dimora nella morte e dopo la morte, ci accompagna attraverso la valle oscura e ci porta salvi in ​​un’eternità beata. È, quindi, l'unica cosa in questo mondo di cui possiamo dire che è reale. Non è questa la testimonianza di Giovanni? “Tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l'orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma è del mondo. E il mondo passa e la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» (1 Giovanni 2:16, 17).

E chi è quell'uomo, quell'uomo benedetto, che vive quando tutti muoiono, che rimane per sempre quando tutti gli altri muoiono nell'oscurità esteriore? È lui che fa la volontà di Dio. Ma come e quando facciamo la volontà di Dio? "E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Giovanni 6:40). Se dunque hai visto il Figlio e hai creduto in lui, ora hai la vita eterna e Gesù ti risusciterà nell'ultimo giorno.


28 Giugno

"Dio è il Signore che ci ha mostrato la luce". –Salmo 118:27

Se Dio Signore ci ha mostrato la luce, ci ha mostrato la luce sia rispetto a sé stesso, sia rispetto a noi stessi. Ci ha mostrato rispetto a se stesso chi è; ha impresso qualcosa di sé nelle nostre coscienze; ha scoperto qualcosa del suo carattere glorioso per le nostre anime; e ci ha portato, sotto l'opera dello Spirito Santo, alla sua presenza, per ricevere comunicazioni di vita dall'inesauribile pienezza di Cristo. Così in questa luce vediamo e sentiamo che abbiamo a che fare con un Dio che scruta il cuore; in questa luce vediamo e sentiamo che abbiamo a che fare con un Dio che odia il peccato; con un Dio che non sarà deriso né preso in giro.

In questa luce vediamo e sentiamo che ogni segreto del nostro cuore, ogni operazione della nostra mente è aperto davanti a Lui; e in questa luce, per quanto gli piace manifestarla, vediamo ciò che siamo ai suoi occhi santi e puri: una massa di peccato, sporcizia e corruzione, senza aiuto, senza forza, saggezza o giustizia, senza bellezza della creatura, senza nulla di cui si possa dire che sia spiritualmente buona.

Ancora una volta, Dio il Signore, mostrandoci la luce, ci ha mostrato più o meno la via della salvezza attraverso Gesù Cristo. Egli non solo ci ha mostrato ciò che siamo per natura, ma in una certa misura si è degnato di mostrarci ciò che siamo per grazia; non ha semplicemente portato nei nostri cuori una certa conoscenza di Lui come Dio di perfetta giustizia, ma ha anche portato, più o meno, nelle nostre anime una certa conoscenza di Lui come Dio di misericordia; e ci ha così portato, in misura solenne, a conoscere Lui, l'unico vero Dio, e Gesù Cristo, che egli ha mandato; e, così, far germogliare più o meno, ciascuno secondo la sua misura, la vita spirituale nelle nostre anime.


29 Giugno

"O Signore, correggimi, ma con giudizio; non con ira, per non ridurmi a nulla". –Geremia 10:24

"Il furore non è in me", dice il Signore. NO; non c'è ira nel seno di Dio contro il suo popolo. Essi sono per sempre «accettati nell'Amato», e stanno in Lui davanti al trono di Dio senza macchia né ruga. Ma c'è dispiacere per i loro peccati; e questo dispiacere fa loro provare il loro Padre buono e pietoso, quando ritira da loro la luce del suo volto e manda nella loro coscienza i suoi acuti rimproveri e i suoi aspri rimproveri. Ma proprio questi “giudizi” li aiutano (Sal 119,175), perché inducono a profonde ricerche del cuore; e poiché lo stesso Spirito benedetto che impartisce il rimprovero, comunica con esso il pentimento, essi si addolorano secondo una maniera pia, e questa tristezza secondo Dio opera il pentimento verso la salvezza di cui non bisogna pentirsi (2 Corinzi 7:10).

Se, quindi, le nostre afflizioni, croci, perdite, lutti, problemi familiari, prove ecclesiali, e più specialmente se i rimproveri e i rimproveri di Dio nella nostra coscienza sono stati un mezzo per umiliare i nostri cuori orgogliosi, portandoci a un’onesta confessione, e santo dolore per i nostri peccati e le nostre trasgressioni, se ci hanno strumentalmente separato in modo più efficace dal mondo, dalla sua compagnia, dalle sue vie, dalle sue massime e dal suo spirito; se, nella buona mano di Dio, hanno suscitato la preghiera e la supplica nei nostri cuori, ci hanno introdotto in porzioni della parola di verità prima nascoste alla vista, ci hanno posto con più sentimento e continuamente allo sgabello dei piedi della misericordia, ci hanno dato una visione più profonda la comprensione della via della salvezza, che ha reso la misericordia più cara e la grazia più dolce, queste prove e afflizioni sono state inutili o inopportune?


30 Giugno

"Lo Spirito del Signore ha parlato per mezzo mio e la sua parola era sulla mia lingua". –2 Samuele 23:2

Leggiamo che "nessuna profezia della Scrittura è di alcuna interpretazione privata"; cioè è proprietà pubblica di tutta la famiglia di Geova; e "santi uomini di Dio parlarono spinti dallo Spirito Santo"; lo Spirito Santo influenza e opera così tanto nelle loro menti da fargli scaturire dai loro cuori ciò che dovrebbe essere adatto all'intera famiglia di Dio. Leggiamo, ad esempio, nel Salmo 51, la confessione del peccato di Davide; ma la confessione del peccato di Davide si applica ad ogni anima che è condannata a causa del peccato. Anche Giobbe, quando esprimeva le sue pietose lamentele, stava parlando; anche se potrebbe non saperlo, per i figli di Dio fino ai tempi più remoti.

Quindi, quando il Signore disse a Giosuè: "Non ti lascerò né ti abbandonerò", era una promessa data appositamente a Giosuè; sembrava essere limitato a quell'individuo; sembrava essere un'interpretazione privata, come se Giosuè, e solo Giosuè, avesse diritto a quella promessa. Ma troviamo l'apostolo Paolo che presenta questa promessa come proprietà generale di tutta la Chiesa di Dio: "La vostra vita sia senza cupidigia, e accontentatevi di ciò che avete, poiché ha detto: Non lascerò mai te, né ti abbandonerò» (Eb 13,5). "Lo ha detto?" a cui? A Giosuè; ma dicendolo a Giosuè, lo disse alla Chiesa di Dio; nel dare a Giosuè la promessa, egli diede quella promessa ad ogni anima che aveva bisogno del suo aiuto con Giosuè, che temeva con Giosuè di essere abbandonata, che voleva con Giosuè la sua mano di sostegno; e quindi questa promessa privata fatta a Giosuè non era di interpretazione privata, ma, quando applicata dallo Spirito benedetto, si adatta ad ogni anima vivente che si trova in circostanze simili con l'individuo a cui quella promessa era indirizzata.