Predicazioni/2Pietro/Non solo esercizio fisico

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Non solo esercizio fisico

Soprattutto se conduciamo una vita sedentaria, l’esercizio fisico regolare è essenziale per conservarci in salute. Lo stesso vale per l’aspetto spirituale della nostra vita. I preziosi doni che Dio ci fa in Gesù Cristo devono essere esercitati e sviluppati per crescere nella fede e nell’amore. La pigrizia non li pregiudica, ma ci rende disutili a Dio e sottosviluppati com’è dimostrato oggi da troppi credenti e comunità cristiane. Esaminiamo oggi questo sulla base del testo biblico di 2 Pietro 1:3-11.

L’importanza dell’esercizio fisico 

Fate voi esercizio fisico? L'esercizio fisico è di vitale importanza soprattutto per le persone sedentarie. Io stesso, tendendo ad essere fisicamente pigro, me lo devo sempre rammentare e sforzarmi a farlo. L’esercizio fisico, infatti, contribuisce in modo significativo al miglioramento della salute generale, combattendo malattie croniche, riducendo lo stress e migliorando il benessere mentale. Inoltre, aiuta a controllare il peso, a migliorare la postura e la mobilità, a favorire un sonno migliore e a potenziare l'energia e la resistenza. L'attività fisica può anche aumentare l'autostima, creare un esempio positivo per gli altri e contribuire a un invecchiamento più sano. Iniziare con piccoli passi verso uno stile di vita più attivo è cruciale per godere di questi benefici a lungo termine.

Per quanto tutto ciò sia molto importante, la Parola di Dio ci dice che c’è qualcosa di ancora più importante. Lo esprime l’apostolo Paolo, quando dice al discepolo Timoteo: “... l'esercizio fisico è utile a poca cosa, mentre la pietà è utile a ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella a venire” (1 Timoteo 4:8). In altre parole: l'allenamento fisico è buono, ha un certo valore, ma è di importanza relativa. La pietà, le discipline cristiane dello spirito, però, hanno un valore assoluto, e sono utili per tutte le cose. Perciò, ci dice: “allenati spiritualmente e datti da fare per essere un cristiano migliore e più produttivo per il Regno di Dio, perché ciò non ti servirà soltanto adesso, in questa vita, ma anche in quella futura”.

Virtù da sviluppare

Esprime questo concetto pure l’apostolo Pietro quando, nella sua seconda epistola, menziona una serie di virtù concatenate che devono caratterizzare il figliolo di Dio, virtù che, come perle di una collana, devono essere “aggiunte” alla sua preziosa fede, sviluppate, e questo per “confermare” la sua vocazione ed elezione. Ascoltate:

“La sua potenza divina ci ha donato tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù, attraverso le quali egli ci ha elargito le sue preziose e grandissime promesse, perché per mezzo di esse voi foste fatti partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via della concupiscenza. Voi, per questa stessa ragione, mettendoci da parte vostra ogni premura, aggiungete alla fede vostra la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza l'autocontrollo, all'autocontrollo la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l'affetto fraterno e all'affetto fraterno l'amore. Perché, se queste cose si trovano e abbondano in voi, non vi renderanno né oziosi né sterili nella conoscenza del nostro Signore Gesù Cristo. Poiché colui nel quale queste cose non si trovano è cieco e miope, avendo dimenticato di essere stato purificato dei suoi vecchi peccati. Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a rendere sicura la vostra vocazione ed elezione perché, facendo queste cose, non inciamperete mai. Così, infatti, vi sarà largamente provveduta l'entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo” (2 Pietro 1:3-11).

La possibilità di essere pigri ed improduttivi 

Allo stesso modo in cui si può essere fisicamente pigri, l’apostolo ci prospetta la reale e deplorevole possibilità che un cristiano, secondo le parole stesse di questo testo, diventi ozioso, sterile, cieco e miope. Sembra quasi impossibile, ma può accadere, e l’apostolo lo tiene in considerazione.

Pietro non dice qui in alcun modo che un vero cristiano possa perdere la grazia della salvezza se non fa determinate cose, perché essa è opera di Dio, dal principio sino al suo sicuro compimento finale. Egli, infatti, si rivolge a persone che lo Spirito Santo ha efficacemente chiamato a sé (che hanno ricevuto la vocazione dell’Evangelo), “a quelli che hanno ottenuto una fede preziosa quanto la nostra” (1:1) e questo è un dato di fatto - sono persone che a tale grazia sono state elette (1:10). Eppure dice che c’è la reale possibilità che, come credenti, diventiamo pigri e improduttivi.

Ciascuno secondo i doni particolari che Dio gli ha dato, dobbiamo essere Suoi collaboratori, operai della Sua “vigna”. Per quest’opera dobbiamo sempre meglio acquisire e mantenere le competenze necessarie per poterlo fare con efficacia. Abbiamo avuto il privilegio di essere stati assunti al servizio di Dio. È come lavorare in una ditta che provvede per noi corsi gratuiti di aggiornamento per affinare le nostre capacità, anzi, regolari “corsi di ripetizione” per non perdere queste competenze. C’è chi trova delle scuse per non parteciparvi, ritenendo di non averne bisogno. Questo non è saggio, anzi, è riprovevole. Per Dio potremmo diventare di fatto disutili nel servizio che dobbiamo rendergli. Non sarebbe questo per noi motivo di vergogna?

Noi siamo stati “fatti partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo” (1:4). Non dovremmo forse fare fruttare tutto questo per la gloria di Dio, per il bene della società e per noi stessi? Dio ci ha fornito tutti gli strumenti per lavorare su noi stessi e per renderci sempre meglio utili a Lui per l’edificazione del Suo Regno? Infatti: “La sua potenza divina ci ha donato tutte le cose che appartengono alla vita” (1:3). Potremmo forse in questo essere negligenti - dopo tutto quello che Dio ha fatto per noi nel Salvatore Gesù Cristo? Potremmo forse disprezzare la generosa disponibilità dello Spirito Santo che ci è stato dato e non avvalercene con riconoscenza? Non sarebbe forse ingrato da parte nostra?

Da una virtù all’altra

L’Apostolo così chiarisce come, nel corso di questa vita, il cristiano possa e debba, per suo stesso vantaggio, realizzare le potenzialità che la grazia di Dio gli ha donato, e questo in diverse aree, aggiungendo, arricchendosi sempre più di una serie di beni spirituali. Quali? Pietro qui li identifica in questo modo: fede, virtù, conoscenza, autocontrollo, perseveranza, pietà, affetto fraterno, amore. In tutto questo dobbiamo esercitare i nostri “muscoli spirituali”.

Sono tutte qualità, queste, presenti in Gesù Cristo e Dio vuole renderci “conformi a Lui”, com’è scritto: “Perché quelli che egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli” (Romani 8:29). Nella misura in cui il credente conosce Gesù Cristo, in comunione con Lui, nella misura in cui partecipa a queste virtù, ecco che potrà essergli sempre meglio utile ed arrivare al traguardo finale come “un intelligente amministratore” dei beni che Egli ci ha concesso.

a. Fede. Fede qui è il primo elemento di questi beni spirituali. Qui però l’apostolo non esorta tanto ad “avere fede”: essa è presupposta, è scontata: è il requisito fondamentale di ogni altro dono e sviluppo spirituale. Senza di essa tutto questo discorso sarebbe vano. La vera fede, però, non giunge mai da sola, ma è sempre “accompagnata”. Dici di avere fede? Ma la fede senza le opere, senza conseguenze pratiche è morta. A che serve avere dei princìpi se non influenzano la vita? Non esiste vera fede in Cristo se non è chiaro che essa influisce molto concretamente tutto quello che pensi, fai e dici. Qui l’Apostolo dice: esercitate la vostra fede per sviluppare:

b. Virtù, cioè la determinazione, la risoluzione, l’energia per servire il Signore in ogni cosa, in modo eccellente. Virtù è anche però il coraggio indispensabile per vivere una vita impostata nello stile di Cristo. Non è facile rinnegare il proprio egoismo, sfidare il conformismo e “portare la croce di Cristo”: perseguire l’obiettivo del regno di Dio richiede coraggio. Anche al tempo di Gesù molti non lo seguivano, non perché non credevano che avesse ragione, ma perché erano pigri, codardi, paurosi, oppure se ne vergognavano in una qualche misura. Raggiungerà gli obiettivi di Dio chi è ardito, che non ha paura di osare e di sfidare sé stesso e lo status quo. Investite i vostri beni spirituali e fateli fruttare sviluppando coraggio. Nell’esercitare però la virtù, sviluppate:

c. La conoscenza. Il coraggio è una forza che solo la sapienza può adoperare. Coraggio senza conoscenza e sapienza può diventare follia e irresponsabilità. Si tratta di sviluppare competenza nel servizio del Signore, è conoscenza applicata all’azione, quella che si chiama prudenza. È ciò che raccomanda Paolo quando dice: ”Guardate dunque con diligenza come vi comportate, non da stolti ma da saggi, riscattando il tempo, perché i giorni sono malvagi. Perciò non siate disavveduti, ma intendete bene quale sia la volontà del Signore” (Efesini 5:15-18). È un tipo di sapienza questa che nasce dall’esperienza e dall’osservazione, dallo studiare con attenzione la Parola di Dio e nell’applicarla coscientemente a noi stessi. Investite i vostri beni spirituali e fateli fruttare sviluppando sapienza e conoscenza. Nell’esercitare però la conoscenza, sviluppate:

d. Auto-controllo. L’autocontrollo è la padronanza di sé stessi. Il mondo spesso, con tutte le sue passioni e forze compulsive è come una corrente che tutto vorrebbe trascinare con sé. Quante volte “ci lasciamo tentare”, mentre dovremmo opporre resistenza, essere inamovibili, sia rispetto alle nostre pulsioni interne che ai tentativi di forze esterne di trascinarci e di manipolarci. Dobbiamo sviluppare in noi forza di resistenza, capacità di dire di no e di subirne le conseguenze, la capacità di forzare la nostra debole natura a fare ciò che è giusto. È requisito stesso della vittoria nelle nostre imprese. Investite i vostri beni spirituali e fateli fruttare sviluppando autocontrollo. Nell’esercitare però autocontrollo, sviluppate:

e. Perseveranza. C’è un’indubbia connessione fra l’auto-controllo e la capacità di perseverare. Il primo ci insegna a resistere, la seconda a resistere fino alla fine. Dice il Signore: “A chi vince e ritiene fino alla fine le opere mie, darò potestà sulle nazioni” (Apocalisse 2:2 6). C’è un obiettivo da raggiungere: che vergogna fermarsi sulla strada e persino tornare indietro perché non si è stati capaci di perseverare! Dobbiamo sviluppare la grazia della persistenza, della fermezza, dell’essere incrollabili, avere “lo stomaco forte” per parare ogni colpo senza cadere. Investite i vostri beni spirituali e fateli fruttare sviluppando perseveranza. Nell’esercitare però perseveranza, sviluppate:

f. La pietà. Pietà significa la pratica del rapporto costante con Dio, il desiderio di sviluppare un sempre migliore rapporto con Dio attraverso la preghiera, la meditazione della Sua parola e di ogni altro mezzo che Egli ci ha dato per coltivare un rapporto costante con Lui. La costanza del rapporto con Dio è indispensabile: coraggio e conoscenza, perseveranza e pazienza non sarebbero qualità cristiane se non sono esercitare ed influenzate da un rapporto costante con Dio. Senza questo riferimento alla persona di Dio, tutto questo non sarebbe che una vuota etica laica, un moralismo senza forza. Investite i vostri beni spirituali e fateli fruttare sviluppando la pietà. Nell’esercitare però la pietà, sviluppate:

g. affetto fraterno e amore. Questo è importante perché se pure è necessario coltivare il nostro rapporto con Dio, è necessario non isolarci socialmente e coltivare il nostro rapporto con gli altri. Significa imparare godere della presenza delle altre persone e scoprire in esse tratti desiderabili per poi giungere ad amarle intensamente con Cristo ha insegnato. L’amore sacrificale, l’amore vissuto ed insegnato dal Signore Gesù Cristo non è cosa che ci venga da sola, ma è una cosa che dobbiamo coltivare investendo nella nostra vita i beni spirituali di cui Dio ci ha fatto oggetto.

La motivazione ultima di questi esercizi 

La motivazione ultima di questi esercizi è indicata nel testo quando dice: “... impegnatevi sempre di più a rendere sicura la vostra vocazione ed elezione perché, facendo queste cose, non inciamperete mai” (1:10). Questo non vuol dire che la nostra vocazione ed elezione debba essere sostenuta dalle nostre opere altrimenti la perdiamo... ma che la nostra autentica vocazione ed elezione è confermata agli altri e a noi stessi dal nostro effettivo impegno formativo. Non è nelle nostre mani, nel nostro potere di preservarla, ma è il nostro impegno, sollecitato dalle esortazioni dello Spirito Santo nella Parola di Dio, che la manifesta e la rafforza. Giovanni Calvino così commentava questo testo: “Dio chiama effettivamente alla vita coloro che ha preordinato alla vita nel suo segreto consiglio prima della fondazione del mondo; e continua anche il corso perpetuo della chiamata per la sola grazia. Ma poiché ci ha scelti e ci chiama per questo fine, affinché possiamo essere puri e immacolati alla sua presenza; purezza di vita non è impropriamente chiamata l'evidenza e la prova dell'elezione, con la quale i fedeli non solo possono testimoniare agli altri che sono figli di Dio, ma anche confermare sé stessi in questa fiducia”.

Conclusione 

All’inizio avevamo considerato come l'esercizio fisico sia fondamentale per le persone sedentarie poiché può migliorare significativamente la loro salute fisica e mentale, consentendo loro di godere di una vita più lunga, più sana e più felice. Se non ne siamo abituati, è importante iniziare con piccoli cambiamenti e aumentare gradualmente l'attività fisica per evitare lesioni o eccessiva stanchezza, ma dobbiamo esercitare i nostri muscoli. Non dovremmo forse fare altrettanto e più ancora come regolari “esercizi spirituali”? Da ragazzo la comunità cristiana che frequentavo organizzava regolarmente dei ritiri in luoghi tranquilli che chiamava “esercizi spirituali”. Di essi mi è rimasto un buon ricordo. Ci formavano alla preghiera ed alla riflessione. Vi era un programma di preghiera, meditazione e contemplazione per aiutarci a discernere la volontà di Dio nella nostra vita e a crescere nella fede. Il loro scopo era quello di farci approfondire la conoscenza di noi stessi, sviluppare una relazione più intima con Dio e discernere il proprio cammino spirituale. Promuoverli come comunità cristiana, magari accompagnandoli da esercizi fisici, rimane anche oggi essenziale e risponde alle esigenze delineate dal testo della Parola di Dio che abbiamo oggi esaminato.

Paolo Castellina, 19 agosto 2023