Teopedia/Pessimismo antropologico

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Pessimismo antropologico

Il pessimismo antropologico è la visione filosofica e teologica che mette in risalto la fondamentale corruzione morale e spirituale dell'essere umano nella condizione in cui si trova in questo mondo e che pregiudica ogni sua aspirazione a realizzare ideali morali e spirituali senza l'intervento rigenerante di Dio.

Nella teologia protestante classica, il pessimismo antropologico è espresso attraverso il concetto di peccato originale e la dottrina della depravazione totale. Secondo queste dottrine, l'essere umano è profondamente segnato dal peccato fin dalla nascita, in quanto discendente di Adamo ed Eva, che hanno commesso il peccato originale disobbedendo a Dio nel Giardino dell'Eden.

La depravazione totale è una dottrina centrale nella teologia riformata (calvinista), che sostiene che ogni aspetto dell'essere umano è stato corrotto dal peccato e, di conseguenza, l'uomo è incapace di compiere opere buone o di avvicinarsi a Dio senza l'intervento della grazia divina. In altre parole, l'essere umano è completamente dipendente dalla misericordia e dalla grazia di Dio per la sua salvezza e redenzione - nulla che possa fare di sua iniziativa può elevarlo moralmente e spiritualmente.

Il concetto di pessimismo antropologico nella teologia protestante classica si riflette anche nella visione di Martin Lutero sull'essere umano come "simul iustus et peccator", cioè allo stesso tempo giusto e peccatore. Secondo Lutero, anche dopo la conversione e la giustificazione attraverso la fede, l'essere umano rimane peccatore per natura e ha bisogno della grazia di Dio per vivere una vita moralmente accettabile.

In conclusione, il pessimismo antropologico nella teologia protestante classica è espresso attraverso la nozione che l'essere umano sia profondamente segnato dal peccato e incapace di raggiungere la santità o la perfezione morale senza l'intervento della grazia divina. Questa visione enfatizza la dipendenza dell'umanità dalla misericordia e dall'azione redentrice di Dio.

Diversi teologi antichi e moderni hanno sostenuto il pessimismo antropologico, sia direttamente sia indirettamente, attraverso la promozione di concetti come il peccato originale e la depravazione totale. Ecco alcuni dei principali teologi che hanno contribuito a questa concezione nel corso della storia:

  • Sant'Agostino (354-430): Filosofo e teologo cristiano, Agostino è considerato una delle figure più importanti nella formazione della teologia occidentale. Ha sviluppato il concetto di peccato originale, sostenendo che la natura umana è fondamentalmente corrotta a causa della disobbedienza di Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden.
  • Martin Lutero (1483-1546): Teologo e riformatore tedesco. Ha sostenuto la dottrina della giustificazione per sola fede, sottolineando la corruzione dell'essere umano e la necessità della grazia divina per la salvezza.
  • Giovanni Calvino (1509-1564): Teologo francese e riformatore, Calvino è stato uno dei principali esponenti della Riforma protestante e della teologia riformata. Ha sviluppato la dottrina della depravazione totale, sostenendo che tutti gli aspetti dell'essere umano sono corrotti dal peccato e che l'uomo è completamente dipendente dalla grazia di Dio per la redenzione.
  • Jonathan Edwards (1703-1758): Teologo e predicatore americano, Edwards è stato un importante esponente del Grande Risveglio e della teologia calvinista. Ha enfatizzato la corruzione dell'essere umano e la necessità della grazia divina per la salvezza e la santificazione.
  • Karl Barth (1886-1968): Teologo svizzero e uno dei più importanti teologi protestanti del XX secolo, Barth ha sottolineato la distanza tra Dio e l'essere umano peccatore e la necessità della rivelazione divina per superare questa separazione. Ha affermato che l'essere umano è incapace di conoscere Dio o di raggiungere la santità senza l'intervento divino.

Questi sono solo alcuni dei teologi che hanno sostenuto il pessimismo antropologico in varie forme. È importante notare che le loro opinioni possono variare su molti altri aspetti della teologia e che non tutti gli aderenti al protestantesimo condividono necessariamente una visione completamente pessimistica dell'essere umano.

Pessimismo antropologico di Thomas Hobbes

Thomas Hobbes (1588-1679) è stato un filosofo inglese noto per le sue opere in filosofia politica e morale. Il suo pessimismo antropologico può essere definito come una visione negativa e scettica dell'essere umano, con particolare attenzione alla natura egoista e competitiva degli individui e alla loro tendenza a perseguire i propri interessi a scapito degli altri. Hobbes riteneva che, in uno stato di natura, senza un'autorità centrale, gli esseri umani vivrebbero in un costante stato di guerra di tutti contro tutti, in cui la vita sarebbe "solitaria, povera, brutta, animalesca e breve".

L'origine del pessimismo antropologico di Hobbes può essere fatta risalire a diverse fonti e influenze:

  • Esperienze personali: Hobbes ha vissuto in un periodo di grande instabilità politica e sociale, incluso la Guerra civile inglese (1642-1651). Queste esperienze possono aver influito sulla sua visione negativa della natura umana e sulla necessità di un'autorità forte per mantenere l'ordine e prevenire il caos.
  • Influenze filosofiche: Hobbes è stato influenzato da vari filosofi e pensatori, tra cui Niccolò Machiavelli, che ha sottolineato la natura egoista e ambiziosa del potere politico. Hobbes ha integrato queste idee nel suo concetto di stato di natura e nella sua visione dell'essere umano come guidato principalmente dall'interesse personale.
  • Studio delle scienze naturali: Hobbes è stato profondamente interessato allo studio delle scienze naturali e alla filosofia meccanicistica, che vedeva il mondo naturale come governato da leggi deterministiche e meccaniche. Questo approccio ha influenzato la sua visione dell'essere umano come un meccanismo guidato dalle leggi della natura, in particolare dall'istinto di sopravvivenza e dalla ricerca del potere e della sicurezza.

Il pessimismo antropologico di Hobbes è stato alla base della sua filosofia politica, che sosteneva la necessità di un'autorità assoluta e indivisa per controllare la natura egoista e violenta degli esseri umani e garantire la pace e la sicurezza. Questa visione ha portato alla sua teoria del contratto sociale, secondo cui gli individui rinunciano volontariamente a parte della loro libertà in cambio della protezione offerta dallo Stato.

Riferimenti