Teopedia/Peccato

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Ritorno


Il peccato

Nell'etica e nella religione, si parla di peccato come di un atto religiosamente illecito, una condotta considerata riprovevole o illecita, in contrasto con i principi e le norme morali riconosciute nell'ambito di una data società.

In alcune religioni l'atto peccaminoso consiste generalmente nel superare, anche involontariamente, i limiti posti dalla sfera delle cose sacre e quella delle cose profane. Più che riprovevole moralmente, il peccato è considerato pericoloso perché può attirare sul peccatore e su tutta la comunità la maledizione della divinità offesa e perciò richiede una qualche sorta di espiazione affinché l'equilibrio turbato sia ristabilito.
In altre religioni il peccato attiene alla sfera morale e alla volontà ed è strettamente individuale, sebbene possa avere anche delle ripercussioni sociali.

Il peccato nella Bibbia

Nell'Antico Testamento si conservano le tracce della sunnominata concezione del peccato in riferimento a peccati rituali ed involontari, per i quali in Levitico 4 e 5 sono prescritte le modalità di espiazione per mezzo di sacrifici di riparazione, o per il peccato cfr. anche Deuteronomio 21:1-9. Lo stesso vale per i peccati commessi trasgredendo un voto solenne (1 Samuele 14:24-26).

Il concetto di peccato è strettamente collegato a quello della Legge di Dio, legge rivelata e conservata nelle Sacre Scritture di cui esso rappresenta la trasgressione. Per trasgressione si intende non solo ciò che si commette (commissione) ma anche ciò che si omette (omissione) di fare. E' quindi un atto consapevole e responsabile, compiuto volontariamente dalla creatura umana, anche se non è assente il concetto di colpa involontaria. Esso non è perciò soltanto un atto singolo peccaminoso, come generalmente si pensa, ma è un atteggiamento di disubbidienza e di rivolta verso Dio che ha la sua origine nel cuore stesso dell'essere umano. Per questo non solo si trasgrediscono i Suoi comandamenti, ma Gli si nega anche la riconoscenza, si misconoscono i Suoi benefici, si rifiuta di avere fede in Lui, ed alla volontà di Dio si sostituisce la propria volontà umana.

Alienazione da Dio. Ecco così come nella Bibbia il peccato non è solo una trasgressione di un ordinamento morale, ma una condizione di alienazione da Dio. Per i grandi profeti dell'Antico Testamento il peccato è molto di più che una violazione di un tabù o la trasgressione di un comandamento. Esso significa l'interruzione di un rapporto personale con Dio, un tradimento della fiducia che Egli ha riposto in noi. E' proprio quando ci mettiamo a confronto con la santità di Dio che diventiamo particolarmente consapevoli della nostra peccaminosità (cfr. Isaia 6:5; Salmo 51:1-9; Luca 5:8).

La corruzione del cuore. Gli atti peccaminosi derivano essenzialmente dalla corruzione morale del nostro cuore (Genesi 6:5; Isaia 29:13; Geremia 17:). Per l'apostolo Paolo, il peccato (`αμαρτία) non è tanto una consapevole trasgressione della legge di Dio, ma una costante e debilitante condizione di inimicizia con Dio. Nella teologia di Paolo il peccato viene quasi personalizzato. Può essere inteso come una potenza maligna e personale che tiene in pugno l'umanità.

Universalità del peccato. La testimonianza biblica pure afferma l'universalità del peccato. Paolo afferma: "Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Romani 3:23). "Non c'è sulla terra nessun uomo giusto che faccia il bene e non pecchi mai" (Ecclesiastico 7:20); "Chi può dire: «Ho purificato il mio cuore, sono puro dal mio peccato?»" (Proverbi 20:9); "Tutti si sono sviati, tutti sono corrotti, non c'è nessuno che faccia il bene, neppure uno" (Salmo 14:3).

L'incredulità. Al cuore del peccato sta l'incredulità. Esempi di questo ricorrono per tutta la Bibbia. In Genesi 3, Adamo ed Eva credono alla parola del tentatore più di quanto credano a quella di Dio; nei vangeli Gesù è respinto dai capi di Israele; in Atti 7, Stefano è lapidato da una folla turbolenta; in Giovanni 20:24,25 Tommaso respinge con arroganza la risurrezione di Gesù.

La durezza di cuore. Anche la "durezza dil cuore", strettamente legata all'incredulità (Marco 16:14; Romani 2:5) appartiene all'essenza del peccato. Significa rifiutare di ravvedersi e di credere alle promesse di Dio (Salmo 95:8; Ebrei 3:8-15: 4:7). Esso caratterizza l'ostinata indisponibilità ad aprirsi all'amore di Dio (2 Cronache 36:13; Efesini 4:18) ed il suo corollario – insensibilità ai bisogni del prossimo (Deuteronomio 15:7; Efesini 4:19).

Manifestazioni del peccato. Laddove l'essenza del peccato è l'incredulità o la durezza di cuore, manifestazioni principali del peccato sono orgoglio, sensualità e paura. Altri aspetti significativi del peccato sono l'autocommiserazione, l'egoismo, la gelosia e l'avidità.

Individuale e sociale. Il peccato è sia personale che sociale, individuale e collettivo. Ezechiele dichiara: "Ecco, questa fu l'iniquità di Sodoma, tua sorella: lei e le sue figlie vivevano nell'orgoglio, nell'abbondanza del pane, e nell'ozio indolente; ma non sostenevano la mano dell'afflitto e del povero" (16:49). Secondo i profeti, non solo sono pochi individui ad essere contaminati dal peccato, ma l'intera nazione (Isaia 1:4). Fra le forme collettive di peccato che affliggono particolarmente il mondo d'oggi sono il razzismo, il nazionalismo, l'imperialismo, il sessismo e il pregiudizio contro gli anziani.

Effetti del peccato. Gli effetti del peccato sono asservimento morale e spirituale, senso di colpa, morte e inferno. Giacomo lo spiega così: "Ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte" (1:14,15). Nella prospettiva di Paolo: "il salario del peccato è la morte" (Romani 6:23; cfr. 1 Corinzi 15:56).

La legge lo istiga. Nella teologia paolina, la legge non è solo un freno posto al peccato, ma anche la sua istigatrice. Tanto perverso è il cuore umano che le stesse proibizioni della legge, intese per essere un deterrente per il peccato, servono per suscitare gli stessi desideri peccaminosi (Romani 7:7,8).

Inerente alla condizione umana. La fede biblica pure confessa che il peccato è inerente alla stessa condizione umana. Non solo noi nasciamo in un mondo contaminato dal peccato, ma nasciamo con una propensione intrinseca al peccato. Come dice il Salmista: "Gli empi sono sviati fin dal grembo materno, i bugiardi son traviati fin dalla nascita" (Salmo 58:3; cfr. 51:5). La tradizione della chiesa lo chiama "peccato originale". Non sta, però, tanto a significare un difetto biologico o una deformità fisica, ma un'infezione spirituale che in qualche modo misterioso si trasmette attraverso la riproduzione. Il peccato non è originario alla natura umana, ma corrompe la natura umana.

L'origine del peccato. L'origine del peccato è un mistero ed è legato al problema del male. Il racconto su Adamo ed Eva non ci fornisce una risposta razionalmente soddisfacente del peccato o del male (non era questo la sua intenzione), ma illustra la condizione umana. Ci dice che prima del peccato umano vi era il peccato demonico, il quale fornisce l'occasione per la trasgressione umana. La teologia ortodossa, sia cattolica che protestante, parla di una caduta di angeli precedente alla caduta dell'uomo e viene attribuita all'abuso fatto del dono divino della libertà. E' consenso generale fra i teologi ortodossi che il male morale (il peccato) mette le basi stesse del male fisico (i disastri naturali), ma come esattamente l'uno causi l'altro rimane oggetto di speculazioni.