Teopedia/Pastore (ministero)

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Pastore (ministero)

Il termine pastore è l'appellativo che nelle chiese cristiane viene usato (in alcune ufficialmente, in altre solo episodicamente) per riferirsi ad un ministro di culto o comunque (in diversi gradi) a chi è responsabile della conduzione spirituale della comunità cristiana. Deriva dal latino pastōr (pastore di pecore).

Origine del termine

L'uso del termine pastore deriva dalla Bibbia. La Bibbia ebraica (o Antico Testamento, usa il termine ebraico רעה (ra'ah) che ricorre 173 volte nel senso di "pascere il gregge", ad es. in Genesi 29:7 ("abbeverate le pecore e portatele al pascolo"). Esso viene pure usato, però in riferimento ad esseri umani, come, per es. in Geremia 3:15: "Vi darò dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e intelligenza".
Dio stesso è chiamato il "Pastore di Israele" e Israele "il gregge del Signore" (Genesi 49:24; Salmo 23; 80:1; Geremia 31:10; Ezechiele 34:11-21). Il termine pastore è applicato anche ai re ed ai capi del popolo.
Nel Nuovo Testamento si usa la parola greca ποιμην (poimēn) ed essa viene normalmente tradotta "pastore". Questa parola è usata 18 volte. Gesù è pure chiamato "buon Pastore" in Giovanni 10,11 "Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore".
I ministri dell'Evangelo sono chiamati pastori perché sono incaricati di "pascere il gregge" (la Chiesa) in nome e per conto del solo e vero Pastore, Gesù Cristo (Giovanni 21:25ss; Atti 20:28; 1 Pietro 5:2). Per es. in Efesini 4:11,12 "È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo".
Il Nuovo Testamento usa il termine pastore per i responsabili della conduzione della comunità cristiana, in alternativa ad altri termini come "anziano" (presbyteros), o vescovo (letteralmente "sovrintendente"). Per esempio, in Atti 20:7 Paolo convoca gli "anziani" della chiesa di Efeso per dare loro istruzioni prima della sua partenza: "Da Mileto mandò a Efeso a chiamare gli anziani della chiesa". Durante questo discorso, in Atti 20:28 egli dice loro: "Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue". Pietro utilizza il termine allo stesso modo in 1 Pietro 5:1,2 egli scrive: "Esorto dunque gli anziani che sono tra di voi, io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che deve essere manifestata: pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo".
Pure Paolo, in 1 Timoteo 3:1-7 descrive quali debbano essere le caratteristiche di coloro che servono come "vescovi". In Tito 1:5-9 la stessa lista è usata per gli anziani, ai quali pure ci si riferisce in 1:7 come vescovi.

Il termine pastore nella storia

Secondo molti studiosi, la praticadi separare la funzione di pastore da quella di vescovo inizia solo nel secondo secolo. È allora che singoli vescovi (in sostituzione di un gruppo di vescovi, o anziani, che ne chiese avevano nel primo secolo) comincia a sovrintendere i cristiani di un'intera città, anche se si incontrano in luoghi diversi. Nel terzo e nel quarto secolo, alcuni fra i vescovi delle città più prominenti cominciano ad esercitare il controllo su un'intera regione di chiese secondo la suddivisione oggi comune di parrocchie o comunità cristiane locali.
L'uso del termine "pastore" per riferirsi al ministro di culto nelle chiese evangeliche, risale ai giorni di Giovanni Calvino e Ulrico Zwingli. Questi, come pure altri riformatori sembra lo avessero preferito ai termini "prete" o persino "vescovo", identificati come sono dall'uso che ne fa il Cattolicesimo da cui intendevano distanziarsi.

Uso corrente

Molti protestanti usano il termine 'pastore' come titolo (ad es. il pastore Bianchi). Nelle chiese evangeliche italiane ci si rivolge al ministro di culto solo con il titolo di 'pastore' o 'signor pastore', raramente o quasi mai con il titolo di 'reverendo', mai con l'appellativo di 'padre', ritenuto contrario all'insegnamento biblico [("Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli" (Matteo 23:9)]. "Pastore" è pure la definizione legale della professione di ministro di culto evangelico.
Con la recente introduzione, in alcune chiese, del pastorato femminile, si usa oggi pure (benché scorretto linguisticamente) il termine "pastora".
Nel Protestantesimo italiano dei secoli passati ci si riferiva al ministro di culto appunto con il termine "ministro", tant'è vero che si apponeva dietro al nome la sigla latina "v. d. m." [verbi divini minister (ministro della Parola di Dio)].
Il termine "prete" o "presbitero" non è utilizzato nelle chiese evangeliche, se non nella Chiesa anglicana.

Altri protestanti, come ad es. le Assemblee dei fratelli preferiscono non usare il termine "pastore" ed utilizzare quello di "anziano". Le comunità locali di queste chiese sono condotte non da un solo "anziano", ma da un "collegio di anziani" scelti dall'ambito dei membri della comunità e non retribuiti (se non in casi eccezionali quando il loro servizio è "a pieno tempo").

La distinzione storica fra "pastore" e "vescovo", nel Protestantesimo è decaduta, ad eccezione della Chiesa anglicana e della Chiesa luterana che conservano l'organizzazione episcopaliana. Sulla toga portata dal pastore evangelico riformato durante il culto in alcune chiese vedi questo collegamento. Nella maggior parte delle chiese evangeliche la funzione di pastore è professionalmente qualificata. Normalmente è la comunità cristiana locale che riconosce in un suo membro la vocazione pastorale e che provvede a che il candidato sia inviato a studiare presso una riconosciuta scuola biblica o facoltà di teologia per acquisire le competenze necessarie per svolgere questo ministero. Il corso dura un minimo di tre anni, ma, normalmente, durata e spessore dei corsi equivalgono ad una laurea universitaria. Gli studi comprendono l'acquisizione della conoscenza delle lingue bibliche (ebraico e greco) necessarie per accedere di prima mano alle fonti della fede. Oltre alle competenze esegetiche della Bibbia il curriculum comprende anche la cura pastorale e l'omiletica.