Teopedia/Neofondamentalismo

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Neofondamentalismo

Il termine «neofondamentalismo» rimanda evidentemente al «fondamentalismo», quel movimento che, all'inizio del XX secolo, cercò di sottolineare l'importanza delle fondamenta del cristianesimo storico di fronte al «liberalismo» che si stava avventurando in una nuova concezione della fede cristiana. Rispetto al fondamentalismo, il «neofondamentalismo» costituisce però una visione ancora più ristretta che si preoccupa di elementi fino a quel momento ritenuti di minor importanza rispetto alla fede storica.

Origini e caratteristiche

La tendenza neofondamentalista si fa strada tra le due guerre mondiali del XX secolo in seno al movimento fondamentalista di cui rappresenta una frangia. Essa sottolinea la necessità di definire la fede cristiana in termini più riduttivi e periferici e di richiedere l'aderenza ad essi in nome delle fondamenta. Questa involuzione si distingueva per una soglia assai bassa di tolleranza nei confronti dell'esterno ed era prevalentemente caratterizzata da una teologia dispensazionalista. Mentre il fondamentalismo manteneva aperta la via del dialogo e del confronto, il neofondamentalismo provava una certa diffidenza verso chi pensava diversamente su questioni fino ad allora considerate non centrali, come pure verso l'evangelismo di matrice pentecostale, e lasciava intendere d'essere l'espressione più pura della fede cristiana.
Questa persuasione si alimentava della convinzione di poter interpretare la Bibbia in maniera rigorosamente letterale e sulla necessità di separarsi dai «liberali». Tali convinzioni s'intrecciavano con uno spirito rigidamente reazionario e per nulla propenso all'ascolto per cui l'epiteto di «liberale» era affibbiato con grande facilità a chiunque si discostasse da alcuni punti considerati la cartina al tornasole per la fede biblica.

Dall'insegnamento biblico riguardante la separazione dagli increduli, si passò alla separazione da altri credenti in nome dell'aderenza a elementi periferici della dottrina. Si fece strada uno spirito reazionario e fortemente critico che sollecitava il distacco nei confronti di chi non condivideva la visione neofondamentalista. La pratica separatista divenne quindi un elemento distintivo per mantenere le «fondamenta» della fede. Il mondo neofondamentalista s'organizzò spesso fuori dalle chiese, ma in nome della pratica separatista, favorì anche la nascita di nuovi raggruppamenti: Indipendent Fundamental Churches of America [1930], General Association of Regular Baptist Churches [1932], Presbyterian Church of America [1936], Bible Presbyterian Church [1938], Conservative Baptist Association of America [1947]. Molte altre chiese che si collocano nell'orbita neofondamentalista si definiscono semplicemente Chiese bibliche.

Un ruolo non indifferente l'ebbero anche le Conferenze bibliche, l’evangelizzazione di massa, l’attività di certe Scuole bibliche (Bob Jones University, Moody Bible Institute, Dallas Theological Seminary) e la pubblicazione di certi libri. Nel 1941, guidati da Carl McIntire, una parte del mondo neofondamentalista fondò il Consiglio americano delle chiese cristiane che nel 1948 divenne il Consiglio internazionale delle chiese cristiane in dichiarata opposizione ad altre forme aggregative. Gran parte dei fondamentalisti delle origini si raggrupparono invece nell'Associazione nazionale degli evangelici che manteneva una posizione di maggiore continuità con le preoccupazioni del fondamentalismo delle origini. Tra le caratteristiche più ricorrenti della visione neofondamentalista si possono evocare le seguenti.

Prima di tutto un atteggiamento militante contro ogni rischio di compromesso. La fede cristiana non ha nulla a che spartire col liberalismo e col cattolicesimo romano. Anche se non viene dichiarato apertamente, nel neofondamentalismo si ha l'impressione che il contrasto sia estensibile anche ad altre realtà sulla base della comprensione di temi non proprio centrali per la fede. Le differenze su punti periferici della fede danno luogo ad atteggiamenti di diffidenza e sospetto. Questo atteggiamento militante in nome d'una purezza dottrinale più o meno bene intesa, fa leva sulla convinzione di un'interpretazione letteralista della Scrittura. Nello studio del testo biblico il neofondamentalismo ricorre anche alla filologia, ma pensa di poter prescindere da specifiche scuole teologiche. Proclama dunque la propria aderenza al testo biblico citando versetti con l'illusione di essere esclusivamente «biblici», come se fosse possibile prescindere da una particolare chiave teologica di comprensione del testo e trascurando il fatto che la visione dispensazionalista costituisce la chiave dottrinale per l'interpretazione neofondamentalista. Il movimento ha diffuso la convinzione d'essere semplicemente «biblico» e considera con sufficienza chi non si schiera allo stesso modo.

Il neofondamentalismo si distingue poi per la sua particolare concezione dell'unità dei credenti. Essa ha un carattere più «spirituale» che «organico». Da un lato ha promosso molte iniziative extraecclesiali, dall'altro ha incoraggiato nuovi raggruppamenti ecclesiali. Ciascuna chiesa tende a vivere con disinvoltura una propria indipendenza salvo collegarsi ad altre quando si tratta di perseguire specifici obiettivi, un po' come se vi fossero due piani distinti. Questa distinzione viene prolungata sul piano etico. Per quanto attiene l'etica individuale, il neofondamentalismo sostiene un'etica rigorista più contrassegnata da proibizioni che da indicazioni. In rapporto all'etica più in generale, è forte la convinzione che la chiesa non debba esercitare alcuna pressione sui governi e sugli organismi politici anche se il comunismo è stato considerato in maniera molto critica. Il neofondamentalismo è segnato da una visione escatologica che induce a sostenere con grande determinazione la nazione d'Israele. Nella sua esistenza si vede infatti la promessa di un'imminente venuta di Cristo per l'instaurazione del Suo regno. Malgrado il formale disimpegno politico, il neofondamentalismo legge le scelte dello Stato israeliano con grande indulgenza al punto da escludere ogni problematizzazione.

La presenza del neofondamentalismo appare spesso sproporzionata rispetto alla sua reale consistenza numerica. Col suo carattere militante, trova facilmente sbocco nei paesi di missione e dà quindi l'impressione d'un mondo evangelico sostanzialmente orientato in questa direzione. Si tratta evidentemente d'una impressione non adeguata alla realtà, perché il neofondamentalismo è numericamente meno significativo di quel che può apparire a prima vista.

Osservazioni

Qualcuno ha sostenuto che il neofondamentalismo, col suo bisogno di aggrapparsi a indiscutibili certezze, esprima una sostanziale insicurezza e una fede sostanzialmente statica contrapposta ad una fede dinamica. Da un punto di vista psicologico sarebbe una fede che cerca sicurezza nella rigidezza in contrasto con una fede aperta al dubbio e alla verifica. Questi rilievi appaiono un po' sbrigativi. La questione non riguarda la sicurezza o meno in astratto, ma la fedeltà all'autorità della fede e cioè alla Scrittura. La fede evangelica ha nella Parola di Dio un riferimento sicuro, né trascura il deposito della fede che nel corso del tempo è andato chiarendosi. Si tratta di un deposito necessario che costituisce una fondamento non trascurabile. Ma le fondamenta non escludono le sfide della storia. Permettono anzi alla fede d'evitare l'arbitrarietà e il soggettivismo e, nel medesimo tempo, non vincolano ad atteggiamenti difensivi e settari. La militanza può avere la sua funzione quando sono in gioco le questioni centrali della fede, mentre può essere più sfumata quando si toccano questioni non collegate alla salvezza.

Il problema del neofondamentalismo riguarda piuttosto la tendenza a destoricizzare la fede e a porre l'accento più su ciò che la Bibbia è che su ciò che essa insegna. La militanza è così legata a una mancanza di prospettiva che induce a porre tutte le cose sullo stesso piano e a confondere gli elementi centrali della fede e quelli periferici. Il neofondamentalismo è inoltre più orientato da una visione individualista o al massimo ecclesiocentrica, che da una comunitaria in senso ampio. Anche quando nutre di un individualismo pietista, non riesce ad aprirsi ad una visione complessiva. Per quanto sensibile, il neofondamentalista finisce quasi sempre per muoversi secondo categorie pragmatiche. Nel suo insieme, la realtà in quanto tale non è abbastanza valorizzata per cui si registra l'incapacità di cogliere la dimensione sistemica delle questioni. Il neofondamentalismo rimane così estraneo alle questioni d'etica sociale. Questo non significa indifferenza, ma solo incapacità di incidere a livello più ampio. Si muove praticando forme d'assistenzialismo e di autentica partecipazione alle sofferenze altrui, ma finisce per legittimare una visione monca della fede.

Il neofondamentalismo manifesta un timore per le sfide di carattere culturale tale da mettere in discussione la sua confessione della signoria di Cristo su tutta la realtà. La diffidenza che manifesta, per esempio, nei confronti dell'attività scientifica o della cultura in generale, suscita seri interrogativi circa la convinzione che il Signore sia veramente tale. Si può dunque affermare che l'evangelismo rappresenta oggi un grande ombrello sotto al quale si trovano protestantesimo, fondamentalismo e neofondamentalismo. La prima corrente rappresenta l'istanza di tipo liberale, la seconda quella di tipo tradizionale e la terza quella di tipo reazionaria. Mentre protestanti, fondamentalisti e neofondamentalisti si considerano evangelici, non tutti gli evangelici si considerano protestanti, fondamentalisti e neofondamentalisti.
Il neofondamentalismo pone l'enfasi sulla purezza della chiesa e sulla sua unità spirituale, ma l'accentuazione dell'unità della chiesa invisibile porta a trascurare quella per la chiesa visibile. Si delinea così una tela di fondo in cui il contrasto tra la chiesa invisibile e quella visibile è molto forte. Il neofondamentalismo costituisce una degenerazione del fondamentalismo e non va confuso con esso. Esso costituisce comunque una frangia del mondo evangelico che proprio per le involuzioni ch'esprime, invita a distinguere meglio gli aspetti fondamentali della fede da quelli periferici.

Bibliografia

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  • L. De Chirico “L’evangelismo tra crisi della modernità e sfida della postmodernità” Studi di teologia IX (1997) N° 17, pp. 3-52.