Teopedia/Cura pastorale

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Cura pastorale

Cura pastorale, nella terminologia cristiana, è un'estensione del concetto di "pastore", di cui ne definisce il compito. Come il pastore di pecore si prende cura del suo gregge, così coloro ai quali è stata affidata la responsabilità della conduzione della comunità cristiana si prendono cura di essa.

Presupposti

La pratica della cura pastorale presuppone il dovere (inerente al cuore stesso della fede cristiana) di prendersi cura l'uno dell'altro in modo solidale, amorevole e fraterno.

Più volte nelle Sacre Scritture, infatti, vengono ripetute esortazioni del tipo: "Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo" (Galati 6:2). Il cristiano è una persona che Gesù educa, con il Suo insegnamento ed esempio, ad essere, senza riserve, sensibile e provvidente verso le necessità di vario tipo degli altri, che Gesù chiama "il nostro prossimo". "...poiché tutta la legge è adempiuta in quest'unica parola: Ama il tuo prossimo come te stesso" (Galati 5:14).

La stessa comunità cristiana è chiamata ad essere quel corpo di persone che esemplifica l'amore che ha visto all'opera nel suo Maestro, Gesù Cristo, il quale, Egli stesso "la nutre e la cura teneramente" (Efesini 5:29). La comunità cristiana è chiamata a praticare al suo interno (ma non solo) ciò che oggi sempre di più si definisce relazione d'aiuto. La relazione d'aiuto è quella in cui l'uno promuove la crescita umana e spirituale dell'altro

L'espressione "relazione d'aiuto", comunemente intesa, indica un intervento di supporto allo sviluppo dell'io, alla comprensione delle proprie motivazioni e predilezioni ed assume un significato pedagogico. Indica l'impegno profuso da colui che reca aiuto per sviluppare nell'altro la consapevolezza di sé stesso ed emanciparlo dai condizionamenti che bloccano il suo sviluppo. L'aiuto si orienta in direzione della crescita e dell'autonomia dell'altro. E' la relazione che si stabilisce, per esempio, tra genitore e figlio, tra insegnante e studente, tra medico e paziente, tra terapeuta e cliente. Nell'ambito cristiano, in particolare, l'aiuto che reciprocamente ci si rende è inteso ad aiutare gli altri ad eliminare quegli ostacoli (interiori ed esteriori) che si frappongono al raggiungimento dello "stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo" (Efesini 4:13).

Se è vero che ogni cristiano deve prendersi cura, in questo senso, del proprio fratello e sorella in fede, questa relazione d'aiuto è, in particolare, il compito dei responsabili della comunità cristiana o comunque di quelle persone alle quali, al suo interno, Dio ha dato doni e competenze specifiche. Questo prende nome di counselling cristiano, oppure di cura pastorale che, con il counselling secolare condivide lo stesso desiderio di aiutare le persone a risolvere i loro problemi, trovare significato e gioia nella vita, come pure a diventare individui sani e bene adattati, sia mentalmente che spiritualmente.

Oggi i responsabili della comunità cristiana e coloro ai quali è affidato in modo particolare il compito del counselling, sono persone che si preparano appositamente presso delle scuole per ottenere una specifica qualifica e che hanno passato molti anni nell’apprendere le loro competenze. La parola “counselling”, così, può avere molti significati, inclusi quello dell'offrire consigli e incoraggiamenti, consividere sapienza e capacità, fissare obiettivi, risolvere conflitti ecc. I counsellor di solito esaminano il passato (per vedere a quando risalgono i problemi) nel tentativo di riparare il presente oppure esaminano la dinamica dei conflitti interiori e sociali di cui fanno esperienza. A volte possono esplorare possibili squilibri fisici e chimici che possono causare problemi psicologici.

La cura pastorale nell'insegnamento biblico

Il concetto così definito di cura pastorale è fondato nella Bibbia, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento. Per i cristani, è, infatti, la Bibbia la fonte primaria che normativamente lo definisce e sicuramente si avvale delle riflessioni e dell'esperienza che, nel campo, sono maturate nell'ambito delle chiese cristiane.

Nel Nuovo Testamento

In 1 Pietro 5:2 "pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo", troviamo due verbi che definiscono l'opera pastorale: ποιμαίνω e ἐπισκοπέω. "Pascere" significa essenzialmente "sovraintendere", "svolgere un opera di supervisione", "vigilare". E' il compito attribuito a coloro che, a seconda della traduzione, sono stati costituiti, per la chiesa cristiana, vescovi, anziani, presbiteri, o pastori.

Nel vangelo secondo Giovanni, al capitolo 10, Gesù stesso stabilisce il modello della cura pastorale quando Egli definisce sé stesso come "il buon pastore" (v. 10). Questo testo stabilisce prima di tutto il principio che le "pecore" (il popolo di Dio, la chiesa) appartengono a Lui, "in esclusiva" perché Dio gliele ha affidate "Il Padre mio che me le ha date (...) e nessuno può rapirle dalla mano del Padre" (v. 29). Non ci possono essere sul popolo di Dio altri pastori. In secondo luogo, Gesù mette in evidenza diversi tratti della cura pastorale "ottimale", la Sua, primo dei quali la completa dedizione che il buon pastore ha per la vita ed il benessere delle sue pecore: "Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce e disperde. Il mercenario si dà alla fuga perché è mercenario e non si cura delle pecore" (vv. 11-13). Per le sue pecore Egli è ben conosciuto e degno di fiducia: "le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori (...) un estraneo non lo seguiranno; anzi, fuggiranno via da lui perché non conoscono la voce degli estranei (...) Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore" (3, 14, 15). Egli le conduce là dove possono trovare cibo e riparo, come pure le protegge dai pericoli: "Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (v. 10).
L'apostolo Pietro ribadisce questi concetti quando scrive a coloro che, come lui, sono stati costituiti per "sovrintendere" al gregge di Cristo: "Esorto dunque gli anziani che sono tra di voi, io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che deve essere manifestata: pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge. E quando apparirà il supremo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce" (1 Pietro 5:1-4). Gesù qui è chiamato "il supremo pastore". Qui mette in evidenza come la cura pastorale debba essere svolta con buona volontà e non solo in vista del guadagno, essendo essi stessi esempi per il gregge.

L'apostolo Paolo ritorna su questi punti nel libro degli Atti degli Apostoli. "...perché non mi sono tirato indietro dall'annunziarvi tutto il consiglio di Dio. Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue. Io so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge; e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Perciò vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire ciascuno con lacrime. E ora, vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l'eredità di tutti i santificati. Non ho desiderato né l'argento, né l'oro, né i vestiti di nessuno" (Atti 20:27-35). In questo testo Paolo mette in evidenza la fedeltà del pastore al proprio mandato (fedeltà alle istruzioni ricevute da Dio) e il carattere disinteressato di quest'opera.

Differenze da altri tipi di counselling

Il counseling è un’attività professionale basata su interventi di comunicazione interpersonale, volta a facilitare (o ad aiutare) per il miglioramento della qualità della vita del counsellee, per aiutarlo a risolvere specifici problemi in specifici ambiti sociali e istituzionali quali: famiglia, carcere, scuola, sanità, lavoro.

Se la psicoterapia è orientata alla riorganizzazione del sistema cognitivo-emotivo di una persona o di un gruppo, al fine di superare dei problemi psicologici o disturbi mentali, il counselling pur riferendosi al campo del comportamento, delle relazioni e del disagio, si occupa invece di compiti e problemi specifici in precisi ambiti sociali e istituzionali (dalla risoluzione di conflitti coniugali in corso di separazione, all'abuso dei minori, al miglioramento delle condizioni carcerarie).
Il counselling cristiano si differenzia, però, da quello secolare. Si può dire ched il counselling cristiano si elevi ad un'altra dimensione. Contrariamente, infatti, ai sistemi psicologicamente integrati, il counselling biblico cerca di scoprire attentamente quelle aree in cui un cristiano possa essere incoerente o carente rispetto ai principi e comandamenti delle Sacre Scritture (ciò che essa chiama peccato) e lo aiuta amorevolmente ad apprendere come sottomettersi alla volontà rivelata di Dio.
I counsellor cristiani possono fare questo perché hanno di fronte asé un modello assoluto rispetto al quale misurare i loro obiettivi e valutare lo stile di vita del loro counsellee. Essi considerano la Bibbia come Parola di Dio e quindi fonte di ogni verità. "Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Timoteo 3:16,17). Il counsellor secolare non possiede un tale modello oggettivo. Al contrario, si avvarrà dei mutevoli risultati delle ricerche più aggiornate nel campo o le ugualmente mutevoli norme di comportamento accreditate dalla società.

Un counsellor secolare, quindi, non possiede valori assoluti rispetto ai quali confrontarsi, giudicare questioni morali e prendere delle decisioni. I suii presupposti sono diversi e per questo il più delle volte, in quanto tale, è inadatto quando si tratta di prendersi cura di un cristiano consapevole della sua vocazione.

I counsellor cristiani riconoscono che la Bibbia contiene insegnamenti autorevoli sulla natura umana, sul matrimonio, sulla famiglia, sulla sofferenza ecc. Facendo uso nel counselling di concetti biblici, essi possono istruire sul miglior modo di comportarsi e responsabilizzano rispetto a Dio. Il Salmo 119:24 dice: "Le tue testimonianze sono la mia gioia; esse sono i miei consiglieri". Sebbene i counsellor cristiani si avvalgano di competenze tratte dalla psicologia e dal counselling secolare, essi riconoscono che la Bibbia, e non la psicologia, è la loro autorità finale. "La sua potenza divina ci ha donato tutto ciò che riguarda la vita e la pietà mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la propria gloria e virtù" (2 Pietro 1:3).
La strategia principale di un counsellor cristiano, in sintesi, è quella di aiutare coloro di cui si prendono cura a sostituire, nella loro vita quotidiana, quella che la fede cristiana ritiene verità biblica a quello che considera errore. Sa che la verità, quand'è conosciuta, creduta ed ubbidita, è tale da essere agente di liberazione. Quando uomini e donne sono liberati, essi adempiono la loro autentica vocazione: "...conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Giovanni 8:32).
Per un cristiano la Parola di Dio contenuta nelle Scritture è come un "bisturi" usato per operare sul cuore umano: "...infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore" (Ebrei 4:12).

La cura pastorale nella storia della chiesa

La cura pastorale, essendo uno dei compiti fondamentali della chiesa cristiana accanto a quello della predicazione, ha una ricca storia di scrittori che, nel corso dei secoli, trattano ed elaborano questo tema ponendone le basi teoriche e pratiche.

  • Nell'ambito della Patristica, importanti sono il pensiero di Tertulliano (150-220) nell'opera De anima. Cipriano (m. 258) tratta l'argomento in molte delle sue lettere pastorali. Crisostomo (344-407) si adopera nell'intento di moralizzare il "clero di Costantinopoli colpito dalle critiche per il lusso e lo stile di vita che conduceva. Ambrogio (339-397) scrive De Officiis Ministrorum, sui doveri dei presbiteri e sul vivere cristianamente. Nella vasta produzione letteraria di Agostino (354-430) molti testi parlano dei doveri dei pastori in diverse situazioni.
  • L'opera più nota ed antica è quella di Gregorio Magno (540-604) che scrive "Le regole per i pastori" (Liber Regulae Pastoralis or Regula Pastoralis) sulle responsabilità di vescovi e presbiteri, opera che continuerà ad essere per secoli un autentico libro di testo sull'argomento. Fra i numerosi scritti di Ugo di San Vittore, filosofo mistico sassone (1078-1171), pure si trovano testi sulla preparazione per la confessione, unzione dei malati e la cura dei morenti. Bonaventura (1217-1274) in rapporto ad aspetti della cura pastorale scrive: Collationes de septem donis Spiritus Sanctis (Raccolte sui sette doni dello Spirito Santo) e Quaestiones per perfectione evangelica (Questioni sopra la perfezione evangelica). Troviamo poi sezioni della Somma teologica di Tommaso d'Aquino, (1224-1274), su temi come felicità, paura, ira, amore, desiderio.
  • Al tempo della Riforma protestante da segnalare sono: i "Discorsi a tavola" e le lettere di Martin Lutero (1483-1546); gli Scritti pastorali di Ulrico Zwingli (1484-1531); le numerose lettere pastorali di Giovanni Calvino (1509-1564). Particolarmente rilevante è Martin Bucer (1491-1551) per i suoi scritti sulla vita comunitaria e sulla visita agli infermi e sui poveri. Significative sono le lettere dal carcere di Tommaso Moro (1478-1535).
  • George Herbert (1593-1633) scrive "Un sacerdote al Tempio" (o "il parroco di campagna") in cui dà ampi consigli su come svolgere il ministero pastorale. Jeremy Taylor (1613-1667) scrive nel 1660 "The Rule and Exercises of Holy Living". Lo scozzese Gilbert Burnet (1643–1715) scrive un discorso molto citato sulla cura pastorale. Il puritano inglese Richard Baxter (1615-1691) produce un saggio sulla cura pastorale ancora oggi molto letto: "L'opera del pastore" ("The Reformed Pastor"). Baxter è autore, fra l'altro, pure di un ponderoso "Christian Directory or a Summ of Practical Theology and Cases of Conscience", egli basava la sua opera anche su una ricca esperienza pastorale nella sua parrocchia di Kidderminster.
  • Il predicatore non-conformista inglese Philip Doddridge (1702-1751) scrive "The Rise and Progress of Religion in the Soul" (1745). Di grande rilevanza sono il complesso delle opere di Nicolaus Ludwig Zinzendorf (1700-1760) uno dei massimi esponenti del Pietismo, il grande predicatore e teologo Jonathan Edwards (1703-1758), John Wesley (1703-1791), fondatore del Metodismo, William Paley (1743–1805) ricordato soprattutto nel campo dell'apologetica, si occupa pure del nostro tema. Il teologo americano Horace Bushnell (1802-1876) scrive: "Views of Christian Nurture, and of Subjects Adjacent Thereto" (1847); Washington Gladden (1836-1918) fra i primi promotori del vangelo sociale scrive "Applied Christianity" (1887) e The Christian Pastor (1898). Alexandre Rodolphe Vinet (1797-1847) teologo riformato svizzero scrive "Théologie pastorale ou theorie du ministère evangelique" (1854).
  • Fra gli autori prevalentemente dell'800 si può segnalare le opere specifiche di: Friedrich Schleiermacher, Johann Michael Sailer (1751 – 1832), Claus Harms (1788-1855), che scrive "Pastoraltheologie" (1830); Johann Konrad Wilhelm Löhe (1808-1872), fondatore del movimento evangelico delle diaconesse; Theodosius Harnack (1817-1889), prolifico scrittore di teologia pastorale, Johann T. Beck che scrive "Outlines of Biblical Psychology" nel 1843, e Karl Immanuel Nitzsch, John Henry Newman, Frederick Maurice (1805-1872) che scrive "The Church a Family" (1850).

La cura pastorale nella tradizione riformata

Nella tradizione cristiana riformata la cura pastorale è una delle espressioni strutturate dei mezzi della grazia e un ministero della chiesa per portare guida e conforto alle persone bisognose di rinnovamento.
Esercitata sia dal ministro consacrato, dai responsabili della comunità cristiana locale, come pure dal laicato, questa cura include i compiti tradizionali di:

  • visita nelle case private (visitazione);
  • conforto degli afflitti;
  • aiuto per i malati ed i bisognosi;
  • confessione e perdono;
  • "cura d'anime" attraverso la disciplina ecclesiastica.

Il contenuto della cura pastorale non è limitato alla teologia o alla ecclesiologia. Oggi si è infatti sempre più della persuasione che, dato che Dio è attivo e presente in tutto il mondo, sia consentito di avvalerci, nella sua pratica, delle conoscenze che provengono da scienze umane come la psicologia, la psicanalisi, la sociologia e l'antropologia. Informata da queste prospettive multiple su Dio e sulla natura umana, la cura pastorale cerca di utilizzare i mezzi più efficaci per portare avanti i suoi compiti per il benessere di chi si trova nel bisogno e della Chiesa. Alcuni ritengono, però, che sia necessario usare molta cautela, da parte dei cristiani, nel fare uso dei risultati e delle tecniche terapeutiche di queste scienze moderne, perché i loro presupposti spesso non sono congrui con quelli della fede cristiana.

La consapevolezza che la fede riformata ha della finitudine umana e del peccato, riconosce come, nel mezzo delle difficoltà della vita, siano necessarie speciali iniziative. Quando ci si trova di fronte alla morte ed al lutto, per esempio, i famigliari possono diventare così angosciati e persino infuriati contro Dio tanto da abbandonare la vita e la cura della comunità cristiana locale. Il ministero pastorale prende l'iniziativa di confortare, non solo di offrire di esprimere partecipazione, ma anche di conservare attiva la famiglia dello scomparso nella vita della comunità cristiana, operando attivamente per affermare la grazia di Dio per loro in tempi di sofferenza. La cura pastorale, quindi, portata avanti dal pastore e dalla comunità cristiana, consiste di quegli atti designati ad aiutare le persone ad interpretare avvenimenti significativi della loro vita e ad invitarle ad essere coinvolte nella vita e nella crescita della comunità di fede.

La cura pastorale nelle Chiese riformate ha comportato storicamente pure una dimensione disciplinare. Coloro che si sono allontanati, per qualche motivo, dalla comunità cristiana, sono così contattati ed esortati a ritornare nell'ambito della comunità di fede, alla qual Iddio ha fornito i mezzi affinché ogni credente sia nutrito e possa crescere nella fede.

La cura pastorale nella tradizione riformata è un ministero che si prefigge di nutrire e sostenere spiritualmente il credente. Le sue forme ed espressioni variano di tempo in tempo. Qualunque ne sia la forma, l'integrità della cura pastorale gira attorno al suo proposito di conservare viva la consapevolezza della presenza ed attività di Dio nel mondo ed interpretare questa presenza nella vita delle persone. Questo, a sua volta, le rafforza per continuare nel pellegrinaggio a cui Dio le ha chiamate nel mondo.

Riferimenti bibliografici e collegamenti esterni

  • L'opera del pastore, di Richard Baxter, Edizioni Passaggio, Mantova.
  • Appunti di teologia pastorale, di Giorgio Girardet, Claudiana, Torino.
  • Consulenza Scritturale in un mondo secolare - Principi Biblici per la cura e la consulenza pastorale di Oliver McMahan, Edizioni Gesù Vive.
  • Le potenze del male - La minaccia dell'occulto e la cura pastorale, di Rolans Antholzer, Diffusione Letteratura Cristiana (DLC).
  • Documentazione (in inglese) sulla: Psicologia biblica
  • Nino Rosta: "Principi di cui tener conto nel corso della cura pastorale".
  • Cura pastorale via internet e SMS. Molte persone preferiscono scrivere, e non parlare, quando sono alle prese con una situazione difficile, o dolorosa. E oggi l’email o il messaggio SMS sono a portata di mano.

Voci correlate