Predicazioni/Luca/Vera ricchezza

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Vera ricchezza

Sintesi. Chi è “il ricco”, chi può definirsi “ricco”? Dato per scontato che le risorse materiali indiscutibilmente servano, in che cosa consiste davvero ll’essere ricchi, la ricchezza autentica? Lo spiega il Salvatore Gesù Cristo nel testo che esaminiamo questa settimana Luca 12:13-21. Si potrebbe suddividere in tre argomenti: la cupidigia, la stupidità, e la ricchezza davanti a Dio. Vediamo.

La ricchezza

Un centrato aforisma afferma: “Era così povero, ma così povero, ma così povero che l'unica cosa che aveva erano i soldi!". Già, chi può definirsi “ricco”? Il vocabolario della lingua italiana, definisce l’aggettivo “ricco” in questo modo: “Ricco: detto di persona che possiede denaro e beni materiali in misura superiore al necessario, che abbonda, che è ben fornito, abbiente, danaroso, facoltoso”. Davvero è così? Che cos’è che può rendere veramente ricca la creatura umana? Le risorse materiali certamente servono, ma la vera ricchezza si trova indubbiamente altrove. Esistono beni e ricchezze stabili sulle quali si possa veramente contare che, accumulate, non ci saranno più tolte e che veramente fruttino? 

Il testo biblico

C’è chi rincorre il denaro e accumula beni di questo mondo, ma corre il rischio di perdere ciò che davvero più conta nella vita. Il Signore e Salvatore Gesù Cristo spesso metteva in guardia al riguardo di una concezione distorta della vera ricchezza. Il discorso è meno banale e scontato di quanto potrebbe sembrare. Lo udiamo oggi dal testo biblico proposto alla nostra attenzione, nel vangelo secondo Luca, capitolo 12 dal versetto 13 al 31.

”Or uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma Gesù gli rispose: «Uomo, chi mi ha costituito su di voi giudice o spartitore?». Poi disse loro: «State attenti e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall’abbondanza dei beni che uno possiede, che egli ha la sua vita». E disse loro questa parabola: «La campagna di un uomo ricco fruttò abbondantemente; egli ragionava così, fra sé: “Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?” E disse: “Questo farò: demolirò i miei granai, ne costruirò altri più grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni, e dirò all’anima mia: «Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; riposati, mangia, bevi, divertiti»”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio»” (Luca 12:13-21).

In questo testo, vorrei mettere in evidenza tre concetti che compaiono in tre diversi suoi versetti. La prima è cupidigia (qui resa non del tutto propriamente con “avarizia”); la seconda è stoltezza, all’appellativo “stolto” o “stupido”, che Dio rivolge al ricco della parabola; la terza è l’espressione: “essere ricchi davanti a Dio”. E’ ciò che vorremmo esaminare quest’oggi.

La cupidigia

Il primo concetto, dunque, che esaminiamo è quello della cupidigia (qui reso con il termine “avarizia”). Così rendono l’affermazione di Gesù, due altre versioni della Bibbia; “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni” (CEI); e “Badate di tenervi lontani dal desiderio delle ricchezze, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni, anche se è molto ricco” (TILC).

Il concetto di cupidigia è un tratto molto comune dell’essere umano. Gesù la vede rappresentata nel personaggio che quel giorno gli si presenta per fargli una richiesta: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Perché gli fa questa richiesta? Voleva forse che Gesù persuadesse l’avido suo fratello che si era impossessato di tutta l’eredità paterna, a dare anche a lui la sua parte? Le regole per dividere un’eredità erano stabilite nella legge mosaica e, in caso di disputa, si faceva ricorso a un rabbino.

Quest’uomo, molto probabilmente voleva solo una decisione in suo favore, non cercava un giusto arbitraggio. Quello invidioso e avido era lui: lo dimostra la reazione di Gesù, il solo che possa leggere nel profondo dell’animo umano. Concupiva per sé i beni di questo mondo: degli altri non gli importava. L’importante per lui era impossessarsene il più possibile. Mostrava grande avidità. Voleva più di quello che gli era dovuto e ricorreva a Cristo come ci si può rivolgere a un avvocato, al quale si chiede di trovare tutti gli artifici, cavilli e appigli possibili per aggirare la legge e avere per sé stesso il massimo guadagno possibile. E’ legittimo pretendere il dovuto, ma è peccaminoso desiderare d’ottenere più di quanto è dovuto. Inoltre, non aveva scrupolo alcuno di sfruttare la religione per ottenere quel che vole

Cristo, però, rifiuta di mettersi, per lui, né nei panni d’un avvocato, né in quelli d’un giudice. Si era rivolto alla persona sbagliata. Se si fosse rivolto a Gesù desiderando che Egli lo aiutasse nel perseguire l’eredità celeste, Egli gli avrebbe dato di tutto cuore la migliore e più competente assistenza, ma di quelle cose, Gesù non vuole averne a che fare, non è Suo compito e sono queste cose sono estranee ai Suoi interessi. Così, gli rifiuta il tipo di assistenza che quell’uomo vorrebbe. E’ interessante che però, Gesù qui non interrompe, irritato e deluso, il rapporto con quell’uomo: ha visto che nell’intimo del suo cuore c’è un problema ben più grave da risolvere che una semplice spartizione d’eredità. Di quel problema quell’uomo non sembra avvedersene e per esso, quindi, non chiede assistenza.

Di questo problema, ben più importante, ora Gesù vuole fargli prendere coscienza. Gli dice: “Quello che mi chiedi, non lo posso fare, perché non è mio compito, ti sei risolto alla persona sbagliata. Le mie competenze sono diverse. Un consiglio, però, te lo voglio dare lo stesso perché vedo che il tuo cuore ti sta trascinando per una china molto pericolosa: Guardati dalla cupidigia e dall’avidità. Tu pensi di servire i tuoi interessi, ma ti comporti solo da persona miope e stupida, perché stai tragicamente trascurando quello che dovrebbe, invece, essere il tuo interesse prioritario: il tuo personale rapporto con Dio, il vivere secondo la Sua volontà - che è la tua salvezza. Ecco le ricchezze che ti sarebbero davvero vantaggioso acquisire. La vita, quella autentica, significativa ed eterna, non dipende dai beni materiali che si possiede. Sono molti, infatti, quelli che, concentrando la loro attenzione solo sull’acquisizione dei beni di questo mondo, hanno vissuto in modo moralmente e spiritualmente miserabile, pregiudicandosi tutto ciò che realmente più conta nella vita, e io non vorrei che tu facessi quella fine!”. Quell’uomo era affetto da una malattia letale, quella cupidigia e miopia umana nel non sapere distinguere ciò che nella vita più conta occupandosi di cose che proprio non ne valevano tanta pena.

Conoscere voi le caratteristiche di questa “malattia”? Cupidigia, cioè avidità, concupiscenza, avere e volere sempre di più, - e non solo materialmente, ma anche di prestigio e di potere. Spesso prende l’aspetto di quel guadagno materiale ottenuto sopraffacendo, raggirando, defraudando. Sopraffare qualcuno con l’inganno per nostro guadagno! Nell’intera Bibbia la cupidigia è qualcosa d’empio e riprovevole, e condanna, ad es. l’arricchimento mediante corruzione, l’ingiusta appropriazione di beni, l’arricchimento violento di coloro che detengono il potere. Davide prega così: “Inclina il mio cuore alle tue testimonianze e non alla cupidigia” (Salmo 119:36). Nella lista biblica dei vizi, l’avidità appare come uno dei contrassegni di una vita priva della conoscenza di Dio [“...ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di contesa, di frode, di malignità” (Romani 1:29); “...né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio” (1 Corinzi 6:10).

Là, inoltre, dov’è spezzato il legame che unisce la creatura al suo Creatore, anche la convivenza umana cade nel disordine e allora si litiga “con i fratelli”. Chi non ha più in Dio il suo fine e compimento, cerca la pienezza in sé stesso, nella propria brama di possedere e d’avere. E’ per questo che l’Apostolo scrive: “Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria” (Colossesi 3:5). In Matteo 6:24 è chiamata: “Mammona”, vale a dire, i beni stessi, come un idolo, irretiscono nelle proprie spire l’uomo, che, in apparenza, ne ha il controllo.

Come l’indisciplina e l’impudicizia, così anche la cupidigia deve essere tenuta lontana dalla comunità cristiana nella maniera più rigorosa. E’ qualcosa di “terreno” da “far morire” (Colossesi 3:5), “appartiene alla terra”. Cristo libera da questa soggezione e trasforma i nostri pensieri e tendenze. In 1 Timoteo 6:10 è scritto: “l'amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori”: il sogno della ricchezza e della fortuna, infatti, può esercitare un potere demoniaco sulla vita di un uomo e persino di un popolo. L’accumulazione egoistica di beni materiali ha il suo modello nel gesto con cui fu afferrato il frutto proibito nel paradiso, e costituisce l’indizio più sicuro che, in tal caso, la vita, limitata com’è dal tempo, dalle circostanze e dagli interessi vitali degli altri, non è più accolta come un dono dalla mano di Dio. In questo senso l’aspirazione alla ricchezza è come la prigione del totale estraniamento della creatura umana da Dio.

La stupidità

E’ saggio l’atteggiamento di cupidigia? No, dimostra somma stoltezza, grande stupidità: infatti, pensando di servire i propri interessi, si diventa solo autolesionisti. Gesù non ha timore nel dare dello stupido a quell’uomo che lo interroga. Non lo fa direttamente, ma attraverso una parabola. Per spiegare questo concetto, per farlo riflettere, Gesù racconta una parabola che ha per protagonista “un uomo ricco”, un ricco “stolto”.

Ecco dunque un uomo dalle grandi risorse e potenzialità economiche che vorrebbe, accumulandole a dismisura, “garantirsi il futuro”. Costui intendeva costruire granai sempre più grandi per raccogliervi tutto il suo grano e tutti i suoi beni. Egli avrebbe vissuto una vita tranquilla e agiata, perché aveva tutto ciò che gli era necessario e che poteva desiderare. Quale futuro, però, dato che gli si annuncia che dovrà ben presto morire? Infatti, “...Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?” (20). Tanta fatica, e poi? Tanta fatica per assicurarsi questa vita, e la benché minima preoccupazione al riguardo del proprio destino eterno. Non è forse stupidità, questa?

E’ ovvio, eppure tanti si illudono che non sia così: le ricchezze terrene non possono essere considerate nostra proprietà stabile, passano, infatti, di mano in mano. E’ sciocco tentare di acquisirle sempre di più tenendocele ben strette, perché le circostanze e la vita stessa ce le strapperà inesorabilmente di mano, non le potremo tenere. Sì, la risposta di Dio, nella parabola, è che quell’uomo è uno sciocco, uno stupido perché, quando sarebbe morto, quella notte stessa, le sue ricchezze non avrebbero potuto fare più nulla per lui, ma sarebbero semplicemente passate a un altro. “Sciocco” significa una persona che dimostra poco senno, poca intelligenza. Si potrebbe anche dire che sia miope, cioè dalla vista corta. Non agisce in modo saggio e razionale. Manca forse di conoscenza delle cose? No, le cose le sa, ma non ha buon senso. Gesù ribadisce ciò che pure le scritture profetiche dicono chiaramente: “Chi acquista ricchezze, ma non con giustizia, fa come la pernice che cova uova che non ha fatte; nel bel mezzo dei suoi giorni egli deve lasciarle; quando arriva la sua fine, non è che uno stolto” (Geremia 17:11).

Persone così, dice la Scrittura, stoltamente pure sfidano Dio, Gli danno del bugiardo quando Egli non solo stabilisce le regole del giusto comportamento umano, ma rivela la realtà com’essa è, realtà verso la quale scelgono di essere volontariamente ciechi, volontariamente sordi. Sono stupidi perché, negando l’evidenza, essa non sparirà. Sono stupidi perché si giocano tutto, nella loro arroganza, illudendosi di prevalere su Dio. Inoltre lo stolto che si ribella a Dio, distrugge in pari tempo la comunità umana, fa mancare agli altri il necessario, accumula ricchezze ingiuste e calunnia il suo prossimo. E’ per questo che la Scrittura esorta i cristiani a guardarsi dal ricadere nel peccato della cupidigia.

Si, la più grande follia immaginabile è usare del nostro tempo e forze per acquisire e accumulare sulla terra e, al tempo stesso, trascurare, o non occuparsene debitamente, d’essere ricchi nei confronti di Dio “garantendosi” davvero, così, l’eternità.

La ricchezza davanti a Dio

Ciò che davvero conta per un uomo è, così, per il Salvatore Gesù Cristo “essere ricchi davanti a Dio”. Che vuol dire?

La pietà. E’ quello che l’Apostolo chiama “pietà”, cioè la vita vissuta in autentica comunione di fede e d’ubbidienza a Dio. Questa è la sola di cui si possa dire che “paghi”, “valga la pena”, “maturi grandi interessi”. Paolo, infatti, scrive: "La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno. Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti. Invece quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, d'inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione. Infatti l'amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori" (1 Timoteo 6:6-10).

La grazia. Essere “ricchi davanti a Dio” significa perseguire le ricchezze della grazia, per le quali possiamo essere giustificati, riabilitati e trasformati da Dio quando noi accogliamo nella nostra vita la Persona e l’opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo, diventandone autenticamente discepoli. Di Cristo è scritto: “...infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi” (2 Corinzi 8:9). Infatti: “In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia” (Efesini 1:7). 

La generosità. Ricchezza autentica, però, è, nella logica di Dio, quando, a imitazione di ciò che era ed ha fatto il Signore Gesù, si dona generosamente agli altri. Non, quindi, quando si accumula per sé stessi, ma quando si spende, si dona per gli altri, che si diventa realmente ricchi. Gesù disse: “Guarite gli ammalati, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Matteo 10:8), e ancora: “Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi” (Luca 6:38). Allo stesso modo l’apostolo Paolo scrive: “Ora dico questo: chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina abbondantemente mieterà altresì abbondantemente” (2 Corinzi 9:6). E’ l’esercizio della grazia che non solo glorifica Dio, ma rende veramente ricchi. Lo stesso apostolo dice chiaramente: “Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d'animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di far del bene, d'arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l'avvenire, per ottenere la vera vita” (1 Timoteo 6:17-19).

Conclusione

Potrebbero forse esserci parole più chiare di quelle che abbiamo or ora udite? Sono il miglior commento a ciò di cui abbiamo parlato oggi. Cos’è che rende realmente ricca la creatura umana e ne assicura il futuro? Qual è la migliore eredità che noi possiamo “passare” ai nostri figli? Essere ricchi di “opere buone”, “essere generosi nel donare”, “pronti a dare” come conseguenza dell’aver accolto nella nostra vita la grazia di Dio in Gesù Cristo, Ai cristiani di Efeso, a coloro che hanno accolto nella loro vita il Signore e Salvatore Gesù Cristo, l’Apostolo dice: “...infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10). Ecco in che cosa consiste veramente la ricchezza della creatura umana. Non accontentiamoci di nulla di meno. Mentre molti si affaticano ad accumulare beni di questo mondo per questo mondo soltanto, dimostrando così la propria stupidità, vi è chi “ha scelto la parte buona che non le sarà tolta” (Luca 10:42). Quella si trova solo ai piedi del Signore e Salvatore Gesù Cristo. «Degno è l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode» (Apocalisse 5:12) per sempre. Amen.

Paolo Castellina, 21-7-2022; rielaborazione di una mia predicazione del 2 ottobre 2003.