Letteratura/Legge/07

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Indice generale

Le istituzioni della Legge biblica, di R. J. Rushdoony

CapitoliPrefazione - Introduzione - 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 -09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16

 

VII
IL SETTIMO COMANDAMENTO

1. IL MATRIMONIO

Lo scopo del settimo comandamento: “Non commetterai adulterio”, è proteggere il matrimonio. È importante, perciò, analizzare il significato biblico di matrimonio per poter comprendere il significato delle leggi che governano la sua violazione. L’istituzione del matrimonio in Eden (Ge. 2:18-25) descrive il significato del matrimonio in relazione all’uomo; questo sarà considerato successivamente. Al presente, deve essere prima compreso a analizzato il significato del matrimonio in relazione a Dio.

Mentre il matrimonio è per questa terra, visto che in cielo non si sposa e non si da in sposa (Mt. 22:29,30), nondimeno è in relazione al Dio trino ed è da Lui governato, come lo sono tutte le cose. La grande dichiarazione di questo fatto è Efesini 5:21-23, che comincia col comandamento generale “sottomettetevi gli uni gli altri nel timore di Dio” che la Versione Berkeley rende: “Siate sottomessi gli uni agli altri per reverenza a Cristo”. Su questo Calvino ha commentato:

Dio ci ha legati l’uno all’altro così saldamente che nessun uomo dovrebbe premurarsi d’evitare la soggezione; e dove regna l’amore, verranno resi servizi reciproci. Io non esento re e governatori, la cui autorità stessa è detenuta per il servizio della comunità. È altamente convenevole che tutti siano esortati ad essere sottoposti l’un l’altro quando tocca a loro.[1]

In questo modo, si afferma un principio generale di servizio, e il matrimonio è poi citato come illustrazione di questo principio. Come notò Hodge: “L’apostolo ordina la reciproca obbedienza come dovere cristiano, v.21. Sotto questa intestazione egli tratta dei reciproci doveri di mariti e mogli, genitori e figli, padroni e e servi.”[2] Lungo i secoli l’uomo è stato in rivolta contro questa necessità di soggezione e servizio e ha invece sognato il potere autonomo. Il giovane Luigi XIV espresse il proprio piacere per questo concetto al Duca di Gramont, nel 1661:

Luigi:

Ho appena letto un libro che mi ha deliziato

Gramont:

Quale, Sire?

Luigi:

Calcandille. Mi è piaciuto trovare in esso il potere arbitrario nelle mani di un uomo, tutto veniva fatto da lui o su ordini suoi, senza che egli dovesse rendero conto della proprie azioni a nessun uomo, e ciecamente obbedito da tutti i suoi soggetti senza eccezione. Tale potere sconfinato è l’approccio più vicino a quello di Dio, Che ne pensate, Gramont?

Gramont:

Sono compiaciuto che Vostra Maestà si sia messo a leggere, ma vorrei chiedere se ha letto tutto Calcandille?

Luigi:

No, solo la prefazione.

Gramont:

Bene allora, Vostra Maestà lo legga tutto, e quando l’ha terminato, veda quanti imperatori turchi sono morti nel loro letto e quanti sono morti di morte violenta. In Calcandille c’è ampia prova che un Principe che può fare tutto ciò che gli piace non dovrebbe mai essere così sciocco da farlo. [3]

Con l’anarchismo, questo sogno di possedere potere autonomo è diventata la speranza di un gran numero di persone.

Questo principio generale di soggezione e servizio è radicato in ben di più che l’interdipendenza degli uomini; anzi, è fondato nella fede teocratica. Gli uomini sono sottoposti reciprocamente e in mutuo servizio (Ef. 5:22-29), non perché lo richiedano le necessità umane, ma nel timore di Dio e in obbedienza alla sua parola-legge. L’interdipendenza umana esiste perché la previa dipendenza da Dio richiede l’unità della sua creazione sotto la sua legge.

In più, poiché l’uomo non è Dio, l’uomo è un soggetto, un soggetto primariamente ed essenzialmente a Dio, e ad altri solo nel Signore. Se l’uomo rigetta la sua soggezione a Dio e asserisce la propria autonomia, non guadagna con ciò l’indipendenza. La soggezione dell’uomo all’uomo continua nei gruppi pagani, Marxisti, Fabiani, socialisti, anarchici, atei, ma questa soggezione è lì senza le restrizioni della legge di Dio. La soggezione biblica di uomo a uomo, e di una moglie a suo marito, è su ogni punto governata e limitata dalla previa e assoluta soggezione a Dio, di cui tutte le altre soggezioni sono aspetti. In questo modo, la previa e assoluta signoria di Dio limita e condiziona ogni situazione dell’uomo e non consente trasgressione senza arrecare offesa. Negare il principio biblico della soggezione è pertanto aprire la porta al totalitarismo e alla tirannia, perché a quel punto non rimane più alcun controllo sul desiderio dell’uomo di dominare e di usare i suoi consimili. Il principio biblico della soggezione condiziona ogni relazione col previo requisito e giurisdizione totale di governo della legge di Dio, talché tutte le relazioni sulla terra sono limitate e controllate dalla parola-legge di Dio. In questo modo, le mogli non sono poste in schiavitù dal comando biblico di sottomissione (Ef. 5:22) ma anzi sono stabilite nella libertà e sicurezza di una relazione ordinata da Dio.

Senza la fede biblica, il solo fattore di sostegno nel matrimonio diventa il fragile legame dei sentimenti. Mary Carolyn Davies, nel suo poema “A Marriage”, scrisse:

Took my name and Took my Pride

Left me not much else beside,

But the feeling …that insures:

Sort of Joy at being yours.

Property! That’s what it meant.

Property! And we content!

Now you’re gone; and can I be

Anything but property?[4]

Dove il sentimento è la base del matrimonio piuttosto che un principio religioso, allora in ultima analisi il matrimonio diventa furto, ciascun partner che usa l’altro e poi se ne va quando non c’è niente di nuovo da guadagnarci. Ancora una volta Mary Carolyn Davies coglie l’impersonalità materialista delle relazioni sessuali divorziate dalla moralità biblica:

“Here is a woman,”
They’ll say to all men,
“A Little soiled by living,
A Little spoiled by loving,
A Little flecked,
A Little specked —”
Oh, they are forgiving.
To you who did the wrong, but still of me,
Like cabbage in a market, critically,
They’ll say: “Not quite as fresh as she should be.”[5]

Sentimenti romantici, mutuo sfruttamento, e auto-commiserazione diventano la sorte di quelli che riducono la relazione uomo-donna ad una di anarchica libertà dalla legge di Dio.

Il principio biblico della soggezione è gerarchico perché ci sono classi o livelli d’autorità, ma ciò non significa che tutti i livelli non siano direttamente e assolutamente responsabili a Dio nei termini della sua parola-legge. Secondo san Paolo: “Il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, ed egli stesso è Salvatore del corpo” (Ef. 5:23). Su questo principio fondante, san Paolo aggiunge: “Perciò, come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli ai loro mariti in ogni cosa” (Ef. 5:24). Il commento del Reverendissimo Alfred Barry su questi versi è qui d’interesse:

(23, 24) … Le parole “e” ed “è” sono erroneamente inserite, e la parola “perciò” è assolutamente un errore, che evade la difficoltà del passo. Dovrebbe essere: essendo Egli stesso il Salvatore del Corpo. Ma … Questa clausola, nella quale le parole “Egli stesso” sono enfatiche, nota (come se fosse una comparazione) che “Cristo” (ed Egli solo) è non solo il Capo, ma “Salvatore del Corpo”, cioè “del proprio corpo la Chiesa,” non solo educandola e governandola, ma per la sua unità infondendole la nuova vita della giustificazione e santificazione. Qui nessun marito può essere come Lui, e perciò nessuno può reclamare l’assoluta dipendenza di fede che di diritto appartiene a Lui. In conformità san Paolo aggiunge la parola: “ma”. Quantunque “sia così” e “così anche le mogli”, siano versioni accettabili.

La soggezione della chiesa è una soggezione volontaria, che scaturisce dalla fede nelle sue assolute sapienza e bontà, e da amore per il suo amore inenarrabile. Di qui capiamo (1) che la subordinazione della moglie non è quella dello schiavo, per compulsione e timore, ma una subordinazione che scaturisce da, e preserva la libertà; poi (2), che può esistere, o comunque durare, a condizione che ci siano sapienza e amore superiori nel marito; in terzo luogo (3), che mentre è come la subordinazione più alta in natura, non può essere egualmente perfetta in grado — mentre è reale “in ogni cosa” non può essere assoluta in nessuna. L’antitipo è, come al solito, più grande del tipo.[6]

Questa considerata affermazione manca il punto del passaggio nel fondare l’obbedienza sull’amore anziché sulla legge. L’obbedienza della moglie non è condizionale alle “superiori sapienza, bontà e amore del marito”; non c’è niente nella legge che indichi questo. L’interpretazione di Barry nega in effetti che l’affermazione di san Paolo sia la parola-legge di Dio: è presentata piuttosto come una descrizione del Barry delle relazioni matrimoniali. Lenski commette lo stesso errore. Egli commenta: “Questa è anche una volontaria auto-soggezione e non asservimento”.[7] Certamente, la soggezione di una moglie a suo marito non è schiavitù, né asservimento involontario. San Paolo non è interessato dei sentimenti, o del volontarismo della moglie: sta dichiarando la legge di Dio e presentando il suo significato. Discutere di legge senza citare il fatto che è legge è certamente esegesi strana, Richiede una curiosa cecità.

Ciò che san Paolo intende è che l’intero universo è uno di sottomissione all’autorità, e che il compimento di ciascun e di tutti gli aspetti è di assolvere i propri doveri nei termini di quella sottomissione. Essere sottomessa al marito in ogni dovuta autorità è la collocazione e il compimento della moglie. Proprio come Cristo è il capo della chiesa e il salvatore del proprio corpo-  la chiesa, così l’autorità del marito deve essere esercitata per la salute e l’avanzamento della propria moglie e della famiglia. Come la chiesa deve essere sottomessa a Cristo, così la moglie deve essere sottomessa al marito “in ogni cosa” (Ef. 5:24) Su questa frase Hodge ha commentato:

Come il verso 22 insegna la natura della soggezione della moglie al proprio marito, e il verso 23 il suo fondamento, questo verso (24) insegna la sua estensione. Ella deve essere sottomessa …in ogni cosa. Cioè, la sottomissione non è limitata ad una sola sfera o dipartimento della vita sociale, ma si estende a tutte. La moglie non è sottoposta su alcune cose, e indipendente su altre, ma è sottoposta su tutte. Questo, naturalmente, non significa che l’autorità del marito sia illimitata. Ne insegna l’estensione, non il grado. È estesa su tutti i dipartimenti, ma è limitata in tutti; prima, dalla natura della relazione, e in secondo luogo, dalla più alta autorità di Dio. Nessun superiore, che sia padrone, genitore, marito o magistrato, può obbligarci a fare ciò che Dio proibisce, o a non fare ciò che Dio comanda. Fintantoché sia preservata la nostra fedeltà a Dio, e l’obbedienza all’uomo sia fatta parte della nostra obbedienza a Lui, noi riteniamo la nostra libertà e la nostra integrità.[8]

In un mondo senza sottomissione alla legge e alle autorità sotto la legge, molto rapidamente prevarrebbero solo forze illegittime e nulla potrebbe essere più distruttivo del benessere di una donna, o di un uomo, se è per questo. Il mondo di legge di Dio e di autorità ordinate da Dio è la vera libertà dell’uomo. È solo quando stabiliamo in anticipo la primazia di quelle legge e autorità che noi possiamo, con Barry e Lenski, parlare di quella volontaria sottomissione alla legge e all’autorità come la felicità e il compimento dell’uomo. Qui la questione è definita meglio da Ingram, che comincia con la legge e vede il consenso come consenso alla legge:

La testimonianza pubblica del mutuo consenso e delle promesse di fedeltà: quelle sono le cose che fanno un matrimonio.

L’integrità dell’intero argomento morale dei Dieci Comandamenti comincia ad evidenziarsi ancor più chiaramente in questo. Il mistero di fare e di mantenere un voto di fedeltà, una promessa a Dio in un giuramento solenne: queste sono le cose sulle quali è edificata la legge morale. Queste sono le fondamenta della società. Queste sono le cose che sono mantenute in vita e in vigore infliggendo pene per la loro trasgressione. Promesse, voti, pegni, lealtà, svaniscono tutti se si possono trasgredire impunemente. La società è imperniata sul mantenimento di promesse e sulla punizione delle violazioni. Il credito è un’estensione del principio dentro al mondo degli affari. Il contratto viene stabilito con una parola pronunciata e non è più che quella parola. Il vincolo di lealtà o l’effetto di una promessa risiede in ciò che potremmo chiamare il mondo dello spirito: non ha ne forma ne peso ne misura; non può essere toccato, visto o udito. Ma controlla la vita umana.

Ciò che un adultero fa in realtà è rompere un solenne giuramento. Con questa sua azione calpesta il matrimonio stesso, irride Dio e la società, e figurativamente getta quella particolare promessa nel bidone della spazzatura, rendendola di nessun valore.9

Dio fa all’uomo certe promesse e certe minacce condizionali al compimento o violazione della sua parola-legge. La studiata indifferenza dell’uomo per quella parola-legge è un’implicita o esplicita dichiarazione che l’uomo sostituisce l’autorità di Dio con la propria, la sottomissione morale viene negata in favore dell’autonomia.

L’alternativa alla sottomissione è lo sfruttamento, perché non c’è vera libertà nell’anarchia. Lo scopo della sottomissione non è degradare la donna nel matrimonio, ne  degradare l’uomo nella società, ma portare ad essi la loro migliore prosperità e pace sotto l’ordinamento di Dio. In un mondo d’autorità, la sottomissione di una moglie non è in isolamento e neppure in un vuoto. È collocata in un contesto di sottomissione dell’uomo all’autorità; in tale mondo, gli uomini insegnano i principi dell’autorità ai loro figli e alle loro figlie, e operano per instillare in essi le responsabilità di autorità e obbedienza. In un tale mondo, prevalgono inter-dipendenza e servizio.

In un mondo d’anarchia, non c’è né sottomissione all’autorità né servizio, che è una forma di sottomissione. Un marito e padre che usi la propria autorità e il proprio reddito per incrementare il benessere dell’intera famiglia sta con ciò servendo il benessere di tutti. Ma in un mondo che nega la sottomissione e l’autorità, ogni uomo serve solo se stesso e cerca di sfruttare tutti gli altri. Gli uomini sfruttano le donne e le donne sfruttano gli uomini. Se la donna invecchia, viene abbandonata. Se il reddito di un uomo diminuisce, egli viene lasciato quando si presenti un’opportunità migliore. Il mondo del “jet set”, e l’arena del cinema, ci forniscono abbondanti esempi del fatto che il mondo dell’anarchia e anomia, cioè il mondo al di fuori della legge di Dio per quanto concerne la sottomissione, è un mondo di sfruttamento, in particolare di sfruttamento sessuale.

Nella dichiarazione di san Paolo in Efesini è evidente un altro fatto significativo: benché la Scrittura ripetutamente assuma e citi l’amore come un aspetto della relazione di una donna verso il marito, l’amore non è qui citato da san Paolo con riferimento alla moglie e alla sua reazione nei confronti del marito. Il primato è dato alla sottomissione da parte della moglie e all’amore da parte del marito. L’amore del marito, comunque, è definito come servizio, ed è comparato al lavoro di redenzione di Cristo per la sua Chiesa (Ef. 5:22-29). Pertanto, l’evidenza dell’amore del marito è il suo saggio e amorevole governo della propria casa, mentre la moglie dimostra il proprio nella sottomissione. In ambedue i casi, sottomissione e autorità sono governati, non dalle volontà della parti coinvolte, ma dalla parola-legge di Dio. Ove sottomissione e autorità siano presupposte nella legge di Dio, quella sottomissione e autorità si compenetrano. Il marito si sottomette a Cristo e ad ogni debita autorità, e la moglie si sottomette al proprio marito e con ciò promuove il suo esercizio dell’autorità in ogni ambito e diventa l’aiuto convenevole del proprio marito in autorità e dominio. La moglie normalmente deriva la propria condizione da suo marito, e danneggiare il marito è danneggiare se stessa. Similmente: “I mariti devono amare le loro mogli, come i loro propri corpi; chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno infatti ebbe mai in odio la sua carne, ma la nutre e la cura teneramente, come anche il Signore con la Chiesa” (Ef. 5:28-29). Il fondamento di una tale relazione è la fede, e l’obbedienza per fede alla parola-legge di Dio. Autorità e legge non sono essenzialmente cose fisiche ma primariamente dello spirito; ove l’uomo riconosca la religione e fede che stabilisce l’autorità, lì sono rispettate le manifestazioni fisiche dell’autorità. Se i fondamenti religiosi dell’autorità sono rotti, allora quell’autorità si sbriciola rapidamente e scompare. Pertanto, è necessario così poco controllo in India per mantenere gli indù in una dieta vegetariana, perché quella dieta è sostenuta dalla più rigida fede religiosa, ma sarebbe virtualmente impossibile imporre tale dieta agli americani.

Quando è negata la fede biblica che sostiene la famiglia occidentale, allora viene alterata anche la natura della relazione matrimoniale. Il relativismo umanista dell’uomo moderno dissolve i legami tra uomo e donna per quanto riguarda qual che sia legge e valore e li riduce a legami puramente relativi e personali. Ora, un legame puramente personale è impersonale nel modo in cui vede le altre persone. Un uomo il cui giudizio sia governato solo dalle proprie considerazioni personali, non prende in considerazione le considerazioni personali di altre persone, eccetto nella misura in cui possano essere usate per favorire i propri fini. Come risultato, prevale un esternalismo. Così, il rozzo umanista, Thomas More, propose in Utopia che i giovani si guardassero nudi prima di decidere se sposarsi. Quando Sir William Roper lodò quest’aspetto di Utopia e chiese che fosse applicato alle due figlie di More, che egli stava corteggiando, More lo portò nella camera in cui le due figlie dormivano assieme: “supine, le loro bluse alzate fino alle ascelle. More strappo via il copriletto, e le ragazze con modestia si girarono. Roper diede uno schiaffetto sul sedere a una delle due, dicendo: “Ho visto i due lati, tu sei mia.”[10]  Il fatto che Roper abbia avuto un matrimonio felice non altera il fatto della rudezza di entrambi,  padre e marito. Se Roper e sua moglie non avessero avuto ambedue un retroterra di rigida fede cattolica, i risultati non sarebbero stati altrettanto felici.

L’esternalismo dell’anarchico è alieno alla gerarchia dell’autorità che è alla base dell’ordine giuridico di Dio. Quell’autorità si posa su una dottrina di Dio e, con riferimento al matrimonio, un aspetto centrale del significato del matrimonio è il suo essere una figura di Cristo e la sua chiesa (Ef. 5:25-32). In Efesini 3:14, 15, san Paolo parla di Dio come del Padre di tutte le famiglie in cielo e sulla terra, o, più letteralmente, il “Padre di tutte le paternità” secondo Simpson:

Dio stesso è l’archetipo della genitorialità, fievolmente espressa nella paternità umana. Dalla sua mano creativa sono proceduti tutti gli esseri razionali nella loro molteplicità di aspetti, maniere, e usanze, divergenti o interdipendenti. Al “Padre degli Spiriti” essi devono la loro esistenza e le condizioni che l’hanno impressa con una forma sia individuale sia collettiva, con un ambito e orbita effettivi o potenziali.[11]

La traduzione di James Moffat rende questo passo così: “Per questa ragione, io piego le mie ginocchia davanti al Padre, dal quale prende il nome e la natura ogni famiglia nei cieli e sulla terra”. Il nome e la natura di tutte le relazioni terrene derivano dal Dio trino, talché non c’è legge, non c’è società, giustizia, struttura, disegno, significato, senza Dio e tutti questi aspetti e relazioni della società sono figure di ciò che esiste nella Divinità. L’inferno non ha nessuna di queste cose, solo la nuda esistenza, che è essa stessa creazione di Dio. Per l’uomo, negare Dio equivale a negare ogni cosa, perché tutte le cose sono da Dio e testificano di Lui.

Secondo Simpson, la tipologia del matrimonio e la sua correlazione a Cristo e la chiesa ha quattro implicazioni. Primo, esibisce il fatto del dominio, che è fondamentale al proposito di Dio e del suo regno. Secondo, ha riferimento a devozione o sacrificio di sé. Terzo, è nei termini di un disegno, un proposito e destino sovrani. Quarto, dichiara la derivazione.[12]

L’ “una sola carne” descritta da san Paolo non significa, come ha evidenziato Hodge, una “identità di sostanza, ma una comunità di vita.”[13]  Proprio come l’inferno è la definitiva e totale perdita di qualsiasi comunità, così il vero matrimonio, come ogni altro aspetto della vita pia, è la realizzazione di una fase di vita in comunità sotto Dio. San Paolo, citando Genesi 2:24 in Efesini 5: 31, dichiara che ha semplicemente chiarito alla chiesa di Efeso ciò che era stato dichiarato fin dal principio. Il “grande mistero”di cui san Paolo parla in Efesini 5:32 è, secondo Calvino: “Che Cristo soffia dentro la propria chiesa la propria stessa vita e la propria potenza.”[14]  Ove questa vita e questa potenza sono ricevuti fedelmente, e ciascuna autorità, ricevendo la grazia di Dio direttamente e anche mediata attraverso tutte le dovute autorità, assolve fedelmente i propri doveri di sottomissione e di autorità, lì il regno di Dio si sviluppa e abbonda. Riguardo alla salvezza e alla provvidenza di Dio, Cristo è il solo mediatore tra Dio e l’uomo. Ma la grazia di Dio si muove, non solo direttamente da Dio all’uomo attraverso Cristo, ma anche attraverso l’uomo all’uomo quand’essi compiono i loro doveri sotto Dio. Un membro del Patto con genitori pii potrebbe negare che i suoi genitori, con le loro preghiere e la loro disciplina, il loro amore e il loro insegnamento, non gli hanno rivelato la grazia e l’ordine-giuridico di di Dio? Il fatto che la sua salvezza è interamente opera di Dio non altera la realtà degli strumenti pattizi. Che gli strumenti pattizi siano strumenti nelle mani di Dio deve essere riconosciuto chiaramente, ma negare ad essi perfino quello statuto è negare l’ordine di Dio. Pastori, genitori, insegnanti, autorità civili, e tutte le altre, quando compiono fedelmente i loro doveri sotto Dio, mediano da uomo a uomo l’ordine, la giustizia, la legge, la grazia, la parola, e il proposito di Dio. Chiaramente, e senza nessun dubbio: “C’è un solo Dio, e un mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo” (1Ti. 2:5). Il protestantesimo ha giustamente sostenuto l’esclusività di quella mediazione, ma, bisogna aggiungere, ha fatto danni negando spesso che ci sia una mediazione tra uomini. Uno Stato pio, che applichi l’ordinamento giuridico di Dio fedelmente e con cura, chiaramente media la giustizia di Dio ai malfattori e la sua cura a quelli che sono suoi. È per questa ragione che la Scrittura fa riferimento ad autorità alle quali è data la parola di Dio, cioè che sono stabilite come autorità dalla parola di Dio, come “dèi,” perché esibiscono o mediano un aspetto dell’ordine di Dio (Gv. 10:34, 35). L’alternativa alla mediazione è l’anarchia, e non funzionerà il cavillare sulla parola “mediazione” fino ad alterare i dizionari.

Ogni legittima area di amministrazione è un’area di mediazione, per mezzo della quale l’ordine-giuridico di Cristo è mediato attraverso chiesa, stato, scuola, famiglia, vocazione, e società. Amministrare è mediare, perché un amministratore applica non la propria, ma una norma più alta alla situazione sotto la sua autorità. Questo significa chiaramente una gerarchia di autorità, e la norma o standard più alto di tutte le gerarchie e di tutti gli uomini è la bibbia, la parola di Dio messa per iscritto.

Ciò che la dottrina biblica del matrimonio rende chiaro è che, nelle relazioni più intime della vita, l’ordine-giuridico di Dio non solo governa ogni relazione ma è il fondamento della felicità e della prosperità al suo interno.

Il Nuovo Testamento testifica abbondantemente che Cristo stesso nella sua incarnazione ha confermato la necessità della sottomissione e la validità dell’autorità col suo stesso esempio. A questo fatto rende testimonianza anche la breve preghiera della Messa per la festa della Sacra Famiglia:

Oh Signore Gesù Cristo, che essendo sottomesso a Maria e Giuseppe, santificasti la vita famigliare con indicibili virtù: donaci che, con l’aiuto di entrambi, possiamo venire istruiti dall’esempio della tua Sacra Famiglia, e giungere all’eterna comunione con essa: che vivi e regni con Dio il Padre, nell’unità dello Spirito Santo, Dio, Parola senza fine. Amen.


 

Note:

1 John Calvin: Commentaries on the Epistles of Paul to the Galatians and Ephesians; William Pringle Trad. (Grand Rapids, Eerdmans, 1948, p. 316 s.

2 Charles Hodge: A Commentary on the Epistle to the Ephesians, Grand Rapids: Eerdmans, 1950, p. 308.

3 W. H. Lewis: Assault on Olimpus, The Rise of the House of Gramont between 1604 and 1678; New York: Harcourt, Brace and Company, 1958, p. 151.

4 Mary Calolyn Davies: Marriage Songs; Boston: Harold Vinal, p. 16.

5 Ibid., “They’ll say—” p. 13.

6 Alfred Barry: “Ephesians”, in Ellicott, VIII, p. 52.

7 R. C. H. Lenski: The Interpretation of St. Paul’s Epistle to the Galations, to the Ephesians and to the Philippians; Minneapolis: Augsburgh, 1946, 1941; p. 625.

8 Hodge: Ephesians; p. 314 s.

9 T. R. Ingram: The World Under God’s Law, p. 84.

10 Aubrey’s Brief Lives; Ann Arbor: University Michigan Press, 1957, pp. 212-214.

11 E. K. Simpson in E. K. Simpson e F. F. Bruce: Commentary on the Epistle to the Ephesians and the Colossians; Grand Rapids: Eerdmans, 1957, p. 79.

12 Ibid., pp. 130-134.
13 Hodge: Ephesians, p. 346.
14 Calvino: Galatians and Ephesians, p. 346.