Predicazioni/Giovanni/Bisogna che Egli regni

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Bisogna che Egli regni

Nel libro dell’Apocalisse, al capitolo 19, quando si parla della futura vittoria di Cristo sulla “bestia” seduttrice e sul falso profeta, Giovanni prevede l’arrivo di Colui che “si chiama il Fedele e il Verace”, di Colui che “giudica e guerreggia con giustizia” (11) e che porta in capo “molti diademi” (12). “Il suo nome è: la Parola di Dio” (13). “Dalla bocca”, continua Giovanni, “gli usciva una spada affilata per percuotere con essa le nazioni” (15). Come pure, Egli: “... porta scritto questo nome: RE DEI RE, SIGNOR DEI SIGNORI” (16). Si, noi cristiani da sempre confessiamo che il Signore e Salvatore Gesù Cristo è il Re dei re e il Signore dei signori, l’unica autorità che consideriamo assoluta.

L’autorità di questo Re, ci chiediamo ora, riguarda forse solo un futuro indeterminato (che alcuni dicono “mitologico”)?  Inoltre, forse che questo “Regno dei cieli” riguarderebbe solo “l’aldilà”, vale a dire non questa terra e questa realtà? Beh, indubbiamente questo farebbe comodo a chi vorrebbe che i cristiani tenessero “la testa nelle nuvole” e non disturbassero i potenti di questo mondo, anzi, vi si sottomettessero. No, il regno di Cristo è anche una realtà presente e operante qui e ora, che comincia oggi e che un giorno trionferà completamente. Il vangelo di Luca ci dice: “Interrogato poi dai farisei sul quando verrebbe il regno di Dio, [Gesù] rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà: "Eccolo qui", o "eccolo là"; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi” (Luca 17:20-21 NR). Com’è possibile?  E’ possibile perché i cristiani sono persone che possono dire: “Egli ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figliuolo” (Colossesi 1:13). Qui e ora. Si, il regno di Cristo è già in mezzo a noi. Il Cristo, legittimo re dell’universo è venuto in questo mondo di ribelli per prepararsi un popolo fedele ed Egli tornerà per regnare con loro. C’è, così, una gradualità nel regnare di Cristo, una “tempistica” che dobbiamo sempre considerare. L’apostolo Paolo afferma: “... ciascuno nel suo proprio ordine: Cristo, la primizia; poi quelli che son di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quand'egli avrà rimesso il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi” (1 Corinzi 15:23-25).

Gesù di fronte a Pilato

Il Signore e Salvatore Gesù Cristo è Re, e questo viene ribadito quando Gesù viene trascinato a rendere conto delle Sue pretese di fronte a Pilato, il governatore romano della Palestina, cioè Israele, a cui era stato perfino cambiato nome per delegittimarla. Ascoltiamo:

“Pilato dunque rientrò nel pretorio; chiamò Gesù e gli disse: Sei tu il Re dei Giudei? Gesù gli rispose: Dici tu questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me? Pilato gli rispose: Son io forse giudeo? La tua nazione e i capi sacerdoti t'hanno messo nelle mie mani; che hai fatto? Gesù rispose: il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato in man de' Giudei; ma ora il mio regno non è di qui. Allora Pilato gli disse: Ma dunque, sei tu re? Gesù rispose: Tu lo dici; io sono re; io son nato per questo, e per questo son venuto nel mondo, per testimoniare della verità. Chiunque è per la verità ascolta la mia voce” (Giovanni 18:33-37).

Gesù è il Re, il Sovrano assoluto di ogni cosa. Eppure Egli riconosce la sua regalità solo dopo aver evitato, nella sua vita terrena, acclamazioni, investiture e trionfi; e la afferma proprio quando tutto sembra ormai contraddirla. Fonti apparentemente inaffidabili confermeranno questa sua “pretesa”. Anzitutto l’ironia di Pilato che, avendolo dinanzi – spogliato di ogni potere e dignità – lo interroga: “Dunque tu sei Re?”. Di fronte al rappresentante del temibile potere di Roma, Gesù, in totale balia dei suoi carnefici, finalmente rivendica la sua autorità, fondata sulla Verità. Una Verità intesa non in senso “metafisico” – quale orgoglioso traguardo e possesso di una onnipotente “dea ragione” – ma vitale, affettivo, esistenziale.

Ma che “razza di re” è Gesù?

“Sei tu il Re dei Giudei?”. Ecco una domanda con il proposito d’irretirlo e di scoprire qualcosa su cui fondare un'accusa: "Sei tu il re dei Giudei? Quel re dei Giudei che è stato tanto discusso e tanto atteso... il Messia, sei tu? Oppure fingi di essere Lui? Ti chiami, e vorresti essere pensato così?". Alcuni pensano che Pilato abbia chiesto questo con un'aria di disprezzo: "Cosa? Sei tu un re, che fa una figura così meschina? Sei tu il re dei Giudei, dai quali sei così odiato e perseguitato?”. Poiché non si può provare che l'abbia mai detto, Pilato lo vorrebbe costringere a dirlo ora, per poter procedere sulla base della sua confessione.

“Dici tu questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me?”. Gesù risponde a Pilato con un’altra domanda; non per evadere la questione, ma come per suggerire a Pilato di considerare la realtà ben diversa che il suo arresto sottintendeva. Pilato era obbligato dal suo ufficio a curare gli interessi del governo romano, ma non poteva dire che questo fosse in oggettivo pericolo o ne subisse un qualche danno immediato per qualsiasi cosa il nostro Signore Gesù avesse mai detto o fatto. Non era mai apparso in pompa mondana, non aveva mai assunto mai alcun potere secolare, non aveva mai agito da giudice, non gli erano mai contestati principi o pratiche di tradimento, né alcuna cosa che potesse dare la minima ombra di sospetto. “Se altri ti hanno suggerito di chiedermelo per aizzarti contro di me, dovresti considerare chi sono, e su quali principi ragionano”. Un'informazione come questa era degna di essere accettata?

“Son io forse giudeo?”. Pilato si risente della risposta di Cristo, e la prende molto male (35). Questa è una risposta diretta alla domanda di Cristo. Cristo gli aveva chiesto se parlava di sua propria iniziativa. "No", dice lui: "Non sono ebreo, perché sospetti che io abbia a che fare con il complotto contro di te? Non so nulla del Messia, né lo voglio sapere, e quindi non mi interessa la disputa su chi sia il Messia e chi no. Questo non riguarda Roma”. Osservate con quale disprezzo Pilato chiede: Sono ebreo? Gli ebrei erano, sotto molti aspetti, un popolo onorevole; ma, dopo aver corrotto l'alleanza del loro Dio, questo li aveva resi spregevoli e vili davanti a tutto il popolo. Come aveva scritto il profeta Malachia: “...voi vi siete sviati, avete fatto intoppar molti nella legge, avete violato il patto di Levi, dice l'Eterno degli eserciti. E io pure vi rendo spregevoli e abietti agli occhi di tutto il popolo, perché non osservate le mie vie, e avete de' riguardi personali quando applicate la legge” (Malachia 2:8, 9). Così i buoni nomi spesso soffrono per il bene degli uomini cattivi che li portano. 

“La tua nazione e i capi sacerdoti t'hanno messo nelle mie mani”. Cristo gli aveva chiesto se gli altri gli avessero detto così per di accusarlo. «Sì, sono quelli della tua gente che, si potrebbe pensare, erano prevenuti contro di lui, e i sacerdoti, la cui testimonianza, dovrebbe essere affidabile, e quindi non avevo altro da fare che procedere sulla base della loro informazione". Quei sacerdoti d’Israele, però, pervertivano il loro divino mandato. Il vero e sommo sacerdote era Lui, Gesù.

Che cosa aveva fatto Gesù?

“Che hai fatto?”. Cristo aveva rifiutato di rispondere alla domanda: “Sei tu il re dei Giudei?”. E perciò Pilato gli pone un'altra domanda più generale. Quale provocazione hai fatto alla tua nazione, e in particolare ai sacerdoti, perché loro siano stati con te così violenti? Sicuramente non può esserci tutto questo fumo senza un po' di fuoco, che cos'è?".

Cristo dà una risposta più completa e diretta alla precedente domanda di Pilato “Sei tu un re?”, spiegando in che senso era un re: non un pericoloso concorrente del governo romano, non un re secolare, perché i suoi interessi non erano sostenuti da metodi secolari. Difatti, dice: “il mio regno non è di questo mondo”. Si esprime negativamente per rettificare gli attuali errori che lo riguardano; ma il positivo è implicito. Indubbiamente riguarda questo mondo, ma dicendo che questo regno è “dei cieli” vuol dire che esso opera a un livello diverso. Cristo è un re e ha un regno, ma non come quelli di questo mondo. Diversi fattori lo indicano:

Primo, il suo sorgere non è “di questo mondo”. I regni degli uomini sorgono dalle lotte di potere di questo mondo. Esso non è una di quelle “bestie” che salgono dal mare e dalla terra” (Daniele 7:3; Apocalisse 13:1,11), ma da Dio stesso, “dal cielo”. Gesù è “l’Unto dell’Eterno”. Di Lui Dio dice. “Io ho stabilito il mio re sopra Sion, monte della mia santità” (Salmo 2:6). Il suo regno non è per successione, elezione o conquista, ma per designazione immediata e speciale della volontà e del consiglio di Dio. 

In secondo luogo, la sua natura non è mondana; è un regno in mezzo o dentro gli uomini (Luca 17:21), stabilito nei loro cuori e coscienze: “Il regno di Dio ... è giustizia, pace e allegrezza nello Spirito Santo” (Romani 14:17), le sue ricchezze e poteri sono d’ordine spirituale. I ministri del regno di Cristo nemmeno hanno lo spirito del mondo: “Or noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo Spirito che vien da Dio, affinché conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio” (1 Corinzi 2:12).

In terzo luogo, le sue guardie e i suoi sostegni non sono mondani; le sue armi sono spirituali. Non ha avuto bisogno né ha usato la forza secolare per mantenerla e farla avanzare, né è stata condotta in modo da minacciare direttamente dei re e le loro province; non interferisce per ora con le prerogative dei governanti; non intende, per ora, alterare alcuna istituzione nazionale nelle cose secolari, né si oppone ad alcun regno se non quello del peccato e di Satana. 

In quarto luogo, la sua tendenza e il suo disegno non sono mondani. Cristo non mirava né permetteva ai suoi discepoli di mirare alla pompa e al potere dei grandi uomini della terra. 

In quinto luogo, i suoi sudditi, sebbene siano nel mondo, tuttavia non sono del mondo, non appartengono a questo ordine di cose; essi sono chiamati e scelti fuori dal mondo, cioè a distinguersene, nascono da un altro tipo di realtà; non sono né gli allievi del mondo né i suoi prediletti, né sono governati dalla sua sapienza o arricchiti dalla sua ricchezza. Se avesse progettato, in effetti, una contrapposizione al governo, li avrebbe combattuti con le loro stesse armi, e avrebbe respinto la forza con la forza della stessa natura; ma non segue questa condotta: “Se il mio regno fosse di questo mondo, allora i miei servi lotterebbero per non essere consegnato ai Giudei”. I Suoi seguaci non hanno offerto di combattere; non c’è stato alcun tumulto, nessun tentativo di salvarlo, sebbene la città fosse ora piena di Galilei, suoi amici e connazionali, e fossero generalmente armati. Basta, però, il comportamento pacifico dei suoi discepoli in questa occasione per mettere a tacere l'ignoranza degli stolti. Inoltre, non aveva ordinato loro di combattere; anzi, lo aveva proibito, il che era una prova sia che non dipendeva dagli aiuti mondani (poiché avrebbe potuto convocare legioni di angeli al suo servizio, il che dimostrava che il suo regno era “dall'alto” e anche che non temeva opposizione, perché era molto disposto a essere consegnato agli ebrei, sapendo che quella che sarebbe stata la distruzione di qualsiasi regno mondano, sarebbe stato il progresso e l'istituzione del suo. Giustamente perciò conclude: “Ora puoi vedere che il mio regno non è di qui; nel mondo ma non di esso”.

Una vivente testimonianza alla verità

“Gesù che rese testimonianza dinanzi a Ponzio Pilato con quella bella confessione”, dirà l’apostolo Paolo in 1 Timoteo 6:13. “Tu lo dici; io sono re; io son nato per questo, e per questo son venuto nel mondo, per testimoniare della verità”. Gesù spiega e mostra come è un re, poiché è venuto a rendere testimonianza della verità; Egli governa nelle menti con il potere della verità. Se avesse voluto dichiararsi principe temporale, in questa fase storica, avrebbe detto: “Per questo fine sono nato, e per questo sono venuto nel mondo, per governare le nazioni, per conquistare i re, e per prendere possesso di regni”. No, è venuto per essere un testimone, un testimone per il Dio che ha fatto il mondo. Contro il peccato che rovina il mondo e con questa parola della sua testimonianza si prepara un popolo fedele in vista del suo ritorno in gloria come Re dei re e Signore dei signori. 

“Ecco, io l'ho dato come testimonio ai popoli, come principe e governatore dei popoli” (Isaia 55:4). Era stato predetto che dovrebbe essere un testimone al popolo e, come tale, capo e comandante. Il regno di Cristo non era di questo ordine di cose in cui viene meno la verità: “la verità è scomparsa, e chi si ritrae dal male s'espone a essere spogliato. E l'Eterno l'ha veduto, e gli è dispiaciuto che non vi sia più rettitudine” (Isaia 59:15), ma di quel mondo in cui regna eternamente la verità. La missione di Cristo nel mondo, e il suo compito nel mondo, in questa fase storica dovevano primariamente rendere testimonianza alla verità.

Egli doveva rivelarlo, far scoprire al mondo ciò che altrimenti non si sarebbe potuto conoscere riguardo a Dio e alla sua volontà e benevolenza verso l’umanità. Inoltre, doveva confermarlo. Con i suoi miracoli Gesù aveva reso testimonianza della verità della fede d’Israele, della verità della rivelazione divina, delle perfezioni e della provvidenza di Dio, e della verità della sua promessa e alleanza, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Ora, così facendo, è re e stabilisce un regno. 

Il fondamento e la potenza, lo spirito e il genio del regno di Cristo, è verità, verità divina. Quando dice “io sono la verità”, Egli dice, in effetti, “io sono un re”. Egli vince con la convincente evidenza della verità; governa con il potere di comando della verità,  “nella tua magnificenza, avanza sul carro, per la causa della verità, della clemenza e della giustizia” (Salmo 45:4). 

È con la sua verità che giudicherà il popolo: “egli viene, viene a giudicare la terra. Egli giudicherà il mondo con giustizia, e i popoli secondo la sua fedeltà” (Salmi 96:13). Essa è lo scettro del suo regno. E’ così che porta ogni pensiero all'obbedienza. I sudditi di questo regno sono quelli che sono “della verità”. Tutti quelli che per grazia di Dio sono liberati dal potere del padre della menzogna, e sono disposti a ricevere la verità e a sottomettersi al potere e all'influenza di essa, udranno la voce di Cristo, diventeranno suoi sudditi e gli porteranno fede e vera fedeltà. Tutti coloro che sono innamorati della verità ascolteranno la voce di Cristo, poiché in nessun luogo si trovano verità più grandi, migliori, più sicure e più dolci di quelle che si trovano in Cristo, per mezzo del quale sono venute la grazia e la verità; così che, udendo la voce di Cristo, sappiamo che siamo della verità: “Da questo conosceremo che siam della verità e renderemo sicuri i nostri cuori dinanzi a Lui” (1 Giovanni 3:19).

Gesù è Re: Lo riconosciamo?

Sappiamo ancora poco di Gesù, lo conosciamo appena “di vista”. Dalle vette del nostro orgoglio, che ci fa credere spesso sapienti e onniscienti, dovremmo ridiscendere più frequentemente nella sua infinita umiltà, la sua mitezza, il suo cuore. Comprenderemmo allora veramente che cosa significhi amare, quale sia il prezzo del perdono; che cosa voglia dire prendersi cura del destino degli altri; confortare, rialzare chi è caduto, accompagnare nel cammino chi fa fatica.

Cristo, dunque, è Re, re in questo mondo, ma in un modo del tutto diverso da ciò che fanno e pensano di essere i governanti di questo mondo. Il Regno di Dio, che è già in mezzo a noi, cresce e si sviluppa, silenziosamente, a partire dal cuore di chi crede, adora, spera e ama come Lui insegna; a partire da chi perdona; a partire da chi oggi offre la sua vita, con semplicità, a gloria di Dio e per il bene degli altri. Per il momento Gesù non avrebbe minacciato i potentati di questo mondo, ma li avrebbe sicuramente svuotati di tutto ciò che li rende tali, gradualmente ed efficacemente. Lo fa ancora oggi tramite coloro che militano nel Suo movimento. Svuotando ogni potere iniquo Gesù mette le basi del Suo finale trionfo dimostrando di essere Re e Signore, l’unico, superiore e diverso da qualunque altro.

Paolo Castellina, 15 novembre 2021.