Letteratura/Sovranitadidio/14

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Indice generale

La sovranità di Dio, di A. W. Pink

Capitoli:: 0-1 - 0-2 - 0-3 - 0-4 - 0-5- 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13-1 - 13-2 - 13-3 - 13-4 - 14

 

Conclusione

"Alleluia! Perché il Signore, nostro Dio, l'Onnipotente, ha stabilito il suo regno" (Ap. 19:6).

Nella nostra prefazione alla seconda edizione, avevamo riconosciuto la necessità di preservare l'equilibrio della Verità. Due cose si trovano al di là d'ogni disputa: Dio è sovrano, l'essere umano è responsabile. In questo libro, così, abbiamo cercato di esporre la prima di queste verità, in altre nostre opere, abbiamo insistito frequentemente sulla seconda.

Siamo pronti ad ammettere che vi sia il pericolo di accentuare troppo la prima e d'ignorare l'altra, e la storia ci fornisce numerosi esempi per ciascuno di questi casi. Mettere troppo in evidenza la sovranità di Dio, senza pure conservare il principio della responsabilità umana, tende al fatalismo; essere troppo preoccupati di affermare la responsabilità umana, tanto da slacciarla dalla sovranità di Dio, significa esaltare la creatura e disonorare il Creatore.

Quasi ogni errore dottrinale è, di fatto, una perversione della Verità, una Verità non dispensata rettamente, una Verità sostenuta ed insegnata in modo sproporzionato. Anche la più bella faccia del mondo, con le caratteristiche più amabili in assoluto, diventerebbe una vista brutta ed insostenibile, se un membro di quel corpo continuasse a crescere fuori misura e gli altri rimanessero non sviluppati. La bellezza è, soprattutto, una questione di proporzioni. E' vero pure per la Parola di Dio: è possibile percepire la sua bellezza e beatitudine quando la sua molteplice sapienza è esibita nelle sue vere proporzioni. Qui è proprio dove molti, nel passato, hanno fallito. Una sola frase della Verità di Dio ha spesso fatto così impressione su questo o quell'uomo, tanto che l'attenzione si è concentrata solo ed esclusivamente su di essa, quasi ad esclusione di tutto il resto. Una qualche porzione della Parola di Dio è diventata "Qla dottrina favorita", e spesso il distintivo di un qualche partito. Il dovere di ogni servitore di Dio, però, è quello d'annunziare "tutto il consiglio di Dio" (Atti 20:27).

E' vero che nei tempi corrotti in cui ci è stato dato in sorte di vivere, là dove da ogni parte, è l'uomo ad essere esaltato, e dov'è diventata espressione comune parlare di "superuomini", vi è la necessità assoluta d'accentuare, senz'alcun compromesso, il fatto glorioso della supremazia di Dio. Dobbiamo farlo proprio là dove essa è negata. Eppure, anche in questo caso, è necessaria pure molta sapienza, altrimenti il nostro zelo sarebbe senza conoscenza. Un servitore di Dio dovrebbe avere sempre il discernimento di dire la cosa giunta al momento giusto. Ciò che è opportuno per una particolare comunità, potrebbe non essere necessario per un'altra. Se sono chiamato a lavorare in una comunità in cui mi hanno preceduto predicatori arminiani, allora devo assolutamente esporre la verità che è stata trascurata, quella della sovranità di Dio, benché lo debba fare sempre con attenzione e cura, perché potrebbe essere troppa "carne" da mangiare per chi ancora deve nutrirsi di "latte".

L'esempio di Cristo che disse: "Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata" (Gv. 16:12) dovrebbe essere tenuto ben presente. D'altro canto, se sono chiamato ad assumere un pulpito distintamente calvinista, allora potrebbe essere utile, nei suoi molti aspetti, presentare la verità della responsabilità umana. Ciò che il predicatore deve comunicare non è quello che l'uditorio vorrebbe verosimilmente sentire, ma ciò del quale ha maggiormente bisogno, vale a dire, quegli aspetti della verità con i quali ha minore familiarità, o almeno che meno manifesta nel suo comportamento.

Mettere in pratica ciò che ho or ora detto è difficile, perché espone il predicatore ad essere accusato d'essere una banderuola. Che importa, però, se egli, così facendo, ha l'approvazione del Maestro? Egli non è chiamato ad essere "coerente" con se stesso, né con una qualsiasi regola disposta dall'uomo. Suo compito è quello d'essere coerente con le Sacre Scritture, e nelle Sacre Scritture ogni parte o aspetto della verità, è equilibrato con un altro aspetto della verità. La "medaglia" ha due facce sempre, persino nel carattere stesso di Dio, perché Egli è "luce" (1 Gv. 1:5), come pure "amore" (1 Gv.4:8). Per questo troviamo scritto: "Considera dunque la bontà e la severità di Dio" (Ro. 11:22).

Predicare sempre su di uno escludendo l'altro, non fa che presentare un'immagine distorta del carattere di Dio. Quando il Figlio di Dio divenne carne, Egli venne “in forma di Dio” (Fl. 2:6), ciononostante, nella mangiatoia, Egli era “Cristo, il Signore” (Lu. 2:11)! Tutto è possibile con Dio (Mt. 19:26), eppure Dio “non può mentire” (Ga. 6:2). Lo stesso capitolo, però, insiste sul fatto che “Ciascuno porterà il proprio fardello” (Ga. 6:5). Siamo esortati con queste parole: “Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno”(Mt. 6:34), eppure: “Se uno non provvede ai suoi, e in primo luogo a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede, ed è peggiore di un incredulo” (1 Ti. 5:8). Nessuna pecora del gregge di Cristo potrebbe mai perire (Gv. 10:28,29), eppure il cristiano è esortato così: “Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a render sicura la vostra vocazione ed elezione; perché, così facendo, non inciamperete mai” (2 Pi. 1:10). Potremmo continuare a moltiplicare illustrazioni di questo genere. Tutte queste non sono contraddizioni, ma aspetti complementari: ciascuno “equilibra” l'altro. E' così che la Scrittura presenta sia la responsabilità umana, sia la sovranità di Dio. Allo stesso modo dovrebbe essere ogni servitore di Dio, vale a dire uno che rispetta le proporzioni!

Ritorniamo, però, ad alcune riflessioni conclusive sul tema che stiamo trattando. “SIGNORE, Dio dei nostri padri, non sei tu Dio dei cieli? Non sei tu che domini su tutti i regni delle nazioni? Non hai tu nelle tue mani la forza e la potenza, in modo che nessuno può resistere contro di te?” (2 Cr. 20:5,6). Si, il Signore è Dio, ed Egli governa sui regni degli uomini, governa con suprema maestà e potenza.

Eppure oggi, in un tempo in cui tanto ci si vanta d'essere illuminati e progrediti, tutto questo è negato in ogni dove. Una scienza materialistica e una filosofia atea si hanno espulso Dio dal Suo mondo e si afferma che tutto sia regolato piuttosto da impersonali leggi della natura. Lo stesso avviene negli affari umani: nella migliore delle ipotesi, Dio non è che un distante spettatore, e per di più impotente. Dio non può fare altro, ad esempio, che assistere allo scoppio di una terribile guerra e, sebbene vorrebbe farla cessare, non sarebbe in grado di farlo, e questo alla faccia di testi come 1 Cronache 5:22 e 2 Cronache 24:24<ref>_</ref>!

Avendo dotato l'uomo di "libero arbitrio", Dio sarebbe obbligato a lasciare che l'uomo faccia le sue scelte e vada per la sua strada, senza potere in alcun modo interferirvi, altrimenti la sua responsabilità morale sarebbe distrutta. Questo è ciò che normalmente si crede oggi. Non sorprende che questi sentimenti siano espressi da neologi tedeschi (cesellatori di nuove parole), ma che tristezza che queste cose siano insegnate in molte delle nostre scuole di teologia, echeggino da molti dei nostri pulpiti, e siano accettate da molti cristiani professanti di primo livello.

Uno dei peccati più flagranti del nostro tempo è quello dell'irriverenza - vale a dire mancare di dare la gloria che è dovuta all'augusta maestà di Dio. Gli uomini limitano il potere e le attività del Signore, sostenendo concezioni degradanti del Suo Essere e carattere. Originalmente, l'uomo era stato fatto ad immagine e somiglianza di Dio, oggi, però ci chiedono di credere in un dio fatto ad immagine e somiglianza dell'uomo. Il Creatore è ridotto al livello della creatura. La Sua onniscienza è messa in questione, non si crede più alla Sua onnipotenza, e si nega apertamente la Sua sovranità. Gli uomini pretendono di essere loro stessi gli architetti delle loro fortune e gli unici a determinare il proprio destino. Essi non sanno che la loro vita è a completa disposizione del divino Sovrano. Non sanno che, nella loro pretesa di alterare i Suoi segreti decreti, essi non hanno maggiore potere di quanto possa un verme resistere al procedere di un elefante. Essi non sanno che: "Il SIGNORE ha stabilito il suo trono nei cieli, e il suo dominio si estende su tutto" (Sl. 103:19).

Nelle pagine precedenti, abbiamo cercato di ripudiare le concezioni paganeggianti prima delineate, ed abbiamo cercato di mostrare, sulla base delle Sacre Scritture, che Dio è Dio, che Egli è seduto fermamente sul Suo Trono, e che l'ultima guerra mondiale, lungi dall'essere la prova che il timone Gli è scivolato di mano, essa è sicura evidenza che Egli ancora vive e regna, e che ora sta realizzando esattamente ciò che Egli ha predeterminato e preannunciato (Mt. 24:6-8 ecc.).

Che la mente carnale sia in inimicizia contro Dio, che l'uomo non rigenerato sia un ribelle contro il governo divino, che il peccatore non abbia alcun interesse nella gloria del Suo fattore e poco o nessun rispetto per la Sua volontà rivelata, è cosa evidente, al di là d'ogni dubbio. Ciononostante, nel retroscena, Dio domina e sovrasta, adempiendo infallibilmente i Suoi eterni propositi, non solo nonostante, ma per mezzo di coloro che sono Suoi nemici. Con quanta foga l'uomo pretende i suoi diritti contro i diritti di Dio! Non ha l'uomo forse potere ed conoscenza? Forse che Dio non ha volontà, o potere o conoscenza? Supponete che la volontà umana sia in conflitto con quella di Dio, che accadrebbe? Gli uomini avevano una volontà nelle pianure di Shinear e si erano proposti di costruire una torre la cui punta raggiungesse il cielo, ma che cosa è avvenuto dei loro propositi? Anche Faraone aveva una volontà quando aveva indurito il suo cuore e si era rifiutato di permettere che il popolo di Jahweh andasse ad adorare Dio nel deserto, ma che è avvenuto della sua ribellione? Balak aveva una volontà quando aveva assunto Balaam affinché maledicesse Israele, ma a che gli è servita? I cananei avevano una volontà quando avevano pensato di impedire Israele dall'occupare la terra di Canaan, ma forse che ebbero successo? Saul aveva una volontà quand'aveva scagliato un giavellotto contro Davide, ma era finito, invece, nel muro. Giona aveva una volontà quando si era rifiutato d'andare a predicare ai niniviti, ma poi che accadde? Nebukadnetsar aveva una volontà quando pensava di distruggere quei tre giovani ebrei, ma anche Dio aveva una volontà, ed il fuoco non recò loro alcun danno. Erode aveva una volontà quando cercava di eliminare fisicamente il bambino Gesù, e se non vi fosse stato alcun Dio vivente che regna sovrano, il suo malvagio desiderio sarebbe stato realizzato. Pretendendo però di frustrare i propositi dell'Onnipotente, i suoi sforzi si erano risolti in nulla. Si, lettore mio, anche tu avevi una volontà quando hai formulato i tuoi progetti senza prima cercare il consiglio dell'Eterno: per questo Egli li ha sovvertiti! "Ci sono molti disegni nel cuore dell'uomo, ma il piano del SIGNORE è quello che sussiste" (Pr. 19:21).

Quale dimostrazione dell'irresistibile sovranità di Dio è fornita da quella meravigliosa affermazione che si trova in Apocalisse 17:17: "Dio ha messo nei loro cuori di eseguire il suo disegno che è di dare, di comune accordo, il loro regno alla bestia fino a che le parole di Dio siano adempiute". L'adempimento d'ogni singola profezia, non è altro che la sovranità di Dio in azione. E' la dimostrazione che ciò che Egli ha decretato, Egli pure ha il potere di realizzarlo. E' la prova che nessuno può resistere all'esecuzione dei Suoi consigli o impedire la realizzazione del Suo beneplacito. E' la prova che Dio inclina gli uomini ad adempiere ciò che Egli ha ordinato e eseguono ciò che Egli ha predeterminato. Se Dio non fosse Sovrano assoluto, allora la profezia divina sarebbe priva di valore, perché, in tal caso, non vi sarebbe garanzia alcuna che ciò che predice, di fatto, si realizzi. "Dio ha messo nei loro cuori di eseguire il suo disegno che è di dare, di comune accordo, il loro regno alla bestia fino a che le parole di Dio siano adempiute" (Ap. 17:17).

Anche in quel terribile tempo, in cui Satana sarà fatto cadere sulla terra (Ap. 12:9), quando l'Anticristo regnerà con tutte le sue forze (Apocalisse 13), quando saranno scatenate le più basse passioni degli uomini (Ap. 6:54), anche allora Dio governerà supremo, operando "tutto in tutti" (Ef. 4:6), controllando il cuore degli uomini, e dirigendo i loro consigli per adempiere i Suoi propositi.

Non possiamo fare di meglio che citare gli eccellenti commenti del mio caro e stimato amico Walter Scott su questo versetto: "Dio opera non visto, ma in modo non meno certo, in tutte le trasformazioni politiche dei nostri giorni. L'uomo di stato più astuto e il diplomatico più abile, sono semplicemente agenti nelle mani del Signore. Non se n'avvedono, ma è così. Ostinata volontà ed interessi di parte possono influire sulle loro azioni, ma Dio sta costantemente operando per realizzare il Suo proposito ultimo: far conoscere le glorie celesti e terrestri di Suo Figlio. In questo modo, invece che essere re e uomini politici che frustrano i propositi di Dio, essi inconsapevolmente li promuovono. Dio non è indifferente, ma sta dietro le scene di ogni azione umana. Le azioni dei futuri dieci re in rapporto a Babilonia ed alla Bestia, i poteri ecclesiastici e secolari, non solo sono sotto il diretto controllo di Dio, ma tutto è fatto in adempimento delle Sue parole".

Strettamente congiunto a Apocalisse 17:17, è ciò che ci viene presentato in Michea 4:11, 12 " Ora, molte nazioni si sono adunate contro di te e dicono: «Sia profanata e i nostri occhi godano alla vista di Sion!». Ma esse non conoscono i pensieri del SIGNORE, non comprendono i suoi disegni: poiché egli le raduna come covoni sull'aia". Ecco un altro caso che dimostra il controllo assoluto che Dio ha sulle nazioni, il Suo potere di adempiere i Suoi decreti segreti o consigli per essi ed attraverso di essi, il fatto che Egli inclini gli uomini ad adempiere il Suo beneplacito sebbene essi lo eseguano ciecamente ed inconsapevolmente.

Una volta ancora, che parola il Signore Gesù pronunciò di fronte a Pilato! Chi può dipingerne la scena? Ecco un ufficiale romano, ed ecco pure il Servo di Jahweh che sta di fronte a lui. Così è raccontata: "...rientrato nel pretorio, disse a Gesù: «Di dove sei tu?» Ma Gesù non gli rispose. Allora Pilato gli disse: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di liberarti e il potere di crocifiggerti?»" (Gv. 19:9,10). Questo è ciò che pensava Pilato! Questo è ciò che molti altri pure hanno pensato. Egli semplicemente dava voce alla persuasione comune del cuore umano - il cuore che non fa i conti con Dio. Ascoltate, però, in che modo Gesù corregga Pilato e, al tempo stesso, ripudi l'arroganza degli uomini in generale: "Gesù gli rispose: «Tu non avresti alcun'autorità su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto »" (Gv. 19:11). Una frase così spazza veramente via ogni questione! L'uomo, sebbene egli sia un importante ufficiale del più influente impero di quei giorni, non poteva pretendere d'avere maggior potere di quanto gli fosse concesso dall'alto, nemmeno il potere di fare ciò che è male, vale a dire, realizzare i suoi malvagi disegni, se Dio non gli desse il potere di farlo, affinché i Suoi propositi fossero realizzati! Era Dio che aveva dato a Pilato il potere di emettere la sentenza di morte dell'amato Figlio di Dio! Non vedete come basti solo questo, per distruggere tutti i sofismi ed i ragionamenti di coloro che sostengono che Dio non possa fare altro che permettere in male!

Basterebbe solo che andaste alle stesse prime parole pronunciate dal Signore Iddio dopo la caduta e Lo udiste dire: " Io porrò INIMICIZIA fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno" (Ge. 3:15). Un semplice permesso dato al peccato non può spiegare tutti i fatti che sono rivelati nelle Scritture e che riguardano questo mistero. Come disse succintamente Calvino: "Che ragione potremmo noi dare al fatto che Egli lo permette, se non che questa sia la Sua volontà?".

Al termine del capitolo 11 avevamo promesso di rivolgere la nostra attenzione ancora ad una o due altre difficoltà, non trattate allora. Le affronteremo ora.

Se Dio non solo ha predeterminato la salvezza dei Suoi, ma pure Egli ha preparato in anticipo le buone opere che essi avrebbero fatto (Ef. 2:10), allora quale incentivo potremmo ancora avere per praticare ciò che è gradito al Signore? Se Dio ha già fissato il numero di coloro che devono essere salvati, e se gli altri sono solo dei vasi preparati per la distruzione, allora, quale incoraggiamento potremmo ancora avere per predicare l'Evangelo ai perduti? Affrontiamo queste due domande in ordine.

1. La sovranità di Dio e la crescita del credente nella grazia

Se Dio ha prestabilito tutto ciò che deve accadere, a che servirebbe l'esortazione ad "esercitarsi alla pietà" (1 Ti. 4:7)? Se Dio ha già preparato in anticipo le buone opere che noi siamo destinati a compiere (Ef. 2:10), allora, a che serve l'esortazione della Scrittura a dedicarsi alle opere buone (Tt. 3:8)? Questo solleva una volta ancora il problema della responsabilità umana.

Basterebbe solo che a queste domande noi rispondessimo: Dio ci ha comandato di farlo. In nessun luogo delle Scritture troveremo mai qualcosa che c'incoraggiasse o c'inculcasse uno spirito di fatalistica indifferenza. Accontentarci del punto in cui siamo arrivati, c'è espressamente vietato. La parola che è rivolta ad ogni credente è: "Corri verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù" (Fl. 3:14). Questo era l'obiettivo che si prefiggeva l'Apostolo, e questo pure dovrebbe essere il nostro. Invece di ostacolare lo sviluppo del carattere cristiano, una comprensione vera della sovranità di Dio lo promuove! Proprio come il disperare del peccatore di se stesso è il primo requisito di una sana conversione, così la perdita d'ogni fiducia in se stessi è l'elemento primo ed essenziale per un credente, affinché cresca nella grazia. Proprio come il peccatore che dispera di poter essere da se stesso d'aiuto alcuno per la sua salvezza, si getta nelle braccia della sovrana misericordia, così il cristiano, consapevole della propria fragilità, si volgerà al Signore per ottenerne aiuto. E' proprio quando siamo deboli che possiamo dire d'essere forti (2 Co. 12:10), in altre parole, ci dev'essere consapevolezza d'essere deboli prima di poterci volgere al Signore invocando il Suo aiuto. Quando il cristiano pensa d'essere sufficiente a se stesso, quando immagina che per semplice forza di volontà egli possa resistere alle tentazioni, quando egli ripone fiducia nella carne, allora, come Pietro, che si vantava di non abbandonare mai il Signore, allora certamente cadrà. Indipendentemente da Cristo, noi non possiamo fare nulla (Gv. 15:5). La promessa di Dio è: "Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore a colui che è spossato" (Is. 40:29).

La questione che stiamo ora affrontando, è di grande importanza pratica, e vorremmo che esprimerci al riguardo in modo esatto, chiaro e semplice. Il segreto dello sviluppo del carattere cristiano sta proprio nel renderci conto della nostra impotenza, un'impotenza riconosciuta, ed il nostro conseguente volgerci al Signore per ottenerne aiuto. E' un fatto oggettivo: siamo totalmente incapaci di praticare un solo precetto o di ubbidire ad anche uno dei comandamenti che la Scrittura ci presenta. Per esempio: "Ama i tuoi nemici". Non potremmo in alcun modo farlo, da noi stessi, e nemmeno sforzarci a farlo. "Non siate in ansia per la vostra vita" - chi, però, potrebbe eliminare l'ansia dalla sua vita, quando le cose vanno male? "Destatevi alla giustizia, e non peccate" - chi però potrebbe evitare di peccare? Questi sono solo esempi scelti fra innumerevoli altri. Forse che Dio si prende gioco di noi chiedendoci di fare quello che da noi stessi non siamo in grado di fare? La risposta che, a questa domanda, dà Agostino, è la migliore che io conosca: "Dio ci comanda di fare ciò che ci è impossibile a fare, affinché possiamo sapere che cosa richiedergli". La consapevolezza della nostra impotenza dovrebbe spingerci a inginocchiarci di fronte a Colui che possiede ogni potere. Ecco dove la visione della sovranità di Dio ci può aiutare, perché essa rivela la Sua sufficienza e ci mostra la nostra insufficienza.

2. La sovranità di Dio ed il servizio cristiano. Se Dio ha già determinato sin dalla fondazione del mondo, il numero di coloro che dovranno essere salvati, allora perché preoccuparsi tanto dell'eterno destino di coloro con i quali veniamo a contatto? Che posto rimane per lo zelo nel servizio cristiano? Non è forse vero che la dottrina della sovranità di Dio, con il suo corollario della predestinazione, scoraggia i servitori del Signore dalla fedeltà nell'evangelizzare? No, al contrario, invece di scoraggiare i Suoi servitori, il riconoscimento della sovranità è ciò che maggiormente li stimola. Ecco, per esempio, un uomo che è stato chiamato all'opera d'evangelista e che esca nel mondo credendo nel libero arbitrio e nella capacità del peccatore di venire a Cristo. Egli predica, così, l'Evangelo, nel modo più fedele e zelante possibile. Egli trova, però, che la maggioranza dei suoi uditori totalmente indifferenti, con nessun desiderio di Cristo. Scopre che gli uomini sono, per la maggior parte, del tutto assorbiti dalle cose di questo mondo, e che solo pochi, di fatto, si interessano delle cose del mondo a venire. Egli implora la gente ad essere riconciliata con Dio, li scongiura affinché salvino la propria anima. Sembra che tutto questo, però, non abbia alcun effetto su di loro, e così diventa scoraggiato e depresso, chiedendosi: "A che serve tutto il mio lavoro?". Dovrà abbandonare questa sua missione oppure dovrà cambiare il tenore e la sostanza del suo messaggio? Se la gente non risponde favorevolmente all'Evangelo, non sarebbe forse meglio che presentasse loro qualcosa di maggiormente popolare ed accettevole al mondo? Perché non occuparsi, invece, d'aiuto umanitario, di promozione sociale, di difesa di diritti calpestati? Ahimè! Molti che un tempo predicavano l'Evangelo, di fatto ora scelgono di operare come assistenti sociali, credendo così d'avere maggiore frutto. Qual è la medicina di Dio per questo servitore scoraggiato? In primo luogo, egli deve apprendere dalle Scritture che non è vero che Dio stia cercando di convertire il mondo, ma che, in quest'epoca, Egli sta visitando "…i gentili per scegliersi da quelli un popolo per il suo nome" (At. 15:14 ND). Qual è la medicina di Dio per questo servitore scoraggiato? Questa: una comprensione appropriata dei progetti di Dio per questa dispensazione. Ancora: qual è il rimedio di Dio per lo scoraggiamento in seguito all'apparente fallimento di tutto il nostro lavoro? Questo: l'assicurazione che i propositi di Dio non possono fallire, che i piani di Dio non possono abortire, che la volontà di Dio è e sarà adempiuta. Il nostro lavoro non è inteso a realizzare ciò che Dio non ha decretato. Ancora una volta: qual è l'unica reale consolazione per colui che è del tutto scoraggiato per la mancanza di risposte positive ai suoi appelli, e per l'assenza del frutto del suo lavoro? Questa: che noi non siamo responsabili dei risultati, che quello è compito di Dio, affare Suo! Paolo potrebbe "piantare", Apollo potrebbe annaffiare, ma è solo Dio che "fa crescere" (1 Co. 3:6). Nostro compito è quello di ubbidire a Cristo e predicare l'Evangelo ad ogni creatura, mettendo in evidenza il "chiunque crede", e poi lasciando alle operazioni sovrane dello Spirito Santo di applicare la Parola, che ha il potere di risvegliare chiunque Egli voglia, fondandosi sulla sicura promessa di Yahweh che dice: " Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata" (Is. 55:10,11). Non era forse questa la certezza che sosteneva l'amato apostolo, quando dichiarava: " Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti, affinché anch'essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna" (2 Ti. 2:10). Si, non è forse questa la stessa lezione che dobbiamo imparare dall'esempio benedetto del Signore Gesù? Quando noi leggiamo che Egli disse alla gente: "Voi mi avete visto, eppure non credete!", Egli ricade sul sovrano beneplacito di Colui che l'ha mandato, dicendo: " Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori" (Gv. 6:36,37). Egli sapeva che il Suo travaglio non sarebbe stato vano. Egli sapeva che la Parola di Dio non era stata detta "a vuoto". Egli sapeva che "gli eletti di Dio" sarebbero venuti certamente a Lui ed avrebbero creduto in Lui. La stessa sicurezza riempie il cuore d'ogni servitore di Dio che intelligentemente si fondi sulla verità benedetta della sovranità di Dio. Ah, compagno servitore cristiano, Dio non ci ha inviato nel mondo per "scagliare frecce nell'aria". Il successo del ministero che Egli ha affidato alle nostre mani, non è lasciato contingente al capriccio della volontà di coloro ai quali predichiamo. Quant'è gloriosamente incoraggiante, quanta sicurezza dà alla nostra anima le parole del nostro Signore, se noi ad esse ci appoggiamo con semplice fede: " Ho (non "avrò", "ho", perché Gli sono state date dal Padre sin da prima della fondazione del mondo) anche altre pecore, che non sono di quest'ovile (cioè il gregge degli Israeliti d'allora); anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore" (Gv. 10:16). Egli non dice: "Dovrebbero ascoltare la mia voce", non "ascolteranno la mia voce se vorranno". Qui non c'è nemmeno un "se" o un "forse", qui non c'è nessun'incertezza: "Esse ascolteranno la mia voce". Questa è un'affermazione positiva, non qualificata, una promessa assoluta. Ecco, dunque, su che cosa deve poggiarsi la fede! Continua la tua ricerca, caro amico, delle "altre" pecore di Cristo. Non essere scoraggiato perché le "capre" non prestano ascolto alla Sua voce, quando predicate loro l'Evangelo. Sii fedele, sii scritturale, sii perseverante, e Cristo potrà usare anche te come Suo portavoce nel chiamare a Se le Sue pecore perdute. " Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore" (1 Co. 15:58).

Non ci rimane ora che presentarvi alcune poche riflessioni, ed il nostro felice compito sarà terminato. La sovrana elezione che Dio fa di alcuni per la salvezza, è un provvedimento MISERICORDIOSO. La risposta sufficiente a tutte le maligne accuse che vengono rivolte alla dottrina della predestinazione, quando dicono che sarebbe crudele, orribile, ed ingiusta, è che se Dio non avesse scelto alcuni per la salvezza, nessuno sarebbe mai stato salvato, perché: " Non c'è nessuno che capisca, non c'è nessuno che cerchi Dio" (Ro. 3:11). Questa non è una semplice nostra deduzione, ma il chiaro insegnamento delle Sacre Scritture. Si considerino con attenzione le parole dell'apostolo Paolo in Romani 9, laddove questo tema è ampiamente discusso: " Isaia poi esclama riguardo a Israele: «Anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato; (...) Come Isaia aveva detto prima: «Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra»" (Ro. 9:27,29). L'insegnamento di questo brano è inequivocabile: se Dio non avesse interferito, Israele sarebbe diventato come Sodoma e Gomorra. Se Dio avesse lasciato Israele al proprio destino, la depravazione umana avrebbe raggiunto la sua tragica e inevitabile fine. Dio, però, lascia in Israele "un resto", o "un seme". Le antiche città della pianura erano state del tutto cancellate a causa dei loro peccati, e nessuno ne era sopravvissuto. Così sarebbe stato per Israele, se Dio non avesse "lasciato" o "risparmiato" un residuo. Così è per la razza umana: Iddio, nella Sua grazia sovrana, se Dio non avesse risparmiato un residuo, tutti i discendenti di Adamo sarebbero periti nei loro peccati. Diciamo quindi che l'elezione sovrana, da parte di Dio, di certuni alla salvezza, è un provvedimento misericordioso. Inoltre, notate bene, nello scegliere quelli che ha scelto, Dio non fa nessun'ingiustizia a coloro rispetto ai quali "passa oltre", perché, in ogni modo, nessuno di loro avrebbe alcun diritto alla salvezza. La salvezza è per grazia, e l'esercizio della grazia è una questione di pura sovranità - Dio avrebbe potuto salvare tutti o nessuno, uno o 10.000, esattamente come riteneva meglio. Se però, contestandoci, ci direbbero: "Non era, però, forse meglio salvare tutti?", la risposta sarebbe: noi non siamo in grado di giudicare. Sarebbe forse stato "meglio" non aver creato Satana, che il peccato non fosse stato mai introdotto nel mondo, o se, essendoci entrato, sarebbe stato meglio che avesse fatto terminare molto tempo fa la lotta fra bene e male. Le vie di Dio, però, non sono le nostre, e le Sue vie sono "imperscrutabili". Dio prestabilisce tutto ciò che deve accadere, il Suo governo si estende a tutto l'universi ed è su ciascuno di noi. "Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen" (Ro. 11:36)

Dio dà inizio ad ogni cosa, regola ogni cosa, e tutto coopera per la Sua eterna gloria. "Per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo" (1 Co. 8:6); ed ancora: "In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà" (Ef. 1:11).

Certamente, se vi fosse qualcosa che potesse essere attribuito al caso è tirare a sorte, eppure la Parola di Dio dichiara espressamente: "Si getta la sorte nel grembo, ma ogni decisione viene dal SIGNORE" (Pr. 16:33). La sapienza di Dio nel governo del nostro mondo, sarà completamente comprovata di fronte a tutte le creature intelligenti. Dio non è un ozioso spettatore, che guarda giù da un mondo distante ciò che accade su questa terra, ma è Lui stesso che plasma ogni cosa per la promozione ultima della Sua gloria. Persino ora Egli sta portando avanti i Suoi eterni propositi, non nonostante l'opposizione umana e satanica, ma per mezzo d'essa. Quanto sono stati malvagi e futili tutti gli sforzi per resistere alla Sua volontà: questo sarà pienamente evidente un giorno come quando, anticamente, Egli aveva sommerso nel Mar Rosso il Faraone e tutto il suo esercito.

Bene è stato detto, quand'è stato scritto: "Il fine e l'obiettivo di tutto è la gloria di Dio. E' perfettamente e divinamente vero che 'Dio ha ordinato per la propria gloria tutto ciò che accade'. Al fine di prevenire ogni fraintendimento, dobbiamo solo rammentarci chi sia questo Dio e quale gloria Egli persegua. E' Colui che è Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo; Colui nel quale venne l'amore di Dio non per essere servito, ma per servire. E' Colui che, sufficiente a Sé stesso, non ha bisogno di ricevere gloria alcuna dalle Sue creature, ma dal quale - essendo sia 'luce' che 'amore' - proviene ogni dono perfetto e nel quale non c'è variazione alcuna o mutamento. Le Sue creature possono solo rendergli ciò che già Gli appartiene. La Sua gloria si trova nella manifestazione della Sua bontà, giustizia, santità e verità; nel manifestare Se stesso in Cristo, Egli ha manifestato per sempre la Sua Persona e volontà. La gloria di questo Dio è ciò che necessariamente tutte le cose devono servire - avversari, il male, come pure tutto il resto. Egli l'ha stabilito, la Sua potenza lo assicura. Quando un giorno tutte le nuvole ed ostruzioni apparenti saranno rimosse, allora Egli riposerà - 'riposerà nel Suo amore', per sempre, sebbene solo l'eternità sarebbe sufficiente per cogliere questa rivelazione. 'Dio sarà tutto in tutti': ecco, in cinque parole l'ineffabile risultato" (F. W. Grant, su "Redenzione").

Dobbiamo tristemente confessare che tutto ciò che abbiamo scritto fin ora, dà solo un'incompleta ed imperfetta presentazione di questo importantissimo argomento. Ciononostante, se esso risulterà nel lettore in una maggiore percezione della maestà di Dio e della Sua sovrana misericordia, allora noi saremo ampiamente ripagati di tutto il nostro lavoro. Se il lettore, scorrendo queste pagine e riflettendo sul loro messaggio, ne ha avuto benedizione, non manchi di ringraziare il Datore di ogni dono buono e perfetto, dando a Lui solo tutta la gloria per la Sua inimitabile e sovrana grazia.

"Il Signore, il nostro Dio, si è rivestito di potenza. I venti e le onde ubbidiscono alla Sua volontà. Egli parla, e nelle altezze splendenti, il sole ed i mondi roteanti tutti, si fermano per ascoltare. Voi onde ribelli, che v'infrangete sulla terra con il temibile aspetto di schiuma e di ruggiti, il Signore ha pronunciato il Suo comando, ed esso spezza la vostra ira sulla spiaggia. Voi, venti della notte, unite tutte le vostre forze. Senza, però, il Suo permesso, voi non osereste mai scuotere gli alberi delle foreste, disturbare il nido della rondine. La Sua voce sublime s'ode da lontano, essa rintocca come il suono d'una campana e scompare. Egli lega il ciclone al Suo carro, e spazza i cieli ululanti e tenebrosi. Grande Iddio! Quanto sei infinito, e quanto deboli ed infimi noi siamo, come vermi. Che tutte le razze delle creature si inchinino e ora presso di Te cerchino salvezza. L'eternità, con tutti i suoi anni, per te, alla Tua vita, è sempre presente. Per te non c'è nulla che appaia troppo vecchio. Grande Iddio! Non vi può essere nulla di nuovo. La nostra vita scorre scena dopo scena, piena di misere e banali preoccupazioni, mentre i Tuoi pensieri eterni procedono, regolando, indisturbati, ogni cosa".

"Alleluia! Il Signore, nostro Dio, l'Onnipotente, ha stabilito il suo regno" (Ap. 19:6).

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