Letteratura/Istituzione/1-16

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Indice generale

Istituzioni della religione cristiana (Calvino)

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CAPITOLO XVI

DIO HA CREATO IL MONDO PER MEZZO DELLA SUA POTENZA, LO GOVERNA E LO MANTIENE CON QUANTO 6È CONTENUTO PER MEZZO DELLA SUA PROVVIDENZA

1. Inefficace e vuota risulterebbe la nostra concezione di Dio qualora lo riducessimo ad un creatore situato nel tempo e per breve durata, limitatosi a compiere la sua opera una volta per tutte. In questo principalmente dobbiamo distinguerci dai pagani e dalla gente profana: per noi la potenza di Dio risulta evidente nella condizione attuale del mondo come nella sua creazione. Sebbene i pensieri degli increduli siano anche costretti dalla contemplazione del cielo e della terra ad innalzarsi al Creatore, tuttavia la fede ha la sua motivazione propria nell'assegnare a Dio la lode intera per avere creato ogni cosa. A questo mira la citazione dell'Apostolo secondo cui per fede comprendiamo che il mondo è stato così ben costruito dalla parola di Dio (Eb. 11.3) . Se non consideriamo anche la provvidenza, con cui egli continua a mantenere ogni cosa, non potremmo comprendere rettamente cosa significhi l'affermazione che Dio è il creatore; anche se ci sembra chiara nel nostro spirito e la confessiamo con le labbra. Il sentimento umano, avendo ammirato la potenza di Dio manifestatasi una volta nella creazione, si ferma a questo, giungendo, al massimo, a considerare la sapienza, la potenza e la bontà dell'artefice che si offre agli occhi in questa grande e nobile costruzione, anche quando non la si voglia esaminare; concepisce anche l'esistenza di una qualche attività generale di Dio da cui dipendono ogni energia e movimento in vista della conservazione e direzione di tutto. Considera insomma che l'energia dispiegata da Dio al principio sia del tutto sufficiente a conservare le cose nella loro condizione.

Ora la fede deve andare oltre e riconoscere quale governatore e custode perpetuo colui che ha riconosciuto quale creatore; e questo non solo per il fatto che egli guida il mondo e tutte le sue parti con movimento universale, ma perché sostiene, nutre e cura ogni creatura fino ai piccoli uccelletti. Per questa ragione Davide, dopo aver detto brevemente che il mondo è stato creato da Dio, parla di questa continua opera di governo: "I cieli "dice "sono stati stabiliti dalla parola di Dio e tutta la loro gloria dallo spirito della sua bocca " (Sl. 33.6) , poi aggiunge che Dio guarda tutti coloro che abitano la terra e annulla i piani delle nazioni (versetto 13) . Non tutti riflettono con l'intelligenza che sarebbe necessaria, tuttavia nessuno crede a ragion veduta che il mondo sia costruito da Dio, senza essere parimenti persuaso che egli si preoccupa delle sue opere; non è infatti credibile che Dio si preoccupi degli affari umani se il mondo non fosse opera sua. Davide procede nel giusto ordine conducendoci da un pensiero all'altro.

È vero che anche i filosofi insegnano in generale che tutte le parti del mondo traggono e ricevono vigore da una segreta ispirazione di Dio: e anche i nostri sensi lo pensano. Tuttavia nessuno perviene alla chiarezza cui è pervenuto Davide e cui conduce ogni credente dicendo: "Tutti aspettano da te, o Signore, che tu dia loro il cibo quando è il momento; quando tu lo dai, lo prendono, quando tu apri la mano sono saziati di beni. Non appena tu distogli la tua faccia sono smarriti, quando ritiri il tuo Spirito vengono meno e cadono in polvere, quando mandi il tuo Spirito si riprendono e rinnovano la faccia della terra " (Sl. 104.27-30) . E sebbene i filosofi accettino l'affermazione di san Paolo secondo cui abbiamo l'essere e il movimento e la vita in Dio (At. 17.28) , tuttavia sono ben lungi dall'essere commossi dal sentimento della sua grazia quale san Paolo l'annunzia; secondo l'Apostolo, Dio ha di noi cura speciale nella quale manifesta la sua paterna benevolenza che i sensi carnali non possono gustare.

2. Per meglio chiarire questa diversità dobbiamo notare che la provvidenza di Dio, quale è presentata dalla Scrittura, è contrapposta alla sorte e al caso. L'opinione che tutte le cose avvengano per caso fortuito e stata accettata in ogni epoca, ancor oggi è in voga e domina tutti gli spiriti; ciò che avrebbe dovuto essere ben chiaro riguardo alla provvidenza di Dio ne è obnubilato e anzi completamente sepolto. Se uno cade nella mano dei briganti o incontra delle bestie selvagge; se è gettato nel mare dalla tempesta, se e schiacciato dal crollo di una casa o di un albero; se un altro errando nei deserti trova di che saziare la sua fame, se dalle onde del mare è gettato nel porto scampando miracolosamente la morte per un pelo, la ragione carnale attribuirà questi incontri, tanto buoni che cattivi, alla sorte. Ma tutti coloro che avranno imparato dalla bocca di Cristo che i capelli del nostro capo sono contati (Mt. 10.30) cercheranno più lontano la causa e saranno sicuri che gli avvenimenti, comunque accadono, sono guidati dalla secreta volontà di Dio. Quanto alle cose inanimate, dobbiamo tenere per certo che sebbene Dio abbia assegnato a ciascuna la propria caratteristica, tuttavia esse non possono produrre i loro effetti se non nella misura in cui sono guidate dalla mano di Dio. Esse non sono dunque altro che strumenti in cui Dio colloca, in modo costante e durevole, l'efficacia che ritiene opportuno e li adopera a suo piacimento e li dirige al fine che vuole.

Non v'è fra le creature potenza più nobile e mirabile di quella del sole; quale forza la sua che, oltre a rischiarare tutto il mondo con la sua luce, nutre e fa crescere nel suo calore tutti gli animali, ispira con i suoi raggi fertilità alla terra scaldandovi la semenza che vi si getta! Dopo aver fatto verdeggiare l'erba la fa crescere dandole sempre nuova sostanza, finché il grano e gli altri cereali si levano in spighe ed esso così nutre ogni semenza con il suo calore onde farla fiorire e dal fiore giungere al frutto, riscaldando il tutto fino a quando non l'abbia condotto ad essere maturo. Quale bellezza e potenza anche nel fare germinare le vigne, farle produrre foglie e fiori e alla fine un frutto sì eccellente. Ora Dio, onde riservarsi la lode intera per tutte queste cose, prima di creare il sole ha voluto che vi fosse luce nel mondo e che la terra fosse provvista e rivestita di ogni genere di erbe e di frutti (Ge 1.3-11) . Per questo motivo il credente non considererà il sole causa principale o necessaria delle cose esistite prima che il sole stesso fosse creato o prodotto, ma lo considererà strumento di cui Dio si serve come piace a lui: egli può portare a termine la sua opera da se stesso, senza questo strumento. D'altra parte quando leggiamo che a richiesta di Giosuè il sole si è fermato ad un certo punto durante due giorni (Gs. 10.13) e in favore del re Ezechia l'ombra fu retrocessa di quindici gradi (2 Re 20.2) , dobbiamo notare che Dio con questi miracoli ha mostrato che il sole non è condotto da un movimento naturale a levarsi e coricarsi ogni giorno. Egli ne ha la sovrana direzione per farlo procedere o trattenerlo, allo scopo di rinnovare il ricordo della paterna generosità mostrata nei nostri riguardi con la creazione del mondo. Nulla è più naturale che vedere le quattro stagioni dell'anno succedersi l'una all'altra; tuttavia in questa continua successione c'è una tale diversità che ogni anno, ogni mese e ogni giorno risultano chiaramente caratterizzati in un modo o in un altro da una speciale provvidenza di Dio.

3. E infatti il Signore si attribuisce ogni potenza e vuole che la riconosciamo in lui; non come la immaginano i sofisti, vana, oziosa e quasi assopita, ma sempre vigile, piena di efficacia e di attività. E dobbiamo riconoscere che egli è all'origine del movimento delle creature, e non solo in modo generico e astratto (come se qualcuno, avendo costruito una volta un canale e avendo condotto l'acqua a scorrervi, la lasci in séguito fluire da se stessa) , ma nel senso che governa e conduce senza pausa anche i movimenti particolari. Dio è onnipotente non perché abbia la possibilità di fare ogni cosa e tuttavia se ne stia ozioso; o ispiri in modo generico l'ordine di natura che aveva disposto dal principio, ma perché, governando il cielo e la terra con la sua provvidenza, dirige tutto talché nulla avviene diversamente da come egli l'ha determinato. Quando il Salmo afferma che egli fa tutto ciò che vuole (Sl. 115.3) lascia intendere una volontà certa e un deliberato. Sarebbe infatti una ben magra esegesi l'interpretare le parole del Profeta secondo la dottrina dei filosofi e dire che Dio è la causa prima perché è il principio e la ragione di ogni movimento. Mentre costituisce invece una genuina consolazione con cui i credenti addolciscono il dolore nelle avversità la coscienza di non dover sopportare nulla che non sia ordinato e comandato da Dio, poiché sono sotto la sua mano. Se la guida di Dio Si estende così a tutte le sue opere, è una beffa puerile volerla limitare e restringere all'influenza e al corso della natura.

Tutti coloro che in tal modo limitano la provvidenza di Dio, come se egli lasciasse tutte le creature libere di andarsene secondo il corso ordinario della natura, sottraggono a Dio la sua gloria e si privano di una dottrina che sarebbe loro molto utile: nulla infatti sarebbe più miserabile dell'uomo se tutti i movimenti naturali del cielo, dell'aria, della terra e delle acque avessero corso libero contro di lui. Senza aggiungere che tale convinzione rimpicciolisce gravemente la singolare bontà di Dio verso ciascuno. Davide esclama che i piccoli bambini ancora attaccati alle mammelle della madre hanno abbastanza eloquenza per predicare la gloria di Dio (Sl. 8.3) : infatti, non appena sono usciti dal ventre e vengono al mondo, trovano il loro cibo preparato dalla provvidenza celeste. Questo avviene in via generale; tuttavia dobbiamo considerare ciò che l'esperienza mostra chiaramente e cioè che tra le madri, le une hanno le mammelle piene le ben fornite di latte, le altre sono quasi secche a seconda che Iddio voglia nutrire più abbondantemente un bambino e più parcamente un altro.

Ora chi sa lodare Dio rettamente per la sua onnipotenza ne trae un duplice frutto: in primo luogo considerando la sua ampia facoltà di agire (il cielo e la terra sono sotto il suo possesso e la sua sovranità) , dato che tutte le creature dipendono dal suo beneplacito, si assoggetta a lui nell'obbedienza. In secondo luogo può affidarsi con assoluta sicurezza alla sua protezione, dato che quanto potrebbe in qualche modo nuocerci è oggetto alla sua volontà e Satana con tutta la sua collera e le sue macchinazioni è tenuto a freno come da una briglia; e quanto potrebbe ostacolare la nostra salvezza è sottomesso al suo comando.

Né ci dobbiamo illudere di poter sminuire o annullare gli spaventi e i timori eccessivi, che spontaneamente sorgono in noi di fronte al pericolo. Considero superstizioso il nostro timore nella misura in cui temiamo la minaccia delle creature quasi possedessero di per se il potere di nuocerci, o che qualche danno ce ne possa derivare per caso, o che Dio non abbia la possibilità di soccorrerci nel fronteggiarle. Il Profeta, ad esempio, vieta ai figli di Dio di temere le stelle e i segni del cielo, come fanno gli increduli (Gr. 10.2) . Certo egli non condanna ogni timore ma il fatto che gli increduli, trasferendo il governo del mondo da Dio alle stelle, attribuiscono la loro felicità e le loro disgrazie a quest'ultime anziché a Dio. Così, anziché temere Dio temono le stelle, i pianeti, le comete. Chi dunque vorrà evitare di cadere in quest'incredulità si ricordi sempre che il potere, l'azione e il movimento delle creature non sono a loro disposizione ma Dio con la sua volontà secreta governa ogni cosa talché nulla avviene senza essere stato determinato dalla sua conoscenza e volontà.

4. Questo punto deve dunque essere chiaro anzitutto: parlare della provvidenza di Dio, non significa che egli se ne stia ozioso in cielo considerando quanto accade in terra, anzi, come il padrone di una nave, tiene il timone per dirigere tutti gli avvenimenti. E questa parola si riferisce tanto alla sua mano quanto ai suoi occhi: vale a dire, non solo vede, ma anche stabilisce ciò che vuole sia fatto. Allorché Abramo diceva a suo figlio: "Dio provvederà " (Ge 22.8) non intendeva solo attribuire a Dio la prescienza di quanto doveva accadere, ma anche affidargli la cura di risolvere la situazione difficile in cui si trovava: essendo suo ufficio trovare soluzione di casi dubbi. Ne consegue dunque che la provvidenza di Dio è attuosa, come si dice. Sono sciocchi e superficiali quanti si limitano a considerarla semplice prescienza priva di effetto.

Meno grave è l'errore di quanti attribuiscono a Dio un governo generico: riconoscono infatti che Dio mantiene in vita il mondo e tutte le sue parti, ma solo con un movimento naturale senza indirizzare nel particolare quanto avviene. Anche questo errore tuttavia non deve essere accolto. Essi affermano che nel quadro di questa provvidenza, definita universale, nessuna creatura è impedita di volgersi qua e là e l'uomo può guidarsi e dirigersi, dove gli piaccia, con il suo libero arbitrio. Ripartiscono le responsabilità tra Dio e l'uomo in questo modo: Dio, con la sua virtù, ispira all'uomo il movimento naturale onde egli abbia la forza di dedicarsi a quello cui lo conduce la sua natura; e l'uomo con questa facoltà dirige le sue azioni per mezzo della propria volontà e delle proprie decisioni. Insomma, essi immaginano che il mondo e gli uomini siano mantenuti dalla potenza di Dio, ma non siano governati secondo i suoi ordini e le sue disposizioni. Tralascio gli Epicurei (della cui peste il mondo è stato sempre pieno) i quali nelle loro fantasticherie pensano che Dio sia ozioso come un fannullone. Tralascio anche gli altri sognatori i quali nel passato hanno divagato dicendo che Dio governa, ma talmente al di sopra dell'aria, da lasciare al caso quello che avviene di sotto. Anche le creature prive di bocca e di parola protestano contro sì enorme sciocchezza.

La mia intenzione è semplicemente di riprovare l'opinione troppo comune che attribuisce a Dio una azione incerta, confusa e cieca; e gli sottrae in tal modo il fatto principale che con la sua sapienza incomprensibile egli indirizza e dispone ogni cosa al fine che gli sembra buono. Tale opinione non merita di essere accettata perché considera Dio governatore del mondo solo nel titolo e non nell'effetto togliendogli la cura e l'ufficio di quanto deve essere fatto. Cosa significa, vi chiedo, avere imperio e comando se non presiedere in modo che le cose su cui si presiede siano rette nel modo stabilito da disposizione sicura? Non respingo completamente quanto si dice della provvidenza universale di Dio; purché si riconosca che il mondo è governato da Dio non solo in quanto egli mantiene il corso della natura quale l'ha stabilito una volta, ma anche in quanto egli ha cura particolare di ciascuna creatura. È vero che tutte le specie obbediscono ad una tendenza invisibile legata alla loro natura, come se obbedissero ad una norma assoluta cui Dio le ha vincolate; e in questo modo quanto è stato decretato una volta da Dio, scorre e prosegue la sua via sotto forma di tendenza volontaria. A questo può riferirsi la frase del nostro Signore Gesù, secondo cui egli e il Padre sono sempre all'opera dal principio; ed anche l'espressione di san Paolo: "Viviamo in Dio e in lui abbiamo il movimento e l'essere " (At. 17.28) ; analogamente l'Apostolo, per dimostrare la divinità di Gesù Cristo, scrive nell'epistola agli Ebrei che tutte le cose sono mantenute dalla sua volontà onnipotente (Eb. 1.3) . Ma è perverso volere negare e oscurare con queste argomentazioni la provvidenza particolare di Dio, mostrata dalle testimonianze chiare ed esplicite della Scrittura in modo così palese, che c'è da domandarsi come se ne possa dubitare. E infatti, coloro che, per nasconderla, stendono questo velo, sono infine costretti ad ammettere che molte cose si compiono per precisa volontà di Dio: ma sbagliano limitandola a qualche atto particolare. Dobbiamo perciò dimostrare che Dio sovrintende agli avvenimenti in modo tale, che quanto accade è frutto di una sua specifica determinazione e nulla si verifica per caso fortuito.

5. Qualora ammettessimo che il principio di ogni azione è in Dio, pur muovendosi tuttavia ogni cosa a proprio piacimento o a caso, a seconda della propria inclinazione, allora il succedersi del giorno e della notte, dell'inverno e dell'estate sarebbero considerati opera di Dio solo in quanto egli ha assegnato ad ogni stagione il suo corso e le ha imposto certe leggi. Questo sarebbe vero se i giorni succedendo alle notti, i mesi venendo gli uni dopo gli altri, e così gli anni, conservassero sempre uno schema costante. Ma una volta il calore violento con la siccità brucia tutti i frutti della terra, un'altra volta le piogge venendo fuori stagione corrompono e guastano le sementi, la grandine e le tempeste strappano via tutto quello che incontrano; tutto questo non sarebbe ritenuto opera di Dio se le nubi e il bel tempo, il freddo e il caldo fossero causati dalle costellazioni o da altre cause naturali. Ora in questo modo non ci sarebbe posto né per la bontà e la cura paterna di Dio, né per il suo giudizio. I miei avversari affermano che Dio si mostra già abbastanza generoso verso il genere umano instillando una forza normale nel cielo e nella terra per provvederci di alimenti; questa è fantasticheria sciocca e profana, equivale a negare che la fertilità di un anno sia espressione di una benedizione singolare di Dio, la sterilità e la carestia siano espressione della sua maledizione e della sua vendetta.

Ma sarebbe troppo lungo accumulare tutte le ragioni contrarie a questo errore; ci basti dunque l'autorità di Dio: spesso egli dichiara nella Legge e nei Profeti che inumidendo la terra con la brina e la pioggia, egli dimostra la sua grazia; al contrario, è per suo ordine che il cielo si chiude; i frutti sono mangiati e consumati dalla carie e da altre malattie; e ogni volta che vigna, campi e prati sono battuti dalla grandine e dalle tempeste, questo è prova del fatto che egli intende attuare una specifica punizione. Quando ne saremo ben persuasi saremo anche certi che non cade una sola goccia di pioggia senza la sua volontà precisa Davide esalta la provvidenza generale di Dio che nutre i piccoli corvi che l'invocano (Sl. 147.9) ; ma quando Dio minaccia di carestia tutti gli animali non mostra forse chiaramente che per un tempo li nutre generosamente e poi parsimoniosamente, secondo che gli par bene? Come ho già detto, è una sciocchezza puerile limitare questo intervento solo ad alcuni atti particolari, dato che Gesù Cristo dichiara senza alcuna eccezione, non esservi uccelletto, anche piccolo, a cadere in terra senza la volontà di Dio Padre (Mt. 10.29) . Se il volo degli uccelli è guidato dall'infallibile consiglio di Dio, bisogna ben riconoscere con il Profeta che egli abita in alto e degna abbassarsi per vedere quanto si fa nel cielo e sulla terra (Sl. 113.5-6) .

6. Sappiamo che il mondo è stato creato principalmente in vista del genere umano; parlando dunque della provvidenza di Dio dobbiamo sempre cercare di sapere quale cura egli abbia di noi. Il profeta Geremia esclama esplicitamente: "O Signore, io so che la via dell'uomo è in suo potere e che non è in poter dell'uomo di dirigere i suoi passi " (Gr. 10.23) . Così Salomone: "i passi dell'uomo li dirige Dio; come può l'uomo comprendere la sua propria via?" (Pr 20.24) . I miei oppositori vengano a dire adesso che l'uomo riceve il suo movimento naturale dalla disposizione di natura, pur volgendolo qua e là dove gli sembra bene: se questo fosse vero l'uomo disporrebbe delle proprie vie. Se lo negano, considerando che egli nulla può senza la potenza di Dio, io replico che non potranno sfuggire all'opposizione della Scrittura: Geremia e Salomone attribuiscono a Dio non solo il dono di un potere di decisione ma altresì la decisione, la volontà e la determinazione di quanto si deve fare.

In un altro testo Salomone denuncia molto bene questa temerarietà degli uomini i quali, senza preoccuparsi di Dio, quasi non fossero condotti dalla sua mano, si propongono quanto viene loro in testa: "L'uomo dispone nel suo cuore ma Dio guida la lingua " (Pr 16.1) . Come se dicesse che è follia ridicola per un povero uomo deliberare senza Dio di far ogni cosa, mentre non può neanche proferire una parola senza permesso.

Per di più la Scrittura, volendo esprimere ancor meglio che nulla può farsi senza Dio e la sua predestinazione, gli attribuisce le cose apparentemente più fortuite. Quale avvenimento più casuale che la caduta di un ramo di un albero che uccide un passante? Ora Dio ne parla ben diversamente affermando di aver dato la morte a quest'uomo (Es. 21.13) . Tutti dicono che la nostra sorte è in balia della fortuna; Dio però non tollera si parli così affermando che il giudizio gli appartiene. Non dice semplicemente che per sua volontà i numeri della lotteria sono gettati nell'urna e ne sono estratti, ma si riserva la parte che si voleva attribuire alla fortuna, cioè di indirizzare a suo piacimento i numeri (Pr 16.33) .

Concorda con questo la frase di Salomone: "Il povero e il ricco si incontrano, Dio ha dato la luce ai loro occhi " (Pr 22.2) . Con questa affermazione vuol dire che sebbene nel mondo i ricchi siano mescolati ai poveri, tuttavia Dio assegna a ciascuno la sua condizione non in modo avventato, alla cieca, ma illumina gli uni e gli altri: e così esorta i poveri alla pazienza, perché chi non si accontenta della propria situazione cerca di scuotere con le sue forze il giogo che Dio ha imposto. Similmente l'altro Profeta rimprovera gli increduli che attribuiscono all'abilità degli uomini o alla fortuna il rimanere in miseria di alcuni e l'elevarsi di altri agli onori e alla dignità: "Non è né da levante, né da ponente, né da mezzogiorno che vengono gli onori, perché Dio ne dispone come giudice: è lui che umilia; è lui che innalza " (Sl. 75.7) . E conclude che Dio non può essere privato dell'ufficio di giudice e dunque per sua segreta disposizione gli uni progrediscono e gli altri rimangono disprezzabili.

7. Io affermo anzi che gli avvenimenti singoli sono in generale testimonianze della provvidenza particolare di Dio. Mosè racconta che Dio ha suscitato un vento da mezzogiorno nel deserto per portare una quantità infinita di quaglie (Es. 16.13) . È detto anche che volendo far gettare Giona nel mare ha mandato un grande turbine ed una tempesta. Chi non crede che Dio tenga il timone del mondo dirà che questo è avvenuto al di fuori della normalità. Io ne deduco che nessun vento si leva mai senza speciale ordine di Dio. E inoltre non sarebbe vera la dottrina del Profeta secondo cui egli fa dei venti i suoi messaggeri e dei fuochi ardenti i suoi servitori, delle nuvole il suo carro e cavalca sulle ali del vento (Sl. 104.4) : egli smuove a suo piacimento tanto le nuvole quanto i venti, mostrando in questo una particolare presenza della sua potenza. E altrove impariamo che ogniqualvolta il mare è turbato dall'impetuosità dei venti, questo cambiamento indica una speciale presenza di Dio: "Egli comanda "dice il Profeta "e smuove i venti turbinosi e fa schiumare i flutti del mare, poi ferma la tempesta, la tranquillizza e fa cessare le onde per i naviganti " (Sl. 107.2529) . Così Dio stesso dichiara altrove di aver punito il popolo con venti ardenti (Am. 4.9) .

Similmente pur avendo gli uomini la possibilità naturale di generare, tuttavia gli uni sono privi di discendenza, gli altri ne hanno abbondantemente; Dio vuole sia riconosciuto che questo proviene dalla sua grazia particolare secondo quanto è detto nel Salmo: il frutto del ventre è dono di Dio. . Per questo motivo Giacobbe diceva a sua moglie Rachele: "Sono io al posto di Dio per darti dei figli? " (Ge 30.2) .

Per concludere, consideriamo come non vi sia nulla di più naturale del fatto che ci nutriamo di pane. Ora lo Spirito dichiara non solo il prodotto della terra essere un dono speciale di Dio, ma aggiunge che l'uomo non vive di solo pane (De 8.3) perché non è sostentato dal nutrimento ma dalla segreta benedizione di Dio. Inversamente egli minaccia di togliere la risorsa del pane (Is. 3.1) . E non potremmo presentare seriamente questa richiesta: Dacci il nostro pane quotidiano, se Dio non ci nutrisse con la sua mano paterna. Così il Profeta, onde persuadere i credenti che Dio, pascendoli esercita la funzione di un buon padre di famiglia, dichiara che egli dà nutrimento a tutti. Insomma, quando udiamo da una parte: "Gli occhi di Dio seguono i giusti, le sue orecchie ascoltano le loro preghiere ", e dall'altra: "L'occhio di Dio segue i malvagi per strapparne la memoria dalla terra " (Sl. 34.16-17) , sappiamo che ogni creatura in cielo e in terra è pronta al suo servizio ed egli l'adopera allo scopo che vuole. Dobbiamo così concludere non esservi solamente una provvidenza generale di Dio per mantenere l'ordine naturale nelle sue creature: ma che esse sono tutte stabilite per suo ammirevole disegno e adatte ai loro fini.

8. Quanti vogliono rendere odiosa questa dottrina obiettano calunniosamente che sono gli Stoici, nelle loro speculazioni, a sostenere la tesi secondo cui ogni cosa avviene per necessità. Questo è stato rimproverato anche a sant'Agostino. Per quanto ci riguarda, sebbene non polemizziamo volentieri sulle parole, tuttavia faccio notare che non accettiamo il termine: fatum, adoperato dagli Stoici, sia perché appartiene alla lista dei vocaboli profani che san Paolo esorta a fuggire, sia perché i nostri nemici cercano di offuscare la verità di Dio valendosi dell'antipatia per questo termine.

Per quanto riguarda il concetto, è falso e calunnioso volercelo attribuire. Noi non parliamo di una necessità contenuta nella natura sotto forma di legame perpetuo di tutte le cose, come facevano gli Stoici. Ma riconosciamo Dio quale padrone e reggitore di ogni cosa: affermiamo che fin dal principio, secondo la sua sapienza, ha determinato ciò che doveva fare e ora porta a termine con la sua potenza quanto ha deliberato. Ne concludiamo che sono governati dalla sua provvidenza non solo il cielo e la terra e tutte le creature insensibili, ma anche il volere e i pensieri degli uomini, in modo che egli li indirizza allo scopo che ha previsto.

Che dunque, dirà qualcuno, nulla accade per caso fortuito o contingente? Rispondo che giustamente Basilio il Grande scriveva: "fortuna "e "caso "sono termini pagani il cui senso non deve entrare in un cuore credente. Se ogni prosperità è dovuta alla benedizione di Dio, ogni avversità alla maledizione, non c'è più posto per il caso in tutto quello che avviene agli uomini.

Ancor più devono convincere le parole di sant'Agostino: "Mi dispiace "egli dice "che nel libro contro gli Accademici ho così spesso menzionato la fortuna, sebbene con questo nome non significassi una qualche dea come i pagani ma l'accadere fortuito delle cose. Così nel linguaggio comune usiamo dire: possibilmente, per caso, forse ", al contrario, occorre riferire tutto alla provvidenza di Dio. E questo non l'ho nascosto dicendo: la fortuna, com'è chiamata comunemente, è la possibile linea di condotta di una volontà nascosta. Chiamiamo fortuna solamente quanto avviene senza che la causa e la ragione ce ne siano apparenti. Sebbene io lo abbia precIs.to, tuttavia mi pento di avere adoperato in quel libro il termine "fortuna "perché vedo che gli uomini hanno una abitudine molto cattiva e invece di dire: Dio ha voluto così, dicono: la fortuna ha voluto così ".

Insomma il santo Dottore insegna ripetutamente che se si attribuisce alcunché alla fortuna, il mondo sarà governato e diretto dal caso. E sebbene egli insegni talvolta che le cose avvengono in parte per il libero arbitrio dell'uomo e in parte per ordine di Dio, tuttavia egli mette ben in rilievo che gli uomini sono soggetti a questo ordine e sono diretti da esso. Egli si attiene al principio che nulla è più irragionevole del pensare che le cose avvengano diversamente da come Dio ha decretato, perché altrimenti avverrebbero a caso. Per questa ragione egli esclude quanto dipende dall'arbitrio degli uomini e subito dopo ancora più chiaramente afferma non essere lecito cercare una causa alla volontà di Dio. In che senso egli intenda il termine "permettere ", risulta chiaro da un passo in cui afferma che la volontà di Dio è la causa prima e sovrana di ogni cosa, poiché nulla avviene senza la sua volontà o il suo permesso. Egli non presenta un Dio che si riposa in un'alta torre e riflette se vuole permettere questo o quello: ma gli attribuisce una volontà attuosa che non si potrebbe considerare causale se non decretasse ciò che vuole. 9. Il nostro spirito è impacciato ed è ben lungi dal poter salire fino all'altezza della provvidenza di Dio; è dunque necessario fare una distinzione. Affermo quindi che, sebbene tutte le cose siano guidate dalla volontà di Dio tuttavia esse risultano per noi fortuite. Non ne senso che reputiamo la fortuna domini sugli uomini e volga in basso e in alto ogni cosa, perché questa idea deve essere estranea ad ogni credente. Ma nel senso che l'ordine, la ragione, il fine e la necessità di quanto accade sono quasi sempre nascosti nella mente di Dio e non possono essere compresi dall'intelletto umano, le cose che sappiamo con certezza provenire dalla volontà di Dio ci appaiono fortuite; esse infatti non rivelano altra motivazione quando le si consideri nella loro natura propria e siano esaminate dal nostro giudizio e dalla nostra conoscenza.

Scegliamo come esempio il caso di un mercante che, entrato in una foresta in buona e sicura compagnia, si smarrisce e cade in mezzo ad una banda di briganti che gli tagliano la gola: la sua morte non era solamente prevista da Dio ma decretata nella sua volontà. Non è detto infatti solamente che egli prevede quanto dura la vita di ciascuno, ma che ha costituito e fissato dei limiti che non possono essere oltrepassati (Gb. 14.5) . Tuttavia, per quanto concerne la comprensione del nostro intelletto, ogni cosa in questa morte appare fortuita. Che cosa ne penserà un cristiano? Egli reputerà certo che questo era per natura fortuito, ma non dubiterà che la provvidenza di Dio abbia guidato il destino al suo fine.

Lo stesso vale per gli avvenimenti futuri. Tutte le cose che devono avvenire, essendo incerte, noi rimaniamo in sospeso poiché esse possono andare in un modo oppure in un altro. Tuttavia nel nostro cuore rimane certo che nulla avverrà senza l'ordine di Dio. In questo senso è ripetuto spesso nell'Ecclesiaste il termine evento: perché di primo acchito gli uomini non possono giungere alla causa prima che è loro nascosta molto profondamente. Tuttavia quanto la Scrittura ci mostra della provvidenza segreta di Dio non è mai stato completamente cancellato dal cuore degli uomini e qualche residuo di essa ha continuato a splendere nelle loro tenebre. Anche gli stregoni dei Filistei, sebbene inciampassero nel dubbio senza poter determinare positivamente quanto si domandava loro, attribuivano l'avversità in parte a

Dio, in parte alla fortuna: "Se l'Arca passa da questa parte "essi dicevano "sapremo che Dio ci ha punito; se essa volge altrove ci è capitata una disgrazia " (1 Re 6.9) . Era follia appellarsi alla fortuna qualora le loro arti divinatorie li avessero ingannati. E tuttavia li vediamo rimanere come prigionieri: non osano credere semplicemente che la loro disgrazia sia fortuita.

Del resto un esempio notevole ci mostrerà come Dio piega e volge qua e là tutti gli avvenimenti con la briglia della sua provvidenza: nello stesso istante in cui Davide fu sorpreso e circondato dagli uomini di Saul nel deserto di Maon, i Filistei si precipitarono sul terreno di Israele tanto che Saul fu costretto a ritirarsi per difendere il paese (1 Re 23.26-27) . Dio volendo procurare la salvezza del suo servitore Davide, ha creato questo impedimento a Saul e sebbene i Filistei abbiano preso le armi improvvisamente contro l'aspettativa degli uomini, tuttavia non diremo questo essere avvenuto per caso. Ma fede riconosce come azione nascosta di Dio quanto sembra essere accidentale. Non sempre, né in ogni caso ne appare evidente la ragione: bisogna tener tuttavia per certo che tutti i rivolgimenti nel mondo provengono dal moto segreto della mano di Dio.

Del resto e necessario che quanto Dio ha ordinato si compia; e tuttavia quanto avviene non è necessario per natura propria. Di questo abbiamo un esempio noto: poiché Gesù Cristo ha rivestito un corpo simile al nostro, nessuna persona di buon senso negherà che le sue ossa siano state fragili. E tuttavia era impossibile che fossero rotte. Ecco come un avvenimento che potrebbe verificarsi in un modo o in un altro è determinato in un certo modo dal consiglio di Dio. Vediamo dunque di nuovo che queste distinzioni non sono state create senza scopo: vi è la necessità semplice o assoluta e la necessità sotto qualche condizione; vi e la necessità di quanto consegue e la necessità di conseguenza. Che le ossa del Figlio di Dio non abbiano potuto essere rotte è dovuto al fatto che Dio le aveva esentate da questo; e così quanto per via naturale avrebbe potuto sboccare in un senso o nell'altro, è stato piegato alla necessità del volere di Dio.