Predicazioni/1Corinzi/Preservare è essenziale, ma che cosa, perché e come

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Preservare è essenziale, ma che cosa, perché e come?

Nel contesto contemporaneo del cristianesimo, il dibattito tra "tradizionalisti" e "progressisti" è intenso e spesso divisivo. Molte e fondate sono le ragioni dei tradizionalisti, ma che cos’è da intendere e preservare come tradizione? I progressisti hanno pure molte ragioni nel loro atteggiamento, ma spesso scarso discernimento sui presupposti che le determinano e non si rendono conto di pregiudicare l’efficacia dell’Evangelo originale svendendolo alle ideologie del momento. Qual è la tradizione che abbiamo il dovere di preservare secondo l’insegnamento delle Sacre Scritture? Lo vedremo oggi ragionando sul testo di 1 Corinzi 15:1-11.

Le difficoltà di preservare

Gli alimenti freschi e naturali, “biologici”, sono sicuramente da preferire, ma le circostanze ci impongono spesso di avvalerci della produzione industriale dei cibi pur consapevoli di tutte le loro implicazioni. In ogni caso, il trasporto di sostanze deperibili come gran parte del nostro cibo è difficile e deve essere effettuato con la cosiddetta “catena del freddo” [1]. Talvolta, però, anche esso incorre in contaminazioni a causa di batteri o altri fattori ambientali che possono alterarne la sostanza o perfino renderla dannosa per la nostra salute. Le misure per preservare l’integrità del nostro cibo sono quindi da prendersi sempre seriamente.

Lo stesso principio vale per la trasmissione di messaggi o insegnamenti originali che possono essere alterati passando da persona a persona soprattutto nel corso del tempo. Un popolare gioco di società che può dimostrarlo è quello del cosiddetto "telefono senza fili" [2]. Esso illustra i problemi della comunicazione orale e i potenziali per malintesi e distorsioni. I partecipanti si siedono in cerchio o in fila. Il primo partecipante pensa a una frase o riceve una frase scritta da un moderatore. Il primo partecipante sussurra la frase nell'orecchio del secondo partecipante, cercando di essere il più chiaro possibile. Il secondo partecipante sussurra la frase ricevuta all'orecchio del terzo partecipante, e così via, fino a quando la frase ha passato tutte le persone presenti. L'ultimo partecipante annuncia ad alta voce la frase che ha sentito. Poi, il primo partecipante rivela la frase originale. È molto comune che il messaggio finale sia significativamente diverso dall'originale. Le alterazioni possono essere minime o drastiche, a seconda di vari fattori come la chiarezza con cui è stato sussurrato il messaggio e la capacità di ascolto di ogni partecipante. Ogni volta che il messaggio viene sussurrato, infatti, possono verificarsi piccoli errori che si accumulano. Questi errori si amplificano con ogni passaggio, portando spesso a una versione finale molto diversa dall'originale. Le modifiche del messaggio possono essere involontarie, ma non sempre, a causa delle differenze individuali nella percezione e nell'interpretazione delle parole e possono includere l'aggiunta, l'omissione o la sostituzione di parole. Questo gioco mette in evidenza i problemi comuni nella comunicazione orale, come la mancanza di chiarezza, l'interpretazione soggettiva, le distrazioni e la memorizzazione inaccurata. È importante la trasmissione esatta di un messaggio, di una comunicazione, soprattutto quando si tratta “di vita o di morte”. È facile, infatti, perdersi o distorcere informazioni se non sono comunicate chiaramente. Evidenzia l'importanza di ascoltare attentamente e verificare la comprensione del messaggio ricevuto.

La preservazione dell’Evangelo

È davvero “una questione di vita o di morte” la fedele trasmissione del messaggio dell’Evangelo del Salvatore Gesù Cristo. Nella prima lettera ai cristiani di Corinto, all’inizio del capitolo 15, l’Apostolo scrive:

“Fratelli, io vi rammento l'evangelo che vi ho annunciato, che voi ancora avete anche ricevuto, nel quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, se pure lo ritenete quale ve l'ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano. Poiché io vi ho prima di tutto trasmesso, come l'ho ricevuto anch'io, che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture;  che fu sepolto; che è stato risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture;  che apparve a Cefa, poi ai dodici. Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una volta, dei quali la maggior parte rimane ancora in vita e alcuni sono morti. Poi apparve a Giacomo; poi a tutti gli apostoli e, ultimo di tutti, apparve anche a me, come all'aborto, perché io sono il minimo degli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. (...) Sia dunque io o siano loro, così noi predichiamo e così voi avete creduto” (1 Corinzi 15:1-11).

L’Apostolo mette in evidenza come il messaggio dell’Evangelo debba essere trasmesso, ricevuto e ritrasmesso fedelmente altrimenti la fede in un Evangelo distorto ed alterato risulterebbe vana, inutile, inefficace.

Lo stesso concetto è espresso dall’Apostolo in altre sue lettere. Ascoltatelo quando dice: “Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con una nostra lettera (...) fratelli, vi ordiniamo nel nome del nostro Signore Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello che si comporta disordinatamente e non secondo l'insegnamento che avete ricevuto da noi” (2 Tessalonicesi 2:15; 3:6); “Ora vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa e ritenete i miei insegnamenti come ve li ho trasmessi” (1 Corinzi 11:2).

Riteniamo noi l’insegnamento dell’Evangelo come ci è stato trasmesso dagli apostoli originali del Salvatore? È una questione molto importante. Non possiamo, a questo riguardo, prendere alcunché per scontato, né possiamo fidarci ciecamente da “quel che si dice” o di chi sembra averne autorità. Lo stesso apostolo ci ammonisce dicendo: “Ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire l'evangelo di Cristo. Ma, anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema” (Galati 1:7-8). Egli ci dice, in pratica: “Esistono alcuni che vi confondono le idee. Essi vogliono cambiare il Vangelo di Cristo. Ma sia maledetto chiunque vi annunzia una via di salvezza diversa da quella che io vi ho annunziata: anche se fossi io stesso o fosse un angelo venuto dal cielo” (TILC). Dobbiamo dunque sempre verificare nelle Sacre Scritture!

Fedeltà all’Evangelo ricevuto

Nel trasmettere l’Evangelo, l'apostolo cercava di portare le persone all'obbedienza, non di uomini ma di Dio. Paolo non tentava di alterare la dottrina di Cristo, né per guadagnarsi il loro favore, né per evitare una loro eventuale reazione negativa. In una questione così importante egli non temeva il disappunto degli uomini, né cercava il loro favore usando parole di sapienza umana.

Per quanto riguarda il modo in cui aveva ricevuto egli stesso l’Evangelo, l’aveva ricevuto per rivelazione di Dio (Galati 1:11), in maniera sovrannaturale. Si trattava di un privilegio di cui solo lui ne era stato oggetto, benché indegno - come lui stesso riconosce. Si era però premurato di verificarne la sostanza consultandosi con coloro che erano stati fin dall’inizio con Gesù e che ne erano diventati i primi discepoli. In Galati 1:18-19 Paolo racconta che, tre anni dopo la sua conversione, si era recato a Gerusalemme per incontrare Cefa (Pietro) e che era rimasto con lui per quindici giorni. Durante questo periodo, Paolo vede anche Giacomo, il fratello del Signore. Questo incontro mostra che Paolo aveva cercato di entrare in contatto con i principali leader della comunità cristiana primitiva per assicurarsi che il suo Evangelo fosse in accordo con quello predicato dagli altri apostoli. In Galati 2:1-2 Paolo parla di una seconda visita a Gerusalemme, quattordici anni dopo la prima, durante la quale si era consultato con le figure di spicco della comunità (presumibilmente gli apostoli e altri leader influenti). Anche in questo caso questa visita era stata fatta per assicurarsi che l’Evangelo che predicava tra i pagani fosse in accordo con quello degli altri apostoli, dimostrando così il suo rispetto per l'unità e la coerenza dell’originale testimonianza cristiana.

Ecco così che, come per ciò che riguarda la Cena del Signore (11:23), memoriale dei benefici della sofferenza e morte di Cristo in croce, Paolo aveva ricevuto l’insegnamento sulla morte, sepoltura, risurrezione e le apparizioni post-resurrezione del Signore Gesù e aveva poi ritrasmesso queste fondamentali informazioni ad altri nei suoi viaggi missionari.

La maggior parte di coloro ai quali aveva predicato l’Evangelo a Corinto erano rimasti saldi in questi insegnamenti e ne avevano avuto beneficio, ma intorno a loro vi erano molte voci discordanti che contraddicevano la dottrina degli Apostoli pregiudicandone l’efficacia. Preservare l’Evangelo originale per l’Apostolo era essenziale: “... mediante il quale siete salvati, se pure lo ritenete quale ve l'ho annunciato; a meno che non abbiate creduto invano”, dice.

Tre fatti sono fondamentali riguardo alla morte di Gesù. È morto per i peccati ed in favore di persone specifiche ed è morto come le Scritture avevano rivelato che avrebbe fatto. Questi fatti ricevevano una costante riaffermazione nella prima predicazione della chiesa cristiana.  

L’essere umano è malvagio e peccaminoso; rifiuta di conoscere il Dio vero e vivente. Preferisce divinità di comodo oppure nessuna. Per questo tutti sono sottoposti al Suo giusto giudizio di condanna. Dio, però, vuole dare la grazia della salvezza attraverso l’opera di Cristo a coloro che ripongono in Lui solo la loro fede. Inoltre, egli dice ai cristiani di Corinto, Cristo è morto “per i nostri peccati”, non solo per perdonare ma anche per liberarci dai nostri peccati. Da qui l’estrema agitazione di Paolo per la troppa compiacenza che diversi fra i Corinti sembravano avere per il peccato. In tal modo, infatti, essi persistevano negli stessi peccati dai quali Dio in Cristo li aveva salvati. Non era questa una contraddizione? Essi erano stati influenzati da chi diceva loro che Dio non si sarebbe più occupato dei loro peccati, perché, a loro dire, ora erano “liberi dalla legge morale di Dio”. Non era e non è così.

Inoltre, ancora più importante, la risurrezione del Cristo dai morti era un avvenimento reale, ampiamente testimoniato, la garanzia stessa del loro perdono e primizia della loro stessa risurrezione. Allora c’erano pure molti che negavano o “spiritualizzavano” la risurrezione di Cristo. Credevano ad una salvezza o perdòno generalizzato oppure all’immortalità incondizionata dell’anima. Si trattava di insegnamenti spuri che non erano l’Evangelo di Cristo, ma una sua distorsione e contraffazione. Lo stesso come dire che il vangelo sia un generico ed imprecisato umanitarismo. Tali “vangeli” non salvano perché non corrispondono a ciò che il Cristo e gli Apostoli originari ci hanno trasmesso e che porta all’effettiva rigenerazione morale e spirituale delle persone che a Cristo si affidano.

Una tradizione da preservare

L’Apostolo parla espressamente di una tradizione da preservare [3]. L’abbiamo udito: “Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con una nostra lettera (...) fratelli, vi ordiniamo nel nome del nostro Signore Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello che si comporta disordinatamente e non secondo l'insegnamento che avete ricevuto da noi” (2 Tessalonicesi 2:15; 3:6); “Ora vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa e ritenete i miei insegnamenti come ve li ho trasmessi” (1 Corinzi 11:2).

La tradizione a cui si riferisce è quella dei primi apostoli di Cristo, non quella sviluppata nel corso dei secoli da conclamati Suoi successori o presunti interpreti infallibili dell’Evangelo. Di fatto, i secoli hanno accumulato sull’originale Evangelo “polvere” e “detriti” di varia natura che spesso ne alterano la sostanza. Sappiamo discernere l’uno dall’altra?

Nel contesto contemporaneo del cristianesimo, il dibattito tra "tradizionalisti" e "progressisti" è intenso e spesso divisivo. Questi due gruppi rappresentano visioni diverse su come interpretare e vivere la fede cristiana in un mondo in continuo cambiamento. Quali sono le accuse che i Tradizionalisti rivolgono ai Progressisti? Spesso sono ben fondate. Li accusano di compromesso con la cultura secolare che compromette “la fede che è stata una volta per sempre tramandata ai santi” (Giuda 3). Ritengono che i progressisti adottino atteggiamenti e pratiche che non sono in linea con la dottrina e la morale tradizionale della Chiesa. Viene spesso imputato ai progressisti un approccio relativista, che mette in discussione dogmi e dottrine fondamentali della fede. I tradizionalisti temono che questo relativismo possa portare a un'erosione della verità assoluta dell’Evangelo. I tradizionalisti, poi, spesso criticano le modifiche liturgiche introdotte dai progressisti, considerandole una rottura con la sacra tradizione e una perdita del senso del sacro nella liturgia.

I “progressisti”, però, accusano i tradizionalisti di rigidezza e legalismo, di essere incapaci di adattarsi a quelle che considerano le nuove sfide e necessità della società contemporanea. Ritengono che questa rigidità possa rendere la Chiesa irrilevante e distante dalle persone. Inoltre i progressisti imputano ai tradizionalisti un atteggiamento esclusivo e intollerante, specialmente verso gruppi marginalizzati come gli omosessuali, i divorziati risposati e altri. Questa mancanza di inclusività, secondo i progressisti, tradisce il messaggio di amore e accoglienza di Cristo. I progressisti, poi, vedono nei tradizionalisti una resistenza ostinata al cambiamento e all'aggiornamento della dottrina e della pratica pastorale. Ritengono che questa resistenza possa impedire alla Chiesa di rispondere adeguatamente ai problemi e alle domande del mondo moderno.

Una posizione equilibrata potrebbe indubbiamente cercare di integrare gli elementi positivi di entrambe le prospettive, riconoscendo l'importanza della fedeltà alla tradizione  apostolica, quella autorevolmente e permanentemente stabilita dalle Sacre Scritture, che sono Parola di Dio, senza ignorare la necessità di un dialogo aperto con il mondo contemporaneo. Si deve promuovere una fedeltà alla dottrina e alla tradizione della Chiesa, riconoscendo al contempo che alcune riforme possono essere necessarie per rispondere alle nuove realtà e ai nuovi bisogni pastorali. L'equilibrio consiste nel discernere attentamente quali elementi della tradizione siano essenziali e immutabili e quali possano essere adattati. Un approccio equilibrato valorizza l'inclusività e l'accoglienza senza compromettere la verità dell’Evangelo. Dobbiamo cercare di sviluppare una pastorale che accolga tutti, conducendoli al ravvedimento ed alla fede in Cristo mantenendo saldi i principi morali e dottrinali stabiliti nella Legge di Dio.

Incoraggiare un dialogo aperto e rispettoso tra le diverse fazioni all'interno della Chiesa è quindi fondamentale. Il discernimento comunitario, guidato dallo Spirito Santo, può aiutare a trovare soluzioni che onorino sia la tradizione genuina apostolica che la necessità di rispondere ai segni dei tempi.

Essenziale in ogni caso è il criterio rispetto al quale conformarci, non le tradizioni umane, per quanto “sacre” siano considerate. Gesù accusava i tradizionalisti del Suo tempo dicendo loro: “’Voi, tralasciato il comandamento di Dio, restate attaccati alla tradizione degli uomini’. E diceva loro ancora: ‘Siete abili ad annullare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione!’” (Marco 7:8-9). La Scrittura, però, dice anche ai “progressisti”: “Guardate che non vi sia qualcuno che faccia di voi sua preda con la filosofia e con la vanità ingannatrice secondo la tradizione degli uomini, gli elementi del mondo e non secondo Cristo” (Colossesi 2:8).

Preservare è essenziale, ma che cosa, perché e come? Che il Signore dia a noi tutti il necessario discernimento, come dice l’Apostolo: “E la mia preghiera è che il vostro amore sempre più abbondi in conoscenza e in ogni discernimento” (Filippesi 1:9).

Paolo Castellina, 19 Luglio 2024

Note

[1] La “catena del freddo”: https://it.wikipedia.org/wiki/Catena_del_freddo

[1] Il gioco del “telefono senza fili”: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Telefono_senza_fili_(gioco)  

[3] Sul concetto di tradizione vedasi: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Tradizione