Teologia/La chiamata esterna e interiore
La chiamata esterna e interna
Wilhelmus à Brakel (1635-1711)
Fin qui abbiamo discusso del Garante del patto e di chi partecipa a questo patto, ovvero la chiesa. Procediamo ora a considerare i modi i cui il Signore conduce nel patto questi membri del patto, e in che modo Egli li guidi al fine ultimo della felicità eterna. Il primo aspetto di questo modo è:
La Chiamata: La Dichiarazione Del Vangelo Da Parte Di Dio Ai Peccatori.
La chiamata è l’opera di grazia di Dio, con la quale per mezzo del vangelo Egli invita il peccatore a scambiare la condizione di peccato ed ira con Cristo, affinché attraverso di Lui egli possa essere riconciliato con Dio e ottenga la devozione e la salvezza. Inoltre, per mezzo di questa chiamata Egli, mediante lo Spirito Santo, conduce i Suoi eletti a questo stato. La chiamata è l’opera di grazia di Dio: “E mandò i suoi servitori a chiamar gl’invitati alle nozze, ma essi non vollero venire…. Perciocchè molti son chiamati, ma pochi eletti.” (Mat. 22:3, 14); “Colui che ci ha chiamati per la sua gloria e virtù” (2 Pie. 1:3); “Fedele è Iddio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del suo Figliuolo Gesù Cristo, nostro Signore” (1 Cor. 1:9).
Dio non chiama né mediante la legge di natura né mediante le opere della natura, con le quali, nel fare il bene, nondimeno Egli non lascia Sé Stesso senza una testimonianza ai pagani (Atti 14:17). “Acciocchè cerchino il Signore, se pur talora potessero, come a tastone, trovarlo” (Atti 17:27). Infatti in quelle Cristo non è né proclamato a loro né sono esortati a credere in Lui. I pagani sono soggetti al patto d’opere, e tutto ciò che Dio fa in essi e verso di essi si riferisce a quel patto. Perciò sono obbligati a vivere secondo questa regola, “Fa’ questo e tu vivrai.”
Questa chiamata non avviene neppure per mezzo della legge morale della Scrittura. La legge morale deve essere vista in un duplice senso: Essa deve essere vista sia nelle sue richieste, con le quali essa rivela le condizioni perfette del patto d’opere, o nel suo scopo, essendo stata data alla chiesa come una regola di vita e come lo standard della vera santità. Nel suo primo senso la legge è predicata per convincere l’uomo del peccato (Rom. 3:20), portando quindi l’uomo a disperare d’essere salvato per le sue opere. Qui termina la funzione della legge. Se, tuttavia, Cristo è predicato contemporaneamente per mezzo del vangelo, l’uomo, essendo respinto dalla legge, viene attratto dal vangelo. Così, ovunque sia predicato Cristo, la legge serve come un maestro di scuola per condurci a Cristo (Gal. 3:24). Questo è differente per quanto riguarda la legge cerimoniale, che appartiene al vangelo.
Il vero mezzo con cui noi siamo chiamati, tuttavia, è il vangelo. “A che egli vi ha chiamati per il nostro evangelo” (2 Tes. 2:14). La parola “evangelo” significa buone notizie, il cui contenuto è come segue: “Pover’uomo, tu sei asservito al peccato e soggetto all’ira di Dio. Tu stai percorrendo la via che termina nella perdizione eterna. Iddio, tuttavia, ha mandato il Suo Figlio Gesù Cristo per essere un Garante; nelle Sue sofferenze e morte vi è la perfetta soddisfazione della giustizia di Dio, e in questo modo l’assoluzione dalla colpa e dalla punizione. Nella Sua obbedienza alla legge c’è perfetta obbedienza, così che Egli può salvare completamente tutti quelli che vanno a Dio mediante Lui. Cristo ti offre tutti i Suoi meriti, e quindi la salvezza eterna.” Egli chiama ed invita tutti: “Volgiti a Me e sii salvato, accoglimi, arrenditi a Me, entra nel patto con Me e tu non perirai ma avrai vita eterna.”
Questa dichiarazione è presente nella Bibbia sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. La prima dichiarazione del vangelo si trova in Genesi 3:15, dove leggiamo che la Progenie della donna schiaccerà la testa del serpente. Da allora, Dio ha frequentemente e in varie maniere fatto in modo che il vangelo fosse proclamato (Ebr. 1:1). “Poichè è stato evangelizzato a noi ancora, come a coloro” (Ebr. 4:2). Prima della venuta di Cristo era chiamato il vangelo delle promesse, “...appartato per l’Evangelo di Dio, il quale egli avea innanzi promesso, per li suoi profeti, nelle scritture sante” (Rom. 1:2). Successivamente alla venuta di Cristo esso è chiamato il vangelo del compimento. “Gesù venne in Galilea, predicando l’evangelo del regno di Dio; e dicendo: Il tempo è compiuto.” (Marco 1:14-15).
La Distinzione tra la Legge e l'Evangelo
La Legge e il Vangelo sono frequentemente posti in contrapposizione l’una all’altro. Se in una tale contrapposizione il riferimento è alla legge cerimoniale, il suo fine è di riferirsi alla venuta nella carne di Cristo, che era tipizzata dalle cerimonie. Il vangelo del compimento, tuttavia, dichiara che Cristo è venuto. Nella materia stessa non può esservi alcuna contrapposizione, poiché il vangelo è compreso nelle cerimonie e proclamato da esse.
Tuttavia, vi è una differenza essenziale tra la legge morale e il vangelo. La legge è stata prima di tutto data da Dio Signore come sovrano, maestoso, e unico Legislatore, e riguarda tutta l’umanità. Il vangelo, tuttavia, è la manifestazione di Dio come “pietoso e misericordioso, lento all’ira, e grande in benignità e verità” (Eso. 34:6), e non riguarda tutti, ma solo alcuni. Secondariamente, la legge può essere parzialmente conosciuta per natura (Rom. 2:15), ma il vangelo può essere conosciuto solo per rivelazione (Efe. 3:5). Terzo, la legge è una condizione del patto d’opere che prometteva la salvezza per la perfetta obbedienza alla legge e non conosce perdono (cft. Rom. 10:5; Mat. 19:17). Il vangelo, invece, è una dichiarazione del patto di grazia, che promette ai credenti il perdono e la salvezza per Gesù Cristo (Rom. 10:8-9). Quarto, la legge genera la conoscenza del peccato nel peccatore (Rom. 3:20), lo pone innanzi all’ira (Rom. 4:15), e così produce paura e tremore (Isa. 33:14). Il vangelo, invece, è la preziosa amministrazione della potenza di Dio per la salvezza (Rom. 1:16). Questo vangelo è lo strumento con cui Dio chiama gli uomini alla salvezza.
Dio in modo immediato e non verbale potrebbe rivelare Cristo all’uomo, condurlo a Cristo, fare in modo che creda in Lui, e così guidarlo alla salvezza. È piaciuto al Signore, tuttavia, affinché la sua molteplice sapienza fosse rivelata e i Suoi altri attributi fossero glorificati, di rendere l’uomo partecipe di questa salvezza per mezzo della parola del vangelo, guidando l’uomo razionale in un modo razionale. L’uso di questo mezzo è descritto come la chiamata, poiché tutti gli uomini si disperdono in una via che non è buona e che conduce alla distruzione. Dio dichiara agli uomini che si stanno perdendo che quella via che stanno percorrendo li renderà miserabili in eterno, e li invita a venire a Cristo come la sola via alla salvezza.
La distinzione tra Chiamata esterna ed interna
Riguardo a questa chiamata, è necessario distinguere tra una chiamata esterna ed una interna. Entrambe procedono da Dio, avvengono per mezzo di questa Parola, riguardano i medesimi argomenti, e sono presentate ugualmente a tutti. Entrambe le chiamate sono indirizzate ad esseri umani che per natura sono uguali. Sono, tuttavia, distinguibili. Una funziona esternamente solo per mezzo della Parola, a cui si aggiunge lo Spirito Santo nelle Sue operazioni comuni, producendo l’illuminazione comune e la fede storica. L’altra, invece, penetra nel cuore stesso dell’uomo, illuminandolo di luce potente, rivelando all’uomo i misteri spirituali nella loro forma essenziale, e inducendo potentemente la volontà ad accettare quei misteri in Cristo e all’obbedienza della fede.
Vi è un’infinita differenza tra l’intelletto corrotto dell’uomo – ovvero, gli Arminiani e gli altri sostenitori del libero arbitrio – e le Sacre Scritture. La domanda è: Il raggiungimento della salvezza procede dall’uomo? È lui la sola ed essenziale causa della sua salvezza, oppure è Dio la sola causa essenziale, e l’uomo, che è assolutamente incapace, non può fare nulla per ottenere la salvezza? Gli Arminiani ammetteranno prontamente che Dio ha preparato e ha realizzato la salvezza e che Dio ha dato e rivelato Cristo il Mediatore. Tuttavia, essi attribuiscono questo l’accogliere e l’intraprendere quella via alla buona volontà e alla capacità dell’uomo. Questo può essere paragonato a ciò che avviene su una pista di gara. Il governo ha messo in mostra il premio e ha preparato il tracciato. Il raggiungimento del premio, tuttavia, dipende dai corridori stessi. Per poter proteggere l’idolo della capacità propria dell’uomo e della sua buona volontà come cause della propria salvezza, gli Arminiani preferirebbero disfarsi della distinzione tra chiamata esterna e interna, tra chiamata inefficace ed efficace. Essi le vedrebbero uguali, e riconoscerebbero solo una chiamata. L’effetto allora non sarebbe dovuto all’operazione efficace di Dio che opera più in una persona che in un’altra. Invece, sarebbe relativa al risultato; ovvero, che una persona obbedirebbe alla chiamata per il suo libero arbitrio (che lo rende capace sia di rispondere che di respingere la chiamata) e sarebbe così salvata. Un’altra persona disprezzerà e respingerà questa chiamata mediante il medesimo neutrale libero arbitrio. La Scrittura, tuttavia, censura e confuta questi sciocchi pensieri e dimostra prima di tutto che la chiamata è efficace per la salvezza come risultato del proposito di Dio, “i quali son chiamati secondo il suo proponimento” Rom (8:28); “Perciocchè i doni, e la vocazione di Dio son senza pentimento” (Rom. 11:29).
La realizzazione effettiva della fede in quelli che sono chiamati procede da questo proponimento. “E tutti coloro ch’erano ordinati a vita eterna credettero.” (Atti 13:48). In secondo luogo, la Scrittura rivela che non v’è distinzione alcuna nell’uomo stesso, ma che questa distinzione ha origine in Dio. “Perciocchè, chi ti discerne? e che hai tu che tu non lo abbia ricevuto? e se pur tu l’hai ricevuto, perchè ti glorii, come non avendolo ricevuto?” (1 Cor. 4:7). L’uomo, invece, attribuendo la causa per cui uno ha più fede di un altro alla sua bontà e capacità, vorrebbe creare una tale distinzione. Vi è dunque una chiamata che di natura efficace e penetra l’uomo nel suo intimo: il suo intelletto, la volontà, e le inclinazioni, trasformandole e santificandole. Questa è la chiamata interna. Vi è poi una chiamata per mezzo della Parola di Dio che non è accompagnata dall’opera efficace di Dio (che genera la fede e l’amore), ma che giunge solo all’orecchio, esternamente. Essa lascia nel suo stato naturale l’uomo, il quale, nella sua malvagità, respinge questa chiamata esteriore. Egli disprezza questa chiamata a motivo del suo libero arbitrio, che vuole per conseguenza necessaria. Questo è vero di molti che sono chiamati (Mat. 22.5, 14). Discuteremo entrambe le chiamate individualmente, considerando per prima la chiamata esterna.
La chiamata esterna: non estesa a tutti
Riguardo alla chiamata esterna, sorge la domanda se questa chiamata sia universale; ovvero, Dio chiama tutti gli uomini sulla faccia della terra a Cristo, e attraverso Lui alla salvezza? I Luterani rispondono affermativamente. Noi sosteniamo che questa chiamata non giunge a tutti gli uomini. Sebbene essa giunga ad intere aree, nazioni, popoli e linguaggi, essa non giunge a tutti. L’intera Scrittura e l’esperienza di ogni epoca lo contraddice. Caino fu il primo ad essere allontanato dal favore di Dio, mentre il vangelo rimase nella genealogia di Seth. Abrahamo e la sua progenie furono ricevuti nella chiesa di Dio e a loro furono affidati gli oracoli di Dio, mentre Dio lasciava che tutti i pagani camminassero nelle loro vie (Atti 14:16). “Egli annunzia le sue parole a Giacobbe; I suoi statuti e le sue leggi ad Israele. Egli non ha fatto così a tutte le genti; Ed esse non conoscono le sue leggi.” (Sal. 147:19-20).
Anche dopo la venuta di Cristo, questa chiamata non è stata universale. L’intero continente americano era sconosciuto e rimase sconosciuto per almeno mille anni e fu quindi privato del vangelo. L’entroterra è ancora largamente sconosciuto. Ci sono sempre stati paesi dove il vangelo non è stato proclamato. Anche oggi, molte nazioni sulla faccia della terra sono private del vangelo. Questo fatto è così ovvio che non può essere contestato, e dunque rimane una certezza che questa chiamata non è universale.
Obiezione 1:
Tutti gli uomini sono stati chiamati in Adamo e in Noé, così come in altri progenitori che hanno avuto il vangelo e l’hanno respinto. Per questa ragione Dio ha rimosso il candeliere da loro, com’è evidente in Apocalisse 2 e 3.
Risposta:
Si deve ricordare nuovamente che questa affermazione è stata fatta nel 1700. Noi neghiamo che si possa dire che quei discendenti ai quali non è stato proclamato il vangelo siano stati chiamati semplicemente perché furono chiamati i loro antenati, perché è vero che il profeta dice, “Il figliuolo non porterà l’iniquità del padre” (Eze. 18:20). Dunque, il rifiuto del vangelo da parte dei nostri antenati non può essere imputato ai loro discendenti. Noi neghiamo che tutti gli uomini siano stati chiamati in Adamo, in Noé e in altri progenitori, perché non tutti quelli che sono compresi in Adamo e in Noé sono compresi nel patto di grazia, né sono i destinatari dell’offerta di grazia. Rispetto a questo, ognuno deve essere visto individualmente, perché nessuno è chiamato dal vangelo se non coloro ai quali il vangelo è proclamato.
Obiezione 2:
“Il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità.” (1 Tim. 2:4); “PERCIOCCHÈ la grazia salutare di Dio è apparsa a tutti gli uomini;” (Tt. 2:11); “Andate per tutto il mondo, e predicate l'evangelo ad ogni creatura.” (Mc. 16:15). Da questi testi si può concludere che la chiamata è universale, e che tutti gli uomini sono chiamati universalmente.
Risposta:
La parola “tutti” frequentemente significa “vari.” L’esperienza conferma che questo è il significato in questi testi. Questi testi riguardano la proclamazione del vangelo sopra il mondo intero, in contrasto a quando in precedenza era limitato alla progenie di Abrahamo. Si riferisce ad ogni sorta di nazioni senza distinzione, ma non ad ogni nazione senza eccezione.
Obiezione 3:
La Scrittura mostra che vi sono stati molti credenti che non vivevano dove era situata la chiesa, come Giobbe, Melchisedec, Baalam, Cornelio, etc. Questo prova che la chiamata si estende oltre i limiti della chiesa visibile, e quindi è universale.
Risposta:
Dalla chiamata di alcuni individui, non si può dedurre la chiamata universale di tutti. Alcuni di questi individui vissero prima del tempo in cui la progenie di Abrahamo fu appartata. Questo fu vero nella vita di Sem e dei patriarchi, quando la conoscenza della vera religione non era ancora stata rimossa dalle altre generazioni. Altri, anche se non appartenevano alla progenie di Abrahamo, hanno vissuto dov’era situata la chiesa, e grazie a quelle circostanze divennero credenti e proseliti.
Obiezione 4:
Vi sono stati molti che, sebbene vivessero lontano dalla chiesa, hanno vissuto vite devote e hanno compiuto buone opere. Di conseguenza, la loro conoscenza è stata sufficiente alla salvezza. La chiamata è dunque universale.
Risposta:
La legge di natura è innata in tutti gli uomini. Da questo procede la religione naturale e anche le virtù naturali. Nel capitolo 1 noi abbiamo dimostrato che questo non è sufficiente alla salvezza. Queste conoscenza, religione, e virtuosità naturali differiscono nella loro natura essenziale dalla vera conoscenza di Dio in Cristo, e dalle vere religione e virtù, così che una non segue necessariamente l’altra. Da tutto questo è certo che la chiamata non è universale.
Tratto da: Il Ragionevole Servizio del Cristiano, di Wilhelmus à Brakel (1635-1711), stimato teologo olandese, rappresentante insieme a Hermann Witsius e Gisbertus Voetius della Seconda Riforma Olandese (Nadere Reformatie), periodo di riforma religiosa affine al Puritanesimo.