Sionismo/Sionismo e teologia riformata calvinista

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Sionismo e teologia riformata (calvinista)

Il rapporto tra teologia riformata (calvinista) e sionismo è un tema complesso e articolato. Mentre la tradizione riformata classica tende a non sostenere il sionismo in senso teologico, interpretando la Chiesa come il "nuovo Israele" che eredita le promesse dell'Antico Testamento, alcune correnti storiche e teologiche interne al mondo calvinista hanno mostrato interesse per la restaurazione del popolo ebraico in Palestina. Tra questi, i teologi puritani del XVII secolo e, successivamente, il predicatore ottocentesco Charles Spurgeon, hanno espresso idee che possono essere considerate, almeno in parte, precursori del sionismo cristiano.

1. La posizione tradizionale della teologia riformata

La teologia del patto, che è alla base della visione riformata classica, sostiene che le promesse fatte da Dio a Israele nell'Antico Testamento si compiono nella Chiesa, che diventa il "nuovo Israele". Questa interpretazione vede un'unione tra Israele e la Chiesa, rigettando l'idea che il popolo ebraico debba avere un ruolo politico o nazionale separato dal cristianesimo.

R.C. Sproul e John Piper, due teologi calvinisti contemporanei, hanno ribadito questa visione, insistendo sul fatto che Cristo sia il compimento delle promesse veterotestamentarie e che non ci sia una necessità teologica di un ritorno fisico degli ebrei in Palestina.

2. Le eccezioni moderne: influenza del dispensazionalismo

Negli Stati Uniti, a partire dal XIX secolo, il dispensazionalismo ha introdotto un'interpretazione diversa della storia della salvezza, separando Israele dalla Chiesa e sostenendo che il popolo ebraico ha ancora un ruolo particolare nel piano di Dio. Questa corrente teologica ha influenzato parte del protestantesimo americano, dando origine al sionismo cristiano, che vede nella fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e in altri eventi storici il compimento di profezie bibliche.

Alcune frange del calvinismo moderno, specialmente negli Stati Uniti, hanno subito l'influenza del dispensazionalismo, ma questa visione rimane marginale rispetto alla tradizione riformata più ampia.

3. Il contributo dei teologi puritani alla restaurazione d'Israele

Un contributo significativo al pensiero riguardante la restaurazione del popolo ebraico viene dai teologi puritani del XVII secolo. Essi, con la loro forte adesione all'interpretazione letterale delle Scritture, furono tra i primi a considerare seriamente la possibilità di un ritorno fisico degli ebrei in Palestina. Sebbene non abbiano sviluppato un sionismo politico come quello nato nel XX secolo, il loro pensiero rappresenta una base per il successivo interesse protestante verso la questione ebraica.

Alcuni dei più influenti teologi puritani che parlarono di una restaurazione fisica e spirituale d'Israele includono:

  • Thomas Brightman (1562-1607): Egli fu uno dei primi a sostenere l'idea che gli ebrei sarebbero tornati nella Terra Promessa come parte del piano profetico di Dio.
  • John Owen (1616-1683): Sebbene Owen fosse più concentrato sulla restaurazione spirituale, parlò del futuro di Israele come parte del disegno divino.
  • Increase Mather (1639-1723): Nel suo libro "The Mystery of Israel's Salvation" (1669), Mather propose una visione di restaurazione fisica e spirituale degli ebrei come preludio al millennio.
  • John Cotton (1585-1652): Anche Cotton predicava il ritorno degli ebrei in Palestina come parte della realizzazione delle profezie bibliche.

I Puritani associavano queste idee alla loro visione postmillenarista, secondo cui Cristo sarebbe ritornato dopo un lungo periodo di pace e prosperità in cui l'intero mondo avrebbe abbracciato il Vangelo. Il ritorno degli ebrei era visto come un segno necessario di questa grande redenzione globale.

4. Charles Spurgeon e la restaurazione di Israele

Sebbene vissuto diversi secoli dopo, Charles Spurgeon (1834-1892), uno dei più importanti predicatori battisti e calvinisti del XIX secolo, espresse idee simili sulla restaurazione degli ebrei in Palestina. Egli credeva che gli ebrei avrebbero fatto ritorno nella Terra Promessa e che questo evento fosse legato alla loro futura conversione al cristianesimo. In uno dei suoi sermoni, affermò:

"Non possiamo mai rinunciare al fatto che il popolo ebraico sarà di nuovo raccolto in Canaan e che essi godranno ancora di quegli antichi privilegi."

Sebbene Spurgeon non fosse un sostenitore del sionismo politico, egli anticipò in qualche misura l'idea che la restaurazione del popolo ebraico in Palestina avesse un significato teologico profondo. È possibile che Spurgeon fosse influenzato dal pensiero puritano, che aveva mantenuto viva la visione escatologica del ritorno d'Israele nel protestantesimo britannico.

5. Il movimento ricostruzionista e la questione del sionismo

Il movimento ricostruzionista o teonomista, nato nel XX secolo con teologi come Rousas John Rushdoony e Greg Bahnsen, si concentrava principalmente sull'applicazione della legge biblica a tutti gli aspetti della vita sociale e politica, piuttosto che sulla politica estera o sulle questioni riguardanti Israele. Di conseguenza, il movimento non ha mai sviluppato una posizione specifica sul sionismo.

Rushdoony, pur sostenendo che tutte le nazioni dovrebbero sottoporsi alla legge di Dio, rimase critico nei confronti del moderno Stato di Israele, considerandolo un'entità secolare piuttosto che un adempimento delle promesse divine. Di fatto, la loro visione rimane lontana da quella dispensazionalista o sionista, focalizzandosi più sulla riforma della società attraverso l'applicazione della legge biblica.

Conclusione

Il rapporto tra la teologia riformata e il sionismo è caratterizzato da una varietà di posizioni. La teologia riformata classica generalmente non sostiene il sionismo, poiché vede il compimento delle promesse veterotestamentarie in Cristo e nella Chiesa. Tuttavia, nel corso della storia, sono emerse correnti interne al calvinismo che hanno mostrato interesse per la restaurazione fisica e spirituale del popolo ebraico.

I Puritani furono tra i primi a formulare un interesse teologico per il ritorno degli ebrei in Palestina, influenzando figure successive come Charles Spurgeon, che parlava di una futura restaurazione del popolo ebraico come parte del piano divino. Mentre il dispensazionalismo ha dato origine al sionismo cristiano in epoca moderna, questa posizione è rimasta marginale all'interno del pensiero riformato. Anche il movimento ricostruzionista, pur concentrato su una visione globale della legge divina, ha preso le distanze da un sostegno esplicito al moderno Stato di Israele.

In definitiva, l'interesse per la restaurazione di Israele nel pensiero riformato si è manifestato soprattutto a livello escatologico e spirituale, piuttosto che politico, e ha contribuito, seppur indirettamente, alla formazione di alcune delle idee che avrebbero influenzato il sionismo cristiano contemporaneo.