Storia/Storia dei Valdesi/L'asilo delle Alpi

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V. L’asilo delle Alpi

Il baluardo alpino — I signori di quelle regioni — Popolazione probabilmente già dissidente — Immigrazìone — Prime misure repressive nel secolo XIII.

I Valdesi d'Italia e di Provenza, ormai in balìa della persecuzione, non tardarono ad alzare gli occhi ai monti per cercarvi rifugio e protezione. E rifugio veramente provvidenziale fu loro offerto da quella regione delle Alpi Cozie, ove ancor oggi sussistono dopo otto secoli di persecuzioni.

Trattasi di un magnifico baluardo naturale: una zona montana in forma di triangolo col vertice alla cittadina di Pinerolo, con la base formata dalla linea di catena di frontiera, dal Monviso al Monginevro, e con i due lati segnati dalle valli del Pellice e del Chisone, le quali sboccano appunto a Pinerolo. Il versante orientale di questa parte delle Alpi Cozie non solo declina assai più ripido che il versante francese e riesce quindi meno accessibile agli assalti della pianura, ma esso ha altresì le sue valli collegate in alto per mezzo di passi difficili e tuttavia praticabili; le vallate del versante occidentale, invece, scendono dolcemente, parallele e indipendenti le une dalle altre. Questo spiega perché i Valdesi, che occupavano dapprima i due versanti, si ridussero per necessità dà difesa ad abitare le valli del versante italiano.

Chi erano i signori di quelle regioni? II versante occidentale e la valle del Chisone fino a Perosa trovavansi, ai tempi di Valdesi, sotto il dominio dei conti d'Albon, delfini del Viennese. Ma i signorotti locali, duri e tirannici, erano per la valle della Duranza gli arcivescovi di Embrun, e per l'alta valle del Chisone i prevosti d'Oulx. Sul versante italiano, le valli di Perosa e di San Martino erano soggette all'Abbazia di Pinerolo, dipendente dalla S. Sede, e le valli del Pellice e d'Angrogna ai potenti conti di Luserna. Più tardi — cioè nella prima metà del secolo XIII — tanto l'Abbazia di Pinerolo quanto i signori di Luserna dovettero assoggettarsi ai duchi di Savoia. Come si sa, la Casa di Savoia aveva incominciato a metter piede al di qua delle Alpi verso il 1037, con Umberto I Biancamano, figlio d'Ottone Guglielmo, conte di Borgogna, cui l'imperatore Corrado il Salico aveva assegnato il marchesato d'Ivrea con la valle d'Aosta; e il figlio d'Umberto, Oddone, mediante il suo matrimonio con Adelaide, figlia ed erede di Olderigo Manfredi III conte di Torino e marchese d'Italia, si ebbe la contea di Torino, che da Asti si estendeva fino al Monginevro.

La popolazione, piuttosto scarsa, era altresì semplice, di quella semplicità che le solitudini alpestri ispirano. Non c'è ragione di dubitare che professasse in miassima parte la religione cattolica, ma era più immune che le genti della pianura dalle pratiche superstiziose e dai riti idolatrici. Può darsi che codesta fosse una conseguenza dell'opera riformatrice compiuta nel IX secolo dal vescovo Claudio di Torino; ad ogni modo non è affatto da escludersi che, prima dell'immigrazione dei Valdesi, le Alpi Cozie abbiano ospitato altri dissidenti perseguitati (petrobrusiani e càtari) i quali avrebbero quindi aperto la via ai profughi di Lione e di Lombardia ed avrebbero loro preparato l'ambiente in questo nido alpino, non meno che in tante altre regioni d'Europa.

Non bisogna immaginarsi che la immigrazione dei Valdesi nelle Valli delle Alpi Cozie si sia effettuata in una sola volta, sotto la guida di Pietro Valdo, in poche volte. La scomunica di Lucio III (1184) subito dopo il Concilio di Verona, l'espulsione da Lione, e la terribile crociata del 1208 furono colpi possenti che determinarono altrettante successive ondate di profughi, che dal Delfinato come dalla pianura piemontese salivano verso l'asilo delle Alpi; tuttavia, non va dimenticato che il rapido stabilirsi dei Valdesi in queste Valli fu effetto non soltanto dell'immigrazione vera e propria, ma di un'opera di penetrazione e di propaganda presso la popolazione locale che, come abbiamo detto, era già predisposta in loro favore. Il primo documento della presenza dei Valdesi nel Pinerolese risale all'anno 1210: è un ordine dell'imperatore Ottone IV al vescovo di Torino, di «espellere da tutta la diocesi di Torino gli eretici Valdesi». Nel 1220, poi, un articolo degliStatuti della città di Pinerolo reca questo divieto: «Chiunque ospiterà consapevolmente un valdese o una valdese pagherà ogni volta una multa di dieci soldi».

Queste prime misure possono considerarsi come gli inizi d'una ostilità che nel corso del secolo XIII andò aggravandosi a misura che la Casa di Savoia imponeva la sua sovranità sui signori del Pinerolese, favorendo l'opera dell'Inquisizione in Val Perosa. Cosicché nel 1297 vediamo che il principe d'Acaia Filippo diSavoia, nipote di Amedeo V, assolda un inquisitore per la ricerca dei Valdesi, partecipando alla metà delle spese e dei profitti di quell'opera di repressione.

Verso il 1260 il ramo cadetto della Casa di Savoia aveva costituito un piccolo Stato, con Pinerolo per capitale, che fu il Principato d'Acaia.