Letteratura/Con questo standard/01: differenze tra le versioni

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=== La Tesi Basilare ===
=== La Tesi Basilare ===


La convinzione che la rivelazione speciale di Dio, la sua parola scritta, sia necessaria quale standard oggettivo di moralità per il popolo di Dio, è di fondamento alla posizione presa in queste pagine. Contrapposta alle filosofie etiche autonome dell’uomo, dove bene e male sono definiti da speculazioni peccaminose, l’etica cristiana prende i propri carattere e direzione dalla parola di Dio rivelata, una rivelazione che si armonizza con la rivelazione generale degli standard di Dio rivelati mediante l’ordine della creazione e nella coscienza dell’uomo. Quando esploriamo ciò che la bibbia insegna del carattere di Dio, della salvezza compiuta da Cristo, dell’opera dello Spirito Santo nel farci santi nel cuore e nella condotta, o della natura pattizia della relazione di Dio con l’uomo, vediamo perché il credente dovrebbe assumere un atteggiamento positivo verso i comandamenti di Dio, perfino come sono rivelati nel Vecchio Testamento. Di fatto, la bibbia insegna che dovremmo presumere continuità tra gli standard etici del Nuovo Testamento e quelli del Vecchio, anziché ridurre la validità della legge di Dio secondo alcuni limiti artificiali preconcetti. Poiché Egli non venne per abrogare il Vecchio Testamento, e perché neppure un’apice della legge diventerà invalidato fino alla fine del mondo, Gesù dichiarò: “Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli” (Mt. 5:17-19). Ricevuta questa istruzione, il nostro atteggiamento deve essere che tutte le leggi del Vecchio Testamento sono al presente nostro obbligo, a meno che ulteriore rivelazione da parte del Legislatore dimostri che qualche cambiamento è stato apportato. Quindi, il punto metodologico è che noi presumiamo il nostro obbligo d’obbedire qualsiasi comandamento del Vecchio Testamento a meno che il Nuovo Testamento indichi diversamente. Ciò non equivale a dire che non ci siano cambiamenti dal Vecchio al Nuovo Testamento. Infatti ce ne sono, e sono importanti. Però, la parola di Dio deve essere lo standard che definisce precisamente quali siano per noi questi cambiamenti; non possiamo prenderci il diritto di assumere quali siano questi cambiamenti o forzarli dentro la lettura del Nuovo Testamento. La parola di Dio, la sua direttiva per noi, deve essere presa come continuativa nella sua autorità fino a che Dio stesso non riveli diversamente. Questo è, in un certo senso, il cuore della “teologia dell’Alleanza” contrapposto alla comprensione dispensazionalista della relazione tra i Testamenti, Vecchio e Nuovo. A questo punto metodologico possiamo aggiungere la conclusione sostanziale che il Nuovo Testamento non insegna alcun cambiamento radicale nella legge di Dio che riguardi gli standard della moralità socio-politica. La legge di Dio quando tocca la questione dei doveri dei magistrati civili non è stata alterata nel Nuovo Testamento in nessun modo sistematico o fondamentale. Di conseguenza, anziché parlare di una visione dei comandamenti del Vecchio Testamento per la società e lo stato basilarmente antagonistica, e anziché assumere un approccio di prendere e scegliere a buffet tra quelle leggi sulla base del gusto e della convenienza personale, dobbiamo riconoscere il perdurante obbligo dei magistrati civili d’obbedire e far osservare le leggi applicabili del Vecchio Testamento, incluse le sanzioni penali specificate dal giusto Giudice di tutta la terra. Come col resto della legge di Dio, noi dobbiamo presumere la continuità dell’autorità vincolante concernente i comandamenti socio-politici rivelati nel Vecchio Testamento come leggi permanenti.
La convinzione che la rivelazione speciale di Dio, la sua parola scritta, sia necessaria quale standard oggettivo di moralità per il popolo di Dio, è di fondamento alla posizione presa in queste pagine. Contrapposta alle filosofie etiche autonome dell’uomo, dove bene e male sono definiti da speculazioni peccaminose, l’etica cristiana prende i propri carattere e direzione dalla parola di Dio rivelata, una rivelazione che si armonizza con la rivelazione generale degli standard di Dio rivelati mediante l’ordine della creazione e nella coscienza dell’uomo. Quando esploriamo ciò che la bibbia insegna del carattere di Dio, della salvezza compiuta da Cristo, dell’opera dello Spirito Santo nel farci santi nel cuore e nella condotta, o della natura pattizia della relazione di Dio con l’uomo, vediamo perché il credente dovrebbe assumere un atteggiamento positivo verso i comandamenti di Dio, perfino come sono rivelati nel Vecchio Testamento. Di fatto, la bibbia insegna che dovremmo presumere continuità tra gli standard etici del Nuovo Testamento e quelli del Vecchio, anziché ridurre la validità della legge di Dio secondo alcuni limiti artificiali preconcetti. Poiché Egli non venne per abrogare il Vecchio Testamento, e perché neppure un’apice della legge diventerà invalidato fino alla fine del mondo, Gesù dichiarò: “Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli” (Matteo 5:17-19). Ricevuta questa istruzione, il nostro atteggiamento deve essere che tutte le leggi del Vecchio Testamento sono al presente nostro obbligo, a meno che ulteriore rivelazione da parte del Legislatore dimostri che qualche cambiamento è stato apportato. Quindi, il punto metodologico è che noi presumiamo il nostro obbligo d’obbedire qualsiasi comandamento del Vecchio Testamento a meno che il Nuovo Testamento indichi diversamente. Ciò non equivale a dire che non ci siano cambiamenti dal Vecchio al Nuovo Testamento. Infatti ce ne sono, e sono importanti. Però, la parola di Dio deve essere lo standard che definisce precisamente quali siano per noi questi cambiamenti; non possiamo prenderci il diritto di assumere quali siano questi cambiamenti o forzarli dentro la lettura del Nuovo Testamento. La parola di Dio, la sua direttiva per noi, deve essere presa come continuativa nella sua autorità fino a che Dio stesso non riveli diversamente. Questo è, in un certo senso, il cuore della “teologia dell’Alleanza” contrapposto alla comprensione dispensazionalista della relazione tra i Testamenti, Vecchio e Nuovo. A questo punto metodologico possiamo aggiungere la conclusione sostanziale che il Nuovo Testamento non insegna alcun cambiamento radicale nella legge di Dio che riguardi gli standard della moralità socio-politica. La legge di Dio quando tocca la questione dei doveri dei magistrati civili non è stata alterata nel Nuovo Testamento in nessun modo sistematico o fondamentale. Di conseguenza, anziché parlare di una visione dei comandamenti del Vecchio Testamento per la società e lo stato basilarmente antagonistica, e anziché assumere un approccio di prendere e scegliere a buffet tra quelle leggi sulla base del gusto e della convenienza personale, dobbiamo riconoscere il perdurante obbligo dei magistrati civili d’obbedire e far osservare le leggi applicabili del Vecchio Testamento, incluse le sanzioni penali specificate dal giusto Giudice di tutta la terra. Come col resto della legge di Dio, noi dobbiamo presumere la continuità dell’autorità vincolante concernente i comandamenti socio-politici rivelati nel Vecchio Testamento come leggi permanenti.


=== La Discontinuità (Cambiamento) Non è Stata Negata. ===
=== La Discontinuità (Cambiamento) Non è Stata Negata. ===
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Ciò ch’è stato detto sopra è semplicemente che l’assunto dovrebbe essere che una legge del Vecchio Testamento sia vincolante nel Nuovo Testamento. Ciò non preclude o rigetta in alcun modo molte radicali differenze tre il Vecchio e il Nuovo Testamento. Dei cambiamenti, di fatto, vengono lungo il corso della storia redentiva, talché certamente ci sono delle eccezioni alla continuità generale che caratterizza la relazione tra il Vecchio e il Nuovo Patto. Dio ha il diritto di apportare alterazioni per la Nuova Era. Nella transizione a questa Nuova Era osserviamo che sono fatti degli avanzamenti rispetto al Vecchio Patto, con alcune leggi accantonate e alcune leggi osservate con una nuova attualità. Dato il progresso della rivelazione, dobbiamo essere dedicati alla regola che il Nuovo Testamento dovrebbe interpretare per noi il Vecchio Testamento; L’atteggiamento di Gesù e degli apostoli nei confronti della non è prospettata dalla posizione presa qui mosaica, per esempio, deve determinare l’etica cristiana. Pertanto, non è prospettata dalla posizione presa qui un’equazione semplicistica tra l’etica del Vecchio e del Nuovo Testamento, una che astrattamente assolutizzi gl’insegnamenti del Nuovo Testamento riguardo alla continuità col Vecchio Testamento (senza riconoscere precisazioni rivelate altrove). Ciò che è sostenuto è che i nostri obblighi nei confronti della legge di Dio del Vecchio Testamento dovrebbero essere interpretati e qualificati dalla Scrittura del Nuovo Testamento, non da relative opinioni umane che non possono citare sostegno biblico per l’allontanamento dalle stipulazioni di Dio. Dovrebbe essere riconosciuto che certi aspetti del Vecchio Patto non sono autoritativi oggi. Per esempio, in aggiunta alle leggi in vigore per le quali i Giudei dovevano sempre vivere, Dio diede loro certi imperativi localizzati, comandi per uso specifico in una situazione concreta, non principi con la continua forza di legge di generazione in generazione. Un esempio potrebbe essere il comando di andare in guerra e conquistare il territorio della Palestina con la spada; questo non è un requisito che continui per noi oggi. Allo stesso modo, c’erano dettagli culturali menzionati in molte delle leggi di Dio in modo da illustrare il principio morale che Egli richiedeva (per esempio la distinzione tra l’omicidio accidentale e l’omicidio volontario fu illustrato nei termini della lama di una scure che vola via dal manico). Ciò che è di autorità morale permanente è il principio illustrato, e non il dettaglio culturale usato per illustralo. Pertanto, non dobbiamo leggere la giurisprudenza del Vecchio Testamento come vincolante per noi letteralmente nella dicitura utilizzata (per esempio, anche una lama che vola via dalla falce e freni dell’auto mal funzionanti sono coperti dalla legge che tratta della lama della scure). In aggiunta agli imperativi localizzati e ai dettagli culturali d’espressione, noteremo che certi dettagli amministrativi della società del Vecchio Testamento non sono normativi per oggi (per esempio il tipo e la forma di governo, il metodo di raccolta delle tasse, l’ubicazione della capitale). Questi aspetti della vita del Vecchio Testamento non furono prescritti dalla legge in vigore e non ci vincolano oggi. Altre discontinuità che riguarderebbero la vita e le pratiche del Vecchio Testamento dovrebbero appartenere alle ombre tipologiche nel Vecchio Testamento rimpiazzate, secondo il Nuovo Testamento con le realtà che tipizzavano. Per esempio, abbiamo le leggi cerimoniali dei sacrifici che servivano durante il Vecchio Testamento come le “deboli e povere” ombre del perfetto sacrificio di Cristo che doveva venire. Possiamo qui pensare anche ai provvedimenti riguardanti la terra della Palestina. Con la venuta e lo stabilimento di quel regno tipizzato dalla “terra promessa”, e con la rimozione dai giudei degli speciali privilegi del regno da parte di Cristo, le leggi che regolavano aspetti della terra di Canaan (per esempio trame famigliari, ubicazione delle città rifugio, istituzione del levirato) sono state accantonate nel Nuovo Testamento come inapplicabili. Forse potrebbero essere dati altri esempi, ma per ora è stato detto abbastanza da dimostrare il punto che la posizione presa qui sotto non è che ogni dettaglio della vita del Vecchio Testamento debba essere riprodotto oggi come moralmente obbligatorio, ma semplicemente che il nostro assunto dev’essere quello della continuità con le leggi permanenti del Vecchio Testamento (quando propriamente interpretate nel contesto). Dobbiamo essere sensibili al fatto che interpretare la legge del Vecchio Testamento, categorizzando propriamente i suoi dettagli (per esempio. cerimoniali, permanenti, culturali), e fare applicazioni del giorno d’oggi degli standard autoritativi del Vecchio Testamento non è un compito facile o semplice. Non ci è sempre immediatamente chiaro come comprendere oggi un comandamento del Vecchio Testamento o usarlo propriamente. Pertanto la posizione assunta qui non è di fare di tutto nell’etica cristiana una semplice questione di fare una ricerca in un codice per risposte ovvie. Una dedicazione alla posizione postulata in questi studi esige molta, profonda riflessione e un duro lavoro esegetico e teologico.
Ciò ch’è stato detto sopra è semplicemente che l’assunto dovrebbe essere che una legge del Vecchio Testamento sia vincolante nel Nuovo Testamento. Ciò non preclude o rigetta in alcun modo molte radicali differenze tre il Vecchio e il Nuovo Testamento. Dei cambiamenti, di fatto, vengono lungo il corso della storia redentiva, talché certamente ci sono delle eccezioni alla continuità generale che caratterizza la relazione tra il Vecchio e il Nuovo Patto. Dio ha il diritto di apportare alterazioni per la Nuova Era. Nella transizione a questa Nuova Era osserviamo che sono fatti degli avanzamenti rispetto al Vecchio Patto, con alcune leggi accantonate e alcune leggi osservate con una nuova attualità. Dato il progresso della rivelazione, dobbiamo essere dedicati alla regola che il Nuovo Testamento dovrebbe interpretare per noi il Vecchio Testamento; L’atteggiamento di Gesù e degli apostoli nei confronti della non è prospettata dalla posizione presa qui mosaica, per esempio, deve determinare l’etica cristiana. Pertanto, non è prospettata dalla posizione presa qui un’equazione semplicistica tra l’etica del Vecchio e del Nuovo Testamento, una che astrattamente assolutizzi gl’insegnamenti del Nuovo Testamento riguardo alla continuità col Vecchio Testamento (senza riconoscere precisazioni rivelate altrove). Ciò che è sostenuto è che i nostri obblighi nei confronti della legge di Dio del Vecchio Testamento dovrebbero essere interpretati e qualificati dalla Scrittura del Nuovo Testamento, non da relative opinioni umane che non possono citare sostegno biblico per l’allontanamento dalle stipulazioni di Dio. Dovrebbe essere riconosciuto che certi aspetti del Vecchio Patto non sono autoritativi oggi. Per esempio, in aggiunta alle leggi in vigore per le quali i Giudei dovevano sempre vivere, Dio diede loro certi imperativi localizzati, comandi per uso specifico in una situazione concreta, non principi con la continua forza di legge di generazione in generazione. Un esempio potrebbe essere il comando di andare in guerra e conquistare il territorio della Palestina con la spada; questo non è un requisito che continui per noi oggi. Allo stesso modo, c’erano dettagli culturali menzionati in molte delle leggi di Dio in modo da illustrare il principio morale che Egli richiedeva (per esempio la distinzione tra l’omicidio accidentale e l’omicidio volontario fu illustrato nei termini della lama di una scure che vola via dal manico). Ciò che è di autorità morale permanente è il principio illustrato, e non il dettaglio culturale usato per illustralo. Pertanto, non dobbiamo leggere la giurisprudenza del Vecchio Testamento come vincolante per noi letteralmente nella dicitura utilizzata (per esempio, anche una lama che vola via dalla falce e freni dell’auto mal funzionanti sono coperti dalla legge che tratta della lama della scure). In aggiunta agli imperativi localizzati e ai dettagli culturali d’espressione, noteremo che certi dettagli amministrativi della società del Vecchio Testamento non sono normativi per oggi (per esempio il tipo e la forma di governo, il metodo di raccolta delle tasse, l’ubicazione della capitale). Questi aspetti della vita del Vecchio Testamento non furono prescritti dalla legge in vigore e non ci vincolano oggi. Altre discontinuità che riguarderebbero la vita e le pratiche del Vecchio Testamento dovrebbero appartenere alle ombre tipologiche nel Vecchio Testamento rimpiazzate, secondo il Nuovo Testamento con le realtà che tipizzavano. Per esempio, abbiamo le leggi cerimoniali dei sacrifici che servivano durante il Vecchio Testamento come le “deboli e povere” ombre del perfetto sacrificio di Cristo che doveva venire. Possiamo qui pensare anche ai provvedimenti riguardanti la terra della Palestina. Con la venuta e lo stabilimento di quel regno tipizzato dalla “terra promessa”, e con la rimozione dai giudei degli speciali privilegi del regno da parte di Cristo, le leggi che regolavano aspetti della terra di Canaan (per esempio trame famigliari, ubicazione delle città rifugio, istituzione del levirato) sono state accantonate nel Nuovo Testamento come inapplicabili. Forse potrebbero essere dati altri esempi, ma per ora è stato detto abbastanza da dimostrare il punto che la posizione presa qui sotto non è che ogni dettaglio della vita del Vecchio Testamento debba essere riprodotto oggi come moralmente obbligatorio, ma semplicemente che il nostro assunto dev’essere quello della continuità con le leggi permanenti del Vecchio Testamento (quando propriamente interpretate nel contesto). Dobbiamo essere sensibili al fatto che interpretare la legge del Vecchio Testamento, categorizzando propriamente i suoi dettagli (per esempio. cerimoniali, permanenti, culturali), e fare applicazioni del giorno d’oggi degli standard autoritativi del Vecchio Testamento non è un compito facile o semplice. Non ci è sempre immediatamente chiaro come comprendere oggi un comandamento del Vecchio Testamento o usarlo propriamente. Pertanto la posizione assunta qui non è di fare di tutto nell’etica cristiana una semplice questione di fare una ricerca in un codice per risposte ovvie. Una dedicazione alla posizione postulata in questi studi esige molta, profonda riflessione e un duro lavoro esegetico e teologico.


=== Ciò che NON si sta Esperendo o Postulando ===
=== Ciò che NON si sta facendone esperienza o postulando ===


L’obbiettivo di questi studi è presentare un caso a favore della continua validità della legge del Vecchio Testamento, inclusi i suoi standard di giustizia socio-politici. È postulato che dovremmo assumere la persistente autorità di qualsiasi comandamento dell’Antico Testamento fino a che, e a meno che, il Nuovo Testamento non riveli diversamente, e questo assunto vale per le leggi che sono di pertinenza dello stato quanto quelle che sono di pertinenza dell’individuo. Come già notato, tale assunto non nega la realtà di alcune discontinuità oggi col Vecchio Testamento; semplicemente insiste che tali cambiamenti siano autorizzati dall’insegnamento biblico, non da inaffidabili sensazioni od opinioni personali. Insomma, la posizione assunta qui non pretende di essere una visione totale dell’etica cristiana andando a toccare le sue molteplici sfaccettature. Qui è discussa solo una prospettiva nell’etica cristiana, cioè la prospettiva normativa che tratta la questione dello standard per la condotta. Egualmente non sono trattate le prospettive motivazionali e consequenziali (che toccano il carattere intimo e la finalità nell’etica), né lo è l’area vitale di produrre e mantenere un comportamento morale. Inoltre, l’unico aspetto dell’etica che è al centro dell’attenzione in questi studi: la questione della legge, è presentata con un’attenzione atta ad evitare certi seri errori che possono essere fatti intorno alla legge di Dio. L’obbedienza alla legge di Dio non è il modo in cui una persona ottiene giustificazione agli occhi di Dio; la salvezza non è per opere meritorie ma piuttosto per grazia mediante la fede. E mentre la legge può essere un modo di vivere santo per la santificazione, la legge non è la potenza dinamica che abilita l’obbedienza da parte del popolo di Dio; piuttosto, a darci nuova vita e forza per osservare i comandi di Dio è lo Spirito santo. L’interpretazione esternalista della legge che caratterizzava i farisei è ripudiata anche in questi studi; le richieste fatte da Dio sono estese ai nostri cuori e alle nostre disposizioni talché la vera obbedienza deve provenire da un cuore di fede e d’amore; non si trova semplicemente in una conformità esteriore a (parte della) sua legge. Ciò che questi studi presentano è una posizione nella (normativa) etica cristiana. A rigor di logica, non vincolano quelli che concordano con essi a nessuna scuola particolare d’interpretazione escatologica. Premillennialisti, amillennialisti e postmillennialisti tutti, possono armonizzare questa prospettiva normativa con la loro visione della storia e del regno di Dio. Anche se l’autore ha definite concezioni in escatologia, queste non sono l’argomento di questi studi né esplicitamente, né implicitamente. Si può aggiungere che la posizione etica qui insegnata è di carattere fondativo. Tratta con una questione fondamentale: la validità della legge di Dio e non risolve tutte le questioni che riguardano l’applicazione in dettaglio della legge di Dio al nostro mondo moderno. L’interpretazione specifica dei comandamenti di Dio non è affrontata e discussa per esteso. Di fatto, quelli che concordano con la conclusione fondativa di questi studi — che la legge di Dio è vincolante oggi, a meno che le Scritture non rivelino diversamente, possono benissimo discordare tra di loro su questioni particolari nell’interpretare ciò che la legge di Dio richieda su questo o su quel punto, o possono discordare su come queste richieste debbano essere seguite oggi. Questi studi non hanno il proposito di dirimere tutte queste questioni. Argomentano semplicemente che la legge di Dio non può essere ignorata nel prendere decisioni nel campo dell’etica cristiana. Dire questo non è avallare ogni abuso che è stato fatto o è fatto da credenti riguardo ai requisiti presentati nei comandamenti del Vecchio Testamento. Inoltre, bisogna osservare che questi studi non propugnano l’imposizione con la forza della legge di Dio su una società, come se questo fosse un modo per “introdurre il regno”. Il regno di Dio avanza per mezzo del Grande Mandato — evangelismo, predicazione e istruzione nella parola di Dio — e nella potenza rigenerante e santificante dello Spirito di Dio. Mentre questi studi assumono una distinta posizione riguardo la legge di Dio e lo stato moderno, non vertono su un metodo di cambiamento politico. L’interesse è piuttosto con lo standard di giustizia politica. Pertanto sarà bene qui prevenire concetti sbagliati ripudiando qualsiasi idea che la chiesa impugni la spada nella società, qualsiasi idea di ribellione contro le autorità esistenti, e parimenti, qualsiasi idea di acritica sottomissione di una persona allo status quo nella società. La nostra dedizione deve andare alla potenza trasformatrice della parola di Dio che riforma tutte le aree di vita per mezzo della verità. Ignorare le necessità di riforma socio-politica, o cercare di ottenerla con la forza, entrambe contraddicono le responsabilità della chiesa di produrre riforma. Gli errori che appartengono all’uso socio-politico della legge di Dio possono essere qui scartati in anticipo. Non tutti i peccati sono reati, e pertanto il magistrato civile non è obbligato a far osservare l’intera legge di Dio. I governanti dovrebbero far osservare solo quelle leggi per le quali Dio ha rivelato debbano essere imposte delle sanzioni civili (non questioni private di coscienza o di pietà personale). È ovvio che non tutti i capi politici stanno di fatto cercando di guidare le loro decisioni e le loro azioni mediante la legge di Dio rivelata. Ciò che questi studi contendono è che i magistrati devono sottomettersi alla legge di Dio in questioni sociopolitiche: in ultima istanza renderanno conto a Dio per la loro disobbedienza ai suoi standard. Naturalmente, quando i magistrati giungano alla decisione di far osservare il comandamento/i di Dio in un’area particolare — che sia perché sono stati personalmente convertiti, sia che vedano da non-credenti la saggezza e la giustizia di queste leggi — sono obbligati a farlo in una maniera appropriata e adeguata. Il cristiano non propugna una giustizia ex post facto con cui i colpevoli sarebbero puniti per reati commessi prima della promulgazione di una legge che proibisse le loro azioni. E neppure propugna la punizione di criminali che non siano stati condannati sotto le piene garanzie di un dovuto processo in una corte di giustizia. Coloro che credono che la legge di Dio per la società debba essere obbedita devono preoccuparsi che sia obbedita tutta la legge di Dio per la società con riferimento non solo alla punizione dei colpevoli ma altrettanto al loro giusto trattamento e condanna. Infine dobbiamo prendere le distanze dall’errata impressione che poiché questi studi rivolgono l’attenzione ad una particolare sottosezione della teologia ed etica cristiane intendano rappresentare quell’area della verità come più importante di altre aree dell’insegnamento biblico. Ogni discussione dovrà necessariamente stringere su un argomento piuttosto che su un altro, perché tutto non può essere discusso simultaneamente. Scrivere della nascita verginale, per esempio, non è fare un affronto alla dottrina della seconda venuta di Cristo; è semplicemente affrontare una delle molte materie importanti della teologia cristiana. Allo stesso modo, presentare una posizione che riguarda la validità della legge di Dio del Vecchio Testamento e che argomenta che i suoi standard di giustizia politica ci vincolino oggi (cosicché i magistrati devono mettere in atto le sanzioni penali della legge) è concentrare l’attenzione su un solo aspetto del quadro totale della teologia e dell’etica cristiane. Non significa dire che l’enfasi più importante nella nostra vita e nel nostro pensiero dovrebbe essere la legge di Mosè del Vecchio Testamento. Non significa dire che l’etica politica sia più vitale dell’etica personale o che il mandato culturale sia più cruciale del mandato evangelistico della chiesa. E con la certezza più assoluta non significa contendere che la pena capitale sia l’argomento più importante nell’etica cristiana, nemmeno nell’etica sociale cristiana. Nel portare avanti uno studio della legge mosaica e della validità delle sua sanzioni penali stiamo semplicemente evidenziando che questi sono aspetti dell’insegnamento biblico — sicuramente aspetti che servono uno scopo benefico e che come tali sono inclusi nella parola rivelata di Dio — e non dovrebbero essere fraintesi o ignorati nel decidere ciò che l’intera bibbia ha da dirci riguardo alla nostra vita, condotta e mentalità. Col prestare attenzione alla questione della legge di Dio nell’etica cristiana vogliamo semplicemente essere coerenti con la convinzione riformata che le nostre convinzioni cristiane dovrebbero essere guidate da sola Scriptura e da tota Scriptura — dalla sola Scritture e da tutta la Scrittura.
L’obbiettivo di questi studi è presentare un caso a favore della continua validità della legge del Vecchio Testamento, inclusi i suoi standard di giustizia socio-politici. È postulato che dovremmo assumere la persistente autorità di qualsiasi comandamento dell’Antico Testamento fino a che, e a meno che, il Nuovo Testamento non riveli diversamente, e questo assunto vale per le leggi che sono di pertinenza dello stato quanto quelle che sono di pertinenza dell’individuo. Come già notato, tale assunto non nega la realtà di alcune discontinuità oggi col Vecchio Testamento; semplicemente insiste che tali cambiamenti siano autorizzati dall’insegnamento biblico, non da inaffidabili sensazioni od opinioni personali. Insomma, la posizione assunta qui non pretende di essere una visione totale dell’etica cristiana andando a toccare le sue molteplici sfaccettature. Qui è discussa solo una prospettiva nell’etica cristiana, cioè la prospettiva normativa che tratta la questione dello standard per la condotta. Egualmente non sono trattate le prospettive motivazionali e consequenziali (che toccano il carattere intimo e la finalità nell’etica), né lo è l’area vitale di produrre e mantenere un comportamento morale. Inoltre, l’unico aspetto dell’etica che è al centro dell’attenzione in questi studi: la questione della legge, è presentata con un’attenzione atta ad evitare certi seri errori che possono essere fatti intorno alla legge di Dio. L’obbedienza alla legge di Dio non è il modo in cui una persona ottiene giustificazione agli occhi di Dio; la salvezza non è per opere meritorie ma piuttosto per grazia mediante la fede. E mentre la legge può essere un modo di vivere santo per la santificazione, la legge non è la potenza dinamica che abilita l’obbedienza da parte del popolo di Dio; piuttosto, a darci nuova vita e forza per osservare i comandi di Dio è lo Spirito santo. L’interpretazione esternalista della legge che caratterizzava i farisei è ripudiata anche in questi studi; le richieste fatte da Dio sono estese ai nostri cuori e alle nostre disposizioni talché la vera obbedienza deve provenire da un cuore di fede e d’amore; non si trova semplicemente in una conformità esteriore a (parte della) sua legge. Ciò che questi studi presentano è una posizione nella (normativa) etica cristiana. A rigor di logica, non vincolano quelli che concordano con essi a nessuna scuola particolare d’interpretazione escatologica. Premillennialisti, amillennialisti e postmillennialisti tutti, possono armonizzare questa prospettiva normativa con la loro visione della storia e del regno di Dio. Anche se l’autore ha definite concezioni in escatologia, queste non sono l’argomento di questi studi né esplicitamente, né implicitamente. Si può aggiungere che la posizione etica qui insegnata è di carattere fondativo. Tratta con una questione fondamentale: la validità della legge di Dio e non risolve tutte le questioni che riguardano l’applicazione in dettaglio della legge di Dio al nostro mondo moderno. L’interpretazione specifica dei comandamenti di Dio non è affrontata e discussa per esteso. Di fatto, quelli che concordano con la conclusione fondativa di questi studi — che la legge di Dio è vincolante oggi, a meno che le Scritture non rivelino diversamente, possono benissimo discordare tra di loro su questioni particolari nell’interpretare ciò che la legge di Dio richieda su questo o su quel punto, o possono discordare su come queste richieste debbano essere seguite oggi. Questi studi non hanno il proposito di dirimere tutte queste questioni. Argomentano semplicemente che la legge di Dio non può essere ignorata nel prendere decisioni nel campo dell’etica cristiana. Dire questo non è avallare ogni abuso che è stato fatto o è fatto da credenti riguardo ai requisiti presentati nei comandamenti del Vecchio Testamento. Inoltre, bisogna osservare che questi studi non propugnano l’imposizione con la forza della legge di Dio su una società, come se questo fosse un modo per “introdurre il regno”. Il regno di Dio avanza per mezzo del Grande Mandato — evangelismo, predicazione e istruzione nella parola di Dio — e nella potenza rigenerante e santificante dello Spirito di Dio. Mentre questi studi assumono una distinta posizione riguardo la legge di Dio e lo stato moderno, non vertono su un metodo di cambiamento politico. L’interesse è piuttosto con lo standard di giustizia politica. Pertanto sarà bene qui prevenire concetti sbagliati ripudiando qualsiasi idea che la chiesa impugni la spada nella società, qualsiasi idea di ribellione contro le autorità esistenti, e parimenti, qualsiasi idea di acritica sottomissione di una persona allo status quo nella società. La nostra dedizione deve andare alla potenza trasformatrice della parola di Dio che riforma tutte le aree di vita per mezzo della verità. Ignorare le necessità di riforma socio-politica, o cercare di ottenerla con la forza, entrambe contraddicono le responsabilità della chiesa di produrre riforma. Gli errori che appartengono all’uso socio-politico della legge di Dio possono essere qui scartati in anticipo. Non tutti i peccati sono reati, e pertanto il magistrato civile non è obbligato a far osservare l’intera legge di Dio. I governanti dovrebbero far osservare solo quelle leggi per le quali Dio ha rivelato debbano essere imposte delle sanzioni civili (non questioni private di coscienza o di pietà personale). È ovvio che non tutti i capi politici stanno di fatto cercando di guidare le loro decisioni e le loro azioni mediante la legge di Dio rivelata. Ciò che questi studi contendono è che i magistrati devono sottomettersi alla legge di Dio in questioni sociopolitiche: in ultima istanza renderanno conto a Dio per la loro disobbedienza ai suoi standard. Naturalmente, quando i magistrati giungano alla decisione di far osservare il comandamento/i di Dio in un’area particolare — che sia perché sono stati personalmente convertiti, sia che vedano da non-credenti la saggezza e la giustizia di queste leggi — sono obbligati a farlo in una maniera appropriata e adeguata. Il cristiano non propugna una giustizia ex post facto con cui i colpevoli sarebbero puniti per reati commessi prima della promulgazione di una legge che proibisse le loro azioni. E neppure propugna la punizione di criminali che non siano stati condannati sotto le piene garanzie di un dovuto processo in una corte di giustizia. Coloro che credono che la legge di Dio per la società debba essere obbedita devono preoccuparsi che sia obbedita tutta la legge di Dio per la società con riferimento non solo alla punizione dei colpevoli ma altrettanto al loro giusto trattamento e condanna. Infine dobbiamo prendere le distanze dall’errata impressione che poiché questi studi rivolgono l’attenzione ad una particolare sottosezione della teologia ed etica cristiane intendano rappresentare quell’area della verità come più importante di altre aree dell’insegnamento biblico. Ogni discussione dovrà necessariamente stringere su un argomento piuttosto che su un altro, perché tutto non può essere discusso simultaneamente. Scrivere della nascita verginale, per esempio, non è fare un affronto alla dottrina della seconda venuta di Cristo; è semplicemente affrontare una delle molte materie importanti della teologia cristiana. Allo stesso modo, presentare una posizione che riguarda la validità della legge di Dio del Vecchio Testamento e che argomenta che i suoi standard di giustizia politica ci vincolino oggi (cosicché i magistrati devono mettere in atto le sanzioni penali della legge) è concentrare l’attenzione su un solo aspetto del quadro totale della teologia e dell’etica cristiane. Non significa dire che l’enfasi più importante nella nostra vita e nel nostro pensiero dovrebbe essere la legge di Mosè del Vecchio Testamento. Non significa dire che l’etica politica sia più vitale dell’etica personale o che il mandato culturale sia più cruciale del mandato evangelistico della chiesa. E con la certezza più assoluta non significa contendere che la pena capitale sia l’argomento più importante nell’etica cristiana, nemmeno nell’etica sociale cristiana. Nel portare avanti uno studio della legge mosaica e della validità delle sua sanzioni penali stiamo semplicemente evidenziando che questi sono aspetti dell’insegnamento biblico — sicuramente aspetti che servono uno scopo benefico e che come tali sono inclusi nella parola rivelata di Dio — e non dovrebbero essere fraintesi o ignorati nel decidere ciò che l’intera bibbia ha da dirci riguardo alla nostra vita, condotta e mentalità. Col prestare attenzione alla questione della legge di Dio nell’etica cristiana vogliamo semplicemente essere coerenti con la convinzione riformata che le nostre convinzioni cristiane dovrebbero essere guidate da sola Scriptura e da tota Scriptura — dalla sola Scritture e da tutta la Scrittura.

Versione attuale delle 11:02, 23 ott 2020


Indice generale

Con questo standard (G. L. Bahnsen)

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INTRODUZIONE

1 PRECISAZIONE DI SCOPO E POSIZIONE

“Contrapposta alle filosofie etiche autonome dell’uomo, dove bene e male sono definiti da speculazioni peccaminose, l’etica cristiana prende i propri carattere e direzione dalla parola di Dio rivelata.”

Lungo tutta la storia della chiesa cristiana, i credenti hanno chiesto quale dovrebbe essere la loro attitudine verso i comandamenti di Dio che sono rivelati nel Vecchio Testamento. Riguardo alla legge di Dio è stata assunta una grande varietà di posizioni che vanno dal dire che non ci sono stati cambiamenti nel come la legge dovrebbe essere osservata (al punto che, per esempio, i sacrifici animali dovrebbero continuare) al dire che tutto è stato cambiato in ragione del cambiamento di dispensazione (talché l’etica cristiana è totalmente ristretta al Nuovo Testamento). Tra i due poli estremi si possono trovare numerose altre posizioni o comportamenti (alcuni pro-nomiani altre anti-nomiani), con sottili variazioni che in molti casi distinguono una scuola di pensiero dall’altra. Avendo come sfondo questa confusione d’opinioni, sarà bene precisare e riassumere la posizione nei confronti della legge di Dio che viene assunta in questi capitoli.

La Tesi Basilare

La convinzione che la rivelazione speciale di Dio, la sua parola scritta, sia necessaria quale standard oggettivo di moralità per il popolo di Dio, è di fondamento alla posizione presa in queste pagine. Contrapposta alle filosofie etiche autonome dell’uomo, dove bene e male sono definiti da speculazioni peccaminose, l’etica cristiana prende i propri carattere e direzione dalla parola di Dio rivelata, una rivelazione che si armonizza con la rivelazione generale degli standard di Dio rivelati mediante l’ordine della creazione e nella coscienza dell’uomo. Quando esploriamo ciò che la bibbia insegna del carattere di Dio, della salvezza compiuta da Cristo, dell’opera dello Spirito Santo nel farci santi nel cuore e nella condotta, o della natura pattizia della relazione di Dio con l’uomo, vediamo perché il credente dovrebbe assumere un atteggiamento positivo verso i comandamenti di Dio, perfino come sono rivelati nel Vecchio Testamento. Di fatto, la bibbia insegna che dovremmo presumere continuità tra gli standard etici del Nuovo Testamento e quelli del Vecchio, anziché ridurre la validità della legge di Dio secondo alcuni limiti artificiali preconcetti. Poiché Egli non venne per abrogare il Vecchio Testamento, e perché neppure un’apice della legge diventerà invalidato fino alla fine del mondo, Gesù dichiarò: “Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli” (Matteo 5:17-19). Ricevuta questa istruzione, il nostro atteggiamento deve essere che tutte le leggi del Vecchio Testamento sono al presente nostro obbligo, a meno che ulteriore rivelazione da parte del Legislatore dimostri che qualche cambiamento è stato apportato. Quindi, il punto metodologico è che noi presumiamo il nostro obbligo d’obbedire qualsiasi comandamento del Vecchio Testamento a meno che il Nuovo Testamento indichi diversamente. Ciò non equivale a dire che non ci siano cambiamenti dal Vecchio al Nuovo Testamento. Infatti ce ne sono, e sono importanti. Però, la parola di Dio deve essere lo standard che definisce precisamente quali siano per noi questi cambiamenti; non possiamo prenderci il diritto di assumere quali siano questi cambiamenti o forzarli dentro la lettura del Nuovo Testamento. La parola di Dio, la sua direttiva per noi, deve essere presa come continuativa nella sua autorità fino a che Dio stesso non riveli diversamente. Questo è, in un certo senso, il cuore della “teologia dell’Alleanza” contrapposto alla comprensione dispensazionalista della relazione tra i Testamenti, Vecchio e Nuovo. A questo punto metodologico possiamo aggiungere la conclusione sostanziale che il Nuovo Testamento non insegna alcun cambiamento radicale nella legge di Dio che riguardi gli standard della moralità socio-politica. La legge di Dio quando tocca la questione dei doveri dei magistrati civili non è stata alterata nel Nuovo Testamento in nessun modo sistematico o fondamentale. Di conseguenza, anziché parlare di una visione dei comandamenti del Vecchio Testamento per la società e lo stato basilarmente antagonistica, e anziché assumere un approccio di prendere e scegliere a buffet tra quelle leggi sulla base del gusto e della convenienza personale, dobbiamo riconoscere il perdurante obbligo dei magistrati civili d’obbedire e far osservare le leggi applicabili del Vecchio Testamento, incluse le sanzioni penali specificate dal giusto Giudice di tutta la terra. Come col resto della legge di Dio, noi dobbiamo presumere la continuità dell’autorità vincolante concernente i comandamenti socio-politici rivelati nel Vecchio Testamento come leggi permanenti.

La Discontinuità (Cambiamento) Non è Stata Negata.

Ciò ch’è stato detto sopra è semplicemente che l’assunto dovrebbe essere che una legge del Vecchio Testamento sia vincolante nel Nuovo Testamento. Ciò non preclude o rigetta in alcun modo molte radicali differenze tre il Vecchio e il Nuovo Testamento. Dei cambiamenti, di fatto, vengono lungo il corso della storia redentiva, talché certamente ci sono delle eccezioni alla continuità generale che caratterizza la relazione tra il Vecchio e il Nuovo Patto. Dio ha il diritto di apportare alterazioni per la Nuova Era. Nella transizione a questa Nuova Era osserviamo che sono fatti degli avanzamenti rispetto al Vecchio Patto, con alcune leggi accantonate e alcune leggi osservate con una nuova attualità. Dato il progresso della rivelazione, dobbiamo essere dedicati alla regola che il Nuovo Testamento dovrebbe interpretare per noi il Vecchio Testamento; L’atteggiamento di Gesù e degli apostoli nei confronti della non è prospettata dalla posizione presa qui mosaica, per esempio, deve determinare l’etica cristiana. Pertanto, non è prospettata dalla posizione presa qui un’equazione semplicistica tra l’etica del Vecchio e del Nuovo Testamento, una che astrattamente assolutizzi gl’insegnamenti del Nuovo Testamento riguardo alla continuità col Vecchio Testamento (senza riconoscere precisazioni rivelate altrove). Ciò che è sostenuto è che i nostri obblighi nei confronti della legge di Dio del Vecchio Testamento dovrebbero essere interpretati e qualificati dalla Scrittura del Nuovo Testamento, non da relative opinioni umane che non possono citare sostegno biblico per l’allontanamento dalle stipulazioni di Dio. Dovrebbe essere riconosciuto che certi aspetti del Vecchio Patto non sono autoritativi oggi. Per esempio, in aggiunta alle leggi in vigore per le quali i Giudei dovevano sempre vivere, Dio diede loro certi imperativi localizzati, comandi per uso specifico in una situazione concreta, non principi con la continua forza di legge di generazione in generazione. Un esempio potrebbe essere il comando di andare in guerra e conquistare il territorio della Palestina con la spada; questo non è un requisito che continui per noi oggi. Allo stesso modo, c’erano dettagli culturali menzionati in molte delle leggi di Dio in modo da illustrare il principio morale che Egli richiedeva (per esempio la distinzione tra l’omicidio accidentale e l’omicidio volontario fu illustrato nei termini della lama di una scure che vola via dal manico). Ciò che è di autorità morale permanente è il principio illustrato, e non il dettaglio culturale usato per illustralo. Pertanto, non dobbiamo leggere la giurisprudenza del Vecchio Testamento come vincolante per noi letteralmente nella dicitura utilizzata (per esempio, anche una lama che vola via dalla falce e freni dell’auto mal funzionanti sono coperti dalla legge che tratta della lama della scure). In aggiunta agli imperativi localizzati e ai dettagli culturali d’espressione, noteremo che certi dettagli amministrativi della società del Vecchio Testamento non sono normativi per oggi (per esempio il tipo e la forma di governo, il metodo di raccolta delle tasse, l’ubicazione della capitale). Questi aspetti della vita del Vecchio Testamento non furono prescritti dalla legge in vigore e non ci vincolano oggi. Altre discontinuità che riguarderebbero la vita e le pratiche del Vecchio Testamento dovrebbero appartenere alle ombre tipologiche nel Vecchio Testamento rimpiazzate, secondo il Nuovo Testamento con le realtà che tipizzavano. Per esempio, abbiamo le leggi cerimoniali dei sacrifici che servivano durante il Vecchio Testamento come le “deboli e povere” ombre del perfetto sacrificio di Cristo che doveva venire. Possiamo qui pensare anche ai provvedimenti riguardanti la terra della Palestina. Con la venuta e lo stabilimento di quel regno tipizzato dalla “terra promessa”, e con la rimozione dai giudei degli speciali privilegi del regno da parte di Cristo, le leggi che regolavano aspetti della terra di Canaan (per esempio trame famigliari, ubicazione delle città rifugio, istituzione del levirato) sono state accantonate nel Nuovo Testamento come inapplicabili. Forse potrebbero essere dati altri esempi, ma per ora è stato detto abbastanza da dimostrare il punto che la posizione presa qui sotto non è che ogni dettaglio della vita del Vecchio Testamento debba essere riprodotto oggi come moralmente obbligatorio, ma semplicemente che il nostro assunto dev’essere quello della continuità con le leggi permanenti del Vecchio Testamento (quando propriamente interpretate nel contesto). Dobbiamo essere sensibili al fatto che interpretare la legge del Vecchio Testamento, categorizzando propriamente i suoi dettagli (per esempio. cerimoniali, permanenti, culturali), e fare applicazioni del giorno d’oggi degli standard autoritativi del Vecchio Testamento non è un compito facile o semplice. Non ci è sempre immediatamente chiaro come comprendere oggi un comandamento del Vecchio Testamento o usarlo propriamente. Pertanto la posizione assunta qui non è di fare di tutto nell’etica cristiana una semplice questione di fare una ricerca in un codice per risposte ovvie. Una dedicazione alla posizione postulata in questi studi esige molta, profonda riflessione e un duro lavoro esegetico e teologico.

Ciò che NON si sta facendone esperienza o postulando

L’obbiettivo di questi studi è presentare un caso a favore della continua validità della legge del Vecchio Testamento, inclusi i suoi standard di giustizia socio-politici. È postulato che dovremmo assumere la persistente autorità di qualsiasi comandamento dell’Antico Testamento fino a che, e a meno che, il Nuovo Testamento non riveli diversamente, e questo assunto vale per le leggi che sono di pertinenza dello stato quanto quelle che sono di pertinenza dell’individuo. Come già notato, tale assunto non nega la realtà di alcune discontinuità oggi col Vecchio Testamento; semplicemente insiste che tali cambiamenti siano autorizzati dall’insegnamento biblico, non da inaffidabili sensazioni od opinioni personali. Insomma, la posizione assunta qui non pretende di essere una visione totale dell’etica cristiana andando a toccare le sue molteplici sfaccettature. Qui è discussa solo una prospettiva nell’etica cristiana, cioè la prospettiva normativa che tratta la questione dello standard per la condotta. Egualmente non sono trattate le prospettive motivazionali e consequenziali (che toccano il carattere intimo e la finalità nell’etica), né lo è l’area vitale di produrre e mantenere un comportamento morale. Inoltre, l’unico aspetto dell’etica che è al centro dell’attenzione in questi studi: la questione della legge, è presentata con un’attenzione atta ad evitare certi seri errori che possono essere fatti intorno alla legge di Dio. L’obbedienza alla legge di Dio non è il modo in cui una persona ottiene giustificazione agli occhi di Dio; la salvezza non è per opere meritorie ma piuttosto per grazia mediante la fede. E mentre la legge può essere un modo di vivere santo per la santificazione, la legge non è la potenza dinamica che abilita l’obbedienza da parte del popolo di Dio; piuttosto, a darci nuova vita e forza per osservare i comandi di Dio è lo Spirito santo. L’interpretazione esternalista della legge che caratterizzava i farisei è ripudiata anche in questi studi; le richieste fatte da Dio sono estese ai nostri cuori e alle nostre disposizioni talché la vera obbedienza deve provenire da un cuore di fede e d’amore; non si trova semplicemente in una conformità esteriore a (parte della) sua legge. Ciò che questi studi presentano è una posizione nella (normativa) etica cristiana. A rigor di logica, non vincolano quelli che concordano con essi a nessuna scuola particolare d’interpretazione escatologica. Premillennialisti, amillennialisti e postmillennialisti tutti, possono armonizzare questa prospettiva normativa con la loro visione della storia e del regno di Dio. Anche se l’autore ha definite concezioni in escatologia, queste non sono l’argomento di questi studi né esplicitamente, né implicitamente. Si può aggiungere che la posizione etica qui insegnata è di carattere fondativo. Tratta con una questione fondamentale: la validità della legge di Dio e non risolve tutte le questioni che riguardano l’applicazione in dettaglio della legge di Dio al nostro mondo moderno. L’interpretazione specifica dei comandamenti di Dio non è affrontata e discussa per esteso. Di fatto, quelli che concordano con la conclusione fondativa di questi studi — che la legge di Dio è vincolante oggi, a meno che le Scritture non rivelino diversamente, possono benissimo discordare tra di loro su questioni particolari nell’interpretare ciò che la legge di Dio richieda su questo o su quel punto, o possono discordare su come queste richieste debbano essere seguite oggi. Questi studi non hanno il proposito di dirimere tutte queste questioni. Argomentano semplicemente che la legge di Dio non può essere ignorata nel prendere decisioni nel campo dell’etica cristiana. Dire questo non è avallare ogni abuso che è stato fatto o è fatto da credenti riguardo ai requisiti presentati nei comandamenti del Vecchio Testamento. Inoltre, bisogna osservare che questi studi non propugnano l’imposizione con la forza della legge di Dio su una società, come se questo fosse un modo per “introdurre il regno”. Il regno di Dio avanza per mezzo del Grande Mandato — evangelismo, predicazione e istruzione nella parola di Dio — e nella potenza rigenerante e santificante dello Spirito di Dio. Mentre questi studi assumono una distinta posizione riguardo la legge di Dio e lo stato moderno, non vertono su un metodo di cambiamento politico. L’interesse è piuttosto con lo standard di giustizia politica. Pertanto sarà bene qui prevenire concetti sbagliati ripudiando qualsiasi idea che la chiesa impugni la spada nella società, qualsiasi idea di ribellione contro le autorità esistenti, e parimenti, qualsiasi idea di acritica sottomissione di una persona allo status quo nella società. La nostra dedizione deve andare alla potenza trasformatrice della parola di Dio che riforma tutte le aree di vita per mezzo della verità. Ignorare le necessità di riforma socio-politica, o cercare di ottenerla con la forza, entrambe contraddicono le responsabilità della chiesa di produrre riforma. Gli errori che appartengono all’uso socio-politico della legge di Dio possono essere qui scartati in anticipo. Non tutti i peccati sono reati, e pertanto il magistrato civile non è obbligato a far osservare l’intera legge di Dio. I governanti dovrebbero far osservare solo quelle leggi per le quali Dio ha rivelato debbano essere imposte delle sanzioni civili (non questioni private di coscienza o di pietà personale). È ovvio che non tutti i capi politici stanno di fatto cercando di guidare le loro decisioni e le loro azioni mediante la legge di Dio rivelata. Ciò che questi studi contendono è che i magistrati devono sottomettersi alla legge di Dio in questioni sociopolitiche: in ultima istanza renderanno conto a Dio per la loro disobbedienza ai suoi standard. Naturalmente, quando i magistrati giungano alla decisione di far osservare il comandamento/i di Dio in un’area particolare — che sia perché sono stati personalmente convertiti, sia che vedano da non-credenti la saggezza e la giustizia di queste leggi — sono obbligati a farlo in una maniera appropriata e adeguata. Il cristiano non propugna una giustizia ex post facto con cui i colpevoli sarebbero puniti per reati commessi prima della promulgazione di una legge che proibisse le loro azioni. E neppure propugna la punizione di criminali che non siano stati condannati sotto le piene garanzie di un dovuto processo in una corte di giustizia. Coloro che credono che la legge di Dio per la società debba essere obbedita devono preoccuparsi che sia obbedita tutta la legge di Dio per la società con riferimento non solo alla punizione dei colpevoli ma altrettanto al loro giusto trattamento e condanna. Infine dobbiamo prendere le distanze dall’errata impressione che poiché questi studi rivolgono l’attenzione ad una particolare sottosezione della teologia ed etica cristiane intendano rappresentare quell’area della verità come più importante di altre aree dell’insegnamento biblico. Ogni discussione dovrà necessariamente stringere su un argomento piuttosto che su un altro, perché tutto non può essere discusso simultaneamente. Scrivere della nascita verginale, per esempio, non è fare un affronto alla dottrina della seconda venuta di Cristo; è semplicemente affrontare una delle molte materie importanti della teologia cristiana. Allo stesso modo, presentare una posizione che riguarda la validità della legge di Dio del Vecchio Testamento e che argomenta che i suoi standard di giustizia politica ci vincolino oggi (cosicché i magistrati devono mettere in atto le sanzioni penali della legge) è concentrare l’attenzione su un solo aspetto del quadro totale della teologia e dell’etica cristiane. Non significa dire che l’enfasi più importante nella nostra vita e nel nostro pensiero dovrebbe essere la legge di Mosè del Vecchio Testamento. Non significa dire che l’etica politica sia più vitale dell’etica personale o che il mandato culturale sia più cruciale del mandato evangelistico della chiesa. E con la certezza più assoluta non significa contendere che la pena capitale sia l’argomento più importante nell’etica cristiana, nemmeno nell’etica sociale cristiana. Nel portare avanti uno studio della legge mosaica e della validità delle sua sanzioni penali stiamo semplicemente evidenziando che questi sono aspetti dell’insegnamento biblico — sicuramente aspetti che servono uno scopo benefico e che come tali sono inclusi nella parola rivelata di Dio — e non dovrebbero essere fraintesi o ignorati nel decidere ciò che l’intera bibbia ha da dirci riguardo alla nostra vita, condotta e mentalità. Col prestare attenzione alla questione della legge di Dio nell’etica cristiana vogliamo semplicemente essere coerenti con la convinzione riformata che le nostre convinzioni cristiane dovrebbero essere guidate da sola Scriptura e da tota Scriptura — dalla sola Scritture e da tutta la Scrittura.