Letteratura/Grazia che abbonda/08: differenze tra le versioni
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<br/> | <br/> 229) Ma un giorno, mentre camminavo in un campo, con la coscienza oppressa dal timore che non tutto fosse giusto, improvvisamente la mia anima fu colpita da questa frase: «La tua giustizia è nei Cieli»; e contemporaneamente, mi parve di vedere con gli occhi dell'anima Gesù Cristo alla destra di Dio, che rappresentava la mia giustizia; cosicché, qualunque cosa io fossi o facessi, Dio non poteva dire di me: «Gli manca la mia giustizia», poiché essa gli stava accanto. Inoltre io vidi che non era la buona natura del mio cuore che rendeva migliore la mia rettitudine e neppure la mia cattiva natura che peggiorava la mia rettitudine; poiché la mia giustizia era lo stesso Gesù Cristo che: ''«è lo stesso ieri, oggi e in eterno»'' (Eb. 13:8).<br/> <br/> 230) Ora le mie gambe erano sciolte dalle catene, ed io ero liberato dai miei tormenti e dai miei ceppi; e anche le tentazioni si allontanavano; cosicché da quel momento, quelle terribili Scritture di Dio smisero di tormentarmi; ed io mi diressi verso casa rallegrandomi per la grazia e l'amore di Dio. Quando giunsi a casa, guardai se potevo trovare quella frase « la giustizia è nei Cieli »; ma non riuscii a trovarla, ed allora il mio cuore ricominciò ad abbattersi; mi venne solo alla mente quest'altra frase: ''«Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione»'' (1 Cor. 1:30). Da queste parole io dedussi che anche l'altra frase era autentica.<br/> <br/> 231) Da quest'ultima citazione biblica appresi che l'Uomo Gesù Cristo, come è distinto da noi per quanto riguarda la sua presenza fisica, così è la nostra giustizia e santificazione davanti a Dio; perciò io vissi per un po' di tempo in dolce pace con Dio, per mezzo di Cristo. Oh, Cristo. Cristo! Mi sembrava che non ci fosse altri che Lui ai miei occhi: e non mi limitavo a considerare separatamente questo e quell'altro beneficio di Cristo, come quello del suo sangue e risurrezione, ma lo consideravo in tutta la sua pienezza! Come colui nel quale si incontravano queste e tutte le altre virtù, funzioni e attività, e come colui che sedeva alla destra di Dio nei Cieli.<br/> <br/> 232) Era meraviglioso per me vedere la sua esaltazione, e il valore e la supremazia di tutti i suoi benefici, e per questa ragione: che ora io potevo guardare da me a lui, e consideravo tutte quelle grazie di Dio che ora erano acerbe in me, come quegli spiccioli che i ricchi portano nella borsa, mentre il loro oro è a casa negli scrigni. Oh, comprendevo che il mio oro era a casa nello scrigno, in Cristo mio Signore e Salvatore! Ora Cristo era tutto: tutta la mia sapienza, la mia giustizia, la mia santificazione, la mia redenzione.<br/> <br/> 233) Inoltre, il Signore mi condusse anche a penetrare il mistero della unione con il Figlio di Dio: io ero legato a lui, ero carne della sua carne, ossa delle sue ossa; ed ora mi suonavano dolci quelle parole del passo di Efesini 5:30. In esse trovò maggior conferma in me la mia fede in lui, così come la mia rettitudine; poiché se lui ed io eravamo una cosa sola, allora la sua rettitudine era la mia, i suoi meriti erano i miei, ed anche la sua vittoria era la mia. Ora potevo vedermi contemporaneamente in Cielo e in terra: in Cielo per mezzo del mio Cristo, del mio capo, della mia giustizia e della mia vita; sulla terra per mezzo del mio corpo e della mia persona.<br/> <br/> 234) A questo punto io constatavo che Gesù Cristo era considerato da Dio, e doveva essere considerato anche da noi, come quella persona comune o pubblica, nella quale doveva essere riconosciuto tutto il corpo dei suoi eletti, poiché per mezzo suo noi abbiamo adempiuto alla legge, siamo risuscitati da morte, abbiamo ottenuto la vittoria sul peccato, sulla morte, sul demonio, sull'inferno. Quando egli è morto, noi siamo morti; e la stessa cosa è accaduta con la sua resurrezione : ''«Rivivano i tuoi morti! Risorgano i miei cadaveri! Svegliatevi ed esultate, o voi che abitate nella polvere! Poiché la tua rugiada è rugiada di luce, e la terra ridarà alla vita le ombre»'' (Is 26:19); ed ancora: ''«In due giorni ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza»'' (Os. 6:2); e questo è realizzato dal fatto che il Figlio dell'Uomo siede alla destra della Maestà che sta nei Cieli. Ed ancora, secondo Efesini 2:6: ''«ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù»''.<br/> <br/> 235) Tutte queste benedette Scritture, insieme a molte altre di natura simile, in quei giorni furono fatte risplendere davanti ai miei occhi, cosicché io ho motivo di esclamare: ''«Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nella distesa dove risplende la sua potenza. Lodatelo per le sue gesta, lodatelo secondo la sua somma grandezza»'' (Sl. 150:1,2).<br/> <br/> 236) Dopo avervi così dato, in poche parole, un assaggio del dolore e del tormento a cui fu sottoposta la mia anima per la colpa e il terrore che mi infliggeva quel mio empio pensiero; e dopo avervi anche dato un cenno della mia liberazione da esso, e del dolce e benedetto conforto che ne derivò (questo conforto dimorò nel mio cuore per dodici mesi, con mio ineffabile stupore), voglio ora, a Dio piacendo, prima di procedere, dirvi in poche parole quale, secondo me, fu la causa di quella tentazione; e, dopo di essa, quale vantaggio derivò infine alla mia anima.<br/> <br/> 237) Quanto alle cause, io ritenevo che fossero principalmente due, e per tutto il tempo fui profondamente convinto che per colpa di esse io ero afflitto e tormentato. La prima era che, quado ero stato liberato dalla prima tentazione, non avevo pregato incessantemente Dio di tenermi lontano dalle tentazioni successive: infatti, sebbene io possa dire in verità che la mia anima si dedicava molto alla preghiera prima che fossi sottoposto a quella prova, tuttavia pregavo soltanto, o per lo più, per l'allontanamento dei tormenti presenti, e pe fare nuove scoperte dell'amore di Cristo : il che, come scoprii in seguito, non era sufficiente. Avrei dovuto anche pregare perché il gran Dio mi tenesse lontano dal male che doveva venire.<br/> <br/> 238) Di ciò io fui fatto consapevole dalla preghiera del santo Davide, il quale, anche quando si trovava in stato di misericordia, continuava a pregare Dio di tenerlo lontano dal peccato e dalla tentazione a venire: ''"Trattieni inoltre il tuo servo dai peccati volontari, e fa' che non prendano il sopravvento su di me; allora sarò integro e puro da grandi trasgressioni"'' (Salmo 19.13). Proprio da queste parole sono stato accusato e condannato, attraverso la mia lunga tentazione.<br/> <br/> 239) C'erano anche altre parole che mi condannavano per essere stato così folle da aver trascurato questo dovere: ''«Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno»'' (Eb. 4:16) la qual cosa io non avevo fatto, e perciò mi era toccato di peccare e di cadere, secondo quanto è scritto «Prega di non essere indotto in tentazione». E in verità questa cosa mi è di tal peso e preoccupazione, che non oso, quando mi presento davanti al Signore, cadere in ginocchio, finché non ho implorato da lui aiuto e misericordia contro le tentazioni a venire; e ti supplico, o lettore, di imparare a guardarti da una negligenza come la mia, per il tormento che io, a causa di essa, dolorosamente subii per giorni, mesi ed anni.<br/> <br/> 240) Un'altra causa di quella tentazione era che io avevo sfidato Dio, e precisamente in questo modo: mia moglie attendeva un figlio, e prima che fosse compiuto il tempo, le accadde di avere dei dolori acuti e terribili, come se fosse stata in travaglio, e stesse per avere un parto prematuro; ora, proprio a quel tempo, io ero stato fortemente tentato a mettere in discussione l'esistenza di Dio; perciò, mentre mia moglie giaceva gemendo accanto a me, io dissi con tutta la segretezza immaginabile, dentro di me: «Signore, se tu non libererai mia moglie da questo triste tormento, e non farai sì che non ne sia più afflitta questa notte [in quel momento i dolori l'avevano di nuovo aggredita], allora saprò che tu non puoi percepire i più segreti pensieri del cuore».<br/> <br/> 241) Avevo appena pronunciato queste parole fra di me, che mia moglie fu liberata dal dolore, e cadde in un sonno profondo che durò fino al mattino; e di ciò io mi meravigliai grandemente, non sapendo che cosa pensare. Ma dopo esser stato sveglio per un po', e aver sentito che mia moglie non si lamentava più, anch'io mi addormentai; e quando al mattino mi svegliai, mi ritornò tutto alla mente, anche quello che avevo detto dentro di me la notte precedente, e come il Signore mi aveva dimostrato che conosceva i miei segreti pensieri: e questo fu per me oggetto di grande stupore per molte settimane.<br/> <br/> 242) Ebbene, dopo circa un anno e mezzo, quell'empio e peccaminoso pensiero, di cui ho già parlato, attraversò il mio empio cuore: «Lascia che Cristo vada, se vuole»; cosicché, quando fui caduto in colpa per questo, il ricordo dell'altro mio pensiero, e del suo effetto, mi afferrò con questa risposta di rimando, che recava biasimo con sé: «Ora puoi vedere che Dio conosce i più segreti pensieri del cuore! ».<br/> <br/> 243) Ed inoltre, fui afferrato anche da quel passo che parla di quanto accadde fra il Signore e il suo servo Gedeone; come Gedeone sfidò Dio con il suo vello, bagnato ed asciutto, quando avrebbe dovuto credere e fidarsi della sua parola; perciò il Signore in seguito lo mise alla prova, tanto da mandare contro di lui una numerosissima schiera di nemici e, apparentemente, senza conferirgli forza o aiuto. (Giudici 6 e 7). Così egli mi punì, e giustamente, poiché io avrei dovuto prestar fede alla sua parola, e non porre un «se» alla onniveggenza di Dio.<br/> <br/> 244) Ed ora voglio esporvi qualcuno dei vantaggi che io ottenni da questa tentazione: primo, per mezzo suo io giunsi a possedere continuamente nell'anima un meraviglioso senso dell'esistenza e della gloria di Dio, e del suo diletto Figlio. Nella tentazione precedente, la mia anima era confusamente in preda a scetticismo, empietà, durezza di sentimenti, dubbi sull'esistenza di Dio, di Cristo, sulla verità del Verbo, e sulla certezza del mondo a venire; intendo dire che allora ero fortemente assalito e tormentato dall'ateismo; ma ora il caso era diverso, ora Dio e Cristo erano continuamente davanti a me, sebbene non a titolo di conforto, ma di smisurato terrore. La gloria della santità di Dio mi straziava, le viscere e la compassione di Cristo mi dilaniavano come se fossi stato sulla ruota: infatti non potevo considerarlo se non come un Cristo perduto e respinto, il ricordo del quale mi straziava continuamente le ossa.<br/> <br/> 245) Ora anche le Scritture erano cose meravigliose per me; mi rendevo conto che la loro verità e la loro realtà erano le chiavi del regno dei Cieli: quelli che sono preferiti dalle Scritture, erediteranno il regno dei Cieli; ma quelli che da esse sono opposti e condannati devono morire per sempre. Oh, le parole «Poiché le Scritture non possono essere infrante» mi straziavano il cuore, come quelle altre «Saranno rimessi i peccati di coloro i cui peccati rimetterai, e conservati i peccati di coloro i cui peccati conserverai». Ora io vedevo che gli Apostoli erano gli anziani della città del rifugio (Gs. 20:4): quelli che vi fossero ricevuti, sarebbero stati restituiti alla vita; ma quelli che fossero chiusi fuori, sarebbero stati uccisi dal vindice di sangue.<br/> <br/> 246) Una frase delle Scritture tormentava ed atterriva maggiormente il mio spirito, intendo fra quelle che stavano contro di me (come talvolta mi sembrava che ciascuna di loro facesse), più, in verità, di un esercito di 40.000 uomini che avesse potuto venirmi contro. Guai a colui contro il quale si volgono le Scritture.<br/> <br/> 247) Dalla mia tentazione io ero condotto a penetrare più profondamente che mai dentro la natura della promessa: infatti, ora che giacevo tremante sotto la possente mano di Dio, continuamente straziato dai tuoni della sua giustizia, scorrevo ogni pagina della Bibbia con estrema cura ed attenzione, e con grande serietà; e con molta diligenza mista a tremore ne consideravo ogni frase in tutta la sua forza ed ampiezza.<br/> <br/> 248) A causa di questa tentazione, inoltre, perdetti la mia sciocca abitudine di allontanare da me la Parola della promessa quando mi veniva alla mente. Infatti ora, sebbene non potessi succhiare dalla promessa dolcezza e conforto, come avevo fatto in altre occasioni, tuttavia, come chi sta per affogare, mi aggrappavo a tutto quello che vedevo; prima pensavo di non poter avere a che fare con la promessa, a meno che non ne sentissi il conforto; ma ora non c'era tempo per questo, il vindice di sangue mi stava incalzando troppo.<br/> <br/> 249) Perciò ora ero lieto di aggrapparmi a quelle parole, che finora avevo temuto di non aver il diritto di possedere; ed anche di penetrare nel profondo di quella promessa, che finora avevo temuto che sbarrasse la strada al mio cuore. Inoltre mi sforzavo di accettare la Parola così come Dio lo aveva esposto, senza limitarne la naturale forza neppure di una sillaba. Oh, quante cose vedevo ora in quel benedetto sesto passo di Giovanni: ''«Colui che viene a me, non lo caccerò fuori»!'' (Gv. 6:37). Ora incominciavo a pensare fra di me che Dio aveva una bocca con cui parlare più grande di quanto non fosse la mente con cui ragionavo; ed inoltre mi rendevo conto che egli non pronunciava le sue parole in fretta o con irriflessivo entusiasmo, ma con infinita giustizia, e in assoluta verità (2 Sa. 7:28).<br/> <br/> 250) In quei giorni, anche fra i più grandi tormenti, mi muovevo faticosamente verso la promessa (come fanno i cavalli su un terreno pesante, trascinandosi nel fango), concludendo, sia pure come uno privato del senno per la paura, che su questo brano mi sarei fermato, ed avrei lasciato la conclusione al Dio del Cielo che ne era l'autore. Oh, quanti attacchi dovette subire il mio cuore da parte di Satana per quel benedetto sesto capitolo di Giovanni; ora io non cercavo principalmente conforto, come avevo fatto altre volte (per quanto lo avrei accolto con immenso piacere), ma cercavo affannosamente una parola soprattutto, una parola su cui appoggiare un'anima stanca, per non sprofondare per sempre.<br/> <br/> 251) Spesso, quando mi rivolgevo alla promessa, mi sembrava che il Signore respingesse la mia anima per sempre: mi sentivo sovente come se fossi caduto sulle spine, e come se il Signore si fosse lanciato su di me con una spada fiammeggiante, per tenermi lontano da lui. Allora pensavo ad Esther, che era andata a supplicare il re in contrasto con la legge (Ester 16). Pensavo anche ai servi di Ben-Adad, che andarono dai loro nemici per implorare misericordia con il collo recinto di corde (1 Re 20:31); ed inoltre, la donna di Canaan, che non fu scoraggiata nemmeno dopo essere stata chiamata «cane» da Cristo (Mt. 15:22 ecc.), e l'uomo che andò a chiedere in prestito il pane a mezzanotte (Lu. 11:5,6,7,8, ecc.) costituivano per me motivo di grande incoraggiamento.<br/> <br/> 252) Non conobbi mai tanti alti e bassi nella grazia, nell'amore e nella misericordia, come dopo questa tentazione: i grandi peccati provocano grande misericordia; e dove la colpa è più terribile e feroce, là appare più alta e possente la misericordia di Dio in Cristo, quando si palesa all'anima. Quando Giobbe fu riscattato dalla cattività, ''"gli rese il doppio di tutto quello che già gli era appartenuto"'' (Gb. 42:10 ). Sia benedetto Dio per Gesù Cristo, nostro Signore. Potrei mettere in evidenza molte altre cose, ma, per essere breve, per questa volta le ometterò; e prego Iddio che i miei mali incutano in altri il timore di peccare, se non vogliono essere costretti a subire, come me, il giogo di ferro. Due o tre volte, in prossimità di essere liberato dalla mia tentazione, ebbi delle percezioni della grazia di Dio talmente singolari, che a stento riuscii a sopportarne il peso : era una sensazione così straordinaria e sorprendente, quando stava per raggiungermi, che, se fosse durata a lungo, credo che mi avrebbe reso incapace di lavorare.<br/> <br/> 253) Ora continuerò, riferendovi gli altri rapporti che il Signore ebbe con me in diverse altre occasioni, ed inoltre le tentazioni in cui mi imbattei. Incomincerò con quella che ebbi quando per la prima volta presi parte alle riunioni della gente di Bedford. Dopo che io ebbi esposto alla comunità di fedeli il mio desiderio di procedere con loro secondo i sistemi e i riti di Cristo, e dopo che fui ammesso fra di loro, mentre pensavo a quel santo rito di Cristo che fu l'ultima cena con i suoi discepoli prima della morte, il passo 22:19 di Luca «Fate questo in memoria di me » mi diventò enormemente prezioso; infatti per mezzo suo il Signore entrò nella mia coscienza con la scoperta della sua morte per i miei peccati, e fu, come allora mi sembrò, come se mi immergesse nel merito di essa. Ma badate, non ero da molto partecipe di quel rito, che fui assalito da certe feroci e tristi tentazioni, sia di bestemmiare quel rito, che di augurare del male e quelli che se ne nutrivano; tanto che, per non essere in ogni momento colpevole di acconsentire a questi empi e terribili pensieri, ero costretto ad implorare continuamente da Dio di tenermi lontano da tale empietà; ed inoltre a scongiurare Dio di benedire il pane e il vino mentre passavano di bocca in bocca; da allora penso che la ragione di questa tentazione sia che io non mi accinsi subito, con la dovuta riverenza, a partecipare a questo rito.<br/> <br/> 254) Continuai così per tre quarti di un anno, senza poter avere mai riposo e sollievo. Ma alla fine il Signore scese sulla mia anima con quella stessa Scrittura dalla quale ero già stato visitato; ed in seguito fui felicemente partecipe di quel benedetto rito, e vi percepii che il corpo del Signore era stato torturato per i miei peccati, e che il suo prezioso sangue era stato versato per le mie trasgressioni.<br/> <br/> 255) Un tempo io avevo una certa disposizione verso la tisi, tanto che, intorno ad una primavera, fui colto all'improvviso da una gran debolezza fisica, a tal punto che pensavo che non sarei sopravvissuto. Allora presi a fare un serio esame del mio stato e della mia condizione futura, e delle prove che possedevo per quel benedetto mondo a venire: infatti, e sia lodato il nome di Dio, mi è stato abituale sempre, ma specialmente nei periodi tormentati, sforzarmi di tener ben presente il mio interesse per la vita futura.<br/> <br/> 256) Ma avevo appena incominciato a richiamare alla memoria le mie precedenti esperienze della bontà di Dio nei confronti della mia anima, che mi si affollò alla mente una innumerevole serie di peccati e trasgressioni, fra i quali, quelli che a quel tempo mi tormentavano di più erano: la mia indifferenza, la mia lentezza e freddezza nei confronti dei doveri religiosi, le mie distrazioni, la mia insofferenza verso tutte le cose buone, la mia mancanza d'amore verso Dio, le sue vie, la sua gente; e, alla fine di tutto, questo pensiero: «Sono questi i frutti del Cristianesimo? Sono questi i segni di un uomo santo?».<br/> <br/> 257) Alla percezione di tutte queste cose, il mio malessere raddoppiò, poiché ora ero anche ammalato interiormente, e la mia anima era nelle pastoie della colpa; ora anche la mia precedente esperienza della bontà di Dio mi era sottratta dalla mente, e nascosta come se non fosse mai esistita e non l'avessi mai provata. La mia anima era premuta fra queste due considerazioni : «Vivere non devo, morire non oso». Sentivo che il mio spirito precipitava, e mi sembrava che tutto fosse perduto; ma, mentre camminavo sù e giù per la casa, in uno stato miserando, queste parole di Dio presero possesso del mio cuore: ''«Voi siete giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù»'' (Ro. 3:24). E quale servizio mi resero!<br/> <br/> 258) Mi sembrava di essere stato svegliato da un sonno e da un sogno penosi, e, ascoltando questa frase celeste, mi pareva di sentirla interpretata per me in questo modo: «Peccatore, tu pensi che, a causa dei tuoi peccati e debolezze, io non possa salvare la tua anima; ma vedi, il mio figlio è presso di me, ed io guardo a lui, non a te, e tratterò con te in considerazione di lui». Questo mi illuminò molto la mente, e mi fece comprendere che Dio poteva perdonare un peccatore in ogni momento; si trattava solo di guardare a Cristo, ed attribuire a noi i suoi meriti, ed era tutto fatto.<br/> <br/> 259) E mentre stavo così meditando, quest'altra Scrittura si impadronì fortemente del mio spirito «Egli allora ci ha salvati, e non per merito delle opere di giustizia che potevamo aver fatto, ma per la sua misericordia» (2 Tim, 1.9 - Tito 3.5).<br/> <br/> Ora io mi sentivo un altro: mi vedevo tra le braccia della grazia e della misericordia; e sebbene prima temessi di pensare all'ora della morte, ora gridavo: «Fammi morire»; ora la morte era bella e piacevole ai miei occhi, poiché comprendevo che noi non vivremo veramente finché non saremo nell'altro mondo mi sembrava che questa vita non fosse altro che un dormiveglia in confronto all'altra. Inoltre, a quel tempo io riuscii a vedere nelle parole «eredi di Dio» (Ro. 8:17), più di quanto non potrò mai esprimere finché vivrò in questo mondo: «eredi di Dio!». Dio stesso è un'eredità dei santi: di questo mi rendevo conto con stupore, non so dirvi quanto.<br/> <br/> 260) Di nuovo, mentre in un'altra occasione mi trovavo ad essere molto malato e debole, il tentatore mi assalì duramente (io trovo che egli tende ad assalire un uomo quando sta per avvicinarsi alla morte : questa è la sua grande occasione), cercando con ogni mezzo di tenermi nascosta la mia precedente esperienza della bontà di Dio; ed inoltre, prospettandomi i terrori della morte e del giudizio di Dio: tanto che a quel tempo, per il timore di smarrirmi per sempre (se fossi morto in quel momento), mi sentivo morto prima ancora che sopraggiungesse la fine, e mi sembrava di stare già discendendo nell'abisso. Mi pareva che non ci fosse per me altra via che l'inferno; ma badate, proprio mentre mi trovavo nel mezzo di questi timori, piombarono su di me le parole degli Angeli che recavano Lazzaro in seno ad Abramo, come per dire: « Così sarà per te quando lascerai questo mondo ». Ciò rianimò dolcemente il mio spirito, e mi aiutò a sperare in Dio. E quando ebbi per un po' meditato su tutto questo, caddero su di me con gran possanza queste parole bibliche: ''«O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?»'' (1 Co. 15:55). Al che, io mi sentii subito bene nel corpo e nello spirito; infatti la mia malattia svanì di colpo, ed io procedetti confortevolmente nella mia opera per Dio.<br/> <br/> 261) Un'altra volta, sebbene io fossi stato fino a quel momento in condizioni di spirito buone e confortevoli, improvvisamente mi piombò addosso una gran nube di oscurità, che mi nascose a tal punto le cose di Dio e di Cristo, che mi sembrava di non averle mai viste né conosciute nella mia vita; ero così devastato, e in una disposizione di spirito così insensibile, che non riuscivo a sentire la mia anima muoversi o sollevarsi sotto l'impulso della grazia e della vita per mezzo di Cristo; mi sentivo come se le mie reni fossero spezzate, e le mie mani e i miei piedi fossero legati e costretti da catene. Allora sentii anche che la mia persona fisica cadeva in preda ad una grande debolezza, il che rese l'altro tormento ancor più pesante e spiacevole.<br/> <br/> 262) Dopo essere stato in questa condizione per tre o quattro giorni, improvvisamente, mentre sedevo accanto al fuoco, sentii risuonarmi nel cuore queste parole: «Devo accostarmi a Gesù». Al che la mia oscurità e il mio ateismo si dileguarono, e le sante cose del Cielo si palesarono ai miei occhi. Mentre ero sopraffatto dalla meraviglia, «Moglie, dissi, c'è una Scrittura che dice: «Devo accostarmi a Gesù». Ella mi rispose che non sapeva, perciò io mi misi a pensare se potevo ricordarmi quel passo; e non erano ancora passati due o tre minuti, che caddero su di me queste parole: «E alle miriadi degli Angeli», ed insieme il passo degli Ebrei che parla del monte Sion (Eb. 12:22,23,24).<br/> <br/> 263) Allora dissi a mia moglie, con gioia: «Ora so, ora so!»; e quella fu una buona sera per me, come ne avevo avuto poche. Incominciai a desiderare la compagnia di alcuni fedeli, per poter impartire loro quello che Dio mi aveva palesato. Cristo era prezioso alla mia anima quella sera: a mala pena potevo stare a letto per la gioia, la pace e il trionfo che avevo ottenuto attraverso Cristo; questo splendore non mi durò fino al mattino, tuttavia il dodicesimo capitolo di Ebrei mi confortò per molti giorni di seguito.<br/> <br/> 264) Le parole sono queste: ''«Voi vi siete invece avvicinati al monte Sion, alla città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, alla festante riunione delle miriadi angeliche, all'assemblea dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, il mediatore del nuovo patto e al sangue dell'aspersione che parla meglio del sangue d'Abele»'' (Eb. 12:22-24). Attraverso questa scrittura benedetta, il Signore mi condusse da una parola all'altra, e mi mostrò la gloria meravigliosa di ciascuna di esse. Da allora queste parole sono spesso state di grande sollievo per il mio spirito. Sia benedetto Iddio per aver avuto misericordia di me. | ||
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Versione attuale delle 21:41, 24 giu 2020
GRAZIA CHE ABBONDA AL PRIMO DEI PECCATORI (di John Bunyan, 1666) |
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La visione di Cristo e la certezza della elezione
229) Ma un giorno, mentre camminavo in un campo, con la coscienza oppressa dal timore che non tutto fosse giusto, improvvisamente la mia anima fu colpita da questa frase: «La tua giustizia è nei Cieli»; e contemporaneamente, mi parve di vedere con gli occhi dell'anima Gesù Cristo alla destra di Dio, che rappresentava la mia giustizia; cosicché, qualunque cosa io fossi o facessi, Dio non poteva dire di me: «Gli manca la mia giustizia», poiché essa gli stava accanto. Inoltre io vidi che non era la buona natura del mio cuore che rendeva migliore la mia rettitudine e neppure la mia cattiva natura che peggiorava la mia rettitudine; poiché la mia giustizia era lo stesso Gesù Cristo che: «è lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Eb. 13:8).
230) Ora le mie gambe erano sciolte dalle catene, ed io ero liberato dai miei tormenti e dai miei ceppi; e anche le tentazioni si allontanavano; cosicché da quel momento, quelle terribili Scritture di Dio smisero di tormentarmi; ed io mi diressi verso casa rallegrandomi per la grazia e l'amore di Dio. Quando giunsi a casa, guardai se potevo trovare quella frase « la giustizia è nei Cieli »; ma non riuscii a trovarla, ed allora il mio cuore ricominciò ad abbattersi; mi venne solo alla mente quest'altra frase: «Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor. 1:30). Da queste parole io dedussi che anche l'altra frase era autentica.
231) Da quest'ultima citazione biblica appresi che l'Uomo Gesù Cristo, come è distinto da noi per quanto riguarda la sua presenza fisica, così è la nostra giustizia e santificazione davanti a Dio; perciò io vissi per un po' di tempo in dolce pace con Dio, per mezzo di Cristo. Oh, Cristo. Cristo! Mi sembrava che non ci fosse altri che Lui ai miei occhi: e non mi limitavo a considerare separatamente questo e quell'altro beneficio di Cristo, come quello del suo sangue e risurrezione, ma lo consideravo in tutta la sua pienezza! Come colui nel quale si incontravano queste e tutte le altre virtù, funzioni e attività, e come colui che sedeva alla destra di Dio nei Cieli.
232) Era meraviglioso per me vedere la sua esaltazione, e il valore e la supremazia di tutti i suoi benefici, e per questa ragione: che ora io potevo guardare da me a lui, e consideravo tutte quelle grazie di Dio che ora erano acerbe in me, come quegli spiccioli che i ricchi portano nella borsa, mentre il loro oro è a casa negli scrigni. Oh, comprendevo che il mio oro era a casa nello scrigno, in Cristo mio Signore e Salvatore! Ora Cristo era tutto: tutta la mia sapienza, la mia giustizia, la mia santificazione, la mia redenzione.
233) Inoltre, il Signore mi condusse anche a penetrare il mistero della unione con il Figlio di Dio: io ero legato a lui, ero carne della sua carne, ossa delle sue ossa; ed ora mi suonavano dolci quelle parole del passo di Efesini 5:30. In esse trovò maggior conferma in me la mia fede in lui, così come la mia rettitudine; poiché se lui ed io eravamo una cosa sola, allora la sua rettitudine era la mia, i suoi meriti erano i miei, ed anche la sua vittoria era la mia. Ora potevo vedermi contemporaneamente in Cielo e in terra: in Cielo per mezzo del mio Cristo, del mio capo, della mia giustizia e della mia vita; sulla terra per mezzo del mio corpo e della mia persona.
234) A questo punto io constatavo che Gesù Cristo era considerato da Dio, e doveva essere considerato anche da noi, come quella persona comune o pubblica, nella quale doveva essere riconosciuto tutto il corpo dei suoi eletti, poiché per mezzo suo noi abbiamo adempiuto alla legge, siamo risuscitati da morte, abbiamo ottenuto la vittoria sul peccato, sulla morte, sul demonio, sull'inferno. Quando egli è morto, noi siamo morti; e la stessa cosa è accaduta con la sua resurrezione : «Rivivano i tuoi morti! Risorgano i miei cadaveri! Svegliatevi ed esultate, o voi che abitate nella polvere! Poiché la tua rugiada è rugiada di luce, e la terra ridarà alla vita le ombre» (Is 26:19); ed ancora: «In due giorni ci ridarà la vita; il terzo giorno ci rimetterà in piedi, e noi vivremo alla sua presenza» (Os. 6:2); e questo è realizzato dal fatto che il Figlio dell'Uomo siede alla destra della Maestà che sta nei Cieli. Ed ancora, secondo Efesini 2:6: «ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù».
235) Tutte queste benedette Scritture, insieme a molte altre di natura simile, in quei giorni furono fatte risplendere davanti ai miei occhi, cosicché io ho motivo di esclamare: «Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nella distesa dove risplende la sua potenza. Lodatelo per le sue gesta, lodatelo secondo la sua somma grandezza» (Sl. 150:1,2).
236) Dopo avervi così dato, in poche parole, un assaggio del dolore e del tormento a cui fu sottoposta la mia anima per la colpa e il terrore che mi infliggeva quel mio empio pensiero; e dopo avervi anche dato un cenno della mia liberazione da esso, e del dolce e benedetto conforto che ne derivò (questo conforto dimorò nel mio cuore per dodici mesi, con mio ineffabile stupore), voglio ora, a Dio piacendo, prima di procedere, dirvi in poche parole quale, secondo me, fu la causa di quella tentazione; e, dopo di essa, quale vantaggio derivò infine alla mia anima.
237) Quanto alle cause, io ritenevo che fossero principalmente due, e per tutto il tempo fui profondamente convinto che per colpa di esse io ero afflitto e tormentato. La prima era che, quado ero stato liberato dalla prima tentazione, non avevo pregato incessantemente Dio di tenermi lontano dalle tentazioni successive: infatti, sebbene io possa dire in verità che la mia anima si dedicava molto alla preghiera prima che fossi sottoposto a quella prova, tuttavia pregavo soltanto, o per lo più, per l'allontanamento dei tormenti presenti, e pe fare nuove scoperte dell'amore di Cristo : il che, come scoprii in seguito, non era sufficiente. Avrei dovuto anche pregare perché il gran Dio mi tenesse lontano dal male che doveva venire.
238) Di ciò io fui fatto consapevole dalla preghiera del santo Davide, il quale, anche quando si trovava in stato di misericordia, continuava a pregare Dio di tenerlo lontano dal peccato e dalla tentazione a venire: "Trattieni inoltre il tuo servo dai peccati volontari, e fa' che non prendano il sopravvento su di me; allora sarò integro e puro da grandi trasgressioni" (Salmo 19.13). Proprio da queste parole sono stato accusato e condannato, attraverso la mia lunga tentazione.
239) C'erano anche altre parole che mi condannavano per essere stato così folle da aver trascurato questo dovere: «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno» (Eb. 4:16) la qual cosa io non avevo fatto, e perciò mi era toccato di peccare e di cadere, secondo quanto è scritto «Prega di non essere indotto in tentazione». E in verità questa cosa mi è di tal peso e preoccupazione, che non oso, quando mi presento davanti al Signore, cadere in ginocchio, finché non ho implorato da lui aiuto e misericordia contro le tentazioni a venire; e ti supplico, o lettore, di imparare a guardarti da una negligenza come la mia, per il tormento che io, a causa di essa, dolorosamente subii per giorni, mesi ed anni.
240) Un'altra causa di quella tentazione era che io avevo sfidato Dio, e precisamente in questo modo: mia moglie attendeva un figlio, e prima che fosse compiuto il tempo, le accadde di avere dei dolori acuti e terribili, come se fosse stata in travaglio, e stesse per avere un parto prematuro; ora, proprio a quel tempo, io ero stato fortemente tentato a mettere in discussione l'esistenza di Dio; perciò, mentre mia moglie giaceva gemendo accanto a me, io dissi con tutta la segretezza immaginabile, dentro di me: «Signore, se tu non libererai mia moglie da questo triste tormento, e non farai sì che non ne sia più afflitta questa notte [in quel momento i dolori l'avevano di nuovo aggredita], allora saprò che tu non puoi percepire i più segreti pensieri del cuore».
241) Avevo appena pronunciato queste parole fra di me, che mia moglie fu liberata dal dolore, e cadde in un sonno profondo che durò fino al mattino; e di ciò io mi meravigliai grandemente, non sapendo che cosa pensare. Ma dopo esser stato sveglio per un po', e aver sentito che mia moglie non si lamentava più, anch'io mi addormentai; e quando al mattino mi svegliai, mi ritornò tutto alla mente, anche quello che avevo detto dentro di me la notte precedente, e come il Signore mi aveva dimostrato che conosceva i miei segreti pensieri: e questo fu per me oggetto di grande stupore per molte settimane.
242) Ebbene, dopo circa un anno e mezzo, quell'empio e peccaminoso pensiero, di cui ho già parlato, attraversò il mio empio cuore: «Lascia che Cristo vada, se vuole»; cosicché, quando fui caduto in colpa per questo, il ricordo dell'altro mio pensiero, e del suo effetto, mi afferrò con questa risposta di rimando, che recava biasimo con sé: «Ora puoi vedere che Dio conosce i più segreti pensieri del cuore! ».
243) Ed inoltre, fui afferrato anche da quel passo che parla di quanto accadde fra il Signore e il suo servo Gedeone; come Gedeone sfidò Dio con il suo vello, bagnato ed asciutto, quando avrebbe dovuto credere e fidarsi della sua parola; perciò il Signore in seguito lo mise alla prova, tanto da mandare contro di lui una numerosissima schiera di nemici e, apparentemente, senza conferirgli forza o aiuto. (Giudici 6 e 7). Così egli mi punì, e giustamente, poiché io avrei dovuto prestar fede alla sua parola, e non porre un «se» alla onniveggenza di Dio.
244) Ed ora voglio esporvi qualcuno dei vantaggi che io ottenni da questa tentazione: primo, per mezzo suo io giunsi a possedere continuamente nell'anima un meraviglioso senso dell'esistenza e della gloria di Dio, e del suo diletto Figlio. Nella tentazione precedente, la mia anima era confusamente in preda a scetticismo, empietà, durezza di sentimenti, dubbi sull'esistenza di Dio, di Cristo, sulla verità del Verbo, e sulla certezza del mondo a venire; intendo dire che allora ero fortemente assalito e tormentato dall'ateismo; ma ora il caso era diverso, ora Dio e Cristo erano continuamente davanti a me, sebbene non a titolo di conforto, ma di smisurato terrore. La gloria della santità di Dio mi straziava, le viscere e la compassione di Cristo mi dilaniavano come se fossi stato sulla ruota: infatti non potevo considerarlo se non come un Cristo perduto e respinto, il ricordo del quale mi straziava continuamente le ossa.
245) Ora anche le Scritture erano cose meravigliose per me; mi rendevo conto che la loro verità e la loro realtà erano le chiavi del regno dei Cieli: quelli che sono preferiti dalle Scritture, erediteranno il regno dei Cieli; ma quelli che da esse sono opposti e condannati devono morire per sempre. Oh, le parole «Poiché le Scritture non possono essere infrante» mi straziavano il cuore, come quelle altre «Saranno rimessi i peccati di coloro i cui peccati rimetterai, e conservati i peccati di coloro i cui peccati conserverai». Ora io vedevo che gli Apostoli erano gli anziani della città del rifugio (Gs. 20:4): quelli che vi fossero ricevuti, sarebbero stati restituiti alla vita; ma quelli che fossero chiusi fuori, sarebbero stati uccisi dal vindice di sangue.
246) Una frase delle Scritture tormentava ed atterriva maggiormente il mio spirito, intendo fra quelle che stavano contro di me (come talvolta mi sembrava che ciascuna di loro facesse), più, in verità, di un esercito di 40.000 uomini che avesse potuto venirmi contro. Guai a colui contro il quale si volgono le Scritture.
247) Dalla mia tentazione io ero condotto a penetrare più profondamente che mai dentro la natura della promessa: infatti, ora che giacevo tremante sotto la possente mano di Dio, continuamente straziato dai tuoni della sua giustizia, scorrevo ogni pagina della Bibbia con estrema cura ed attenzione, e con grande serietà; e con molta diligenza mista a tremore ne consideravo ogni frase in tutta la sua forza ed ampiezza.
248) A causa di questa tentazione, inoltre, perdetti la mia sciocca abitudine di allontanare da me la Parola della promessa quando mi veniva alla mente. Infatti ora, sebbene non potessi succhiare dalla promessa dolcezza e conforto, come avevo fatto in altre occasioni, tuttavia, come chi sta per affogare, mi aggrappavo a tutto quello che vedevo; prima pensavo di non poter avere a che fare con la promessa, a meno che non ne sentissi il conforto; ma ora non c'era tempo per questo, il vindice di sangue mi stava incalzando troppo.
249) Perciò ora ero lieto di aggrapparmi a quelle parole, che finora avevo temuto di non aver il diritto di possedere; ed anche di penetrare nel profondo di quella promessa, che finora avevo temuto che sbarrasse la strada al mio cuore. Inoltre mi sforzavo di accettare la Parola così come Dio lo aveva esposto, senza limitarne la naturale forza neppure di una sillaba. Oh, quante cose vedevo ora in quel benedetto sesto passo di Giovanni: «Colui che viene a me, non lo caccerò fuori»! (Gv. 6:37). Ora incominciavo a pensare fra di me che Dio aveva una bocca con cui parlare più grande di quanto non fosse la mente con cui ragionavo; ed inoltre mi rendevo conto che egli non pronunciava le sue parole in fretta o con irriflessivo entusiasmo, ma con infinita giustizia, e in assoluta verità (2 Sa. 7:28).
250) In quei giorni, anche fra i più grandi tormenti, mi muovevo faticosamente verso la promessa (come fanno i cavalli su un terreno pesante, trascinandosi nel fango), concludendo, sia pure come uno privato del senno per la paura, che su questo brano mi sarei fermato, ed avrei lasciato la conclusione al Dio del Cielo che ne era l'autore. Oh, quanti attacchi dovette subire il mio cuore da parte di Satana per quel benedetto sesto capitolo di Giovanni; ora io non cercavo principalmente conforto, come avevo fatto altre volte (per quanto lo avrei accolto con immenso piacere), ma cercavo affannosamente una parola soprattutto, una parola su cui appoggiare un'anima stanca, per non sprofondare per sempre.
251) Spesso, quando mi rivolgevo alla promessa, mi sembrava che il Signore respingesse la mia anima per sempre: mi sentivo sovente come se fossi caduto sulle spine, e come se il Signore si fosse lanciato su di me con una spada fiammeggiante, per tenermi lontano da lui. Allora pensavo ad Esther, che era andata a supplicare il re in contrasto con la legge (Ester 16). Pensavo anche ai servi di Ben-Adad, che andarono dai loro nemici per implorare misericordia con il collo recinto di corde (1 Re 20:31); ed inoltre, la donna di Canaan, che non fu scoraggiata nemmeno dopo essere stata chiamata «cane» da Cristo (Mt. 15:22 ecc.), e l'uomo che andò a chiedere in prestito il pane a mezzanotte (Lu. 11:5,6,7,8, ecc.) costituivano per me motivo di grande incoraggiamento.
252) Non conobbi mai tanti alti e bassi nella grazia, nell'amore e nella misericordia, come dopo questa tentazione: i grandi peccati provocano grande misericordia; e dove la colpa è più terribile e feroce, là appare più alta e possente la misericordia di Dio in Cristo, quando si palesa all'anima. Quando Giobbe fu riscattato dalla cattività, "gli rese il doppio di tutto quello che già gli era appartenuto" (Gb. 42:10 ). Sia benedetto Dio per Gesù Cristo, nostro Signore. Potrei mettere in evidenza molte altre cose, ma, per essere breve, per questa volta le ometterò; e prego Iddio che i miei mali incutano in altri il timore di peccare, se non vogliono essere costretti a subire, come me, il giogo di ferro. Due o tre volte, in prossimità di essere liberato dalla mia tentazione, ebbi delle percezioni della grazia di Dio talmente singolari, che a stento riuscii a sopportarne il peso : era una sensazione così straordinaria e sorprendente, quando stava per raggiungermi, che, se fosse durata a lungo, credo che mi avrebbe reso incapace di lavorare.
253) Ora continuerò, riferendovi gli altri rapporti che il Signore ebbe con me in diverse altre occasioni, ed inoltre le tentazioni in cui mi imbattei. Incomincerò con quella che ebbi quando per la prima volta presi parte alle riunioni della gente di Bedford. Dopo che io ebbi esposto alla comunità di fedeli il mio desiderio di procedere con loro secondo i sistemi e i riti di Cristo, e dopo che fui ammesso fra di loro, mentre pensavo a quel santo rito di Cristo che fu l'ultima cena con i suoi discepoli prima della morte, il passo 22:19 di Luca «Fate questo in memoria di me » mi diventò enormemente prezioso; infatti per mezzo suo il Signore entrò nella mia coscienza con la scoperta della sua morte per i miei peccati, e fu, come allora mi sembrò, come se mi immergesse nel merito di essa. Ma badate, non ero da molto partecipe di quel rito, che fui assalito da certe feroci e tristi tentazioni, sia di bestemmiare quel rito, che di augurare del male e quelli che se ne nutrivano; tanto che, per non essere in ogni momento colpevole di acconsentire a questi empi e terribili pensieri, ero costretto ad implorare continuamente da Dio di tenermi lontano da tale empietà; ed inoltre a scongiurare Dio di benedire il pane e il vino mentre passavano di bocca in bocca; da allora penso che la ragione di questa tentazione sia che io non mi accinsi subito, con la dovuta riverenza, a partecipare a questo rito.
254) Continuai così per tre quarti di un anno, senza poter avere mai riposo e sollievo. Ma alla fine il Signore scese sulla mia anima con quella stessa Scrittura dalla quale ero già stato visitato; ed in seguito fui felicemente partecipe di quel benedetto rito, e vi percepii che il corpo del Signore era stato torturato per i miei peccati, e che il suo prezioso sangue era stato versato per le mie trasgressioni.
255) Un tempo io avevo una certa disposizione verso la tisi, tanto che, intorno ad una primavera, fui colto all'improvviso da una gran debolezza fisica, a tal punto che pensavo che non sarei sopravvissuto. Allora presi a fare un serio esame del mio stato e della mia condizione futura, e delle prove che possedevo per quel benedetto mondo a venire: infatti, e sia lodato il nome di Dio, mi è stato abituale sempre, ma specialmente nei periodi tormentati, sforzarmi di tener ben presente il mio interesse per la vita futura.
256) Ma avevo appena incominciato a richiamare alla memoria le mie precedenti esperienze della bontà di Dio nei confronti della mia anima, che mi si affollò alla mente una innumerevole serie di peccati e trasgressioni, fra i quali, quelli che a quel tempo mi tormentavano di più erano: la mia indifferenza, la mia lentezza e freddezza nei confronti dei doveri religiosi, le mie distrazioni, la mia insofferenza verso tutte le cose buone, la mia mancanza d'amore verso Dio, le sue vie, la sua gente; e, alla fine di tutto, questo pensiero: «Sono questi i frutti del Cristianesimo? Sono questi i segni di un uomo santo?».
257) Alla percezione di tutte queste cose, il mio malessere raddoppiò, poiché ora ero anche ammalato interiormente, e la mia anima era nelle pastoie della colpa; ora anche la mia precedente esperienza della bontà di Dio mi era sottratta dalla mente, e nascosta come se non fosse mai esistita e non l'avessi mai provata. La mia anima era premuta fra queste due considerazioni : «Vivere non devo, morire non oso». Sentivo che il mio spirito precipitava, e mi sembrava che tutto fosse perduto; ma, mentre camminavo sù e giù per la casa, in uno stato miserando, queste parole di Dio presero possesso del mio cuore: «Voi siete giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù» (Ro. 3:24). E quale servizio mi resero!
258) Mi sembrava di essere stato svegliato da un sonno e da un sogno penosi, e, ascoltando questa frase celeste, mi pareva di sentirla interpretata per me in questo modo: «Peccatore, tu pensi che, a causa dei tuoi peccati e debolezze, io non possa salvare la tua anima; ma vedi, il mio figlio è presso di me, ed io guardo a lui, non a te, e tratterò con te in considerazione di lui». Questo mi illuminò molto la mente, e mi fece comprendere che Dio poteva perdonare un peccatore in ogni momento; si trattava solo di guardare a Cristo, ed attribuire a noi i suoi meriti, ed era tutto fatto.
259) E mentre stavo così meditando, quest'altra Scrittura si impadronì fortemente del mio spirito «Egli allora ci ha salvati, e non per merito delle opere di giustizia che potevamo aver fatto, ma per la sua misericordia» (2 Tim, 1.9 - Tito 3.5).
Ora io mi sentivo un altro: mi vedevo tra le braccia della grazia e della misericordia; e sebbene prima temessi di pensare all'ora della morte, ora gridavo: «Fammi morire»; ora la morte era bella e piacevole ai miei occhi, poiché comprendevo che noi non vivremo veramente finché non saremo nell'altro mondo mi sembrava che questa vita non fosse altro che un dormiveglia in confronto all'altra. Inoltre, a quel tempo io riuscii a vedere nelle parole «eredi di Dio» (Ro. 8:17), più di quanto non potrò mai esprimere finché vivrò in questo mondo: «eredi di Dio!». Dio stesso è un'eredità dei santi: di questo mi rendevo conto con stupore, non so dirvi quanto.
260) Di nuovo, mentre in un'altra occasione mi trovavo ad essere molto malato e debole, il tentatore mi assalì duramente (io trovo che egli tende ad assalire un uomo quando sta per avvicinarsi alla morte : questa è la sua grande occasione), cercando con ogni mezzo di tenermi nascosta la mia precedente esperienza della bontà di Dio; ed inoltre, prospettandomi i terrori della morte e del giudizio di Dio: tanto che a quel tempo, per il timore di smarrirmi per sempre (se fossi morto in quel momento), mi sentivo morto prima ancora che sopraggiungesse la fine, e mi sembrava di stare già discendendo nell'abisso. Mi pareva che non ci fosse per me altra via che l'inferno; ma badate, proprio mentre mi trovavo nel mezzo di questi timori, piombarono su di me le parole degli Angeli che recavano Lazzaro in seno ad Abramo, come per dire: « Così sarà per te quando lascerai questo mondo ». Ciò rianimò dolcemente il mio spirito, e mi aiutò a sperare in Dio. E quando ebbi per un po' meditato su tutto questo, caddero su di me con gran possanza queste parole bibliche: «O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?» (1 Co. 15:55). Al che, io mi sentii subito bene nel corpo e nello spirito; infatti la mia malattia svanì di colpo, ed io procedetti confortevolmente nella mia opera per Dio.
261) Un'altra volta, sebbene io fossi stato fino a quel momento in condizioni di spirito buone e confortevoli, improvvisamente mi piombò addosso una gran nube di oscurità, che mi nascose a tal punto le cose di Dio e di Cristo, che mi sembrava di non averle mai viste né conosciute nella mia vita; ero così devastato, e in una disposizione di spirito così insensibile, che non riuscivo a sentire la mia anima muoversi o sollevarsi sotto l'impulso della grazia e della vita per mezzo di Cristo; mi sentivo come se le mie reni fossero spezzate, e le mie mani e i miei piedi fossero legati e costretti da catene. Allora sentii anche che la mia persona fisica cadeva in preda ad una grande debolezza, il che rese l'altro tormento ancor più pesante e spiacevole.
262) Dopo essere stato in questa condizione per tre o quattro giorni, improvvisamente, mentre sedevo accanto al fuoco, sentii risuonarmi nel cuore queste parole: «Devo accostarmi a Gesù». Al che la mia oscurità e il mio ateismo si dileguarono, e le sante cose del Cielo si palesarono ai miei occhi. Mentre ero sopraffatto dalla meraviglia, «Moglie, dissi, c'è una Scrittura che dice: «Devo accostarmi a Gesù». Ella mi rispose che non sapeva, perciò io mi misi a pensare se potevo ricordarmi quel passo; e non erano ancora passati due o tre minuti, che caddero su di me queste parole: «E alle miriadi degli Angeli», ed insieme il passo degli Ebrei che parla del monte Sion (Eb. 12:22,23,24).
263) Allora dissi a mia moglie, con gioia: «Ora so, ora so!»; e quella fu una buona sera per me, come ne avevo avuto poche. Incominciai a desiderare la compagnia di alcuni fedeli, per poter impartire loro quello che Dio mi aveva palesato. Cristo era prezioso alla mia anima quella sera: a mala pena potevo stare a letto per la gioia, la pace e il trionfo che avevo ottenuto attraverso Cristo; questo splendore non mi durò fino al mattino, tuttavia il dodicesimo capitolo di Ebrei mi confortò per molti giorni di seguito.
264) Le parole sono queste: «Voi vi siete invece avvicinati al monte Sion, alla città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, alla festante riunione delle miriadi angeliche, all'assemblea dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, il mediatore del nuovo patto e al sangue dell'aspersione che parla meglio del sangue d'Abele» (Eb. 12:22-24). Attraverso questa scrittura benedetta, il Signore mi condusse da una parola all'altra, e mi mostrò la gloria meravigliosa di ciascuna di esse. Da allora queste parole sono spesso state di grande sollievo per il mio spirito. Sia benedetto Iddio per aver avuto misericordia di me.