Preghiera/Porzioni giornaliere/Maggio: differenze tra le versioni
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La Chiesa è l'eredità di Cristo . L'ha | La Chiesa è l'eredità di Cristo. L'ha acquistata con il suo stesso sangue. Per questo è andato in cattività e l'ha riscattata versando per essa il Suo sangue prezioso. Ora questa eredità si gloria: "Affinché io possa gloriarmi della tua eredità". | ||
E di chi si gloria la Chiesa? Si gloria del Capo del suo patto. Non si gloria di se stesso: del suo sé pio, del sé giusto, del sé forte, del sé religioso; "Non si vanti il saggio della sua saggezza, né si vanti il potente della sua potenza, non si vanti il ricco delle sue ricchezze, ma chi si gloria, si vanti di questo, di comprendere e di conoscere me." "Chi si gloria, si glori nel Signore". La gloria della Chiesa è gloriarsi del Capo del suo patto: gloriarsi in Cristo e solo in Cristo; gloriarsi della sua forza, amore, sangue, grazia e giustizia; e gloriarsene, coperta di vergogna. | E di chi si gloria la Chiesa? Si gloria del Capo del suo patto. Non si gloria di se stesso: del suo sé pio, del sé giusto, del sé forte, del sé religioso; "Non si vanti il saggio della sua saggezza, né si vanti il potente della sua potenza, non si vanti il ricco delle sue ricchezze, ma chi si gloria, si vanti di questo, di comprendere e di conoscere me." "Chi si gloria, si glori nel Signore". La gloria della Chiesa è gloriarsi del Capo del suo patto: gloriarsi in Cristo e solo in Cristo; gloriarsi della sua forza, amore, sangue, grazia e giustizia; e gloriarsene, coperta di vergogna. | ||
Nessuno può gloriarsi in Cristo, finché non è spogliato della propria gloria. Non è possibile mettere la corona della gloria sul capo di sé E sul capo del Mediatore. Non c'è modo di dire: "Mi sono procurato questo con le mie sole forze", e di mettere la corona su quella testa. Non c'è modo di dire: "Ho ottenuto questo grazie ai miei sforzi" e di mettere la corona su quegli sforzi. NO; | Nessuno può gloriarsi in Cristo, finché non è spogliato della propria gloria. Non è possibile mettere la corona della gloria sul capo di sé E sul capo del Mediatore. Non c'è modo di dire: "Mi sono procurato questo con le mie sole forze", e di mettere la corona su quella testa. Non c'è modo di dire: "Ho ottenuto questo grazie ai miei sforzi" e di mettere la corona su quegli sforzi. NO; una persona per gloriarsi in Cristo deve essere coperta di vergogna e confusione. Deve essere umiliata nei suoi sentimenti; deve avere la bocca nella polvere; deve detestarsi nella polvere e nella cenere davanti a Dio; deve vedersi e sentirsi "il principale fra i peccatori, e «meno dell'ultimo tra tutti i santi»; deve sapere e sentirsi davvero un disgraziato! | ||
E poi, quando giace nella polvere dell'umiliazione, se la vista della gloria del caro Redentore cattura il suo sguardo e infiamma il suo cuore, egli si gloria in lui, e in lui solo. E tutta l'“eredità” di Dio si gloria in lui; non possono gloriarsi di nient'altro, e il loro conseguimento più alto è quello di porre tutta la gloria della salvezza dal primo all'ultimo semplicemente sul capo di Lui, al quale quella gloria appartiene. | E poi, quando giace nella polvere dell'umiliazione, se la vista della gloria del caro Redentore cattura il suo sguardo e infiamma il suo cuore, egli si gloria in lui, e in lui solo. E tutta l'“eredità” di Dio si gloria in lui; non possono gloriarsi di nient'altro, e il loro conseguimento più alto è quello di porre tutta la gloria della salvezza dal primo all'ultimo semplicemente sul capo di Lui, al quale quella gloria appartiene. | ||
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Versione attuale delle 22:32, 29 mag 2024
1 Maggio
"Io altresì vi dico: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto" (Luca 11:9)
Dovunque c’è vera preghiera, c’è "importunità", insistenza. Dovunque il Signore sottopone l'anima a prove, effonde su di essa lo spirito di grazia e di suppliche. Così incoraggia e permette all'anima di insistere presso di lui. Le benedizioni e i benefici della perseveranza e dell'insistenza nella preghiera il Signore li ha messo in risalto in due parabole: una, dell'uomo a letto con i suoi figli, che non voleva alzarsi per dare il pane al suo amico, ma tuttavia era sopraffatto dalla sua importunità. E l'altro, della donna, che aveva una questione legale, e andò davanti al giudice, che non temeva Dio, né aveva riguardo per alcuno; tuttavia, andando continuamente da lui, alla fine lo vince con la sua importunità (Luca 11:5-8; 18:1-7).
Così l'importunità e la perseveranza costituiscono il carattere stesso della vera preghiera. Se il figlio di Dio ha un peso sul cuore, se è sotto una forte tentazione, se la sua anima sta attraversando qualche prova urgente, non si accontenta semplicemente di andare al trono della grazia e poi andarsene. Nei tempi e nelle stagioni consentiti dal Signore vi è vera importunità; c'è una lotta sacra; ci sono desideri ferventi; ci sono gemiti incessanti; c'è una fatica per entrare nel riposo; c'è una lotta dopo la liberazione; c'è un grido al Signore, finché non appare e si manifesta nell'anima.
2 Maggio
"Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?" (Romani 8:35)
Non si dimentichi mai questo: se mai siamo stati avvicinati al Signore Gesù Cristo mediante atti di fede viva, non potrà mai esserci alcuna separazione definitiva ed effettiva da Lui. Nei momenti più bui, nelle ore più tristi, sotto gli esercizi più dolorosi, le tentazioni più ardenti, c'è, come con Giona nel ventre del pesce, un guardare nuovamente verso il Tempio santo. A volte c'è un sospiro, un grido, un gemito, un'espirazione del desiderio del cuore di "conoscere Lui e la potenza della sua risurrezione"; che ci avvicinerebbe a sé e si renderebbe prezioso per le nostre anime. E proprio queste grida e sospiri, gemiti e respiri, dimostrano tutti che qualunque sia l’oscurità della mente, il senso di colpa di coscienza o l’incredulità che possiamo provare, non esiste una vera separazione.
È nella grazia come nella natura; le nuvole non oscurano il sole; è ancora nel cielo, anche se spesso ne oscurano i raggi luminosi. E così con il benedetto Sole della giustizia; la nostra incredulità, la nostra ignoranza, la nostra oscurità della mente, il nostro senso di colpa, le nostre numerose tentazioni: queste non cancellano il Sole della giustizia dal cielo della grazia. Anche se spesse nuvole si frappongono tra lui e noi e ci fanno sentire come se fosse stato cancellato, o almeno come se fossimo stati cancellati dal suo ricordo, tuttavia, attraverso la misericordia, dove la grazia ha iniziato l'opera, la grazia la porta avanti..." Avendo fiducia proprio in questo, che colui che ha iniziato in voi un'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Gesù Cristo» (Filippesi 1:6).
3 Maggio
"Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi animo, io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33).
Il nostro cammino non è forse stato più o meno tribolato, da quando il Signore si è compiaciuto di volgere i nostri piedi sulla via stretta? Ma abbiamo trovato, troviamo mai la pace in Gesù? Desideriamo trovare la pace lì? Cerchiamo la pace, ci aspettiamo di goderne da qualche altra parte? Osiamo pensare, per un solo momento, alla pace in noi stessi, alla pace nel mondo o alla pace nel peccato? Il nostro cuore è così fisso su Gesù, i nostri occhi così rivolti a Lui, i desideri della nostra anima così attenti alle manifestazioni della sua misericordia e del suo amore, da essere sicuri che non vi sia pace degna di questo nome tranne quella che si trova in lui? I nostri periodi di pace potrebbero non essere stati lunghi, potrebbero essere stati transitori, molto transitori; tuttavia dolci finché durarono, e sufficienti a mostrare cos'è la vera pace, sufficienti a darci il desiderio di una sua manifestazione più chiara e a farci desiderare un suo godimento più pieno. Eppure il Signore conclude tutto con la dichiarazione solenne e benedetta che, sebbene il nostro percorso prestabilito sia quello della tribolazione nel mondo, tuttavia Egli lo ha vinto; il peccato non sarà il nostro padrone, il mondo non sarà il nostro vincitore, le cose del tempo e dei sensi non vinceranno su di noi. Possa Egli darci la dolce certezza che combatterà le nostre battaglie e ci porterà via più che vincitori.
4 Maggio
"... davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu fortificato per la sua fede dando gloria a Dio ed essendo pienamente convinto che, ciò che aveva promesso, egli era anche potente da effettuarlo" (Romani 4:20-21)
Questa era la fede di Abramo. Era una ferma fede nella promessa che Dio gli aveva fatto, e tuttavia una fede che viveva nell'opposizione, sperando contro ogni speranza ed essendo pienamente convinto che ciò che Dio aveva promesso quello avrebbe adempiuto. La nostra fede, quindi, se è genuina, deve assomigliare a quella di Abramo. Deve ancorarsi alla verità di Dio fatto vita e spirito per la nostra anima. Deve incontrare ogni opposizione dall'esterno e dall'interno; dal peccato, da Satana e dal mondo; dalla natura, dalla carne e dalla ragione, tutti combinati contro di essa. Nnonostante tutto, deve sperare contro ogni speranza ed essere pienamente persuaso che ciò che Dio ha promesso è in grado di compiere; e così con la perseveranza e la paziente attesa ottieni la vittoria.
Prendiamo un altro esempio, quello di Mosè: la sua fede era di questa natura. "Per fede Mosè, diventato grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone, scegliendo piuttosto di essere maltrattato con il popolo di Dio che di godere per breve tempo i piaceri del peccato" (Ebrei 11:24 , 25). La caratteristica peculiare della fede di Mosè era questa, che sebbene fosse altamente esaltato e avrebbe potuto godere di tutti i tesori e i piaceri dell'Egitto, tuttavia preferì deliberatamente soffrire l'afflizione con il popolo di Dio, piuttosto che godere di tutto ciò che la ricchezza poteva offrire. o piacere carnale presente. Egli guardava alla ricompensa finale e permanente, non a ciò che era temporaneo.
5 Maggio
"Non sapete voi che, se vi date a uno come servi per ubbidirgli, siete servi di colui a cui ubbidite: o del peccato che conduce alla morte o dell'ubbidienza che conduce alla giustizia?" (Romani 6:16).
C’è beatitudine nell’obbedienza. Di per sé "non ci salva", ma manifesta, testimonia, che l'opera compiuta dal Figlio di Dio ci coinvolge direttamente. Non c’è niente nei più alti atti di fede o di obbedienza di cui possiamo provare gioia per quanto compiuto da noi, niente di cui possiamo vantarci come nostro; eppure c'è una sacra beatitudine nell'obbedire all'Evangelo credendo nel Figlio di Dio, camminando nel timore di Dio e facendo quelle cose, professandole, che sono gradite agli occhi di Dio.
Cammina con carnalità, orgoglio e ipocrisia; vivi secondo le usanze mondane e conformati alle opinioni mondane, e porterai la tua anima nella miseria e nella schiavitù. Pertanto, anche se non possiamo trarre alcun merito né vantarci dell’obbedienza che possiamo rendere a Dio, tuttavia il sentiero della santa obbedienza è così sicuro, così benedetto, così onorante per Dio e così confortante per l’anima così favorita, che dovrebbe essere e sarà il desiderio di tutti coloro che veramente temono Dio di essere sempre trovati a camminarvi. E, oh beatitudine, se siamo capaci in qualche misura di obbedire alla volontà di Dio credendo nel suo caro Figlio e camminando nel suo timore, per scoprire in ogni tentazione e prova nella vita, nella morte, nella salute e nella malattia, che noi abbiamo un Sommo Sacerdote misericordioso e comprensivo, "autore di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono!"
6 Maggio
"L'Eterno ti risponda nel giorno dell'avversità; il nome del Dio di Giacobbe ti tragga in alto, in salvo; ti mandi soccorso dal santuario, e ti sostenga da Sion" (Salmo 20:1-2).
Quando dobbiamo attraversare l'ora della prova della tentazione, abbiamo bisogno dell'aiuto del "santuario". L'antico tempio di Gerusalemme costruito sul colle di Sion, simboleggiava il luogo dove Dio dimora. Il fedele vi si recava per esprimere fisicamente il suo desiderio di accostarsi a Dio, di rivolgersi a Lui nelle più diverse circostanze della sua vita, sia belle, per le quali ringraziava Dio, sia brutte ("il giorno dell'avversità") in cui chiedeva il Suo intervento. E' solo presso "il Santuario", cioè presso Dio in cui potremo trovare l'aiuto che ci è necessario. Rivolgerci a chiunque altro lascia l'anima esattamente dove si trova. Dove si trova oggi questo Santuario? Non cerchiamolo in qualche luogo fisico di questo mondo. Gesù disse alla Samaritana: "Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre" (Giovanni 4:21). Dio si trova presso Gesù, il Cristo, che, attraverso la Sua opera salvifica, ci riconcilia con Dio Padre e ci permette così di relazionarci efficacemente con Lui. Lo scrittore della lettera agli Ebrei, infatti, dice a coloro che a Cristo Gesù si affidano: "Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi al momento opportuno ... accostiamoci di vero cuore, con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell'aspersione che li purifica dalla cattiva coscienza e il corpo lavato d'acqua pura" (Ebrei 4:16; 10:22). Gesù, il Cristo di Dio, è il santuario di Dio, il tabernacolo, dove Egli dimora. Come l'antico sommo sacerdote poteva entrare nel luogo santissimo del tempio di Gerusalemme, solo lui era idoneo per farlo, così coloro che in Cristo sono resi "sacerdoti" idonei ad accostarsi a Dio: "... siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pietro 2:5). Le comunicazioni di vita e di grazia che ne derivano li rendono nuove creature e producono spiritualità e mentalità celesti. Il soffio del cielo nella loro anima solleva i loro affetti verso l'alto, li svezza dalla terra e li accosta a Dio, tanto che anche nel "giorno dell'avversità" essi possono in Lui trovare l'aiuto loro necessario. Dunque: "L'Eterno ti risponda nel giorno dell'avversità" e lo farà se sei "in Cristo".
[Nota rielaborata dal traduttore].
7 Maggio
"Da tempi lontani l'Eterno mi è apparso. 'Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà" (Geremia 31:3).
Il profeta Geremia qui parla a nome del popolo di Dio, in quel tempo in esilio a Babilonia. Quel "da tempi lontani" può anche tradursi "da luoghi lontani". Dio è apparso, si è manifestato loro in luoghi e tempi lontani, lontani per loro nel tempo e nello spazio. Valeva ancora per l'oggi e nel luogo dove il popolo di Dio si trovava? Certamente, perché l'amore di Dio per coloro che Egli ha fatto Suoi, coloro che ha destinato alla grazia della salvezza, è eterno ed immutabile. Come l'antico popolo di Israele, Egli non lo aveva abbandonato anche quando aveva subito la dura disciplina dell'esilio. Siamo noi ad essere mutevoli nei nostri pensieri, sentimenti, progetti o risoluzioni. Non Lui che sta al di là del tempo e trascende lo spazio. Dall'eternità ha deciso di riservarsi, nell'ambito dell'umanità perduta, "un residuo" di umanità, un popolo che gli sia fedele e testimoni di fede e di ubbidienza a Lui. Quel Suo proposito Egli lo mantiene sempre: lo ha fatto con l'antico Israele e lo fa oggi con coloro che sono in Cristo, la Sua Chiesa. Quel "perciò ti prolungo la mia bontà" può meglio essere tradotto con "ho continuato ad esserti fedele" o "ti ho attirato a me con amore" ["ho usata continua benignità inverso te" (Diodati)].
E' importante qui sottolineare come tale amore sia "in Cristo". Così come il Cristo, il Figlio di Dio, dall'eternità è sempre stato con Dio Padre ed oggetto del Suo amore, così coloro che sono in comunione con il Cristo (sia coloro che Lo attendevano anticamente che coloro che ne hanno accolto la venuta in Gesù di Nazareth) partecipano al Suo amore. Non possiamo porre fine a quell'amore, perché può finire solo con Lui stesso; e come non ha avuto inizio, così non ha fine. Il Suo amore quindi è come Sé stesso, il quale, poiché non ha conosciuto inizio, non conoscerà fine.
"Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? ... Poiché io sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Romani 8:33-35, 38-39). Oh, che misericordia è per coloro che hanno una tale conoscenza dell'amore di Cristo, credere che esso sia di eternità in eternità; che nessun incidente del tempo, nessuna tempesta di peccato o Satana, potrà mai cambiare o alterare quell’amore eterno, ma che esso rimane ora e rimarrà lo stesso per tutta l’eternità!
[Nota rielaborata dal traduttore].
8 Maggio
"Il pigro non arrostisce la sua caccia, ma la solerzia è per l'uomo un tesoro prezioso" (Proverbi 12:27)
Il testo biblico di oggi afferma che la diligenza è per l'uomo un bene prezioso. Se nel fare prosperare i nostri affari non lesiniamo di impegnarci con ogni solerzia, chi ha fede autentica in Cristo e Lo segue come Suo discepolo sarà ancora più diligente nel vivere come a Lui piace e servire la Sua causa nel mondo. Se il Signore, infatti, ha fatto qualcosa per la nostra anima mediante il Suo Spirito e la sua grazia, e ci ha dato qualcosa da gustare, maneggiare, realizzare e godere, sappiamo che c'è una sostanza e una realtà nelle cose in cui crediamo. La fede cristaina determinerà tutta la nostra vita; la nostra meditazione sarà esercizio quotidiano. La preoccupazione principale dei nostri pensieri sarà ciò che ha il peso maggiore nella nostra mente. E giustamente; perché è tutto per noi. Se abbiamo la fede di Cristo, la religione di Dio che si dona sarà al primo posto nel nostro cuore.
È vero che siamo circondati e spesso ostacolati da un corpo che ci trascina a peccare. Abbiamo molte preoccupazioni e ansietà mondane che si insinuano nelle nostre menti; e soprattutto coloro che sono occupati negli affari hanno molte cose per trascinarli dal cielo alla terra. Tuttavia, la fede di Cristo sarà necessariamente al primo posto nell'anima di chi Dio ha iniziato e sta portando avanti un'opera di grazia. Non che talora non sia tiepido e senza vitalità nelle sue preghiere e insensibile nei suoi affetti. Spesso, infatti possiamo essere trascinati dalli cose del tempo e dei sensi e vaghiamo nell'oscurità, nella carnalità e nella letargia. Nonostante tutto, però, c'è qualcosa nel nostro cuore che tende irresistibilmente verso l'alto, c'è qualcosa nel nostro cuore che insegue le cose preziose di Cristo e le solenni realtà dell'eternità. Per il cristiano sono necessariamente le più importanti. "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio e tutte queste cose vi saranno date in più" (Matteo 6:33).
9 Maggio
"Hai dato loro il tuo buono Spirito per istruirli, e non hai rifiutato la tua manna alle loro bocche, e hai dato loro dell’acqua quando erano assetati" (Neemia 9:20).
Quando siamo completamente svuotati di noi stessi, quando la nostra conoscenza si rivela ignoranza, la nostra saggezza follia, la nostra giustizia stracci sporchi e la nostra forza debolezza, allora iniziamo a desiderare ardentemente gli insegnamenti dello Spirito benedetto. Dobbiamo essere purificati e provati prima di poter valorizzare e ricevere i tesori della grazia. Quando siamo ben esercitati e provati nelle nostre anime, allora cominciamo a desiderare gli insegnamenti dello Spirito Santo, affinché Egli possa diffondere l’amore di Dio nella nostra anima, visitarci e guidarci, adombrarci con la sua santa presenza e lascia cadere nei nostri cuori la sua segreta unzione.
Prima di essere portati a quel punto, non conosciamo la personalità dello Spirito Santo. Non abbiamo alcuna prova nella nostra coscienza che egli sia Dio; non possiamo adorarlo e adorarlo come la Terza Persona nella divinità benedetta. Quando però siamo portati a questo punto – che non sappiamo nulla senza il suo insegnamento, non sentiamo nulla senza il suo dono e non siamo nulla senza la sua creazione – questo ci fa sospirare di ottenere i suoi insegnamenti e le sue indicazioni; e siamo portati ad aspettare nella posizione di santa adorazione e di calma quiete che la rugiada e l'unzione dello Spirito cadano sulla nostra coscienza.
10 Maggio
"Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio e chiunque ama colui che ha generato ama anche chi è stato da lui generato" (1 Giovanni 5:1).
Dove c'è amore per Gesù, ci sarà amore per coloro che Gli appartengono per redenzione, sono Suoi per rigenerazione e Suoi per possesso personale. Inoltre, quanto più vediamo e quanto più conosciamo la bellezza e la beatitudine del Signore della vita e della gloria, tanto più ameremo la Sua immagine allorché la contempliamo visibilmente segnata nel suo caro popolo, e tanto più ci aggrapperemo ad esso come a Cristo con tenero affetto.
È la nostra conoscenza oscura, scarsa e imperfetta di Dio Padre nel suo amore eterno; e del Signore Gesù Cristo nella sua grazia e gloria, che così spesso ci lascia freddi, senza vita e morti nei nostri affetti verso di Lui; e col declino dell'amore verso il Capo viene il decadimento dell'amore verso le sue membra. Se nella nostra anima ci fossero più benedette rivelazioni della Persona e dell'opera, della grazia e della gloria, della bellezza e della beatitudine del Signore Gesù Cristo, è impossibile che ci innamoreremmo di Lui sempre più calorosamente e teneramente; poiché egli è l'oggetto più glorioso che gli occhi della fede possano vedere. Riempie il cielo con i raggi splendenti della sua gloriosa maestà; e ha rapito i cuori di migliaia di suoi cari familiari sulla terra con le manifestazioni del suo amore sacrificale. Quindi se non lo amiamo è perché non lo conosciamo. Se dunque egli si rende prezioso per chi lo conosce, è evidente che proprio in proporzione alla nostra conoscenza personale, spirituale, sperimentale di lui sarà il nostro amore per lui.
11 Maggio
"L'uomo disse: “Lasciami andare, perché spunta l'alba”. E Giacobbe: 'Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!'" (Genesi 32:269.
È incoraggiante per il popolo del Signore, posto di tanto in tanto in circostanze simili di prova, esercizio, perplessità, dolore o angoscia come Giacobbe, vedere il risultato benedetto della sua lotta con l'angelo. Attraversa il guado dello Jabbok in ogni debolezza e lo riattraversa con tutta forza. Lascia la sua famiglia e lotta da solo, come un Giacobbe sconfitto; restituisce loro un Israele vittorioso. Si rivolge al Signore in un'agonia di dubbio e di allarme, temendo in ogni momento che lui e tutto ciò che gli era caro venissero spazzati via dalla faccia della terra; ritorna con la benedizione del Signore nell'anima, con la luce del volto del Signore innalzata su di lui.
E questo esempio non è stato registrato per l'istruzione e la consolazione della famiglia vivente del Signore? Non si trovano di tanto in tanto in circostanze che assomigliano letteralmente a quelle di Giacobbe? Non hanno forse simili difficoltà e simili necessità? E il Signore non suscita di tanto in tanto nei loro cuori la stessa fede da far presa nel loro cuore? La stessa importunità per tener duro? E Colui che aveva dato a Giacobbe una liberazione così misericordiosa - Colui che aveva registrato nella sua santa parola questo straordinario evento nella vita di Giacobbe per l'edificazione e l'istruzione del suo popolo in tutti i tempi - non esaudir' Giacobbe e non esaudirà loro? È dispregiativo nei confronti dell' "Uomo dei dolori" che partecipa alla nostra debolezza; è tradimento contro la Maestà del cielo credere che un figlio di Dio in circostanze simili non possa andare al Signore in un modo simile e non ricevere una benedizione simile.
12 Maggio
"Quanto a me, io sono misero e povero, ma il Signore ha cura di me. Tu sei il mio aiuto e il mio liberatore; o Dio mio, non tardare!" (Salmo 40:17).
Ci sono momenti solenni quando pensi al Signore? Quando rimani sveglio, forse in piena notte, pensando a Dio, alla sua verità, al suo amore, alla sua parola, ai suoi rapporti con te, e i tuoi desideri, le tue preghiere e i tuoi respiri si riversano tutti verso la sua sacra Maestà - non è forse questo un po la prova che stai pensando al suo Nome? E stai certo che se pensi a lui, lui ha pensato a te.
Guarda la moltitudine della più gran parte delle persone. Pensano a Dio? Gesù si è mai sentito prezioso per loro? Sono ansiosi di abbeverarsi da lui solo come la cerca cerca l'acqua nel derto? NO; dicono: "Non esiste Dio", anche se non espressamente, nella loro lingua interiore, nei fatti
Ma per misericordia puoi dire che pensi a Dio; e quindi c'è qualche prova, anche se non puoi esserne sicuro, che lui pensa a te. E se pensa a te, i suoi pensieri sono pensieri di bene, pensieri di pace, e non di male. Non ti legge forse il cuore? Il suo occhio santo non scruta forse i recessi più segreti della tua anima? E se pensa a te, forse che ti lascerà, rinuncerà a te, ti abbandonerà nell'ora in cui avrai più bisogno di lui? NO; colui che ti ha pensato nell'eternità, ti penserà nel tempo, in ogni prova, in ogni tentazione, in ogni malattia, e nell'ora solenne in cui anima e corpo si separano. Attraverso la vita e la morte penserà ancora a te; e vi condurrà infine a quella dimora celeste dove queste due cose saranno felicemente combinate: il pensiero del Signore alla sua Sion, e la sua Sion che pensa sempre a lui.
13 Maggio
"Tira fuori la lancia e chiudi il passo ai miei persecutori; di' all'anima mia: “Io sono la tua salvezza” (Salmo 35:3).
L'acqua fresca è quella corrente, non quella stagnante. E per mantenere alta nell'anima la vita di Dio, occorrono continui esercizi. Questo è il motivo per cui il popolo del Signore ha così tanti conflitti, prove, esercizi dolorosi, dolori acuti e profonde tentazioni, per mantenerlo vivo davanti a Dio; per portarli fuori e per tenerli fuori da quello stato pigro, indolente, miserabile di sicurezza carnale e mortale in cui tanti sembrano essersi addormentati - addormentati come il marinaio sulla cima dell'albero maestro, senza sapere quale abisso ribolla di sotto. Il Signore, quindi, "mette alla prova i giusti". Non permetterà al suo popolo di stare tranquillo in Sion; sistemarsi sulle loro fecce e cadere nella miserabile condizione degli antichi moabiti. Perciò manda su di loro afflizioni, tribolazioni e prove e permette a Satana di tentarli e molestarli.
E sotto questi sentimenti lo Spirito benedetto, di tanto in tanto, suscita in loro questo sospiro e grida: "di' all'anima mia: 'Io sono la tua salvezza'". Nessuno tranne te, Signore, può salvarmi; niente se non la tua voce può sussurrare pace alla mia coscienza; niente, tranne il tuo sangue, può allontanare la colpa dalla menzogna come un pesante fardello sul mio cuore; niente di meno del tuo amore effuso dallo Spirito Santo può rendere felice la mia anima in te.
14 Maggio
"E non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?" (1 Corinzi 6:19).
C'è un senso benedetto in queste parole: "non appartenete a voi stessi". Ricorda che devi essere necessariamente di qualcuno. Non c'é neutralità possibile. Se Dio non è il tuo padrone, lo sarà il suo avversario, il diavolo; se la grazia non regna, regnerà il peccato; se Cristo non è il tuo tutto, il mondo lo sarà. Non è che potessimo vagare all’estero in perfetta libertà. Qualcuno ci considererà proprii. Dobbiamo avere un maestro di un tipo o dell'altro; e ciò che è meglio, un generoso e benevolo Benefattore come Dio ha mai dimostrato di essere; un Genitore misericordioso, amorevole e tenero; un padre e amico gentile e indulgente; e un Redentore dal cuore tenero e compassionevole, capace di salvarci fino in fondo; o un diavolo crudele, un mondo miserabile e un cuore malvagio, vile, abominevole?
Che cosa è meglio: vivere sotto le dolci costrizioni dell'amore sacrificare di un caro Redentore; sotto le influenze dell'Evangelo, i principi dell'Evangelo, le promesse dell'Evangelo e gli incoraggiamenti dell'Evangelo? Oppureo camminare in una libertà immaginaria, con il peccato nel cuore, esercitandovi dominio e maestria; e legarci con catene di ferro all'inevitabile giudizio del Gran Giorno?
Anche considerando solo la vita presente, c'è più vero piacere, soddisfazione e felicità in mezz'ora con Dio, nella dolce unione e comunione con il Signore della vita e della gloria, nel leggere la sua Parola con cuore credente, nel trovare accesso alla sua presenza sacra, nel conoscere qualcosa del suo favore e della sua misericordia: c'è una felicità più solida in mezz'ora così trascorsa nel vero servizio di Dio, che in tutti i piaceri del peccato, tutte le concupiscenze della carne, tutto l'orgoglio della vita e tutti i divertimenti che il mondo abbia mai escogitato per ammazzare il tempo e ingannare se stessi, pensando, con un pentimento sul letto di morte, di ingannare finalmente il diavolo.
15 Maggio
"Poiché foste comprati a prezzo; glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1 Corinzi 6:20).
Pochi se ne rendono conti, e persino lo negano, ma 1uanto profondo, quanto terribile, di quale grandezza allarmante, quanto nera deve essere la tinta, quanto radicata deve essere l'impronta del peccato, per rendere necessaria una simile espiazione - nientemeno che del sangue di colui che era il Figlio di Dio! Che schiavo del peccato e di Satana, che prigioniero del potere della lussuria, quanto profondamente sprofondato, quanto terribilmente degradato, quanto completamente perduto e disfatto deve essere l'essere umano colpevole per aver bisogno di un sacrificio come questo! "Foste comprati a [caro] prezzo" Hai mai sentito la tua schiavitù al peccato, a Satana e al mondo? Hai mai gemito, pianto, sei stato addolorato, ti sei lamentato per la tua miserabile prigionia al potere del peccato? Quel "ferro" ti è mai entrato nell'anima? Hai mai fatto tintinnare le tue catene, e mentre lo facevi, e cercavi di romperle, sembrava che ti stringessero intorno con un peso insopportabile?
Ma hai mai trovato qualche libertà da loro, qualche conforto del cuore, qualche dolce uscita dalla prigione, qualche allentamento delle manette dalle tue mani e dei ceppi dai tuoi piedi, così da camminare in qualche misura nella libertà dell'Evangelo?
"Foste comprati a [caro] prezzo" Eri schiavo del peccato e di Satana; eri rinchiuso nella cella buia, dove tutto era tristezza e sconforto; c'era poca speranza nella tua anima di essere mai salvato. Ma hai visto il raggio di sole dell'Evangelo che entrava nella tua prigione; ti si sono aperte le porte del carcere dov'eri schiavo; hai sentito d'essere stato portato alla luce del volto di Dio, che risplendeva nel suo caro Figlio. Ora, questo non significa solo comprarti a caro prezzo, ma sperimentarne gli effetti benedetti.
16 Maggio
"Un uomo sarà come un riparo dal vento, come un rifugio contro l'uragano, come dei corsi di acqua in luogo arido, come l'ombra di una grande roccia in una terra che langue" (Isaia 32:2).
Chi è quest'uomo? E' superfluo fare a voi questa domanda. Non c'è forse una risposta in ogni cuore timorato di Dio? È l'uomo Cristo Gesù, l'uomo per eccellenza che è compagno di Dio. Quanto è benedetto avere una visione scritturale e spirituale dell’umanità del Signore Gesù Cristo, vederlo non semplicemente come Dio, Dio veramente essenziale, uno in essenza, gloria e potenza con il Padre e lo Spirito benedetto, ma anche l'uomo, fatto in tutto simile a noi, escluso il solo peccato.
E quale idoneità c'è nell'umanità del Signore Gesù, quando la consideriamo in unione con questa gloriosa Divinità! Come uomo ha sofferto, come uomo ha sanguinato, come uomo è morto, come uomo è Mediatore per i suoi simili tra Dio e l'uomo; come uomo, ha un cuore affettuoso, compassionevole e solidale con le sofferenze umane; come uomo, ha ubbidito alla legge in ogni particolare; come uomo, ha portato tutte le sofferenze dei Suoi eletti, e così è diventato il Fratello nato per le avversità, carne della nostra carne e osso delle nostre ossa; eppure perfettamente puro, innocente, incontaminato, separato dai peccatori e ora esaltato più in alto dei cieli.
Ma quale bellezza, grazia, gloria e idoneità vediamo nell'uomo Cristo Gesù, finché non viene rivelato all'anima dallo Spirito benedetto? Nessuno! È lo Spirito che prende l'umanità di Cristo Gesù e la mostra allo sguardo della fede. E questa umanità non la mostra come semplice umanità, ma come in unione con la sua eterna Divinità, sebbene distinta da essa. Oh quest'uomo beato!... quest'uomo dei dolori; quest'uomo sofferente, agonizzante, crocifisso. Guardatelo sulla croce, sanguinante per i vostri peccati; e poi alza gli occhi e guardalo come lo stesso uomo alla destra di Dio. Questa fu la visione di Stefano morente poco prima di passare alla sua presenza: "Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di Dio" (Atti 7:56).
17 Maggio
"Poiché siamo stati salvati in speranza. Ora la speranza di ciò che si vede non è speranza; difatti, quello che uno vede perché lo spererebbe ancora?" (Romani 8:24).
Qual è il significato di essere salvati in speranza? Non significa salvato “effettivamente”, ma “strumentalmente”; salvati non rispetto alla nostra sicurezza eterna, ma rispetto alla nostra 'esperienza di salvezza'. Mediante la speranza siamo strumentalmente salvati dalla disperazione, salvati dal voltare le spalle a Cristo e all'Evangelo, salvati dal guardare a qualsiasi altro Salvatore, o a qualsiasi altra salvezza; e soprattutto salvati dal fare di questo mondo e di questa vita la nostra felicità e la nostra dimora permanente, come «attesa paziente di ciò che non vediamo», perfino «la redenzione del nostro corpo».
Ora, è per la speranza che ci aggrappiamo al Signore Gesù, e così per questa grazia dimoriamo in Lui. Si parla quindi di "un'ancora dell'anima sicura e salda, che entra in ciò che è oltre il velo". Che cosa tiene salda la nave nella tempesta e le impedisce di sfracellarsi sugli scogli? L'ancora! La nave resta salda finché regge l’ancora. Quindi mediante la speranza l'anima dimora in Cristo. È "all'interno della cortina"; siamo fuori e, può darsi, sbattuti su e giù in un mare di dubbio e paura, angoscia e ansia, eppure c'è un legame di unione tra lui e noi più solido del Cavo Atlantico.
18 Maggio
"Farò con loro un patto eterno, che non mi allontanerò più da loro per cessare di fare loro del bene; metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me" (Geremia 32:40).
Quando il timore di Dio nasce in un'anima credente, ed è mantenuto e tenuto vivo dalle influenze che provengono dal Cristo come Capo del patto, esso produce, come suoi effetti, il dimorare in lui. Non possiamo allontanarci da Lui, perché il timore di Dio è nel nostro cuore. È quindi chiamato “una fonte di vita per liberarsi dalle insidie della morte”. Se è una fonte di vita, deve essere alimentata da Colui che è la vita; e mentre si allontana dalle insidie della morte, si attacca a Lui più pienamente e strettamente man mano che queste insidie vengono spezzate e lasciate indietro.
Se esaminiamo i movimenti del santo timore nel nostro cuore, vedremo che tutte le sue tendenze sono verso la vita e la Fonte della vita; verso l'odio del peccato e l'amore alla santità; verso un desiderio di godimento delle realtà celesti e un'insensibilità verso le cose temporanee e sensuali; verso una conoscenza di Cristo nella manifestazione di sé stesso e un desiderio di vivere di più alla sua lode, di camminare di più sulle sue orme e di essere maggiormente conformi alla sua immagine sofferente.
Ora, poiché nessuna di queste cose può realizzarsi se non mediante la comunione con il Cristo e il dimorare in Lui, vediamo come il timore di Dio aiuti e sia necessario a tale permanenza. Infatti, proprio quando il timore di Dio nell'anima si indebolisce, avviene un graduale allontanamento e un sensibile declino di questo dimorare in Cristo.
19 Maggio
"La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali" (Colossesi 3:16).
Questo significa sicuramente qualcosa di più della semplice lettura della parola in modo distratto e formale. Essa deve "abitare in noi", cioè prendere dimora salda e duratura nel nostro cuore, e ciò "riccamente"; non poveramente e in maniera avara, ma copiosamente e abbondantemente, schiudendosi a noi e mettendoci in possesso della ricchezza dei suoi tesori; e questo con "ogni sapienza", rendendoci sapienti per la salvezza, schiudendoci la multiforme sapienza di Dio, e come essa si manifesta nel grande mistero della pietà. Questa Parola, inoltre, è possibile, anzi, dobbiamo carntarla, perché il canto è uno de modi più efficaci di imprimerla nel nostro cuore.
Ora, non raggiungeremo questa ricca e celeste saggezza a meno che non investighiamo e studiamo le Scritture con preghiera e supplica per comprendere ciò che lo Spirito Santo ha rivelato in esse e ciò che Egli si compiace di svelare da esse della volontà e della via di Dio per noi stessi. istruzione personale e consolazione.
Molto facilmente cadiamo dal dimorare in Cristo; né possiamo aspettarci di mantenere una sensata unione e comunione con il Signore Gesù se trascuriamo quei mezzi di grazia che lo Spirito Santo ha provveduto per il sostentamento della vita di Dio nell'anima. Quando diventiamo freddi, pigri e morti, leggere la parola di Dio è un compito e un peso; ma non così, quando la vita di Dio è calda e sgorga nell'anima. Quindi, leggere la sua santa parola con preghiera e supplica, cantarla, entrando per fede nei suoi tesori nascosti e bevendo nella mente di Cristo come in essa rivelata, è un mezzo benedetto per mantenere la vita di Dio nel cuore e mantenere l’unione e la comunione con Cristo.
20 Maggio
"Egli tornerà ad avere pietà di noi, si metterà sotto i piedi le nostre colpe e getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati" (Michea 7:19).
Quando Dio prenderà con le sue mani tutte le nostre iniquità e le getterà con il suo braccio negli abissi del mare, esse non torneranno più a galla da quelle profondità per testimoniare contro di noi nel giorno grande e terribile del Giudizio. I tuoi peccati ora possono sembrare tutti vivi nel tuo petto, e ognuno di essi portare accusa su accusa contro di te. Questo peccato grida vendetta e quello punizione. Questo scivolone, questa caduta, questa trasgressione, questa parola stolta, questa azione sbagliata, tutto testimonia contro di te davanti al tribunale della coscienza. Fai quello che puoi, sii dove puoi, vivi come puoi, veglia e prega come puoi, resta in silenzio e separato dal mondo o anche dalla tua stessa famiglia come puoi, il peccato ancora si muove, vive, agisce, opera e spesso ti porta al senso di colpa e alla schiavitù.
Ma se Dio ha avuto pietà di noi ha gettato con le sue mani tutti i nostri peccati negli abissi del mare, e quei peccati non hanno più occhi per guardarci con rabbiosa indignazione, non hanno più lingue per parlare contro di noi a voce. di accusa, non hanno più vita in loro per sollevarsi e testimoniare che sono stati commessi da noi, che la legge di Dio è stata infranta da loro, e che quindi siamo sotto la sua condanna e maledizione. E non c'è verità nella parola di Dio più certa del completo perdono dei peccati e della presentazione della Chiesa di Cristo nel grande giorno senza difetti davanti alla presenza della sua gloria con gioia immensa.
21 Maggio
"Saziaci al mattino della tua grazia, e noi esulteremo, gioiremo tutti i nostri giorni" (Salmo 90:14).
Molti dei cari figli di Dio sono gettati su e giù in un mare di grande incertezza, dubbio e paura, perché non hanno avuto manifestazioni sensibili di Cristo nella loro anima. Non è entrato in loro con la potenza del suo amore; tuttavia spesso dicono: "Quando verrai da me? Visitami con la tua salvezza; di' una parola alla mia anima; sei tu, e solo te, che voglio sentire, vedere e conoscere!".
Questi, però, sono disegni del Signore misericordioso, gli inizi segreti della sua venuta, gli araldi del suo approccio, l'alba del giorno prima che sorga la stella del mattino e il sole segua le sue tracce. Quando il Signore verrà in qualche dolce manifestazione della sua presenza o del suo potere, allora rimarrà dov'è venuto, poiché non lascia né abbandona mai un'anima che ha visitato una volta. Può sembrare che lo faccia; può ritirarsi; e allora chi può vederlo? Ma non lascia mai veramente il tempio che un tempo ha adornato e santificato con la sua presenza. Cristo plasma nel cuore del suo popolo la speranza della gloria; il loro corpo è tempio dello Spirito Santo e Cristo abita in loro mediante la fede. Anche se spesso piangiamo la sua apparente assenza e non sentiamo la sua presenza benevola come vorremmo, egli è comunque lì, se è venuto una volta.
22 Maggio
"Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede" (1 Giovanni 5:4).
La salvezza comporta una fede vittoriosa, una fede che trionfa sulla morte e sull'inferno e prevale su ogni nemico interno, esterno e infernale. Questo è proprio lo stato della questione: dobbiamo vincere o essere conquistati; dobbiamo vincere la giornata ed essere incoronati con una corona immortale di gloria, oppure sprofondare nella lotta, sconfitti dal peccato e da Satana. Ma nessuno del popolo di Dio sarà sconfitto nella lotta; eppure spesso sembriamo, per così dire, sfuggire alla sconfitta per il rotto della cuffia; tuttavia la fede prima o poi avrà la meglio, perché Gesù ne è il compitore e allo stesso tempo l’autore. Coronerà di gloria eterna la fede del proprio dono. Non permetterà mai che la sua cara famiglia venga sopraffatta nel buon combattimento della fede, poiché darà forza a ogni braccio debole e potenza a ogni ginocchio debole, e si è impegnato a portarli via più che vincitori.
Così, mentre lo Spirito del Signore si compiace di operare nell'anima con la sua energia viva, egli rafforza sempre più la fede per credere nel nome dell'unigenito Figlio di Dio, per ricevere sempre più sostegni dalla sua pienezza, per lottare sempre più sinceramente con Dio per una benedizione spirituale, per resistere più fermamente nel giorno malvagio contro ogni nemico che l'attacca, per combattere più strenuamente il buon combattimento della fede, e non gridare mai sconfitta finché la fede non raggiunge il suo fine glorioso, che è vedere Gesù così com'è nei regni del giorno eterno.
23 Maggio
"Confida in lui in ogni tempo, o popolo; spandi il tuo cuore nel suo cospetto; Dio è il nostro rifugio" (Salmo 62:8).
Non ci è stato forse talvolta permesso di aprire il nostro cuore di fronte al Trono della grazia per dire al Signore ciò di cui avevamo veramente bisogno, e dirgli che solo ciò che Lui avrebbe potuto darci avrebbe soddisfatto la nostra anima? Ci sono stati indubbiamente nella nostra esperinza momenti simili di accesso al Dio della grazia. E poi forse abbiamo dimenticato le cose che gli avevamo detto in preghiera, siamo stati incuranti delle preghiere che abbiamo posto ai suoi piedi! Sebbene in quel momento fossimo molto impegnati nel ricercare certe benedizioni, le labbiamo lasciate ai piedi del Signore e tutte le abbiamo poi dimenticate.
Il Signore, però, non dimentica quelle nostre preghiere; sono custodite nel Suo cuore e nella Sua memoria; e a suo tempo le porta alla luce e ne darà compimento. Prima di farlo, tuttavia, ci porterà nel punto in cui ne avremo di nuovo bisogno; e allora dovremo dirglielo ancora, supplicarlo, chiederglielo di nuovo, vergognandoci forse di noi stessi per aver chiesto al Signore queste benedizioni e di essere stati così incuranti di esse come se non ci preoccupassimo di riceverle dalla sua mano. Nella difficoltà, nella necessità dell'anima, nel dolore, andiamo a raccontarglielo di nuovo. E poi il Signore, a suo tempo e modo, realizza proprio le cose che desideravamo da Lui; apre vie, solleva dalle prove, rimuove i pesi, apre una via nell'abisso, cosa che nessun occhio tranne il Suo può vedere, e nessuna mano tranne la Sua può aprire. Allora condurrà in quello l'anima nostra, condurrà la nostra anima attraverso di esso. Poi nasconderà ogni gloria alla creatura, facendoci prostrare ai Suoi piedi per attribuire gloria, onore, potenza, rendimento di grazie e salvezza solo a Dio e all'Agnello.
24 Maggio
"Se dunque voi siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di sopra dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Abbiate l'animo alle cose di sopra, non a quelle che sono sulla terra, poiché voi moriste e la vita vostra è nascosta con Cristo in Dio" (Colossesi 3:2).
L'umanità, ribellandosì a Dio e volendo essere dio e legge a sé stessa, ha sporcato e contaminato questo mondo da ogni punto di vista tanto da rendere ogni cosa vile e meschina. Solo il Signore e Salvatore Gesù Cristo ci ha fatto conoscere ciò che è bello, buono, giusto e di valore permanente. La grazia di Dio ci ha rigenerati a nuova vita, ci ha "risuscitati" con Lui e ci sta tirando fuori dal fango di questo mondo. Guardiamo perciò con speranza "alle cose di sopra", dove ora Cristo è seduto accanto a Dio, nel posto di maggior onore, e da dove ritornerà per trasformare questo mondo ripulendolo completamente. Le "cose della terra", quelle di cui tanto si interessano le persone inconvertite, non solo non ci attraggono più, ma ci disgustano nella loro totale futilità. Il nostro animo non è più rivolto ad esse. Per esse siamo come morti. La nostra vita "è nascosta" con Cristo in Dio. Perciò viviamo ora la nostra vita sottoponendone ogni aspetto alla Sua signoria vitalizzante in attesa del Suo ritorno.
Non sorprende così che, dopo aver conosciuto il Cristo, quali siano gli scopi più alti di questo mondp, i suoi scopi più elevati, le sue attività più grandi, i suoi impieghi più nobili, privi della grazia dell'Evangelo, ci appaiano vili e senza valore. Tutte le attività della terra, qualunque siano le grandi conquiste che gli uomini possono raggiungere in questa vita, siano esse di ricchezza, rango, cultura, potere o piacere, finiranno nel fallimento e nel disonore. Il soffio del dispiacere di Dio depone nella tomba tutto ciò che è ricco e potente, alto e orgoglioso; "Poiché l'Eterno degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque si innalza, per abbassarlo" (Isaia 2:12). Così quell’efficace opera della grazia sul cuore, mediante la quale i vasi scelti della misericordia vengono liberati dal potere delle tenebre e traslati nel regno del caro Figlio di Dio, può ben essere definita una “alta vocazione”, perché li chiama fuori da quelli occupazioni basse e vili, da quei giocattoli terreni, da quelle passioni vili e sensuali nelle quali i figli degli uomini cercano insieme la loro felicità e la loro rovina, per portarci alla conoscenza e al godimento delle cose di Dio.
[Rielaborazione del traduttore]
25 Maggio
"... sconosciuti, eppur ben conosciuti; moribondi, eppur eccoci viventi; castigati, eppur non messi a morte" (2 Corinzi 6:9).
Sebbene messi a morte, e moriamo ogni giorno, tuttavia ecco, viviamo; e in un certo senso, più moriamo, più viviamo! Quanto più moriamo a noi stessi, tanto più moriamo al peccato; quanto più moriamo all'orgoglio e all'ipocrisia, tanto più moriamo alla forza della creatura; e quanto più moriamo alla natura peccaminosa, tanto più viviamo alla grazia. E questo attraversa tutta la vita e l’esperienza di un cristiano. Ciò che è naturale deve morire affinché la grazia possa vivere. Bisogna estirpare la zizzania affinché il raccolto cresca; la carne sia affamata affinché lo spirito possa essere nutrito; si spoglia l'uomo vecchio per rivestire l'uomo nuovo; le opere del corpo siano mortificate affinché l'anima possa vivere per Dio. Poiché allora moriamo, viviamo. Quanto più moriamo alle nostre forze, tanto più viviamo per la forza di Cristo; quanto più moriamo alla speranza creaturale, tanto più viviamo ad una buona speranza mediante la grazia; più moriamo per la nostra giustizia, più viviamo per la giustizia di Cristo; e quanto più moriamo per il mondo, tanto più viviamo per il Signore Dio.
Questo è il grande mistero, che il cristiano muore sempre, eppure vive sempre; e quanto più muore, tanto più vive. La morte della carne è la vita dello spirito; la morte del peccato è la vita della giustizia; e la morte della creatura è la vita stessa di Dio nell'anima.
26 Maggio
“Stringe nella destra la freccia che indica Gerusalemme. Egli ordina di dare il grido di battaglia, di disporre strumenti di guerra contro le porte della città, di innalzare terrapieni e costruire torri. La gente di Gerusalemme però non crede a quel che vede, perché si sente protetta dal patto concluso. Il re di Babilonia invece ricorda il loro tradimento e li avverte che saranno catturati. Allora io, il vostro Dio, il Signore, dichiaro: Voi non avete fatto nulla per far dimenticare le vostre colpe, anzi avete manifestato la vostra disubbidienza e i vostri peccati in ogni azione. Vi siete fatti notare e ora sarete presi dal nemico. E tu, infame e sacrilego principe d'Israele, sappi che il tuo giorno è arrivato, il tuo comportamento malvagio avrà fine” (Ezechiele 21:27-30 TILC).
Il re di Babilonia aveva consultato i suoi déi e si era deciso: si sarebbe volto con le sue orde armate verso Gerusalemme e il regno di Giuda, l‘avrebbe conquistato e distrutto. Il re di Giuda si era sentito sicuro che Dio l’avrebbe protetto e che il suo piano di ribellarsi al dominio dei babilonesi avrebbe avuto successo. Era una falsa sicurezza perché, secondo la profezia di Ezechiele, sarebbero stati puniti per la loro infedeltà a Dio: cosa molto più seria. Gerusalemme non avrebbe più avuto un re legittimo. Ogni loro piano in quel senso sarebbe fallito anche per il prossimo futuro. Fino a quando? Fino alla venuta del Messia, Colui che solo ne ha diritto. Il diritto della corona e del regno d'Israele appartiene a Gesù il Messia, essendo discendente della stirpe di Davide. A Lui spetta il giudizio al quale il Padre ha affidato ogni giudizio (Giovanni 5:22). Suo è ogni potere di giudicare sia la sua chiesa che il suo popolo, e il mondo intero. Mettetelo in possesso di essa, come lo era alla sua risurrezione e ascensione. Egli apparirà più pienamente nell'ultimo giorno, quando tutti i regni diventeranno Suoi e il suo regno non avrà fine (Luca 1:31-32). "Rendete omaggio al figlio, che talora l'Eterno non si adiri e voi non periate nella vostra via, perché d'un tratto l'ira sua può divampare. Beati tutti quelli che confidano in lui!" (Salmo 2:12).
[Riflessione rifatta totalmente secondo il commento su quel testo di John Gill (1697-1771)]
27 Maggio
"Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, la moglie e i figli, i fratelli e le sorelle e persino la propria vita, non può essere mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo" (Luca 14:26-27).
Non esiste una via di mezzo verso il paradiso: non esiste uno stato intermedio tra l'inferno e il paradiso; nessun purgatorio per quella classe numerosa che si ritiene appena abbastanza buona per il paradiso, ma appena abbastanza cattiva per l’inferno. NO; non c'è strada intermedia né statale. Dobbiamo acquisire Cristo come il nostro Gesù più benedetto, e con lui godere della felicità e della gloria del paradiso, o sprofondare all'inferno con tutti i nostri peccati sulla nostra testa sotto il suo cipiglio più terribile. L'anima dunque che è rimasta affascinata dalla bellezza e dalla beatitudine di Gesù desidera conquistarlo, e ciò non per un giorno, un mese o un anno, ma per l'eternità; poiché ottenendolo ottiene tutto ciò che Dio può dare all'anima dell'uomo affinché goda come creato immortale e per l'immortalità.
Sotto l'influsso della sua grazia sente talvolta, anche quaggiù, tutte le sue forze immortali sprigionarsi nella vita attiva e celeste, e attende con fede e speranza un'eternità gloriosa, dove sarà messa in possesso della più alta godimento che Dio può donare all'uomo, anche l'unione con se stesso in virtù dell'unione con il suo caro Figlio, secondo quelle mirabili parole dello stesso Redentore: «Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me, e Io in voi, affinché anch'essi siano uno in noi» (Giovanni 17:21).
28 Maggio
"O Eterno, ricordati di me, con la benevolenza che usi verso il tuo popolo; visitami con la tua salvezza" (Salmo 106:4).
Come si porta e si insegna ad una persona a voler essere "visitata" dalla salvezza di Dio? Deve sapere qualcosa prima della sua condizione di condanna. La grazia della salvezza riguarda solo i condannati. "Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto;" e quindi la salvezza riguarda solo i perduti. Una persona deve essere perduta, deve completamente sentirsi perduta, prima di poter apprezzare la salvezza di Dio. E come si è perduta? Perdendo ogni speranza nelle sue pratiche religiose, perdendo ogni suo senso di presunta rettitudine, perdendo tutto il suo credersi forte, perdendo tutta la fiducia che potrebbe avere nelle sicurezze di questo mondo, perdendo tutte le sue speranze in ciò che il mondo offre, perdendo tutto ciò che è della sua natura carnale; perdendo perché da tutto questo è stata spogliata dalla mano di Dio. Una persona che viene portata in questo stato di totale mendicità e completa bancarotta - a non essere nulla, a non avere nulla, a non sapere nulla - è la persona che a mezzanotte veglia, nelle sue ore solitarie, accanto al caminetto, e a volte, quasi giorno e notte, piange, geme, implora, chiede, cerca e prega per la manifestazione della salvezza di Dio alla sua anima. "Oh visitami con la tua salvezza."
Ha bisogno di una visita da parte di Dio; ha bisogno che Dio venga e dimori con lei, prenda dimora nel suo cuore, si scopra ad essa, si manifesti e si riveli, si sieda con essa, mangi con essa, cammini con essa e dimori in essa come suo Dio. E un'anima vivente non può accontentarsi di niente altro che di questo. Deve ricevere una visita da parte di Dio. Gli giova ben poco leggere nella parola di Dio ciò che Dio ha fatto anticamente ai Suoi eletti; ha bisogno di qualcosa per sé, di qualcosa che faccia bene alla sua anima; ha bisogno di qualcosa che la rallegri, la rinfreschi, la conforti, la benedica e la avvantaggi, che rimuova i suoi fardelli e stabilisca la pace nella sua anima. E quindi ha bisogno di una visitazione – che la presenza e la potenza, la misericordia e l'amore di Dio visitino la sua anima.
29 Maggio
"... affinché io veda il bene dei tuoi eletti, gioisca dell'allegrezza della tua nazione e mi glori con la tua eredità" (Salmo 106:5).
Hai mai visto assaporato il bene, il buono che vi è negli eletti di Dio? Hai mai visto con quanto bene Dio ha benedetto il Suo popolo e quanto è bello essere uno di loro? Tutto il popolo di Dio vede che c'è un "bene" nella famiglia eletta da Dio, che è peculiare per loro, e che sospira e desidera. Ma alcuni diranno: Davide non l'aveva forse mai visto quando scrisse questo salmo? Sì, sicuramente; l'aveva visto. Ma aveva bisogno di rivederlo! SÌ; ne aveva perso la vista, quella dolce visione si era ritirata, il vecchio velo era tornato, i suoi occhi erano offuscati, aveva bisogno di un nuovo "unguento per gli occhi" perché il peccato talvolta ne oscura la vista.
Così con noi; abbiamo visto, confidiamo, a volte "il bene degli eletti di Dio", abbiamo sentito i nostri affetti attirati verso di loro e sollevati verso Dio, e abbiamo detto: "Chi ho io in cielo fuori di te? E sulla terra non desidero che te" (Salmo 73:25). Questo significava godersi le primizie del mondo rinnovato da Dio. Ma tutte queste dolci pregustazioni talvolta si offuscano; nebbie e brume si posano su di loro e li nascondono ai nostri occhi. Un nuovo peccato porta un nuovo senso di colpa - e l'oscurità, la morte, i dubbi, le tentazioni, le paure e le frustrazioni arrivano di vario tipo - e tutto questo offusca la nostra vista. Ma non possiamo dimenticare il passato; non possiamo dimenticare i momenti solenni in cui abbiamo camminato con Dio e parlato con Dio, né i dolci sentimenti che la Sua presenza ha suscitato. Per quanto oscuro, per quanto morto, per quanto sconsolato, per quanto provato, tormentato e tentato, non possiamo dimenticarlo. E avendo «visto il bene degli eletti di Dio», vogliamo rivedere quel bello spettacolo, riassaporare quel banchetto celeste. "Affinché io veda il bene dei tuoi eletti."
30 Maggio
"... affinché io ... gioisca dell'allegrezza della tua nazione ..." (Salmo 106:5).
Cos'è "la gioia del popolo di Dio?" Essere salvati «senza denaro e senza prezzo»; essere salvati per grazia: grazia libera, ricca, sovrana, distintiva, senza un atomo di nostre opere, senza un granello di merito creaturale, senza nulla della carne. Questa è "la gioia della nazione di Dio"; rallegrarsi della grazia che è dono, qualcosa che si riceve gratuitamente, grazia sovrabbondante sulle abbondanza del peccato, grazia che regna trionfante sui terribili mali del nostro cuore. È la grazia che “allieta” il cuore dell'uomo. Oh! Dolce grazia, grazia benedetta! Quando incontra la nostra situazione, raggiunge la nostra anima! Oh! Che aiuto, che forza, che riposo per una povera anima che fatica, si sforza, lavora, scoprire che la grazia ha fatto tutto il lavoro necessario, sentire che la grazia ha trionfato nella croce di Cristo, scoprire che nulla è richiesto, non serve niente, non c'è niente da fare se non esserne riconoscenti. È un’opera piena e perfetta, compiuta e finita. Oh! dolce suono, quando raggiunge il cuore e tocca la coscienza, e si diffonde beato nell'anima.
Questa è "la gioia della nazione di Dio"; questo rallegra il loro cuore, che l'opera è compiuta, che la guerra è finita, che la Chiesa di Dio «ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio di tutti i suoi peccati»; questo è il suono consolante con cui Dio «consola il suo popolo»; questo rallegra la nazione e fa saltare e ballare il loro cuore di gioia. Il tuo cuore non ha mai sussultato a quel suono? Solo per un momento? La grazia non ha mai suonato dolcemente nella tua anima e fatto danzare dentro di te il tuo cuore? Se è così, sai qual è "la gioia della nazione di Dio".
31 Maggio
"... affinché io... mi glori con la tua eredità" (Salmo 106:5).
La Chiesa è l'eredità di Cristo. L'ha acquistata con il suo stesso sangue. Per questo è andato in cattività e l'ha riscattata versando per essa il Suo sangue prezioso. Ora questa eredità si gloria: "Affinché io possa gloriarmi della tua eredità".
E di chi si gloria la Chiesa? Si gloria del Capo del suo patto. Non si gloria di se stesso: del suo sé pio, del sé giusto, del sé forte, del sé religioso; "Non si vanti il saggio della sua saggezza, né si vanti il potente della sua potenza, non si vanti il ricco delle sue ricchezze, ma chi si gloria, si vanti di questo, di comprendere e di conoscere me." "Chi si gloria, si glori nel Signore". La gloria della Chiesa è gloriarsi del Capo del suo patto: gloriarsi in Cristo e solo in Cristo; gloriarsi della sua forza, amore, sangue, grazia e giustizia; e gloriarsene, coperta di vergogna.
Nessuno può gloriarsi in Cristo, finché non è spogliato della propria gloria. Non è possibile mettere la corona della gloria sul capo di sé E sul capo del Mediatore. Non c'è modo di dire: "Mi sono procurato questo con le mie sole forze", e di mettere la corona su quella testa. Non c'è modo di dire: "Ho ottenuto questo grazie ai miei sforzi" e di mettere la corona su quegli sforzi. NO; una persona per gloriarsi in Cristo deve essere coperta di vergogna e confusione. Deve essere umiliata nei suoi sentimenti; deve avere la bocca nella polvere; deve detestarsi nella polvere e nella cenere davanti a Dio; deve vedersi e sentirsi "il principale fra i peccatori, e «meno dell'ultimo tra tutti i santi»; deve sapere e sentirsi davvero un disgraziato!
E poi, quando giace nella polvere dell'umiliazione, se la vista della gloria del caro Redentore cattura il suo sguardo e infiamma il suo cuore, egli si gloria in lui, e in lui solo. E tutta l'“eredità” di Dio si gloria in lui; non possono gloriarsi di nient'altro, e il loro conseguimento più alto è quello di porre tutta la gloria della salvezza dal primo all'ultimo semplicemente sul capo di Lui, al quale quella gloria appartiene.