Letteratura/Magnalia Dei/La rivelazione generale: differenze tra le versioni

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Ma questo sentimento della Divinità contiene una seconda componente. Se non fosse altro che un sentimento completo di dipendenza, e lasciasse così del tutto indefinita l'essenza di quel potere da cui la creatura umana sa di dipendere, quel sentimento lo porterebbe a una ribellione impotente o a una rassegnazione muta e passiva. Ma il sentimento della divinità implica una certa consapevolezza di quell'essere su cui si trova la creatura umana dipende; è coscienza di un potere superiore, assoluto, ma non di un potere cieco, irragionevole, immobile e inconsistente, equivalente a un destino, ma di un potere supremo, che è nello stesso tempo perfettamente giusto, saggio e buono. È una consapevolezza della ״Potenza Eterna", ma anche della ״Divinità", cioè dell'assoluta perfezione di Dio. Ed è per questo che la creatura umana non è portato allo sconforto e alla disperazione da questo sentimento di dipendenza, ma piuttosto lo incoraggia alla religione, a servire e onorare Dio. La dipendenza di cui la creatura umana è consapevole in relazione all'essenza divina è di un tipo molto speciale; implica libertà e ci spinge ad agire liberamente. È la dipendenza, non da uno schiavo, ma da un figlio, anche un figliol prodigo. Il ״Il senso della divinità” è quindi, secondo la descrizione di Calvino, allo stesso tempo “il seme della religione”.
Ma questo sentimento della Divinità contiene una seconda componente. Se non fosse altro che un sentimento completo di dipendenza, e lasciasse così del tutto indefinita l'essenza di quel potere da cui la creatura umana sa di dipendere, quel sentimento lo porterebbe a una ribellione impotente o a una rassegnazione muta e passiva. Ma il sentimento della divinità implica una certa consapevolezza di quell'essere su cui si trova la creatura umana dipende; è coscienza di un potere superiore, assoluto, ma non di un potere cieco, irragionevole, immobile e inconsistente, equivalente a un destino, ma di un potere supremo, che è nello stesso tempo perfettamente giusto, saggio e buono. È una consapevolezza della ״Potenza Eterna", ma anche della ״Divinità", cioè dell'assoluta perfezione di Dio. Ed è per questo che la creatura umana non è portato allo sconforto e alla disperazione da questo sentimento di dipendenza, ma piuttosto lo incoraggia alla religione, a servire e onorare Dio. La dipendenza di cui la creatura umana è consapevole in relazione all'essenza divina è di un tipo molto speciale; implica libertà e ci spinge ad agire liberamente. È la dipendenza, non da uno schiavo, ma da un figlio, anche un figliol prodigo. Il ״Il senso della divinità” è quindi, secondo la descrizione di Calvino, allo stesso tempo “il seme della religione”.
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 3. La Rivelazione generale 

Se in verità può esservi conoscenza di Dio presso la creatura umana, essa presuppone che Dio, da parte sua, si sia fatto conoscere da lui in un modo o nell'altro.

Non dobbiamo la conoscenza di Dio, né possiamo doverla a noi stessi, alle nostre invenzioni, ricerche o pensieri. Se non ci viene data per grazia e bontà illimitata di Dio stesso, non c'è alcuna possibilità che potremmo mai acquisirla esercitando le nostre forze.

Con la conoscenza delle cose create la situazione è alquanto diversa. Sebbene dipendiamo totalmente da Dio per l'acquisizione di questa conoscenza, quando creò l'umanità, gli assegnò il compito di sottomettere e controllare l'intera terra e gli diede il desiderio e il potere di farlo. La creatura umana sta al di sopra della natura; può osservare, indagare e in una certa misura causare e produrre artificialmente i fenomeni della natura; può, per così dire, costringere la natura a rivelargli se stessa e i suoi segreti.

Eppure anche questo potere è già limitato in tutti i modi e in tutte le direzioni. Più profondamente la scienza penetra nei fenomeni e si avvicina all'essenza delle cose, più enigmi si trova circondata da ogni parte dall'inconoscibile. Non sono pochi quelli che sono così profondamente convinti dei limiti della conoscenza umana che non solo confessano: non lo sappiamo, ma aggiungono anche la lugubre profezia: non lo sapremo mai.

Se questa finitezza della conoscenza umana è già evidente nello studio della natura inanimata, va da sé che essa emerge ancora più chiaramente nello studio delle creature viventi, animate e razionali.

Perché qui entriamo in contatto con fenomeni, che non possiamo "creare o distruggere" a volontà, ma che sono oggettivamente opposti a loro e possono essere conosciuti da noi solo in una certa misura attraverso la loro somiglianza con ciò che troviamo in noi stessi. La vita, la coscienza, la sensazione e la percezione, la ragione e l'intelligenza, il desiderio e la volontà, non possono essere scomposti o messi insieme. Non sono di natura meccanica, ma organica; dobbiamo prenderli così come sono e rispettarli nella loro natura misteriosa. Chi vorrebbe sezionare la vita, la ucciderebbe allo stesso tempo.

In misura maggiore, tutto ciò si applica alla creatura umana. Perché sebbene sia un essere fisico e nella misura in cui non può sfuggire alla nostra osservazione, osserviamo solo il suo aspetto esteriore; dietro a questo c'è una vita nascosta, che nella sua forma esteriore è rivelata solo in modo molto imperfetto e inadeguato. In misura limitata, la creatura umana ha anche il potere di tenere nascoste agli altri le parti interiori del suo essere. Può trattenere il viso in modo tale che nessun muscolo riveli cosa sta succedendo dentro; può usare il linguaggio per nascondere i suoi pensieri; può adottare un'apparenza nelle sue azioni che è in conflitto con il suo essere interiore. E anche se abbiamo a che fare con un uomo onesto, che disprezza tutte queste pretese, per conoscerlo abbiamo ancora bisogno che ci apra il suo essere. È vero che lo fa spesso inosservato e controvoglia; non ha il controllo completo su se stesso e ha solo una piccola parte di sé in suo potere; spesso si tradisce senza volerlo. Tuttavia, deve emergere dal segreto del suo essere con il suo aspetto, le sue parole e le sue azioni, sia senza che con la sua volontà, se vogliamo conoscerlo in modo veritiero. C'è conoscenza di una persona solo se ci apre il suo essere involontariamente o anche con coscienza e libertà e si rivela a noi.

Questa considerazione ci porta a una chiara comprensione delle condizioni in cui si può parlare solo di conoscenza di Dio nella creatura umana. Dio è il Dio totalmente libero, totalmente indipendente; Egli non è in alcun modo dipendente da noi, ma noi lo siamo in un senso totalmente dipendente, non solo naturalmente, ma anche intellettualmente e moralmente; quindi non abbiamo la minima disposizione, il minimo potere su di Lui; non possiamo in alcun modo farne oggetto di ricerca o riflessione; se non può essere trovato, non possiamo cercarlo; se non si dona, non possiamo accoglierlo. Inoltre, Dio è invisibile; Vive in una luce inaccessibile, così che nessun essere umano lo ha mai visto o può vederlo. Se si nasconde o si cela, non possiamo in nessun modo portarlo all'interno della gamma della nostra percezione fisica o spirituale; e senza alcuna percezione, ovviamente, nessuna conoscenza è possibile.

Infine, per non menzionare altro, Dio è onnipotente; non solo ha tutte le creature, ha anche sé stesso tutto in suo potere. Mentre noi umani ci mostriamo sempre in qualche modo, fuori e senza la nostra volontà, Dio si rivela solo perché e nella misura in cui vuole. Non si può parlare di un'apparizione di Dio che sarebbe involontaria e al di là della sua consapevolezza e libertà. Dio si controlla completamente e si rivela solo nella misura della sua volontà.

La conoscenza di Dio è quindi possibile solo sulla base di una rivelazione da parte di Dio. la creatura umana può conoscere Dio solo quando Egli, e nella misura in cui Egli, si fa conoscere liberamente alla creatura umana.

Questa rivelazione del sé di Dio è solitamente indicata come rivelazione. Le Scritture usano nomi diversi per esso e parlano di apparire, parlare, governare, operare, farsi conoscere, ecc. Indicano che la volontà di Dio deve essere rivelata alla creatura umana. Indica che la rivelazione non avviene sempre allo stesso modo, ma avviene in forme molto diverse. Infatti, tutte le opere esteriori di Dio, sia in parole che in azioni, sono parti ed elementi dell'unica, grande, onnicomprensiva e sempre continua rivelazione di Dio. La creazione, il mantenimento e il governo di tutte le cose, la chiamata e la guida di Israele, l'invio di Cristo, l'effusione dello Spirito Santo, la registrazione della Parola di Dio, la conservazione e la propagazione della Chiesa, ecc., sono tutte modi e forme attraverso cui ci giunge una rivelazione di Dio. Tutti ci fanno conoscere qualcosa di Dio. Tutto ciò che è e viene fatto può e deve condurci alla conoscenza di Colui, la cui conoscenza è la vita eterna.

Caratteristiche della rivelazione generale 

Questa rivelazione, presa in modo generale o particolare, porta sempre le seguenti caratteristiche.

Primo, procede sempre liberamente da Dio stesso. Egli è qui, come ovunque, l'unico agente, e agisce qui in modo completamente cosciente e libero. È vero che coloro che rifiutano la confessione di un Dio personale e autocosciente spesso parlano ancora di una rivelazione di Dio. Ma questo è un uso della parola contrario al suo vero significato. Dal punto di vista di chi crede solo in una forza impersonale, inconscia, onnipotente, si può ancora parlare di un'apparizione inconscia, involontaria di quella forza, ma non più di una rivelazione effettiva, poiché presuppone la piena coscienza e libertà di Dio. Ogni rivelazione, che giustamente porta questo nome, si basa sull'idea che Dio esiste personalmente, che ha coscienza di sé stesso e può farsi conoscere dalle creature. La conoscenza di Dio dell'umanità ha la sua base e punto di partenza nella conoscenza di Dio di sé stesso. Senza l'autocoscienza e la conoscenza di sé stesso di Dio non può esserci conoscenza di Dio con la creatura umana. Chi nega questo deve arrivare al pensiero che o non c'è alcuna conoscenza di Dio, o che Dio prima diventa autocosciente nell'umanità, e quindi fa sì che la creatura umana prenda il posto di Dio.

La Scrittura insegna in modo completamente diverso. Sebbene inaccessibile, è tuttavia luce in cui Dio vive; Egli conosce se stesso completamente e può quindi farsi conoscere da noi. “Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno conosce appieno il Figlio, se non il Padre, e nessuno conosce appieno il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo” (Matteo 11:27).

In secondo luogo, ogni rivelazione che viene da Dio è auto rivelazione. Dio è l'origine, ed è anche il contenuto della sua rivelazione. Questo è vero per la più alta rivelazione che ci è pervenuta in Cristo, poiché Gesù stesso dice di aver rivelato il nome del Padre agli uomini (Giovanni 17: 6); “Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quel che l'ha fatto conoscere” (Giovanni 1:18). Ma questo vale anche per tutta la rivelazione che Dio ha mandato da sé stesso. Tutte le opere di Dio nella natura e nella grazia, nella creazione e ri-creazione, nel mondo e nella storia, ci fanno conoscere qualcosa dell'essere incomprensibile e adorabile di Dio. Non lo fanno tutti allo stesso modo e nella stessa misura; c'è una varietà infinita qui; l'una opera di Dio parla più della sua giustizia e l'altra della sua bontà; qui risplende l'onnipotenza di Dio e qui la sua sapienza.

Ma tutti insieme, e ciascuno al proprio grado, proclamano le grandi opere di Dio, ci fanno conoscere le sue virtù e perfezioni, la sua essenza e le sue distinzioni, il suo pensiero e la sua parola, la sua volontà e il suo piacere.

Qui, però, non bisogna mai perdere di vista il fatto che la rivelazione di Dio, per quanto ricca di contenuto, non coincide mai con l'auto-conoscenza di Dio. L'auto-conoscenza o l'auto-coscienza di Dio è infinita quanto la Sua essenza, e quindi, naturalmente, non può essere comunicata a nessuna creatura. La rivelazione di Dio nelle sue creature, sia soggettivamente nelle opere delle sue mani, sia soggettivamente nella coscienza delle sue creature ragionevoli, comprende sempre solo una piccola parte dell'infinita conoscenza che Dio possiede di sé stesso. Non solo la creatura umana sulla terra, ma anche i beati e gli angeli in cielo, e anche il Figlio di Dio secondo la sua natura umana, hanno una conoscenza di Dio che è distinta per principio ed essenza dalla conoscenza di Dio di sé. Tuttavia, la conoscenza che viene comunicata da Dio nella sua Rivelazione e che da essa può essere acquisita dalle creature ragionevoli, sebbene limitata e finita, e tale rimanga anche per tutta l'eternità, è tuttavia una conoscenza vera e pura. Dio si rivela nelle sue opere, così com'è.

Dalla sua rivelazione impariamo a conoscerlo noi stessi. Non c'è dunque riposo per la creatura umana finché non ascende dalla creatura a Dio stesso. La rivelazione deve riguardare Dio stesso. Non serve per insegnarci qualche suono o parola, ma serve per educarci attraverso le creature allo stesso Creatore e per portarci a riposare nel suo Cuore di Padre.

In terzo luogo, la rivelazione, che emana da Dio e ha Dio come suo contenuto, ha anche Dio stesso come suo fine. È di, attraverso e per Lui; Dio ha fatto ogni cosa per se stesso: “L'Eterno ha fatto ogni cosa per uno scopo” (Proverbi 16:4), “Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen” (Romani 11:36. Sebbene la conoscenza di Dio, che si comunica nella sua rivelazione, è e rimane essenzialmente distinta dalla sua conoscenza di sé, è tuttavia così ricca, così ampia e così profonda, che non può mai essere pienamente inclusa nella coscienza di alcuna creatura ragionevole. Gli angeli sono di gran lunga superiori nell'intelletto alla creatura umana e vedono ogni giorno il volto del Padre che è nei cieli (Matteo 18: 10) ma sono tuttavia desiderosi di vedere le cose che ci vengono presentate dai predicatori dell’Evangelo (1 Pietro 1: 12). E quanto più le persone considerano profondamente la rivelazione di Dio, tanto più sono spinte a gridare con Paolo: “O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie!” (Romani 11:33). La rivelazione quindi non può avere la sua destinazione finale nella creatura umana, ma in parte lo aggira e si eleva al di sopra di lui.

È vero che la creatura umana occupa un posto eccellente in questa rivelazione. È rivolto agli uomini affinché cerchino il Signore, lo cerchino e lo trovino (Atti 17:27), e l'Evangelo deve essere predicato a tutte le creature, affinché chiunque crede riceva la vita eterna (Marco 16:15, 16, Giovanni 16:20 e Giovanni 17:20. 16: 15, 16, Giovanni 3: 16, 36). Ma questo non è e non può essere l'ultimo e il più alto obiettivo della rivelazione. Dio non può riposare nell'umanità. Ma la creatura umana deve conoscere e servire Dio, affinché egli, con e a capo di tutte le creature, renda gloria a Dio per tutte le sue opere. Nella rivelazione, attraverso o per mezzo della creatura umana, Dio prepara la propria lode, glorifica il proprio nome, diffonde le sue virtù e perfezioni nel mondo delle sue creature davanti ai suoi stessi occhi. Poiché la rivelazione è di Dio e per mezzo di Dio, essa ha anche la sua destinazione e meta nella Sua glorificazione.

Tutta questa rivelazione, che è da, per mezzo e per Dio, ha il suo centro nella persona di Cristo, e nello stesso tempo raggiunge il suo culmine in Lui. Non è il firmamento splendente, né un principe o il grande uomo della terra, né un filosofo o un artista, ma il Figlio della creatura umana che è la più alta rivelazione di Dio. Cristo è il Verbo incarnato, che in principio era presso Dio ed era Dio stesso, l'Unigenito del Padre, l'immagine di Dio, lo splendore della sua gloria e l'immagine espressa della sua indipendenza; chi ha visto Lui ha visto il Padre (Giovanni 14: 9). Il cristiano sta in quella fede; ha conosciuto Dio nel volto di Gesù Cristo, che Egli ha mandato. Dio stesso, che ha detto: “Splenda la luce fra le tenebre’ è quel che risplendé nei nostri cuori, affinché noi facessimo brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo” (2 Corinzi 4:6).

Ma da questo alto punto di osservazione il cristiano vede tutto intorno a sé, avanti e indietro e da tutte le parti. E quando, alla luce della conoscenza di Dio, che deve a Cristo, lascia vagare lo sguardo sulla natura e sulla storia, sul cielo e sulla terra, allora ovunque nel mondo intero scopre tracce dello stesso Dio, che ha imparato a conoscere e a chiamare suo Padre in Cristo. Il Sole di Giustizia gli apre un meraviglioso panorama, che si estende fino ai confini della terra. Con la sua luce rivede nella notte dei tempi passati e penetra nel futuro di tutte le cose; avanti e indietro l'orizzonte è chiaro, anche se il cielo è spesso coperto da nuvole scure.

Il cristiano, che guarda ogni cosa alla luce della Parola di Dio, non è dunque una creatura di mentalità ristretta; è largo di cuore e di mente; guarda tutta la terra e conta ogni cosa come sua, perché “il mondo, la vita, la morte, le cose presenti e le cose future, tutto è vostro; voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Corinzi 3: 21-23). Non può rinunciare alla fede, che la rivelazione di Dio in Cristo, alla quale deve la sua vita e alla quale deve la sua vita e la sua salvezza, ha un carattere speciale. Ma questa fede non lo isola dal mondo, anzi gli permette di percepire la rivelazione di Dio nella natura e nella storia.

La rivelazione di Dio nella natura e nella storia, e gli dà i mezzi con cui può riconoscere ovunque il vero, il buono e il bello e separarli da tutta la menzogna e la mistura peccaminosa delle persone.

Così distingue tra una rivelazione generale e una speciale di Dio. Nella rivelazione generale Dio usa il corso ordinario degli eventi. Nella rivelazione speciale Dio usa spesso mezzi insoliti, apparizione, profezia e miracolo, per farsi conoscere dalla persone.  Il primo è rivolto a tutti gli umani e, per grazia generale, arresta l'insorgere del peccato; il secondo si rivolge solo a coloro che vivono sotto l'Evangelo e, per grazia speciale, si glorifica nel perdono dei peccati e nel rinnovamento della vita.

Ma per quanto i due siano distinti, sono nondimeno strettamente correlati l'uno all'altro. Entrambi hanno la loro origine in Dio, nella sua gratuita bontà e favore. La rivelazione generale è dovuta al Verbo, che era presso Dio in principio, che ha fatto tutte le cose, che ha brillato come una luce nelle tenebre e illumina ogni uomo, venendo nel mondo, Giovanni 1: 1-9. Entrambe le rivelazioni hanno per contenuto la grazia, l'una generale, l'altra particolare; ma in modo che l'uno sia indispensabile all'altro.

È la grazia generale che rende possibile la grazia speciale, la prepara e la porta avanti; la grazia speciale a sua volta eleva a sé la grazia generale e la impiega continuamente. Entrambe le rivelazioni hanno anche come scopo la preservazione, la protezione e la salvezza del genere umano, e lungo questa linea conducono alla glorificazione di tutte le virtù di Dio.

Il contenuto di entrambe le rivelazioni, non solo di quella speciale ma anche di quella generale, è contenuto nelle Sacre Scritture. Quest'ultimo, sebbene derivato dalla natura, è quindi incluso nelle Scritture, perché noi esseri umani, a causa dell'oscurità della nostra comprensione, non potremmo mai dedurlo puramente dalla natura. Ma ora la Scrittura illumina il nostro cammino attraverso il mondo e ci dà la vera concezione della natura e della storia. Ci fa percepire Dio dove altrimenti non lo vedremmo; e, illuminati da essa, contempliamo le virtù di Dio manifestate in tutte le opere delle sue mani.

Già la creazione, insegnata dalla Scrittura, ci prova la rivelazione di Dio nella natura. Perché la creazione stessa è un atto di rivelazione, il principio di ogni successiva rivelazione. Se il mondo fosse esistito eternamente solo o eternamente separato da Dio, non avrebbe potuto essere una rivelazione di Dio; in quest'ultimo caso sarebbe stato un ostacolo a Dio che si rivelasse attraverso di essa. Ma chi sostiene la creazione del mondo con la Scrittura, confessa nello stesso tempo che Dio si rivela in tutto il mondo. Perché ogni opera testimonia del suo creatore, e tanto più è vero che può essere chiamata un prodotto del suo creatore.

Poiché il mondo è opera di Dio nel senso più pieno, e poiché deve a Dio non solo il suo essere, ma anche il suo stesso essere fin dall'inizio e per tutto il tempo, qualcosa delle virtù e delle perfezioni di Dio si esprime in ogni creatura. Non appena, invece, la rivelazione di Dio nella natura viene negata, e confinata, per esempio, alla mente o ai sentimenti della creatura umana, è vicino il pericolo che la creazione di Dio venga negata, che la natura essere governato da un potere diverso da quello che regna nella mente umana, e che così, apertamente o segretamente, sarà reintrodotto il politeismo. La Scrittura, insegnando la creazione, sostiene così anche la rivelazione di Dio, e in essa l'unità di Dio e l'unità del mondo.

Inoltre, la Scrittura ci insegna che il mondo non è stato creato da Dio all'inizio, ma è costantemente mantenuto e governato da quello stesso Dio di momento in momento. Egli non solo è infinitamente superiore al mondo, ma abita anche con il suo potere onnipotente e onnipresente in tutte le sue creature; Egli non è lontano da ognuno di noi, poiché in Lui viviamo, ci muoviamo e siamo (Atti 17:27, 28). La rivelazione che ci viene dal mondo non è quindi solo un promemoria di un'opera di Dio che dura poco, ma anche una testimonianza di ciò che Dio è, vuole e fa in questi tempi.

Quando alziamo gli occhi, non solo vediamo chi ha creato tutte queste cose e ha generato il loro esercito in numero, ma vediamo anche che li chiama tutti per nome, a causa della grandezza del suo potere e perché è forte in potenza; e che non ne manca uno (Isaia 40:25). Si copre di luce come di una veste; Lui distende i cieli come con una tenda; copre le sue stanze con le acque, fa delle nuvole il suo carro e cammina sulle ali del vento (Salmi 104: 2, 3). Sostiene la terra con il frutto delle sue fatiche, fa crescere l'erba per le bestie e l'erba per il servizio della creatura umana, producendo pane dalla terra e vino che allieta il cuore della creatura umana (Salmi 104:13-15). Stabilisce i monti con la sua forza e placa il fragore dei mari (Salmi 65: 7, 8), fa gli sfoghi del mattino e della sera per rallegrarsi, visita e arricchisce la terra, benedice i suoi frutti e corona l'anno della sua bontà (Salmi 65: 9ss.). Egli nutre gli uccelli del cielo, copre di gloria l'erba del campo (Matteo 6: 26-30), fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e piove sui giusti e sugli ingiusti (Matteo 5:45). Ha fatto la creatura umana poco meno degli angeli, lo ha coronato di onore e di gloria e gli ha dato potere su tutte le opere delle sue mani. Glorioso è il suo nome sulla faccia della terra (Salmi 8).

E non solo nella natura, ma anche nella storia Dio realizza il suo consiglio e realizza la sua opera. Ha fatto l'intera razza umana da un unico sangue, per abitare su tutta la terra (Atti 17:26). Distrugge la prima razza umana nel diluvio e allo stesso tempo la preserva nella casa di Noè (Genesi 6-9). Confonde i discorsi dell'umanità nella torre di Babele e li disperde su tutta la terra (Genesi 11:7, 8). E quando l'Altissimo diede l'eredità alle nazioni e separò i figli di Adamo, umilmente ordinò in anticipo i tempi e le disposizioni di le loro dimore, e stabilirono i loro pali di terra secondo il numero dei figli d'Israele (Deuteronomio 32:8, Atti 17:26). Sebbene abbia scelto il popolo d'Israele come portatore della sua rivelazione speciale e abbia permesso ai gentili di camminare per le loro vie (Atti 14:16), eppure non li perse di vista né li lasciò a se stessi. Al contrario, non ha trascurato se stesso, facendo del bene dal cielo, dandoci pioggia e tempi fruttuosi, riempiendo i nostri cuori di gioia e letizia (Atti 14:17). Ciò che è evidente da Dio era manifesto in loro, poiché Dio lo rivelò loro (Romani 1:19), affinché cercassero il Signore, se lo toccassero e lo trovassero (Atti 17:27).

Attraverso questa rivelazione generale Dio ha preservato i popoli e li ha condotti alla dispensazione della pienezza del tempo, in cui gli piace riunire di nuovo tutte le cose in una cosa sola in Cristo, sia quelle in cielo che quelle in terra (Efesini 1:10). Da tutte le razze e lingue e popoli e nazioni Egli sta portando la Sua chiesa (Romani 11:25, Efesini. 2:14 ss. Apocalisse 7:9), e sta preparando quella fine del mondo in cui i salvati cammineranno alla luce della Città di Dio e tutti i re e i popoli della terra raduneranno in essa tutta la loro gloria e il loro onore (Apocalisse 21:24, 26).

Le sei prove dell'esistenza di Dio 

In teologia si è tentato di classificare tutte queste testimonianze, che testimoniano la natura e la storia dell'esistenza e dell'essere di Dio, e di dividerle in un certo numero di gruppi. Così, nel tempo, siamo arrivati a parlare di sei prove dell'esistenza di Dio.

In primo luogo, il mondo, per quanto grande e potente possa essere, testimonia ancora ovunque che esiste nelle forme dello spazio e del tempo, che ha un carattere finito, accidentale, dipendente, e quindi rimanda da sé stesso a un eterno, essere necessariamente esistente, indipendente, che è la causa ultima di tutte le cose (prova cosmologica).

In secondo luogo, dovunque nel mondo, nelle sue leggi e nei suoi ordini, nella sua unità e armonia, nell'organizzazione di tutte le sue creature, è riconoscibile uno scopo che si fa beffe di tutte le spiegazioni basate sul caso e ci porta a riconoscere un onnisciente ed essere onnipotente che ha stabilito tale scopo con un intelletto infinito e che lo persegue e lo realizza attraverso il suo potere onnipotente e onnipresente (evidenza teleologica).

In terzo luogo, la coscienza di tutte le persone contiene la consapevolezza di un essere supremo, al di sopra del quale non si può pensare nulla di superiore, e che allo stesso tempo è pensato da tutti come necessariamente esistente. Se un tale essere non esistesse, il pensiero più alto, più perfetto e necessario sarebbe un'illusione, e la creatura umana perderebbe la fede nella testimonianza della sua coscienza (prova ontologica).

Segue subito la quarta prova: la creatura umana non è solo un essere ragionevole, ma anche morale. Nella sua coscienza si sente vincolato da una legge che sta al di sopra di lui ed esige la sua obbedienza incondizionata; e quella legge rimanda a un legislatore santo e giusto, che può salvare e distruggere (prova morale).

A queste quattro prove ne vengono altre due, tratte dalla concordia dei popoli e dalla storia dell'umanità. È un fenomeno straordinario che non ci siano nazioni senza servizio divino. Alcuni hanno affermato il contrario, ma la ricerca storica ha dimostrato sempre più che si sbagliavano; non ci sono tribù o popoli atei. Questo fenomeno è di grande importanza; poiché la sua assoluta generalità dimostra la sua necessità e quindi ci mette di fronte a una di queste due conclusioni: o l'umanità nel suo insieme soffre di una sciocca immaginazione su questo punto, o che la conoscenza e il servizio di Dio, che esistono in forme corrotte tra tutti i popoli , si basano sulla Sua esistenza.

Allo stesso modo, la storia dell'umanità, considerata alla luce della Scrittura, mostra un piano e un corso che indicano il governo di tutte le cose da parte di un essere supremo. È vero che nella vita delle persone e dei popoli nascono obiezioni e difficoltà di ogni genere. Ma è tanto più sorprendente che chiunque pratichi la storia, consapevolmente o inconsapevolmente, parta dal presupposto che essa è guidata dal pensiero e dal progetto, e che è scoprendo questo pensiero che si pone i suoi obiettivi. La storia e l'interpretazione della storia si basano sulla fede nella provvidenza di Dio.

Tutte queste cosiddette prove non hanno il potere di costringere la creatura umana a credere. Del resto, nella scienza ci sono poche prove capaci di questo. Nelle scienze formali, nella tesi e nella logica, può essere così; ma non appena entriamo in contatto con fenomeni reali nella natura e ancor più nella storia, di solito si possono fare obiezioni di ogni genere al ragionamento e alle decisioni che ne derivano. Nella religione e nella morale, nella legge e nella bellezza, se una persona si arrenderà o meno dipende molto di più dal suo stato d'animo. Lo sciocco può, nonostante tutte le testimonianze, continua a dire nel suo cuore: non c'è Dio (Salmi 14:1), e le genti, pur conoscendo Dio, non l'hanno glorificato né ringraziato (Romani 1:21). Le suddette prove dell'esistenza di Dio non si rivolgono alla creatura umana come un semplice essere umano, ma lo affrontano come un essere ragionevole e morale. Esse non fanno appello solo alla mente sezionatrice e raziocinante della creatura umana, ma fanno appello anche al suo cuore e alla sua mente, alla sua ragione e alla sua coscienza. E poi hanno valore, rafforzano la fede e confermano il legame tra la rivelazione di Dio all'esterno e la sua rivelazione nella creatura umana.

La rivelazione di Dio, che giunge alla creatura umana attraverso la natura e la storia, non avrebbe alcun effetto su di lui se non ci fosse qualcosa nella creatura umana stesso che le corrispondesse. La bellezza della natura e dell'arte sarebbe insopportabile per la creatura umana se non avesse il senso della bellezza nel suo seno. La legge della moralità non risuonerebbe con lui a meno che lui stesso non sentisse la voce della coscienza dentro di sé. I pensieri che Dio ha incarnato nel mondo attraverso la sua Parola gli sarebbero incomprensibili se non fosse lui stesso un essere pensante. E allo stesso modo, la rivelazione di Dio in tutte le opere delle sue mani sarebbe del tutto incomprensibile per la creatura umana se Dio non avesse impiantato nella sua anima un'inestinguibile consapevolezza del suo essere e del suo essere. Ma ora è un fatto innegabile che Dio ha aggiunto alla rivelazione esterna nella natura una rivelazione interna nella creatura umana stesso. Gli studi storici e spirituali della religione mostrano ripetutamente che la religione non può essere spiegata senza una tale consapevolezza innata; ritornano sempre alla fine all'affermazione spesso respinta che la creatura umana è un essere religioso per natura.

La Scrittura solleva questo al di là di ogni dubbio. Dopo che Dio ebbe fatto tutte le cose, creò la creatura umana, e nello stesso istante lo creò a Sua immagine e somiglianza (Genesi 1:26). la creatura umana è la razza di Dio (Atti 17:28). Sebbene egli, come il figliol prodigo della parabola, abbia lasciato la casa paterna, conserva ancora il ricordo della sua origine e della sua destinazione nel suo errore più lontano; nella sua caduta più profonda conserva ancora alcuni piccoli resti dell'immagine di Dio, dopo di che è stato creato. Dio si rivela all'esterno si rivela anche nella creatura umana; Non si lascia intatto nel cuore e nella coscienza.

Questa rivelazione di Dio nella creatura umana, tuttavia, non è una seconda rivelazione del tutto nuova, aggiunta alla prima, nessuna fonte autonoma di conoscenza separata e indipendente da quest'ultima. Ma è una capacità, una suscettibilità, una spinta a notare Dio nelle sue opere e a comprendere la sua rivelazione. È una consapevolezza del Divino dentro di noi, che ci permette di percepire il Divino fuori di noi, proprio come l'occhio ci permette di vedere luce e colori, e l'orecchio ci permette di sentire i suoni. È, come lo chiamò Calvino, un sentimento della Divinità, o, come lo descrisse Paolo, un'abilità di percepire, tra le creature, le cose invisibili di Dio, cioè la Sua eterna potenza e divinità.

Quando cerchiamo di derivare questo senso innato della Divinità, sembra contenere due elementi. In primo luogo, contiene un senso di assoluta dipendenza. Prima di ogni ragionamento e azione, c'è in noi un'autocoscienza, che è intimamente intessuta con la nostra ipseità e coincide, per così dire, con essa. Prima di ogni pensiero e azione, noi siamo ed esistiamo; esistiamo in un certo modo; e abbiamo una coscienza della nostra esistenza e della nostra così-esistenza che è inseparabilmente connessa con essa. E il nucleo di questo senso del sé, che è quasi identico al nostro essere sé, è un senso di separazione. Nel nostro intimo siamo immediatamente, prima di ogni ragionamento, consapevoli di essere una creatura, limitata, dipendente. Dipendente da tutto ciò che ci circonda, dall'intero mondo spirituale e materiale; la creatura umana è ״dipendente dall'universo. E inoltre dipendente con tutto, nel senso più pieno, da Dio, che è l'unico, eterno e vero essere.

Ma questo sentimento della Divinità contiene una seconda componente. Se non fosse altro che un sentimento completo di dipendenza, e lasciasse così del tutto indefinita l'essenza di quel potere da cui la creatura umana sa di dipendere, quel sentimento lo porterebbe a una ribellione impotente o a una rassegnazione muta e passiva. Ma il sentimento della divinità implica una certa consapevolezza di quell'essere su cui si trova la creatura umana dipende; è coscienza di un potere superiore, assoluto, ma non di un potere cieco, irragionevole, immobile e inconsistente, equivalente a un destino, ma di un potere supremo, che è nello stesso tempo perfettamente giusto, saggio e buono. È una consapevolezza della ״Potenza Eterna", ma anche della ״Divinità", cioè dell'assoluta perfezione di Dio. Ed è per questo che la creatura umana non è portato allo sconforto e alla disperazione da questo sentimento di dipendenza, ma piuttosto lo incoraggia alla religione, a servire e onorare Dio. La dipendenza di cui la creatura umana è consapevole in relazione all'essenza divina è di un tipo molto speciale; implica libertà e ci spinge ad agire liberamente. È la dipendenza, non da uno schiavo, ma da un figlio, anche un figliol prodigo. Il ״Il senso della divinità” è quindi, secondo la descrizione di Calvino, allo stesso tempo “il seme della religione”.