Teopedia/Che la terra ti sia lieve: differenze tra le versioni

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Si riscontra sempre di più fra cristiani ed ebrei l'espressione di condoglianze "che la terra ti sia lieve". E' tratta dall'antica espressione latina: "Sit tibi terra levis". Usata dal paganesimo, essa si pone agli antipodi della speranza cristiana e sarebbe meglio evitarla, quand'anche si volesse dare alle condoglianze un toto "neutrale" dal punto di vista religioso. L'espressione "Sit tibi terra levis", infatti, durante l'epoca del Paganesimo era un auspicio frequentemente utilizzato come epigrafe per le tombe latine e greche. L'origine della locuzione è da ricercare nell'immagine del peso della terra sul corpo del defunto, che dà a chi ne piange la perdita un senso di angoscia e di oppressione. La locuzione si trova citata letteralmente in Marziale, Epigrammata, IX, 29 e rielaborata ibidem, V, 34. Vi si può leggere un'analogia con il saluto cristiano "requiescat in pace", che tuttavia richiama indirettamente alla credenza nell'oltretomba. Proprio per questo motivo la locuzione in oggetto è oggi impiegata da coloro che, per varie motivazioni, desiderano porgere al defunto (o più che altro ai suoi congiunti) un ultimo omaggio "laico", spogliato da ogni connotazione religiosa. Opportuna quindi? Politicamente corretta?
Si riscontra sempre di più fra cristiani ed ebrei l'espressione di condoglianze "che la terra ti sia lieve". E' tratta dall'antica espressione latina: "Sit tibi terra levis". Usata dal paganesimo, essa si pone agli antipodi della speranza cristiana e sarebbe meglio evitarla, quand'anche si volesse dare alle condoglianze un toto "neutrale" dal punto di vista religioso. L'espressione "Sit tibi terra levis", infatti, durante l'epoca del Paganesimo era un auspicio frequentemente utilizzato come epigrafe per le tombe latine e greche. L'origine della locuzione è da ricercare nell'immagine del peso della terra sul corpo del defunto, che dà a chi ne piange la perdita un senso di angoscia e di oppressione. La locuzione si trova citata letteralmente in Marziale, Epigrammata, IX, 29 e rielaborata ibidem, V, 34. Vi si può leggere un'analogia con il saluto cristiano "requiescat in pace", che tuttavia richiama indirettamente alla credenza nell'oltretomba. Proprio per questo motivo la locuzione in oggetto è oggi impiegata da coloro che, per varie motivazioni, desiderano porgere al defunto (o più che altro ai suoi congiunti) un ultimo omaggio "laico", spogliato da ogni connotazione religiosa. Opportuna quindi? Politicamente corretta? Si riscontra sempre di più fra cristiani ed ebrei l'espressione di condoglianze "che la terra ti sia lieve". E' tratta dall'antica espressione latina: "Sit tibi terra levis". Usata dal paganesimo, essa si pone agli antipodi della speranza cristiana e sarebbe meglio evitarla, quand'anche si volesse dare alle condoglianze un toto "neutrale" dal punto di vista religioso. L'espressione "Sit tibi terra levis", infatti, durante l'epoca del Paganesimo era un auspicio frequentemente utilizzato come epigrafe per le tombe latine e greche. L'origine della locuzione è da ricercare nell'immagine del peso della terra sul corpo del defunto, che dà a chi ne piange la perdita un senso di angoscia e di oppressione. La locuzione si trova citata letteralmente in Marziale, Epigrammata, IX, 29 e rielaborata ibidem, V, 34. Vi si può leggere un'analogia con il saluto cristiano "requiescat in pace", che tuttavia richiama indirettamente alla credenza nell'oltretomba. Proprio per questo motivo la locuzione in oggetto è oggi impiegata da coloro che, per varie motivazioni, desiderano porgere al defunto (o più che altro ai suoi congiunti) un ultimo omaggio "laico", spogliato da ogni connotazione religiosa. Opportuna quindi? Politicamente corretta? In ogni caso, come rammenta Alberto Maggi: "non ha nulla da vedere con la certezza cristiana di una vita eterna, cioè di una qualità tale che la rende indistruttibile e che la morte non può interrompere. Per questo i credenti chiamavano il giorno della morte il “giorno della nascita” (dies natalis) perché erano certi che non si moriva mai ma si nasceva due volte, e la seconda per sempre".


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Versione attuale delle 10:00, 23 nov 2022

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Che la terra ti sia lieve?

Si riscontra sempre di più fra cristiani ed ebrei l'espressione di condoglianze "che la terra ti sia lieve". E' tratta dall'antica espressione latina: "Sit tibi terra levis". Usata dal paganesimo, essa si pone agli antipodi della speranza cristiana e sarebbe meglio evitarla, quand'anche si volesse dare alle condoglianze un toto "neutrale" dal punto di vista religioso. L'espressione "Sit tibi terra levis", infatti, durante l'epoca del Paganesimo era un auspicio frequentemente utilizzato come epigrafe per le tombe latine e greche. L'origine della locuzione è da ricercare nell'immagine del peso della terra sul corpo del defunto, che dà a chi ne piange la perdita un senso di angoscia e di oppressione. La locuzione si trova citata letteralmente in Marziale, Epigrammata, IX, 29 e rielaborata ibidem, V, 34. Vi si può leggere un'analogia con il saluto cristiano "requiescat in pace", che tuttavia richiama indirettamente alla credenza nell'oltretomba. Proprio per questo motivo la locuzione in oggetto è oggi impiegata da coloro che, per varie motivazioni, desiderano porgere al defunto (o più che altro ai suoi congiunti) un ultimo omaggio "laico", spogliato da ogni connotazione religiosa. Opportuna quindi? Politicamente corretta? Si riscontra sempre di più fra cristiani ed ebrei l'espressione di condoglianze "che la terra ti sia lieve". E' tratta dall'antica espressione latina: "Sit tibi terra levis". Usata dal paganesimo, essa si pone agli antipodi della speranza cristiana e sarebbe meglio evitarla, quand'anche si volesse dare alle condoglianze un toto "neutrale" dal punto di vista religioso. L'espressione "Sit tibi terra levis", infatti, durante l'epoca del Paganesimo era un auspicio frequentemente utilizzato come epigrafe per le tombe latine e greche. L'origine della locuzione è da ricercare nell'immagine del peso della terra sul corpo del defunto, che dà a chi ne piange la perdita un senso di angoscia e di oppressione. La locuzione si trova citata letteralmente in Marziale, Epigrammata, IX, 29 e rielaborata ibidem, V, 34. Vi si può leggere un'analogia con il saluto cristiano "requiescat in pace", che tuttavia richiama indirettamente alla credenza nell'oltretomba. Proprio per questo motivo la locuzione in oggetto è oggi impiegata da coloro che, per varie motivazioni, desiderano porgere al defunto (o più che altro ai suoi congiunti) un ultimo omaggio "laico", spogliato da ogni connotazione religiosa. Opportuna quindi? Politicamente corretta? In ogni caso, come rammenta Alberto Maggi: "non ha nulla da vedere con la certezza cristiana di una vita eterna, cioè di una qualità tale che la rende indistruttibile e che la morte non può interrompere. Per questo i credenti chiamavano il giorno della morte il “giorno della nascita” (dies natalis) perché erano certi che non si moriva mai ma si nasceva due volte, e la seconda per sempre".