Confessioni di fede/cfv1662/Articolo 22: differenze tra le versioni

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== '''22. Le opere buone''' ==
== '''22. Le opere buone''' ==


Che quantunque le buone opere nostre non possano meritar, il Signore non lascierà di ricompensarle della vita eterna per una misericordiosa continuatione della Sua gratia e in virtù della costanza immutabile delle promesse ch'egli ce n'ha fatte.
'''Che quantunque le buone opere nostre non possano meritar, il Signore non lascierà di ricompensarle della vita eterna per una misericordiosa continuatione della Sua gratia e in virtù della costanza immutabile delle promesse ch'egli ce n'ha fatte.'''


=== Prove ===
=== Prove ===


Giobbe 9:2,3 - Salmi 143:1,2 - Romani 3:20 - Luca 17:10 - Giobbe 22:2 - Salmi 16:2 - Efesini 2:8,9 - 2 Timoteo 1:9 - Tito 3:5 - Colossesi 3:23,24. Notate che il premio e la mercede promessa da Dio ai fedeli è eredità di figli, non salario dovuto loro in qualità di servitori mercenari, Matteo 26:34. Essi dunque non lo pretendono per i loro meriti, ma per la grazia e misericordia del Padre, che gli ha adottati per suoi figli, benedetti e fatti Suoi eredi. - Romani 8:15-18. Notate che neanche le sofferenze dei santi martiri possono meritare l'eredità della gloria celeste, ne esserle parificate. - Romani 6:22,23. Così l'Apostolo c'insegna che l'uomo per i suoi peccati merita la morte, come vero salario delle sue scelleratezze e supplizio dovuto a suoi crimini, ma che i fedeli non possono pretendere la vita eterna come salario meritato per le loro buone opere, anzi che la conseguono come un dono gratuito di Dio per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, e per farcelo veder più chiaro, l'Apostolo avendo detto il salario del peccato è la morte, benché l'opposizione paresse richiederlo, non soggiunge il salario delle buone opere è la vita, ma scrive che la vita eterna è dono di Dio.
Giobbe 9:2,3 - Salmi 143:1,2 - Romani 3:20 - Luca 17:10 - Giobbe 22:2 - Salmi 16:2 - Efesini 2:8,9 - 2 Timoteo 1:9 - Tito 3:5 - Colossesi 3:23,24. Notate che il premio e la mercede promessa da Dio ai fedeli è eredità di figli, non salario dovuto loro in qualità di servitori mercenari, Matteo 26:34. Essi dunque non lo pretendono per i loro meriti, ma per la grazia e misericordia del Padre, che gli ha adottati per suoi figli, benedetti e fatti Suoi eredi. - Romani 8:15-18. Notate che neanche le sofferenze dei santi martiri possono meritare l'eredità della gloria celeste, ne esserle parificate. - Romani 6:22,23. Così l'Apostolo c'insegna che l'uomo per i suoi peccati merita la morte, come vero salario delle sue scelleratezze e supplizio dovuto a suoi crimini, ma che i fedeli non possono pretendere la vita eterna come salario meritato per le loro buone opere, anzi che la conseguono come un dono gratuito di Dio per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, e per farcelo veder più chiaro, l'Apostolo avendo detto il salario del peccato è la morte, benché l'opposizione paresse richiederlo, non soggiunge il salario delle buone opere è la vita, ma scrive che la vita eterna è dono di Dio.

Versione attuale delle 23:51, 18 mag 2020


Indice generale

Confessione di fede valdese 1662

Intro - 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33 - Errori condannati -Atto 1894 -

22. Le opere buone

Che quantunque le buone opere nostre non possano meritar, il Signore non lascierà di ricompensarle della vita eterna per una misericordiosa continuatione della Sua gratia e in virtù della costanza immutabile delle promesse ch'egli ce n'ha fatte.

Prove

Giobbe 9:2,3 - Salmi 143:1,2 - Romani 3:20 - Luca 17:10 - Giobbe 22:2 - Salmi 16:2 - Efesini 2:8,9 - 2 Timoteo 1:9 - Tito 3:5 - Colossesi 3:23,24. Notate che il premio e la mercede promessa da Dio ai fedeli è eredità di figli, non salario dovuto loro in qualità di servitori mercenari, Matteo 26:34. Essi dunque non lo pretendono per i loro meriti, ma per la grazia e misericordia del Padre, che gli ha adottati per suoi figli, benedetti e fatti Suoi eredi. - Romani 8:15-18. Notate che neanche le sofferenze dei santi martiri possono meritare l'eredità della gloria celeste, ne esserle parificate. - Romani 6:22,23. Così l'Apostolo c'insegna che l'uomo per i suoi peccati merita la morte, come vero salario delle sue scelleratezze e supplizio dovuto a suoi crimini, ma che i fedeli non possono pretendere la vita eterna come salario meritato per le loro buone opere, anzi che la conseguono come un dono gratuito di Dio per i meriti di Gesù Cristo nostro Salvatore, e per farcelo veder più chiaro, l'Apostolo avendo detto il salario del peccato è la morte, benché l'opposizione paresse richiederlo, non soggiunge il salario delle buone opere è la vita, ma scrive che la vita eterna è dono di Dio.