Predicazioni/Giovanni/Il pane che ci è necessario: differenze tra le versioni

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Ritorno


Il pane che ci è necessario

Il simbolo del pane

"Mangia il pane" era il ritornello che udivo nella mia infanzia durante i pasti dai miei genitori, i quali mi imponevano che io dovessi accompagnare ogni cibo al pane, oppure mi dicevano: "Non sprecare il pane" quando ne avanzavo. Mi dicevano così non perché eravamo indigenti, ma evidentemente perché la guerra aveva insegnato loro una lezione importante su quanto fosse prezioso il cibo, il pane in particolare. Per chi ha vissuto periodi di penuria, la parola pane evoca così qualcosa di molto prezioso che nei periodi di abbondanza spesso non sappiamo apprezzare come si conviene. 

Il pane è diventato il simbolo stesso del cibo, di ciò che ci nutre e ci permette di vivere, tanto che nella lingua ebraica “pane” e “cibo” sono la stessa parola: lechem. Ricordiamoci di Gesù, che insegna ai Suoi discepoli a pregare “...dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano” (Luca 11:3), o “necessario”. Poi, quando, riprendendo un’espressione delle Scritture ebraiche, afferma “Sta scritto: ‘Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio’", indicando come la vita umana sia nutrita, sostenuta e promossa non soltanto dal cibo materiale, ma dalla fiduciosa obbedienza alla volontà di Dio. Sì, Gesù sapeva bene ciò di cui la vita umana ha bisogno, non solo per sopravvivere, ma per vivere una vita piena e significativa, ed Egli si adoprava instancabilmente di provvedere questo cibo (materiale e spirituale) quando incontrava persone in stato di necessità.

Il testo biblico

È quanto troviamo nel capitolo 6 del vangelo secondo Giovanni, che si apre con il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, dove Gesù miracolosamente nutre una grande folla di persone che lo aveva seguito per un bel pezzo, dopo aver visto i miracoli che Egli faceva sugli infermi. Concentriamoci oggi soltanto sui versetti da 51 a 58. Dicono:

“Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo.  I Giudei dunque disputavano fra di loro, dicendo: Come mai può costui darci a mangiare la sua carne? Perciò Gesù disse loro: In verità, in verità io vi dico che se non mangiate la carne del Figliuol dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, ed io in lui. Come il vivente Padre mi ha mandato e io vivo a cagion del Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a cagion di me. Questo è il pane che è disceso dal cielo; non qual era quello che i padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Giovanni 6:51-58).

Gesù sposta l’accento su Sé stesso

L’operazione più stupefacente che Gesù compie in questo Suo discorso è quella di spostare l’attenzione dal cibo, dal pane, a Sé stesso. Tutti possono capire che, per vivere, noi abbiamo bisogno di cibo. Tutti possono capire che il pane noi lo dobbiamo condividere. Dire però che la persona di Gesù, il maestro, è Lui stesso il pane per eccellenza che dobbiamo “mangiare” e condividere, questo ci sembra un’assurdità, una follia che va ben oltre l’esigenza di illustrare il concetto.

Quelle di Gesù sono affermazioni indubbiamente forti, scandalose, paradossali, provocatorie, “inaudite”, inaccettabili. Gli diranno, infatti: “Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?” (Giovanni 6:60), vale a dire: “Adesso esagera! Chi può ascoltare cose simili?'. Gesù stesso, però, dirà loro di fare attenzione alle sue parole perché vengono dallo Spirito di Dio e danno vita. Gesù esplicitamente afferma che: la creatura umana non può vivere se non si rapporta con Lui nutrendosi di tutto ciò che Lui è ed opera. Egli è indispensabile. Lui è “disceso dal cielo”, cioè proviene da Dio. Benché Egli sia uomo, Egli non è “uno fra i tanti”, uno fra i profeti, e neppure il più grande. Egli è unico, nessun altro è come Lui. Egli è “Dio con noi”. Ciò che in questo mondo nutre il nostro corpo, la nostra mente e il nostro spirito, è pur sempre temporaneo e limitato, ma Lui può farci “estendere la nostra esistenza.

Inoltre, la Sua carne è data, offerta come strumento affinché la morte non sia più il nostro ineluttabile destino! Questa è l’affermazione ultima della sostanza stessa dell’identità e del ministero di Gesù che spazza via in un colpo solo le pretese di tutte le religioni di questo mondo, che si muove davvero “oltre ogni limite” dell’umanamente ragionevole. È questo che rende “intollerabile” per questo mondo la predicazione cristiana fedele. È proprio qui che si gioca l’annuncio autentico dell’Evangelo cristiano. Questa non è una verità relativa, ma una verità assoluta e certa, scolpita nella roccia della Bibbia, inerrante, infallibile, il cui messaggio rimane efficace e intramontabile per le creature umane di ogni tempo e paese.

La questione del “come”

Gli avversari di Gesù respingono con scandalo e sdegno la sua “pretesa”. Persino diversi suoi discepoli: “...da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui”. Oggi magari sarebbero andati a fondare una “chiesa alternativa”, “più ragionevole”, “più liberale”, “più ecumenica”... 

Coloro che, però, appartengono veramente a Cristo e che “non se ne vanno”, coloro che hanno creduto e che “hanno conosciuto” che Gesù è “il santo di Dio” (69) devono in ogni caso pure rispondere alla domanda: «Come può costui darci da mangiare la sua carne?» (52), dare un senso, cioè, a quelle parole che Gesù stesso definisce “spirito e vita”. Queste parole non hanno nulla a che vedere con la dottrina che afferma come letteralmente le ostie consacrate nella messa diventerebbero in modo misterioso il vero corpo di Cristo, di cui i fedeli si nutrirebbero. No, quella di Gesù è un’espressione figurata simile a molte altre che nei vangeli lo descrivono.

Fare nostro ciò che Egli è

“Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda” (55). Qui Gesù dice: la mia Persona, il mio essere in mezzo a voi e con voi, il mio insegnamento, il mio esempio, la mia opera, il mio sacrificio, è qualcosa che va “assorbito” nella vostra vita, dopo averlo ben “masticato”, e poi “digerito”. È qualcosa che deve diventare per voi “energia” e “sostanza” del vostro modo di essere, di pensare e vivere, in modo simile a quanto fa il cibo che è necessario per la vostra vita. Senza cibo noi ci indeboliamo e moriamo. Senza Cristo noi rimarremmo in condizione di morte spirituale e separazione da Dio.

Se non ci “nutriamo” di Cristo, la nostra vita perde di significato e diventa frustrante, vuota. Senza Cristo la vita è “gettata via” ed inutile. La moltiplicazione dei pani e dei pesci non era quindi solo appello alla produzione ed alla condivisione del pane, ma figura dell’assoluta necessità che abbiamo di “assorbire” in noi Cristo, la Sua persona, opera, insegnamento ed influenza sulla nostra vita. Cristo Lo dobbiamo “fare nostro” tanto che Egli sia “in noi”. Il procedimento di mangiare la carne di Gesù e di bere il Suo sangue conduce ad un rapporto di “reciproca coabitazione (“risiede in me e io in lui”). I concetti di “possedere vita eterna” e “dimorare in Gesù” sono qui intercambiabili.

Affidarci completamente a Lui

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, ed io in lui” (56). “Mangiare Cristo” significa venire a Lui, credere in Lui, aver fiducia in Lui. È importante comprendere questo: nessun “cannibalismo”! Gesù qui ci parla della necessità di venire a Lui fiduciosamente, di credere in Lui, di nutrire la nostra vita con la Sua Parola, di entrare in una vita di comunione e di dipendenza da Lui.

“Come il Padre vivente mi ha mandato ed io vivo a motivo del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a motivo di me” (57). Iddio è una realtà personale vivente e l’esistenza terrena di Gesù dipende proprio dal fatto che questo Dio ha voluto, affinché, a nostra volta, noi pure fossimo “una realtà vivente”, utile, e non “un peso morto” per Dio. Sono molti coloro che non trovano significato nella loro vita. Gesù, però, salvando la vita dalla morte, le restituisce l’utilità perduta, la rende al servizio consapevole di Dio e della Sua gloria.

La gente a cui Egli si rivolgeva allora, non comprendendo le Sue parole, borbottava e disputava dicendo: “Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre? Come mai ora dice: ‘Io sono disceso dal cielo’ (42). Gesù, però, invece di fermarsi a “chiarire questa difficoltà”, presenta la cosa in modo ancora più radicale.

Parole discriminanti

Gesù non teme di scandalizzare con le Sue parole ed allontanare la gente, perché chi Lo segue dev’essere un autentico credente, una persona alla quale lo Spirito Santo ha rinnovato mente e cuore. Chi ha lo Spirito Santo in sé, chi è fra coloro che Dio ha destinato alla salvezza in Cristo, intende queste cose in cuor suo. Potete allora ben comprendere l’orrore di questa gente nell’udire le parole di Gesù. Per comprenderle aveva bisogno che lo Spirito Santo aprisse il loro cuore. Senza vita spirituale in loro, le Sue parole Lo avrebbero solo respinto, e Gesù permette che questo avvenga. Perché? Perché Gesù non vuole che chi Lo segue lo faccia per le ragioni sbagliate. Non si può, in una comunità cristiana, rimanere permanentemente degli “osservatori” o dei “simpatizzanti”. Viene il giorno in cui Gesù ci dice: “O con me o contro di me”. Quelle dell’accoglienza indiscriminata, di cui sono “specialiste” le “chiese liberali” è espressione di uno pseudo-vangelo che solo inganna la gente.

Implicazioni

Il pane, il cibo, dunque, nutre il corpo e Gesù ci chiama a produrlo ed a condividerlo, ma il pane non è sufficiente per dare vita vera, piena, significativa, ed eterna, perché quella vita è possibile solo con Gesù ed in Gesù, il Cristo. 

In primo luogo è un nutrimento essenziale. Già questo va contro la mentalità oggi comune: il Signore Gesù oggi per molti fa parte di una "religione" considerata sempre più superflua e - quando va bene - accessoria. La Parola di Dio proclama Gesù essere essenziale ed indispensabile per la vita umana proprio quando spesso oggi Gesù è il grande sconosciuto, ignorato, equivocato, guardato con indifferenza e sufficienza dalla nostra generazione come se fosse una favola per bambini, un mito facilmente sostituibile! Ci sorprende poi che la nostra generazione sia così vuota ed insipida, uno zero spirituale, un fallimento morale, decadente e senza prospettive e per questo disperata? Ci sorprende che le cose vadano di male in peggio nonostante tutta l'arroganza della mentalità di oggi e nonostante la “predicazione” di tante chiese oggi, che solo predicano princìpi, buone intenzioni, ma che non dà la capacità di seguirle veramente?

Come il cibo sostiene il corpo, così Cristo Gesù sostiene l'anima, lo spirito. Di fatto, non esistono due campi distinti: le cose di questo mondo, di competenza nostra e delle nostre risorse, e le cose "spirituali" e dell'aldilà, di competenza di Dio. Quando infatti Dio decide di toglierci il Suo alito vitale che ci sostiene in vita, nessun cibo o medicina di questo mondo possono tenerci in vita. Per questo non è soltanto la nostra parte immateriale che potrà trovare giovamento da Cristo, ma tutto noi stessi. Gesù sfamava pure materialmente e guariva corpi fisici, non era solo lo "specialista dell'anima". Se ci nutriamo di tutto ciò che Gesù rappresenta in questa vita, sarà non solo la vita nell'aldilà ad averne profitto, ma pure il nostro "aldiqua" perché l'opera di Cristo agirà su di noi per sostenere in noi un corpo sano, una mente sana, uno spirito sano. Gesù libera e guarisce oggi chiunque si affida a Lui ora e per l'eternità.

La vita però non è soltanto passivo sostentamento a livello vegetativo, ci si nutre per crescere. Il bambino e l'adolescente hanno bisogno di adeguato nutrimento per crescere come uomini fatti che hanno bisogno di cibo per rigenerare le proprie cellule che muoiono. L'arte, la musica e la letteratura, lo studio nutrono ed arricchiscono la mente. L'essere umano possiede enormi potenzialità intellettuali e spirituali e noi non ne sviluppiamo di solito che una minima parte. L'apostolo Paolo ai cristiani di Efeso scrive: "fino a che tutti giungiamo... allo stato d'uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo... cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo... per edificare sé stesso nell'amore" (Efesini 4:13-16).

Cristo Gesù ci nutre per crescere nella grazia, nella conoscenza, nella fede, nell'amore, nella giustizia. Perché la nostra generazione conta così pochi giganti spirituali come nel passato? Perché la nostra generazione conta così pochi cristiani le cui opere di amore e di giustizia sono palesi a tutti? Cristiani veri non lo si potrà essere solo ...andando al culto ogni tanto, come non si può essere sani mangiando solo ...ogni tanto, magari una volta la settimana o nelle feste più grandi... Ci sorprendiamo nel vedere la debolezza spirituale, il rachitismo spirituale, l'impotenza delle nostre comunità cristiane? 

Un appello ad un doppio impegno

Due sono le conclusioni a cui il messaggio del capitolo 6 del vangelo secondo Giovanni, preso nel suo insieme ci porta: (1) il pane è necessario, il cibo sano è necessario. Esso è una risorsa che va prodotta e gestita con saggezza e soprattutto condivisa. (2) Non di solo pane, però, vive l’uomo, perché “il pane per eccellenza” con il quale dobbiamo nutrirci per vivere una vita completa e soddisfacente è lo stesso Signore e Salvatore Gesù Cristo. La comunione con Lui è indispensabile alla vita, perché Egli è “l’interfaccia”, l’unica, che ci permette di essere costantemente in rapporto autentico con Dio, di “tenere la spina inserita” con la fonte dell’energia, senza la quale ci spegniamo!

Come cristiani dobbiamo operare affinché tutti in questo mondo possano avere il cibo necessario per vivere. Questo “impegno sociale” sarebbe però squilibrato e sostanzialmente inefficace se noi non ci nutrissimo personalmente e costantemente della comunione con il Signore e Salvatore Gesù Cristo e non condividessimo con gli altri la conoscenza di Lui, di tutto ciò che è e per noi ha operato nel Suo ministero terreno, secondo quanto ci è spiegato nelle Sacre Scritture. Guai se ignorassimo o tralasciassimo di vivere e di condividere la Persona di Gesù Cristo secondo l’insegnamento del Nuovo Testamento. Senza temerarietà né timore di essere accusata di assurdità e follia, la testimonianza e la predicazione cristiana autentica, con fermezza e coraggio, ribadisce le parole di Gesù che dicono: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà mai" (Giovanni 11:25,26). Che sia questo il nostro preciso intendimento ed impegno.

Paolo Castellina, riduzione di una predicazione dell’8 agosto 2015