Preghiera/Porzioni giornaliere/Settembre: differenze tra le versioni
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" | ''"Perché non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, ma ne abbiamo uno che in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi al momento opportuno"'' (Ebrei 4:15-16). | ||
Quale cuore può concepire o lingua raccontare i trionfi quotidiani e | Quale cuore può concepire o lingua raccontare i trionfi quotidiani e ora per ora della grazia del Signore Gesù Cristo in grado di trionfare su tutti e tutto? Vediamo a malapena una milionesima parte di ciò che Lui, come Re sul suo trono, fa quotidianamente; e tuttavia vediamo abbastanza per sapere che egli vive sempre alla destra di Dio, e vive per salvare e benedire. | ||
Quale folla di supplicanti bisognosi circonda ogni momento il suo trono! Quali urgenti bisogni e sofferenze a cui rispondere; quali lancinanti dolori e pene da lenire; quali cuori spezzati da fasciare; quali coscienze ferite da guarire; quali innumerevoli preghiere da ascoltare; quali fervide petizioni da esaudire; quali nemici ostinati da sottomettere; quali colpevoli timori da sedare! Quale grazia, quale gentilezza, quale pazienza, quale compassione, quale misericordia, quale amore e tuttavia quale potere e autorità dimostra questo Onnipotente Sovrano! Nessuna circostanza è troppo insignificante; nessun supplicante troppo insignificante; nessun caso troppo difficile; nessuna difficoltà troppo grande; nessun richiedente troppo importuno; nessun mendicante troppo cencioso; nessun fallito troppo squattrinato; nessun debitore troppo insolvente, perché lui non lo noti e non lo soccorra. | Quale folla di supplicanti bisognosi circonda ogni momento il suo trono! Quali urgenti bisogni e sofferenze a cui rispondere; quali lancinanti dolori e pene da lenire; quali cuori spezzati da fasciare; quali coscienze ferite da guarire; quali innumerevoli preghiere da ascoltare; quali fervide petizioni da esaudire; quali nemici ostinati da sottomettere; quali colpevoli timori da sedare! Quale grazia, quale gentilezza, quale pazienza, quale compassione, quale misericordia, quale amore e tuttavia quale potere e autorità dimostra questo Onnipotente Sovrano! Nessuna circostanza è troppo insignificante; nessun supplicante troppo insignificante; nessun caso troppo difficile; nessuna difficoltà troppo grande; nessun richiedente troppo importuno; nessun mendicante troppo cencioso; nessun fallito troppo squattrinato; nessun debitore troppo insolvente, perché lui non lo noti e non lo soccorra. | ||
Seduto sul suo trono di grazia, il suo occhio onniveggente vede tutto, la sua mano onnipotente afferra tutto e il suo cuore amorevole abbraccia tutti coloro che il Padre | Seduto sul suo trono di grazia, il suo occhio onniveggente vede tutto, la sua mano onnipotente afferra tutto e il suo cuore amorevole abbraccia tutti coloro che il Padre Gli ha dato tramite un patto, che Lui stesso ha redento con il suo sangue e che lo Spirito benedetto ha vivificato alla vita con il suo potere invincibile. I disperati, gli indifesi; gli emarginati di cui nessuno si prende cura; gli sballottati dalla tempesta e non confortati; coloro che sono pronti a perire; i dolenti in Sion; la vedova affranta; l'orfano che piange; i malati nel corpo e ancora più malati nel cuore; gli afflitti dal dolore costante; il tisico febbricitante; il lottatore con l'ultima lotta della morte: oh, quali folle di oggetti pietosi circondano il suo trono; e tutti hanno bisogno di uno sguardo dai suoi occhi, di una parola dalle sue labbra, di un sorriso dal suo volto, di un tocco dalla sua mano! Oh, se solo potessimo vedere cos'è la sua grazia, cosa ha la sua grazia, cosa fa la sua grazia; e se solo potessimo percepire di più ciò che sta facendo in noi e per noi stessi, avremmo una visione più elevata del regno di grazia ora esercitato in alto dal Re intronizzato di Sion! |
Versione attuale delle 17:21, 29 set 2024
1 Settembre
"Questo sarà il nome con il quale sarà chiamato: 'Eterno nostra giustizia'" (Geremia 23:6).
Che visione dolce ci dà di Gesù! A volte guardiamo alla giustizia di Cristo come se fosse separata da Cristo stesso. Posso usare un paragone? È come se guardassimo al vestito senza pensare a chi lo ha fatto e a chi lo indossa. Ci concentriamo così tanto sulla giustizia che quasi dimentichiamo colui che l’ha ottenuta. Non dovremmo separare Gesù dalla sua giustizia. Non dovremmo guardare solo al vestito, alla veste imputata, e dimenticare chi l’ha creata, chi la indossa e chi la custodisce ancora oggi. Ma quando riusciamo a vedere che non solo l’obbedienza di Cristo, ma Cristo stesso, tutto ciò che Gesù è, tutto ciò che Gesù ha, come capo della sua Chiesa, come il Mediatore risorto, come il grande Sommo Sacerdote della casa di Dio, quando vediamo che questo Dio-uomo, Emmanuele, è stato fatto giustizia per il suo popolo, quanto si allarga la nostra visione! Allora non guardiamo solo al vestito, per quanto bello, adorabile e glorioso; guardiamo oltre – guardiamo a Colui che l’ha fatto. Non guardiamo solo al vestito come se fosse separato da Lui. Guardiamo a Colui che ha reso quel vestito ciò che è – Gesù, che vive sempre alla destra del Padre per intercedere per noi. Questa, a mio parere, è una visione dolce.
Se mi sento sprofondare nella peccaminosità, nella vergogna e nella colpa, e vedo che Dio ha fatto di Gesù la mia giustizia, cos'altro mi serve? Dio l'ha fatto? Chi potrebbe disfarlo? Dio ha reso il Figlio del suo amore giustizia per la mia anima, affinché io possa stare in Lui senza macchia, senza difetto o imperfezione? Chi potrebbe cambiarlo? Il peccato potrebbe cambiarlo? È già stato espiato. Il diavolo potrebbe cambiarlo? È incatenato fino al giudizio del grande giorno. Il mondo potrebbe cambiarlo? Non possono allungare un dito per toccare un filo di quella veste, per toccare un solo tratto del volto del Redentore. Se Egli è stato fatto giustizia per me, di cos’altro ho bisogno? Se posso trovare uno scudo, un rifugio e un riparo in Lui come mia giustizia, cos’altro mi serve per proteggermi dalle accuse degli uomini o dei demoni?"
2 Settembre
"Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri" (1 Tessalonicesi 5:6).
Qui la sobrietà è contrapposta alla sonnolenza ed è collegata al camminare nella luce e nel giorno, proprio come la sonnolenza e, spesso, la sua causa, l'ubriachezza, sono collegate all'oscurità e alla notte. Una delle peggiori maledizioni che Dio possa mandare su un popolo, sui suoi governanti, sui suoi profeti e veggenti, è uno spirito di sonno profondo, come dice il profeta: "È l'Eterno che ha sparso su di voi uno spirito di torpore; ha chiuso i vostri occhi, i profeti, ha velato i vostri capi, i veggenti". Essere sobri significa svegliarsi da questo sonno e, di conseguenza, camminare non solo svegli, ma anche con attenzione. Significa quindi camminare con cautela, vivere ogni giorno, muoversi, parlare e agire con il timore di Dio, grazie al quale possiamo essere protetti dalle trappole che ci attendono ad ogni passo. Quante persone sono cadute nel male e nella vergogna pubblica per non aver camminato con attenzione e prudenza, e per non aver fatto attenzione ai loro passi. Invece di vigilare sui primi segnali del peccato e sulla "tentazione in arrivo," come dice il Signore, si lasciano andare fino a essere trascinati e sedotti dalle proprie passioni, che, se non controllate, vanno avanti a concepire e a generare il peccato che, una volta compiuto e messo in atto, porta alla morte.
Nota: La citazione è tratta dal profeta Isaia 29:10. Questo versetto fa parte di un discorso profetico in cui Isaia parla della cecità spirituale e della mancanza di discernimento del popolo di Israele, e specialmente dei suoi leader, a causa del loro allontanamento da Dio.
File audio-video:
3 Settembre
"Poiché il tuo cuore è stato toccato, poiché ti sei umiliato davanti all'Eterno, udendo ciò che io ho detto contro questo luogo e contro i suoi abitanti, che saranno cioè abbandonati alla desolazione e alla maledizione; poiché ti sei stracciato le vesti e hai pianto davanti a me, anche io ti ho ascoltato, dice l'Eterno" (2 Re 22:19).
Questa tenerezza di cuore era una caratteristica di Giosia, su cui il Signore, per così dire, aveva posato il dito; era un segno speciale di benevolenza che Dio aveva scelto tra tutti gli altri, come una testimonianza a suo favore. Il cuore è sempre tenero quando Dio lo ha toccato con il suo dito; questa tenerezza è il frutto dell’impronta della mano del Signore sulla coscienza. Si può riconoscere la differenza tra una coscienza naturale e un cuore tenero nel timore di Dio da questo: la coscienza naturale è sempre superstiziosa e incerta; come dice il Signore, "filtra il moscerino e ingoia il cammello". È estremamente attenta alle austerità autoimposte, e molto timorosa di infrangere le regole che si è data; e mentre commetterà peccati che un uomo con il timore di Dio nel cuore non farebbe mai al mondo, si bloccherà davanti a questioni insignificanti su cui un’anima illuminata non avrebbe alcuno scrupolo.
Ma ecco il segno di un cuore tenero nel timore di Dio: si muove come lo Spirito di Dio agisce su di esso. È come la bussola del marinaio, che, una volta toccata dal magnete, punta sempre verso il nord; può oscillare e tremare avanti e indietro, ma alla fine tornerà al polo e rimarrà fissa al punto da cui era stata temporaneamente disturbata. Così, quando il cuore è stato toccato dallo Spirito ed è diventato tenero nel timore di Dio, può vacillare per un po’ a destra o a sinistra, ma è sempre inquieto e incerto finché non si orienta verso Dio, l’unico e eterno centro della sua felicità e santità.
4 Settembre
"Farò camminare i ciechi per una via che ignorano, li condurrò per sentieri che non conoscono; cambierò davanti a loro le tenebre in luce, renderò pianeggianti i luoghi impervi. Sono queste le cose che io farò, e non li abbandonerò" (Isaia 42:16).
Che cosa succede nella mente di una persona – di qualsiasi persona, nella tua mente o nella mia – quando è sotto afflizione? Mettilo alla prova con il dolore fisico, la povertà, la malattia in famiglia, il senso di colpa nella coscienza, l'oppressione nella sua anima, senza un raggio di luce divina nel suo cammino, e cosa diventa? Un lagnoso, ribelle, senza un briciolo di rassegnazione, senza un po' di contentezza o accettazione della volontà di Dio.
Ma se la gloria del Signore viene rivelata; se, con la fede, riesce a vedere Gesù sofferente; se un raggio di luce illumina il suo cammino; se un po’ del peso immenso di gloria che si manifesterà al ritorno di Cristo comincia a farsi sentire, dove sono tutte le sue cose storte adesso? Tutte raddrizzate. Ma come? Facendo sì che la sua volontà storta – storta perché non era allineata con quella del Signore – venga armonizzata con le promesse e i comandamenti, con i passi e l’esempio del beato Gesù. Le difficoltà non vengono eliminate, ma sono rese più affrontabili; la croce non viene tolta dalle spalle, ma viene data la forza – quella forza che "si perfeziona nella debolezza" – per portarla. Così è stato per Cristo stesso nel giardino e sulla croce; così è anche per i credenti che seguono il Crocifisso.
5 Settembre
"Porgi orecchio, SIGNORE, e rispondimi, perché io sono povero e bisognoso" (Salmo 86:1 NR).
Per quanto grande possa essere stata la liberazione che una persona ha sperimentato, anche se è stata salvata come dal più profondo inferno e abbia trovato stabilità, per tutta la vita continuerà a sentirsi "povera e bisognosa", un'esperienza che lo Spirito Santo coltiva in noi. Ed è solo quando ci riconosciamo poveri e bisognosi che desideriamo davvero conoscere le ricchezze di Gesù Cristo e assaporare le consolazioni che solo lo Spirito di Dio può offrire a un'anima assetata.
Oggi ci sono tante persone che si considerano "ricche e senza bisogno di nulla" e tuttavia parlano continuamente delle ricchezze di Cristo. Ma cosa possono realmente sapere delle ricchezze di Cristo? Le sue ricchezze sono per "i poveri e i bisognosi"; il sangue del suo sacrificio è per i colpevoli; la sua giustizia è per chi ne è totalmente privo; la sua opera perfetta e la sua salvezza compiuta sono per coloro che continuamente hanno bisogno della sua forza.
Quindi, per quanto possano avere delle idee su Cristo, sul suo sangue, sulla sua giustizia e sulla sua gloriosa salvezza, non ci sono altri che apprezzano tutto questo, che lo desiderano con ardenti e indescrivibili aneliti, che vogliono vivere di esso come del nutrimento per il proprio cuore, che pregano continuamente Dio per averne dolci manifestazioni, che sono inquieti, insoddisfatti e tormentati senza il dolce godimento di tutto ciò, se non coloro che sono spiritualmente "poveri e bisognosi", spogliati e svuotati di tutto ciò di cui la carne può vantarsi, e di tutto ciò che la natura umana può esaltare.senta in questo modo, eccetto coloro che sono spiritualmente "poveri e bisognosi", essendo spogliati, svuotati e spogliati di tutto ciò di cui la carne può vantarsi e di tutto ciò con cui la natura può esaltarsi.
6 Settembre
"Schiva le favole profane e da vecchie, esercitati invece alla pietà" (1 Timoteo 4:7).
"Il Signore mette alla prova i giusti" (Salmo 11:5). Infatti, una vita giusta è per lo più una vita provata. Non c'è un solo figlio di Dio, le cui grazie sono vive e attive, che non venga messo alla prova nella sua anima. Non riesco a credere che l'anima possa vivere senza esercizio, tanto quanto il corpo. Più l'anima è esercitata, più sarà in salute. La prova è una delle principali fonti di esercizio. Se sei messo alla prova riguardo alla tua posizione; provato riguardo al tuo stato; provato riguardo alla realtà dell'opera della grazia nella tua anima; provato riguardo alla tua esperienza; provato riguardo alle manifestazioni, alle liberazioni, e alle evidenze; provato dai tuoi peccati; provato da Satana; provato da altri credenti; provato dai profani; e soprattutto provato dal tuo stesso cuore, continuamente – questo terrà la tua anima in esercizio. E questo è "esercitarsi alla pietà".
Se questi esercizi portano alla pietà, ti avvicinano alla pietà, ti conducono sulla strada della pietà; ti portano dentro alla pietà; e, soprattutto, portano la pietà nella tua anima. Così, l'anima è esercitata verso la pietà. Non ti capita mai di sentire che il tuo cuore ne è completamente privo? Vedi cos’è la pietà nella sua natura, nei suoi rami, nei suoi frutti, nelle sue grazie, in ciò che un cristiano dovrebbe essere, praticamente, sperimentalmente, e realmente – esteriormente e interiormente – nella chiesa e nel mondo. Dici: "Io un cristiano! Io un uomo o una donna pia! Lasciami confrontare me stesso con la pietà.
Sono pio? C'è grazia nel mio cuore? Vivo? Parlo? Penso? Agisco? Cammino? Soffro come si addice a un cristiano? La mia vita, la mia professione, il mio comportamento – nella famiglia, nel mondo – negli affari, nella chiesa – a casa, fuori – pubblicamente, segretamente – è tale che posso metterla alla prova passo dopo passo con la pietà reale, vitale, sperimentale e scritturale? "Oh," dici tu, "mi ritiro da questo confronto. Ci sono tante cose in me, dentro e fuori, che non reggono il confronto con la pietà rivelata nelle Scritture della verità."
Bene, suppongo che la tua mente sia messa alla prova quando hai questi pensieri. E qual è il risultato? È un "esercizio alla pietà." La desideri; ti sforzi per raggiungerla; la invochi; la cerchi; sai che solo il Signore può operarla nella tua anima; ti senti bisognoso, nudo, e privo di tutto; sai che senza di essa non puoi né vivere né morire felicemente; eppure devi averla, altrimenti perirai, corpo e anima per sempre."
Nota
Nel Nuovo Testamento, la "pietà" (in greco eusebeia) si riferisce a una vita vissuta in devozione sincera a Dio, caratterizzata da un comportamento pio e da un profondo rispetto per la volontà divina. Non si tratta solo di atti religiosi esterni, ma di un rapporto interiore con Dio che si manifesta in una condotta morale e spirituale. La pietà include l’amore verso Dio, la pratica delle virtù cristiane e la coerenza tra fede e vita quotidiana. In testi come 1 Timoteo 4:7, l’esortazione a "esercitarsi alla pietà" implica uno sforzo costante per crescere nella santità e nella conformità a Cristo.
7 Settembre
"La grazia del Signore Gesù Cristo sia con lo spirito vostro" (Filemone 25)
È il soffio rigenerante del Signore Gesù Cristo che rende l’anima viva in lui. Questo è chiaro dalle sue stesse parole: “È lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Le parole che vi ho detto sono spirito e vita” (Giovanni 6:63). È solo allora che “la grazia del nostro Signore Gesù Cristo è con il nostro spirito.” Nota che la grazia del Signore Gesù Cristo non è con la nostra mente carnale, che rimane sempre la stessa: un corpo di peccato e morte, carne—carne corrotta, “nella quale non abita alcun bene,” e quindi non la grazia del Signore Gesù Cristo.
La sua grazia è con il nostro spirito, quell'“uomo nuovo” di cui leggiamo che “è creato secondo l’immagine di Dio, nella giustizia e nella vera santità.” Viene chiamato il nostro “spirito” perché è nato dallo Spirito, come lo stesso Signore spiegò a Nicodemo il mistero solenne: “Ciò che è nato dalla carne è carne, e ciò che è nato dallo Spirito è spirito.” Non si tratta di una distinzione sottile e astratta, ma di una verità molto importante; perché, se non vediamo la differenza tra le due nature, lo spirito e la carne, la legge nei membri e la legge della mente, saremo sempre prigionieri, cercando la santità nella carne.
La grazia del Signore Gesù Cristo, essendo così con il nostro spirito, soffia di tanto in tanto su di esso, lo muove e agisce in esso; perché c’è una sorta di unione spirituale o di grazia tra i due. Così come non possiamo vivere senza la grazia del Signore Gesù Cristo, la terra non può vivere senza il sole. Lui deve brillare, altrimenti non abbiamo luce; lui deve ravvivarci, altrimenti non abbiamo calore; lui deve fertilizzarci, altrimenti non portiamo frutto. Perciò, di volta in volta, c’è un desiderio profondo dell’anima verso il Signore Gesù Cristo affinché la sua grazia sia con il nostro spirito; che questa grazia fluisca sempre in noi, rendendoci nuove creature, dissipando ogni dubbio e paura, spezzando ogni catena e vincolo, riempiendoci di amore e umiltà, conformandoci alla sua immagine sofferente, producendo in noi ogni frutto che renda gloria a lui, accompagnandoci nella vita e nella morte, e conducendoci sani e salvi nell’eternità.
8 Settembre
"Infatti, per condurre molti figli alla gloria, ben si addiceva a colui a causa del quale sono tutte le cose e per mezzo del quale sono tutte le cose, di rendere perfetto, per via di sofferenze, l'autore della loro salvezza" (Ebrei 2:10).
"Quando, con l'occhio della fede, riusciamo a vedere Dio il Figlio come la salvezza eterna di tutti coloro che il Padre gli ha dato; quando possiamo vederlo, con l'occhio della fede, scendere in questo mondo, assumere la nostra natura unendola alla sua persona divina; quando, con la fede, possiamo accompagnare l'Uomo dei Dolori nel cupo giardino di Getsemani, o vederlo gemere, sanguinare e morire sulla croce, oggetto di ignominia e vergogna, e credere che solo in questo modo, e solo così, la salvezza poteva essere compiuta, oh, quale visione ci dà del demerito e della terribile natura del PECCATO, che nulla, se non l'incarnazione del Figlio unigenito di Dio, nulla se non un tale sacrificio tremendo, poteva cancellare il peccato e riportare gli eletti a Dio!
Da un lato, guardando all'Agnello di Dio che soffre e muore, ci rendiamo conto della terribile e abominevole natura del peccato; e, dall'altro lato, quando riusciamo a vedere con l'occhio della fede che opera sia, da chi sia stata compiuta, e quanto gloriosa ed efficace deve essere quell'opera che il Figlio di Dio, uguale al Padre in gloria e maestà, ha intrapreso e portato a termine fino in fondo, quanto esalta ai nostri occhi la SALVEZZA!
Così, una visione di fede del Signore Gesù appeso alla croce del Calvario non solo ci mostra, da un lato, la terribile natura del peccato, ma, dall'altro, quanto piena, completa, gloriosa ed efficace deve essere quella salvezza di cui il Figlio di Dio morente ha potuto dire: "È compiuto!"".
Audio di questa meditazione:
9 Settembre
"Poiché io spanderò le acque sul suolo assetato e i ruscelli sulla terra arida; spanderò il mio Spirito sulla tua discendenza, e la mia benedizione sui tuoi rampolli" (Isaia 44:3).
La sete, come sentimento dell'anima, in un senso spirituale, è sicuramente un segno della vita divina in noi. È spiritualmente impossibile, infatti, che una persona morta nel peccato abbia sete del Dio vero e vivente, così come lo è per un cadavere in un cimitero avere sete di un sorso di acqua fresca da una fonte. Posso dire per esperienza personale che un sentimento come la sete di Dio non ha mai trovato spazio nel mio cuore fino a quando il Signore non ha risvegliato la mia anima alla vita spirituale. Avevo sentito parlare di Dio con le orecchie, l'avevo visto nella creazione, nel cielo stellato, nel mare in tempesta, nella terra rigogliosa; avevo letto di Lui nella Bibbia; avevo appreso della Sua esistenza attraverso l'educazione e la tradizione; e avevo qualche vaga idea della Sua santità nella mia coscienza naturale. Ma per quanto riguarda una vera sete spirituale per Lui, un desiderio sincero di temerLo, conoscerLo, credere in Lui, o amarLo — posso dire che non ho mai avuto nulla di simile nel mio cuore. Amavo il mondo troppo intensamente per rivolgere lo sguardo a Colui che lo ha creato, e amavo me stesso troppo calorosamente per cercare Colui che mi chiedeva di crocifiggerlo e mortificarlo.
Sono quindi fermamente convinto che un uomo deve essere reso vivo verso Dio attraverso la rigenerazione spirituale prima di poter sperimentare una sensazione simile a quella espressa dalla metafora della "sete", o conoscere i sentimenti del Salmista quando gridava: 'Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente' (Salmo 42:2-3). Ora, ovunque Dio abbia suscitato nell'anima questa sete spirituale verso di Lui, sicuramente risponderà a quel desiderio, "Il desiderio dei giusti sarà esaudito" (Proverbi 10:24). Il Suo stesso invito è: "O voi tutti assetati, venite alle acque" (Isaia 55:1); e Gesù stesso dice con le sue stesse labbra benedette, "Se qualcuno ha sete, venga a me e beva" (Giovanni 7:37). No, ha iniziato il suo ministero pronunciando una benedizione su coloro che hanno questa sete, "Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.
10 Settembre
"Poiché io spanderò le acque sul suolo assetato e i ruscelli sulla terra arida; spanderò il mio Spirito sulla tua discendenza, e la mia benedizione sui tuoi rampolli" (Isaia 44:3).
Quanto spesso l'anima, nata e istruita da Dio, si sente come quella 'terra arida'! Vorrebbe tanto essere fruttuosa in ogni buona parola e opera; vorrebbe essere adornata con ogni grazia dello Spirito dentro di sé, e con ogni buon frutto divino all'esterno. Non pensiamo che il figlio di Dio sia indifferente o noncurante riguardo al frutto, sia interiore che esteriore. Non c'è niente di troppo santo, troppo celeste, troppo spirituale o troppo misericordioso che il figlio della grazia non desideri vivere interiormente e manifestare esteriormente.
Ma sente di non poter produrre con i propri sforzi quella fruttuosità che tanto desidera. Sarebbe come se un campo sterile potesse trasformarsi in un giardino fertile senza essere lavorato da mano umana o senza ricevere pioggia dal cielo; allo stesso modo, un'anima che sente e conosce la propria sterilità non può, con le proprie forze, produrre frutti di giustizia.
Ma il Signore, che conosce il desiderio del cuore e il suo lamento interiore per la propria sterilità, ha dato nel testo una promessa dolce e misericordiosa: 'Io verserò fiumi sul terreno arido.' Una pioggia parziale non sarebbe sufficiente. Il terreno arido assorbirebbe subito solo poche gocce di pioggia estiva. Devono arrivare inondazioni, sia dal cielo che dai fiumi di quel fiume che rallegra la città di Dio, per produrre questo grande cambiamento. Queste 'inondazioni' sono le promesse riversate nell'anima, l'amore di Dio diffuso nel cuore, le manifestazioni di Cristo e del suo sangue espiatorio, le infusione della grazia che sovrabbonda su tutti i peccati, e il fluire della pace come un fiume nello spirito contrito."
11 Settembre
"Poiché io spanderò le acque sul suolo assetato e i ruscelli sulla terra arida; spanderò il mio Spirito sulla tua discendenza, e la mia benedizione sui tuoi rampolli" (Isaia 44:3).
Nel riversare il suo Spirito sulla discendenza di Sion, Dio riversa con esso ogni benedizione spirituale che ha nel suo cuore o nelle sue mani da donare. Qualunque bene terreno tu possa godere, senza la benedizione di Dio si rivelerà solo una maledizione; qualunque afflizione tu possa affrontare nella tua vita terrena, se Dio la benedice, essa sarà trasformata in una benedizione. E questa benedizione non viene data in modo avaro, perché il Signore ha promesso che la RIVERSERÀ! Sarà data con la stessa abbondanza e profusione con cui si dona lo Spirito stesso. E Sion non dubiterà né della benedizione né della sua origine, perché essa porta con sé la propria evidenza, brilla nella luce della propria testimonianza e si manifesta nei propri effetti.
E non rende forse il contrasto tra il terreno arido e le promesse piogge di benedizione ancora più preziosa? La tua stessa sterilità rende la promessa ancora più adatta, e quindi ancora più dolce. Se guardi dentro di te, vedi un deserto sterile. Se alzi lo sguardo, vedi le nuvole di benedizione fluttuare nel cielo limpido. Vedi che il Signore ha promesso di 'versare acqua su chi ha sete e fiumi sul terreno arido.' Lo supplichi di adempiere quella promessa nella tua anima. Non hai altro appello se non la sua parola di promessa, né altra raccomandazione se non la tua misera sterilità. Egli ti dà la forza di gridare a Lui. Egli ascolta quel grido e, nel Suo tempo, riversa acqua sulla tua anima assetata e fiumi sul tuo cuore secco e arido. Oh, possa il senso della nostra povertà e desolazione essere sempre uno strumento, nella Sua mano sacra, per condurci a cercare quella benedizione che solo Lui può dare!
12 Settembre
“L'uomo accorto vede venire il male, e si nasconde; ma i sempliciotti vanno avanti e ne subiscono le conseguenze” (Proverbi 22:3).
In questo versetto troviamo il contrasto fra chi è “accorto”, cioè avveduto o prudente e chi è fondamentalmente un “sempliciotto” o un “ingenuo”. La persona accorta conosce i pericoli e le trappole della vita, e quindi sa come evitarle; il sempliciotto, invece, è sprovveduto, inesperto e facilmente ingannabile, incapace di sopravvivere ai pericoli del mondo e destinato a caderci dentro.
In Europa fin ora siamo vissuti come nella bambagia, in una situazione che qualcuno ancora definisce come “un giardino” e che continua ad attrarre gente da altri continenti. Era come l’esperimento del capitalismo liberale. Tutto questo sta drammaticamente finendo e minacciose nuvole oscure si accumulano all’orizzonte. Molti non le vedono. Chi è accorto, però, comincia a pensare come salvarsi da tutto questo, quale misure prendere. È ancora più vero dal punto di vista spirituale.
Pensiamo a Noè: avvisato ed istruito da Dio, costruisce un'arca per salvare sé stesso e la sua famiglia. Oppure Lot, che, ammonito da angeli, fugge da Sodoma che era stata condannata. Anche noi, oggi, dobbiamo fuggire dall'ira di Dio che ineluttabilmente verrà. Ma quanto siamo spesso distratti e indifferenti, finché non siamo risvegliati alla vita spirituale! Salomone qui parla, con una metafora, di quelli che dormono sulla cima di un albero maestro di una nave: basta un colpo d'onda o un movimento sbagliato, e si ritrovano nell'oceano in tempesta.
L'ira di Dio si sta di fatto accumulando contro un mondo malvagio. Chi riuscirà a scampare questa tempesta spaventosa di ira eterna e implacabile? Solo chi corre verso il Salvatore Gesù Cristo. Ma chi corre verso Gesù? Solo chi sente un bisogno disperato di Lui. E come si arriva a sentire questo bisogno? Attraverso i lampi dell'ira di Dio. E da dove provengono questi lampi? Dalle nuvole minacciose della legge santa di Dio — la rivelazione della sua ira contro i trasgressori. È quindi essenziale sentire la Legge toccare la nostra coscienza, sperimentare ciò che Giobbe chiama "i terrori di Dio", affinché Gesù Cristo, che è come un riparo dalla tempesta, possa essere visto e cercato!
È come l'avvertimento dato in Egitto durante la pioggia di grandine devastante: "Fra i servitori del Faraone, quelli che temettero la parola dell'Eterno fecero rifugiare nelle case i loro servitori e il loro bestiame; ma quelli che non fecero conto della parola dell'Eterno, lasciarono i loro servitori e il loro bestiame per i campi" (Esodo 9:20-21). La fede crede ciò che l'incredulità deride. Come la loro natura e il loro modo di operare, così sarà la loro fine. La fede conduce alla salvezza; l'incredulità alla perdizione.
Immagina di essere in mezzo a una tempesta: la fede è come un rifugio sicuro che ti protegge dal peggio, mentre l'incredulità è come stare in mare aperto senza una barca, in balia delle onde. Solo chi ha paura delle onde cercherà un rifugio, e solo chi capisce la forza della tempesta comprenderà quanto sia importante trovare riparo.
[Rielaborato]
13 Settembre
"Poiché il nostro evangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con gran pienezza di convinzione; infatti voi sapete che tipo di uomini abbiamo dato prova di essere fra di voi, per il vostro bene" (1 Tessalonicesi 1:5).
Lo Spirito Santo non entra mai nell'anima di un peccatore se non attraverso l'Evangelo della grazia di Dio. Hai mai riflettuto su questo punto? Magari stai pregando che lo Spirito Santo ti insegni, e sia per te uno Spirito di rivelazione, un Consolatore, un Istruttore. Prega per i suoi doni, per le sue grazie e per la sua opera di santificazione; ma hai mai considerato queste grazie in relazione all'Evangelo di Gesù Cristo? Ora, se vuoi che lo Spirito Santo entri nella tua anima, devi restare saldo nell'Evangelo; non devi allontanarti da esso verso la legge o verso te stesso, ma devi tenerlo stretto, per quanto tu ne abbia sentito la potenza, e avere una fede viva in esso.
Se quindi sei messo alla prova, tieniti stretto all'Evangelo. Se Satana ti mette alla prova, resta saldo nell'Evangelo. Se ti trovi nel fuoco dell’afflizione, attieniti all'Evangelo. Se ti trovi a dover affrontare ondate di dolore, resta fermo nell'Evangelo. Se hai mai sentito la potenza e la preziosità dell'Evangelo, non lasciare che Satana ti faccia vacillare o ti allontani da esso; mantieniti nell'l'Evangelo, perché è la tua vita. Dove altro potrai trovare qualcosa che si adatti alla tua condizione se sei un povero peccatore tentato e provato? Andrai alla LEGGE, che può solo maledirti e condannarti? O ti rivolgerai a TE STESSO? Cosa è il "te stesso"? Un cumulo di rovine. Dove andrai, allora? Alla fine, devi tornare all'Evangelo, se la tua anima deve essere salvata e benedetta, e se vuoi sperimentare le consolazioni dello Spirito Santo, l’unico che può benedirti e confortarti.
Voglio, con la benedizione di Dio, imprimere questa verità fondamentale nella tua coscienza, affinché tu non distolga lo sguardo dall'Evangelo, e come dice Berridge, non "squarti e sbirci altrove", ma tieni gli occhi fissi sull'Evangelo; perché se ci credi, esso può e salverà la tua anima. Non dice forse l'Apostolo che è "la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede"? Non c'è potenza né salvezza in nient'altro. Non aspettarti mai, quindi, potenza, salvezza o conforto, se non attraverso lo Spirito Santo che predica l'Evangelo tuo cuore.
14 Settembre
"Altri dimoravano in tenebre e in ombra di morte, prigionieri nell'afflizione e in catene" (Salmo 107:10).
Il popolo di Dio qui non è rappresentato come seduto nella morte; se fossero seduti nella morte sarebbero completamente morti; invece, sono seduti nell'ombra della morte. Notate, la morte ha perso la sua realtà per loro; ora può solo proiettare un'ombra, spesso un'ombra cupa, sulle loro anime; ma non c'è sostanza in essa. Il risveglio dello Spirito di Dio in loro ha distrutto la sostanza della morte spiritualmente; e la morte e la resurrezione di Gesù hanno distrutto la sostanza della morte fisicamente.
Tuttavia, sebbene il mostro cupo - la morte dell'anima; e quel re degli spaventi - la morte del corpo; siano stati disarmati e distrutti da "Emmanuele, Dio con noi"; ciascuno di essi proietta a volte un'ombra oscura e tetra sulle anime di coloro che temono Dio. La tua anima, povero figlio di Dio, non ha forse di tanto in tanto a che fare con questa morte interiore? Apatia nella preghiera, apatia nella lettura della parola, apatia nell'ascoltare la verità, apatia nei desideri verso il Signore, apatia verso tutto ciò che è santo, spirituale, celeste e divino? Come intorpidisce e paralizza ogni respiro della nostra anima verso Dio! Eppure è solo un'ombra. Non scrivere cose amare contro te stesso, povero, tentato, provato figlio di Dio, perché senti tale morte e freddezza nel tuo cuore di tanto in tanto. Non ti distruggerà; no, è la vita nella tua anima che la fa sentire; e più la vita di Dio è stata sentita nella tua coscienza, più dolorosamente si sperimenta la morte del tuo animo carnale.
Ti aspetti che la tua 'mente carnale' sarà mai vivace nelle cose di Dio? Non è altro che un cumulo di morte, una massa enorme di empietà, che, come un Behemoth, solleva continuamente i suoi fianchi larghi nel cuore? Eppure, il popolo di Dio è spesso turbato nella mente dall'ombra tetra che questa morte proietta sulle loro anime. Ma questo turbamento è un segno di vita. Se fossi morto, potresti sentirlo? Il peggior sintomo di chi è morto nel peccato è che non lo sente. Ma, mentre lo sentiamo, mentre sospiriamo a causa di esso, mentre lo odiamo, e odiamo noi stessi a causa di esso, anche se può farci male e rattristarci, non può mai distruggerci. Ha perso la sua sostanza, anche se proietta la sua ombra tetra.
15 Settembre
"Ascolta il consiglio e ricevi l'istruzione, affinché tu diventi saggio per il resto della vita" (Proverbi 19:20).
Ogni giorno abbiamo bisogno di lezioni che ci guidino sulla retta via, e spesso è un continuo apprendere a piccoli passi, un po' alla volta. Oh, quanto siamo lenti a capire! Che scolari distratti, smemorati, ignoranti e testardi! Nessuno, né giovane né vecchio, imparerebbe così poco delle cose terrene come noi sembriamo aver imparato delle cose spirituali, nonostante gli anni di istruzione, i tanti capitoli letti, i numerosi sermoni ascoltati, le preghiere recitate e le innumerevoli conversazioni sulla religione. Quanto è limitata e debole la nostra crescita spirituale rispetto a tutto ciò che abbiamo letto, ascoltato e discusso.
Ma è una grande grazia che il Signore salvi chi vuole salvare, e che siamo salvati solo per grazia, quella grazia gratuita, attraverso il sangue e la giustizia del Figlio di Dio. ‘Egli è per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione,’ quindi se abbiamo Lui, abbiamo tutto, e se non abbiamo Lui, non abbiamo nulla. Quando queste verità toccano il cuore, portano a un coinvolgimento profondo dell’anima, con molte preghiere e suppliche al Dio di tutte le nostre misericordie; e tutto questo ci libera e ci purifica da quella professione di fede superficiale e leggera che sembra così comune ai nostri giorni.
16 Settembre
"Poiché è lui che è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione" (Efesini 2:14).
L'Evangelo ci annuncia: "Egli, il Cristo, è la nostra pace." Questo è il risultato necessario dell'essere riconciliati e avvicinati a Dio grazie al sangue versato da Cristo come sacrificio di espiazione dei nostri peccati. Il peccato non ci ha solo resi nemici di Dio, ma ha anche fatto di Dio, per noi, un nemico. Quale pace potrebbe esserci, quindi, finché siamo nemici l'uno verso l'altro? La pace esiste tra amici, non tra avversari. In questo stato di ostilità e conflitto, non c'è una vera pace e, quindi, non può esserci neanche una pace sperimentata o vissuta. Ma quando la causa della guerra, il nostro peccato, quello che ci rende incompatibili con Dio, viene rimossa, allora si crea la pace, prima legalmente e poi nella nostra viva esperienza. Cristo ha stabilito questa pace tramite il sangue da Lui versato sua croce come sacrificio (Colossesi 1:20). Ora non c'è più inimicizia da parte di Dio, perché era un'inimicizia 'legale'. Dio ha sempre amato il suo popolo in Cristo e, poiché è immutabile, non ha mai potuto odiarli. Tuttavia, come un giudice è "nemico" di un criminale, quand'anche se fosse suo figlio, così Dio, in quanto Giudice e Legislatore, era nemico dei suoi eletti, considerati come peccatori, trasgressori della Legge.
Quando la Legge è stata adempiuta da Cristo in nostra vece, e tutte le nostre trasgressioni sono state espiate attraverso l'obbedienza e la morte del suo caro Figlio, questa inimicizia legale è stata rimossa, e la giusta ira di Dio contro il peccato e il peccatore è stata placata. Il peccato, essendo stato eliminato, ha cancellato dal punto di vista legale la causa di quell'inimicizia.
Quando riponiamo la nostra fede nel Figlio di Dio e accogliamo l'espiazione che Egli ha compiuta per noi versando il suo prezioso sangue, allora non c'è più inimicizia nemmeno da parte nostra; perché la bontà, la misericordia e l'amore di Dio sciolgono anche il cuore più duro trasformandolo nella più dolce umiltà, affetto e amore verso di Lui.
17 Settembre
"Il segreto dell'Eterno è per quelli che lo temono ed egli fa loro conoscere il suo patto" (Salmo 25:14).
Conoscete voi il "segreto dell'Eterno"? Esso è da intendersi come una rivelazione profonda che Dio concede solo a coloro che lo temono, ossia coloro che Lo rispettano, Lo riveriscono e camminano secondo i Suoi comandamenti. Il termine sod (סוֹד) in ebraico, tradotto come "segreto", significa anche "consiglio intimo" o "confidenza". Questo implica un rapporto privilegiato, confidenziale, tra Dio e i Suoi fedeli, i quali ricevono una conoscenza speciale che va oltre la comprensione superficiale della Legge o delle Scritture. Dio rivela il Suo cuore, i Suoi piani e la Sua volontà a coloro che Lo temono e che vivono in maniera a Lui ubbidiente. Questa rivelazione non è semplicemente un'informazione, ma una conoscenza interiore e spirituale che conduce alla comprensione del patto, ovvero dell'alleanza tra Dio e il suo popolo.
Il "patto" qui menzionato è l'alleanza di Dio con il suo popolo. Nel contesto ebraico, questo si riferisce principalmente all'alleanza mosaica, ma si riferisce anche riferirsi a tutte le promesse fatte da Dio ai Suoi fedeli nel corso della storia biblica. In una prospettiva cristiana, questo patto può essere visto anche come il Nuovo Patto annunciato da Gesù Cristo, che apre la via alla salvezza attraverso la fede in Lui e nella Sua opera redentrice.
Il "segreto" è dunque un'espressione di intimità e amicizia con Dio. Questo si collega al concetto biblico dell'amicizia con Dio, come si trova, ad esempio, in Giobbe 29:4, dove si parla del segreto di Dio che dimora sulla tenda del giusto. Coloro che temono Dio vengono ammessi nella sua intimità, partecipando alla Sua saggezza e ai Suoi piani. Coloro che temono Dio vengono considerati amici intimi di Dio, a cui Egli rivela i misteri del Suo regno e le verità più profonde. È un'esperienza di comunione profonda con Dio, in cui si riceve una conoscenza speciale del Suo piano di redenzione.
Vi è qui anche, però, una prospettiva escatologica. Il "segreto" e il "patto" si riferiscono ai piani finali di Dio per l'umanità e alla piena rivelazione del suo regno. In questa prospettiva, il segreto di Dio rappresenta il Suo piano salvifico per il mondo, che viene rivelato progressivamente a coloro che Lo temono e Lo servono. Il "segreto" è il mistero del regno di Dio che sarà pienamente rivelato alla fine dei tempi. Coloro che temono Dio vengono introdotti gradualmente alla comprensione del piano di redenzione e del patto finale, che sarà manifestato nell'era messianica o nel ritorno di Cristo.
Il "segreto dell'Eterno" può quindi essere visto come una rivelazione intima, spirituale, sapienziale o escatologica che Dio concede a coloro che lo temono. Questi ultimi, in virtù del loro timore reverenziale e della loro fedeltà, vengono ammessi a comprendere più profondamente il "patto" di Dio, che può essere inteso sia come l'alleanza mosaica sia come il Nuovo Patto in Cristo. Questo versetto celebra quindi l'amicizia e l'intimità spirituale con Dio, riservate a chi vive nella sua giustizia e ubbidienza.
[Questa riflessione in audio: https://sfero.me/podcast/conoscete-segreto-dio-]
18 Settembre
"... affinché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Timoteo 3:17).
Il Santo Spirito di Dio, attraverso la strumentalità della Parola ispirata delle Sacre Scritture (letta e meditata costantemente) effettua nell'uomo (e nella donna) di Dio una costante opera di insegnamento, riprensione, correzione e educazione. Essa è finalizzata a renderlo "completo" e ben preparato a compiere ciò che Dio considera buono e giusto. La completezza alla quale questo testo si riferisce è la maturità cristiana, "... affinché non siamo più dei bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore" (Efesini 4:14). Coloro che sono "nati di nuovo", infatti, rigenerati moralmente e spiritualmente in Cristo, non sono destinati a rimanere spiritualmente bambini, ma "seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo" (Efesini 4:15). Cresciamo nella fede, nella conoscenza, nella grazia, nella saggezza, nella forza, nell'esercizio di tutte le potenzialità (talenti, o doni) che ci sono stati dati per servire al meglio la causa di Dio in questo mondo. Questo vuol dire "crescere per la salvezza" (1 Pietro 2:2).
Contribuiscono a questa crescita le prove e le difficoltà che dobbiamo affrontare nella nostra vita. Per quanto spiacevoli esse siano, non le dobbiamo considerare "una disgrazia" ma "una grazia", uno strumento della nostra crescita. Era stata pure l'esperienza, dal punto di vista umano, dello stesso Cristo: "Infatti, per condurre molti figli alla gloria, ben si addiceva a colui a causa del quale sono tutte le cose e per mezzo del quale sono tutte le cose, di rendere perfetto, per via di sofferenze, l'autore della loro salvezza" (Ebrei 2:10). La Scrittura, infatti, dice: "Beato l'uomo che sostiene la prova, perché, una volta approvato, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che lo amano" (Giacomo 1:12), "... affinché la prova della vostra fede, molto più preziosa dell'oro che perisce, eppure è provato con il fuoco, risulti a vostra lode, gloria e onore alla rivelazione di Gesù Cristo" (1 Pietro 1:7).
[Rielaborazione]
19 Settembre
"... poiché il Figlio dell'uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto" (Luca 19:10).
"Il Figlio dell'uomo è venuto": Che venuta benedetta! Gesù sembra aver scelto, con una dolce condiscendenza ai nostri bisogni, questo titolo pieno di grazia: "il Figlio dell'uomo". Era il Figlio di Dio, e lo è stato da sempre; ma si compiace di chiamarsi "il Figlio dell'uomo", di diventare essere umano. In sé non è affatto un complimento né un onore, visto l'abietta condizione di peccatori che, come umanità, sempre ci caratterizza. Eppure, abbiamo bisogno di qualcuno come noi, che abbia la nostra stessa natura; che porti nel suo petto un cuore umano come il nostro, ma privo di peccato. Egli è diventato l'unico sacerdote, quello sommo, che possa intercedere per noi. Come dice la Scrittura: "... perché non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, ma ne abbiamo uno che in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare" (Ebrei 4:15). Egli solo è capace di comprendere e sostenere chi è tentato al male.
Un peccatore, quando diventa consapevole della propria impurità e colpa, non può avvicinarsi a Dio nella Sua maestà e santità essenziali. Visto come l'Essere grande e glorioso che riempie l'eternità, Dio è troppo grande, il Santissimo, troppo perfetto per l'uomo per poterglisi avvicinare. C'è quindi bisogno di un Mediatore; e questo Mediatore deve essere veramente tale, un Dio-uomo, "Emmanuele, Dio con noi" è il Suo nome. La profondità di questo mistero non sarà mai pienamente compresa, nemmeno nell'eternità. La misericordia di Dio, però, nel designare un tale Mediatore, e l'incredibile condiscendenza del Figlio di Dio nel diventare "il Figlio dell'uomo", sono cose da accogliere con fede, non con la ragione non assistita; da credere, non da capire in tutta la sua valenza, se questo fosse possibile. Quando lo accogliamo, l'umanità del Figlio di Dio diventa una via di accesso a Dio Padre. Possiamo parlare con lui, avvicinarci a lui, possiamo aprirgli i nostri cuori.
Dio, visto nella sua maestà, giustamente indignato contro ogni corrotto peccatore quale noi siamo, non osiamo avvicinarci a Lui. Egli è "fuoco consumante", e l'anima nostra trema davanti a Lui - e ne abbiamo ben motivo! Quando Gesù appare nell'Evangelo come "il Mediatore tra Dio e l'uomo", e, come "l'Arbitro", come dice Giobbe, "che posi la mano su tutti e due!" (Giobbe 9:33), quanto profondamente questo tocca il cuore umano! Come apre una via per il peccatore colpevole, impuro, condannato e rovinato per avvicinarsi a quel grande Dio con cui ha a che fare! Quando questo diventa nostra esperienza diretta, suscita fede per guardare a Lui, speranza per ancorarsi in Lui e amore per abbracciarlo teneramente e con affetto.
20 Settembre
"Il tuo cuore non porti invidia ai peccatori, ma perseveri sempre nel timore dell'Eterno; poiché c'è un avvenire, e la tua speranza non sarà delusa" (Proverbi 23:17-18).
Il Signore si rivolge qui a un’anima che sta lottando contro la tentazione, attraversando momenti di prova particolari. Ecco l’esortazione che le dà: "persevera sempre nel timore dell'Eterno" cioè vigila sulla sua mano, sottomettiti alla sua volontà, affidagli tutto nelle sue cure e protezione; non indurire il tuo cuore contro di Lui, ma rivolgiti a Lui, adoralo con timore reverente. "poiché c'è un avvenire, e la tua speranza non sarà delusa".
Puoi essere tentato, messo alla prova, circondato da difficoltà, senza vedere una via d’uscita; ma "c’è un avvenire" sicuro e quando arriverà la fine, tutto sarà chiaro e limpido. Questa sottomissione tranquilla, questo vegliare e aspettare, una persona non può raggiungerli finché non ha visto la fine di tutte le perfezioni umane: la fine della propria forza, della propria saggezza e della propria giustizia. Stare fermo e perseverare è la cosa più difficile che si possa fare. Restare passivo ai piedi di Dio quando tutto sembra andare contro di noi; camminare su un sentiero difficile, essere circondati da problemi, eppure temere il Signore tutto il giorno, vegliare sulla sua mano, desiderare di sottomettersi alla sua volontà, cercare solo quella saggezza che viene dall'alto, e confidare che lui renderà il cammino dritto; non mettere mano all’opera, ma lasciare tutto nelle mani del Signore - quanto è strano e misterioso un cammino così!
Eppure è l’unico che porta vera pace a un cristiano; "poiché c'è un avvenire, e la tua speranza non sarà delusa". Qualsiasi dolore e tribolazione uno debba affrontare, ci sarà sicuramente una fine. Se proviamo a tirarci fuori dai problemi con le nostre forze, siamo come una persona che tenta di sciogliere un gomitolo di seta tirandolo con forza; più si tira, più si aggroviglia, e i nodi diventano sempre più stretti. Così, se ci troviamo in una prova, sia essa provvidenziale o spirituale, e tentiamo di liberarci con la forza, ribellandoci e scalciando, ci incastriamo sempre di più.
Il Signore, quindi, per incoraggiarci ad aspettare pazientemente fino a quando non interverrà, ci dice: "C'è un avvenire, e la tua speranza non sarà delusa". Questo è il messaggio universale della Scrittura: il Signore appare e libera quando non c’è nessun altro che possa aiutare; e l’esperienza dei santi conferma ciò che la Parola scritta testimonia: "Perché io so i pensieri che ho per voi, dice il Signore, pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza.
21 Settembre
"Noi siamo davanti a te degli stranieri e dei pellegrini, come furono tutti i nostri padri; i nostri giorni sulla terra sono come un'ombra, e non c'è speranza" (1 Cronache 29:15).
Se possiedi la fede di Abramo, Isacco e Giacobbe, tu, come loro, confessi di essere "uno straniero". La tua confessione scaturisce da un cuore credente e da un'esperienza dei sentimento. Ti senti uno straniero in questo mondo caratterizzato da empietà. Per questo senti che questo "non è il tuo elemento", non è la tua "casa". Ci rimani, infatti. durante il tempo stabilito da Dio, ma vaghi su e giù per questo mondo come uno straniero alla sua compagnia, uno straniero alle sue massime, uno straniero alle sue mode, uno straniero ai suoi principi, uno straniero ai suoi motivi, uno straniero alle sue brame, alle sue inclinazioni e a tutto ciò in cui questo mondo si muove come nel suo elemento nativo.
La grazia vi ha separato con il potere sovrano di Dio, che sebbene siate nel mondo, non ne siete parte, in questo senso. Posso dirvi chiaramente, se siete "a casa" in questo mondo; se le cose del tempo e dei sensi sono il vostro elemento; se vi sentite uno con la compagnia del mondo, le massime del mondo, le mode del mondo e i principi del mondo, la grazia, di fatto, non ha raggiunto il vostro cuore, la fede degli eletti di Dio non dimora nel vostro cuore
Il primo effetto della grazia è separare moralmente e spiritualmente. E' statp così nel caso di Abramo. Era stato chiamato dalla grazia a lasciare la terra dei suoi padri e ad andare in una terra che Dio gli avrebbe mostrato. E così la parola di Dio al suo popolo è ora: "Uscite di mezzo a loro e siate separati, dice il Signore, e non toccate ciò che è impuro; e io vi accoglierò e sarò un Padre per voi, e voi sarete miei figli e figlie, dice il Signore Onnipotente". Separazione, separazione, separazione da questo tipo di mondo è il grande segno distintivo di devozione vitale a Dio. Ci può essere davvero separazione del corpo dove non c'è separazione del cuore. Ma ciò che intendo è, separazione del cuore, separazione del principio, separazione dell'affetto, separazione dello spirito. E se la grazia ha toccato il tuo cuore, e sei un partecipe della fede degli eletti di Dio, sei uno straniero in questo tipo di mondo ed aspiri alla sua trasformazione radicale. Allora renderai manifesto con la tua vita e la tua condotta che lo sei.
22 Settembre
"... perché il regno di Dio non consiste in parola, ma in potenza" (1 Corinzi 4:20).
È attraverso la parola di Dio, guidata dallo Spirito, che questo regno si instaura nell'anima di una persona. Tutti i figli di Dio sono d'accordo su questo punto: la loro fede non è più grande del potere interiore che hanno. E tutti i credenti, ciascuno secondo la sua misura e il suo momento, sospirano per la manifestazione di questo potere divino dentro di sé. Coloro che sono sotto la legge, oppressi da pesanti fardelli, anelano a un sollievo che venga con la potenza divina, una potenza che getti tutti i loro peccati nelle profondità del mare. Coloro che hanno gustato la grazia del Signore e hanno perduto il primo amore, a volte desiderano profondamente una potenza che possa ravvivare le loro anime. Quelli che sono assaliti da tentazioni potenti, e lottano spesso senza successo contro desideri inferiori, implorano una potenza che li liberi dalle trappole del cacciatore. Coloro che hanno cuori duri, hanno bisogno di una potenza che li ammorbidisca; chi dubita e teme, ha bisogno di una potenza che dia loro fede; coloro che si sono allontanati dalla fede necessitano di una potenza per ritornare, e chi sta affondando ha bisogno di una potenza per restare a galla.
Per "potenza" intendo qualcosa di solido, reale, sostanziale, celeste, soprannaturale. Come si misura la potenza di una macchina? Diciamo che ha una certa quantità di cavalli. Ma chi, con buon senso, costruirebbe una macchina da duecento cavalli per spezzare ramoscelli o raccogliere paglia? Misuriamo la potenza dai suoi effetti. Proporzioniamo l'una all'altra. Ora, lo Spirito Santo, il Dio di tutta la potenza e forza, non stenderebbe la sua mano potente ed efficace per spezzare ramoscelli e raccogliere paglia nell'anima. No. Il suo lavoro è degno di un Dio; è un "opera di fede con potenza", perché viene da un Dio di potenza.
Il Dio d'Israele non è un Baal che dorme e deve essere svegliato, né un dio in viaggio troppo lontano per venire quando è necessario, ma "un aiuto sempre presente nelle difficoltà." Con questa potenza segreta, le false speranze vengono spazzate via, i sostegni marciti vengono rimossi, la giustizia umana finisce, e l'anima è aiutata e resa capace di appoggiarsi al Signore. Questa potenza non è rumore e frastuono, ma la voce sottile e calma di Gesù nell'anima.
Il popolo di Dio non ha bisogno di una voce esteriore, ma cerca quella voce segreta del sangue espiatorio nella propria coscienza, che parla cose migliori del sangue di Abele. Il sussurro interiore dell’amore celeste che risuona nella loro anima—non il terremoto del terrore, non il fuoco dell’ira divina, ma la voce sottile e calma del perdono e della pace—li fa inginocchiare davanti al Signore e coprire il volto col mantello. Il Re o la Regina d’Inghilterra non ha bisogno di gridare forte nel suo palazzo per far eseguire i suoi ordini. Dove c’è la parola di un re, c’è potenza, sia da un monarca terreno che dal Re di Sion. Non desideriamo quindi rumore, confusione o eccitazione, né grida e urla riguardo alla religione; desideriamo invece un sentimento interiore, il vero regno di Dio instaurato nel cuore.
23 Settembre
"Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente; fui morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei secoli e tengo le chiavi della morte e dell'Ades" (Apocalisse 1:18)
Che grande misericordia che colui che era morto ora viva alla destra di Dio, cioè nel luogo di massimo onore! Che viva come il Risorto; che non sia un Salvatore morto; ma un Salvatore che vive per sempre; che può e benedice; che può confortare veramente e che può e porta l'anima in salvo attraverso ogni sorta di circostanze in cui ci potremmo trovare! Non è un Salvatore che stia come se fosse sull'orlo di un fiume e che ce ne tiri fuori quando abbiamo noi stessi nuotato per metà strada. Non è un Salvatore che ci porterà a metà strada verso il cielo e poi ci lascerà ad arrangiarci o cavarcela da soli. Egli ci porta presso Dio per tutto il tempo. Non siamo niente, non abbiamo niente senza di lui. Deve essere, come è, il nostro "tutto in tutto". Lo apprezziamo nella sua morte: niente tranne la sua morte potrebbe riconciliarci con Dio; lo apprezziamo nella sua vita: niente tranne la sua vita ci può salvare. Abbiamo bisogno di salvezza ora; salvezza nel cuore; una salvezza spirituale rivelata nell'anima e all'anima; una salvezza degna di questo nome, interamente, pienamente, definitivamente ed eternamente a lode della grazia sovrabbondante; una salvezza indistruttibile, che non andrà mai perduta; degna di Dio, degna del Dio-uomo; adatta a ogni bisogno dell'anima, che affronta ogni prova del cuore ed è in grado di salvare i più vili e i peggiori, "senza denaro e senza prezzo".
24 Settembre
"Dimorate in me e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me" (Giovanni 15:4).
Queste parole di Gesù non sono rivolte indistintamente a tutti, perché non c'è potere alcuno nella persona inconvertita di "dimorare in Cristo", ma sono rivolte ai Suoi discepoli, coloro che, rigenerati spiritualmente, sono stati posti in comunione salvifica con Lui. Difatti, poco prima, dice loro: "Voi siete già puri a motivo della parola che vi ho annunciata" (15:3). È mediante Cristo che dimora in noi, che dimoriamo in Lui. È per mezzo del suo Spirito che egli fa dei corpi di coloro che sono giunti al ravvedimento ed alla fede in Lui, il Suo tempio. E' per mezzo del suo Spirito che egli viene e dimora in nella vita dei Suoi. Per i cristiani di Efeso l'Apostolo prega: "...perché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori" (Efesini 3:16-17). La dimora di Cristo nel credente è strumentalmente per fede, ma la fede è dono della sovrana grazia di Dio. E' attraverso la comunicazione del suo Spirito nell'anima che avviene la grazia della visita di Cristo nel cuore. Così egli ci invita, ci incoraggia e ci influenza a dimorare in Lui mediante la sua dimora in noi.
Ma la sua dimora in un figlio di Dio può essere conosciuta da certi effetti che ne conseguono. Se egli dimora in te, rende e mantiene tenera la tua coscienza. È il peccato che separa tra te e lui. Perciò, il Signore Gesù Cristo, affinché possa dimorare in te e farti dimorare in lui, rende e mantiene tenera la tua coscienza nel suo timore. E questo ti preserva da quei peccati che separano tra te e Lui. Si può quindi sapere che dimora in te dai segreti freni che ti dà quando la tentazione si presenta davanti ai tuoi occhi, e sei quasi scivolato via; come dice il Salmista: "... quasi inciamparono i miei piedi; poco mancò che i miei passi non scivolassero" (Salmo 73:2). Egli è lieto di dare un segreto freno interiore e un ammonimento; così che il tuo grido sia: "Come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?" (Genesi 39:9).
E se vi allontanate dal Signore per rivolgervi ad idoli, come spesso facciamo con nostra vergogna e dolore, egli dimostra che dimora ancora in voi non abbandonandovi a una mente reproba, non permettendovi di indurire il vostro cuore contro di lui; ma con i suoi rimproveri, le sue ammonizioni e i suoi segreti controlli nella vostra coscienza, con le stesse frustate e flagelli che vi infligge come un padre con il proprio figlio, e con le sue segrete suppliche nel tribunale della coscienza, con tutte queste cose egli rende manifesto che dimora ancora in voi.
25 Settembre
"... grazie ai sentimenti di misericordia del nostro Dio, per i quali l'Aurora dall'alto ci visiterà" (Luca 1:78).
Che cos'è l'aurora? L'aurora è il chiarore accompagnato da colorazione purpurea, che appare nel cielo ad oriente prima del sorgere del sole, dovuto alla rifrazione dei raggi del sole ancora sotto l'orizzonte. Potremmo dire che l'aurora sia "la primavera del giorno". Nella mitologia Aurora è la dea romana corrispondente alla greca Eos, spesso rappresentata come una figura luminosa che annuncia il nuovo giorno. Figurativamente, ancora oggi si usa il termine "aurora" per indicare la prima manifestazione di un processo destinato a svolgersi nel tempo, come l'aurora della civiltà; l'aurora della vita, la fanciullezza. In Luca 1:78, la parola "aurora" è la traduzione del termine greco anatolḗ (ἀνατολή), che letteralmente significa "levata" o "sorgere", e viene usata per indicare l'alba o il sorgere del sole. In questo contesto, anatolḗ viene impiegato in un senso figurato per indicare la venuta del Messia, che porta luce e salvezza all'umanità, paragonato all'alba che spezza le tenebre. L'immagine dell'aurora simboleggia dunque la visita di Dio in Gesù Cristo, il quale viene visto come il compimento delle promesse divine e come luce che sorge dall'alto per illuminare coloro che sono nelle tenebre (come viene esplicitato nel versetto successivo, Luca 1:79). Il termine ha anche connotazioni messianiche, in quanto in alcune versioni dell'Antico Testamento (come la traduzione dei Settanta) anatolḗ viene usato per riferirsi a un "germoglio" o "rampollo", un termine profetico legato alla venuta del Messia (cf. Zaccaria 6:12). Quindi, in Luca 1:78, l'aurora dall'alto richiama simbolicamente sia l'idea di luce divina che quella di un nuovo inizio, un rinnovamento portato dalla presenza di Dio in Gesù, i raggi che il sole nascente getta sul mondo ottenebrato, "il Re in tutta la sua bellezza".
Questa espressione era singolarmente applicabile nella bocca di Zaccaria. Il Signore della vita e della gloria allora non era ancora apparso; era ancora nel grembo della Vergine Maria. Ma il suo precursore, Giovanni, era apparso come tale, l'araldo del suo avvicinamento. Giovanni era stato inviato ad annunciare che il Sole della giustizia stava per sorgere. "Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. Egli stesso non era la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce" (Giovanni 1:6-8). Tutte le nazioni a quel tempo giacevano nelle tenebre spirituali. Quando però il Signore della vita e della gloria stava per apparire sulla terra, quando aveva già preso il corpo che era stato preparato per lui, la carne e il sangue dei figli, che avrebbe dovuto offrire come propiziazione per il peccato, "l'aurora dall'alto" aveva cominciato a sorgere. La misericordia di Dio, nel volto del suo caro Figlio, stava appena visitando il mondo ottenebrato.
Ma c'è un ulteriore significato connesso a queste parole, ed è legato all'esperienza del credente. "La sorgente del giorno dall'alto" non deve essere limitata all'avvicinarsi del Figlio di Dio nella carne; ma può essere estesa per significare l'apparizione del Figlio di Dio nel cuore dell'uomo o della donna che giunge alla fede. Non posso trarre beneficio dall'apparizione di Gesù nella carne millenni fa, a meno che non venga e dimori nella mia anima. "La'Aurora" che aveva visitato allora l'ottenebrato Israele, non ci sarà di beneficio se non che la stessa sorgente del giorno visiti il nostro cuore ottenebrato. "L'Aurora dall'alto" è la manifestazione della misericordia di Dio nel volto del Salvatore. Quando questa "aurora" visita l'anima di una persona, quella è la prima intimazione, i raggi albeggianti del Sole della giustizia nel cuore.
26 Settembre
"... per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace" (Luca 1:79).
Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, aveva pronunciato, con quelle parole, una profezia sul Messia e sulla salvezza che avrebbe portato al mondo. Parla dell'Evangelo come di una luce che sorge per illuminare chi vive nelle tenebre. Questa luce non è solo una speranza futura, ma qualcosa che aveva già cominciato a brillare già attraverso il ministero di Giovanni Battista e che sarebbe cresciuta fino a splendere pienamente con l'arrivo di Gesù. l'Evangelo ci fa vedere ciò che prima non conoscevamo: la gloria di Dio rivelata nel volto di Cristo. È come una scoperta che ci apre gli occhi su ciò che è veramente importante.
Inoltre, l'Evangelo non porta solo conoscenza, ma anche vita. Offre speranza a chi si sente intrappolato nell'ombra della morte, come un prigioniero in una cella buia. Questa luce non si limita a farci vedere, ma ci guida. Ci indica la via della pace, la strada che conduce a una vera e duratura serenità. Come dice Paolo in Romani 3:17, molti non conoscono questa strada, ma l'Evangelo ci insegna a camminare in essa. Giovanni Battista, con la sua vita ritirata e consacrata, sarebbe stato nel mondo un esempio di fede vigorosa e di una vita senza paura.
Siamo chiamati anche noi a seguire questa strada. Dobbiamo cercare la pace, non solo con Dio e con la nostra coscienza, ma anche con gli altri. Anche se la nostra vita può sembrare nascosta e sconosciuta al mondo, ciò che conta è crescere nella grazia e nella conoscenza di Gesù Cristo. Come Giovanni, possiamo vivere una vita che matura nella fede, pronti a essere usati da Dio nel momento giusto, e a essere una luce per coloro che ci circondano.
27 Settembre
"Se voi dite: 'Come lo perseguiteremo?' - se la radice del mio male già si trova in me" (Giobbe 19:28).
La malattia inizia quasi sempre alla radice, in ogni pianta. Se mai vedi una pianta in un vaso che sembra malata, puoi essere certo che c’è un problema alla radice. O è stata innaffiata troppo o troppo poco, oppure per qualche altra ragione la radice si è ammalata — e la crescita della radice è sospesa o compromessa. Così avviene anche nella vita religiosa — se c’è qualcosa di sbagliato in una persona, quasi sicuramente c’è qualcosa di sbagliato alla radice. Giobbe disse: 'la radice del mio male già si trova in me'. Giobbe poteva appellarsi a Dio perché la radice della sua fede era solida.
Se la "radice" fosse stata compromessa, l'intera questione non sarebbe stata a posto; ma finché la radice era sana, come il "terebinto" di cui parla il profeta, anche se "perde le foglie", la sostanza rimane dentro di essa, pronta a far spuntare nuovi rami come una pianta a suo tempo (Isaia 6:13). Se la religione di una persona non ha radici, o se le radici sono danneggiate dalla malattia, questo si manifesterà inevitabilmente nella sua professione di fede. Non può avere un'anima prospera — prospera interiormente e prospera esteriormente — se la radice non è profondamente radicata nel terreno e non è piena di fibre attive, che attingono segretamente nutrimento da quel fiume le cui acque rallegrano la città di Dio. Allora sarà come alberi piantati lungo un fiume, con radici che raggiungono profondamente l'acqua. Questi alberi non temono il caldo né sono preoccupati per lunghi mesi di siccità. Le loro foglie restano verdi, e continuano a produrre frutti deliziosi (Geremia 17:8).
Nota. In Giobbe 19:28, Giobbe si rivolge ai suoi amici che lo accusano di essere la causa dei suoi stessi mali, alludendo al fatto che le sue sofferenze derivino da qualche peccato nascosto. La frase può essere interpretata così: Giobbe riconosce che i suoi amici stanno cercando una spiegazione per la sua sofferenza e pensano di poterlo perseguitare accusandolo di colpa morale. Tuttavia, Giobbe risponde che "la radice del mio male già si trova in me", ossia la causa della sua afflizione è già interna, radicata nel suo stesso essere, e non è necessariamente legata a qualche colpa personale. In altre parole, Giobbe respinge l'idea che le sue sofferenze siano il risultato di un peccato nascosto e afferma che il male che lo affligge non dipende dalle accuse dei suoi amici, ma è una realtà che egli sta già vivendo e che non può essere ulteriormente aggravata da accuse esterne.
28 Settembre
"Ma ora ne desiderano una migliore, cioè una celeste, perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, poiché ha preparato loro una città" (Ebrei 11:16).
Nel desiderare una patria migliore, questi antichi pellegrini aspiravano a qualcosa di celeste, qualcosa che sapesse di Dio, che avesse il profumo di Dio, che fosse dato da Dio—una religione celeste, una fede spirituale, una speranza piena di grazia e un amore sparso nei cuori dallo Spirito Santo—qualcosa che venisse dal cielo e conducesse al cielo; che donasse sentimenti celesti, sensazioni celesti, delizie celesti e gioie celesti, per mezzo delle quali il cuore venisse purificato dall'amore per il peccato, la carnalità e la mondanità, offrendo qualcosa di più dolce da gustare, di migliore da amare e di più santo da godere.
Sono queste visite celesti, questi momenti di favore, bontà e misericordia di Dio, che mantengono l'anima viva nelle sue molteplici morti, la addolciscono in mezzo alle sue tante amarezze, la sostengono nei suoi tanti momenti di sconforto e la preservano dall'essere sommersa mentre combatte con molte acque.
Una mente carnale non ha gusto per le cose celesti, non trova alcun dolce piacere nella parola di Dio; nessun diletto nel Signore Gesù che si rivela attraverso la Scrittura; nessun piacere nelle pratiche segrete di preghiera, meditazione, ricerca delle Scritture, comunione con Dio, o persino nella compagnia della famiglia dei cari di Dio. Ci deve essere un 'elemento celeste' nell'anima per comprendere, realizzare, godere e deliziarsi nelle cose celesti. Lo Spirito Santo deve aver operato in noi un cuore nuovo, una nuova natura, capace di comprendere, godere e deliziarsi nelle realtà celesti, contenendo in esse ciò che è dolce e prezioso per l'anima.
Essi desideravano quindi una patria migliore, cioè una patria celeste, una città che ha fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio; dove ci sono piaceri alla destra di Dio per sempre; dove scorre il puro fiume dell'acqua della vita; dove cresce l'albero le cui foglie servono per la guarigione delle nazioni; una città come quella che Giovanni descrive nel libro dell'Apocalisse, dove tutto è felicità, armonia e pace.
29 Settembre
"... quando però si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso" (2 Corinzi 3:16).
Lo Spirito Santo, come preparazione necessaria per la sua istruzione divina, ci persuade della nostra ignoranza, del velo di incredulità che, per natura, copre il nostro cuore e della nostra totale incapacità di rimuoverlo. Questa oscurità è così profonda, nell'esperienza personale, che è paragonabile alle tenebre delle piaghe d'Egitto – così fitte da poter essere "sentite"; così profonda è la nostra ignoranza che ogni conoscenza, o capacità di conoscere, sembra del tutto svanita; così forte e disperata è questa incredulità che appare come del tutto incurabile.
Eppure, in mezzo a questo denso e profondo velo di ignoranza, oscurità e incredulità, di tanto in tanto si aprono dei raggi di luce che, pur sembrando in quel momento evidenziare ancora di più le tenebre, sono in realtà una guida verso il trono di Dio e dell'Agnello. Lì, Gesù è seduto sul trono nella gloria, non solo come Sommo Sacerdote che intercede per salvare, non solo come Re esaltato che governa, ma anche come Profeta misericordioso che insegna. Così, nell'esperienza dell'anima, mentre si percepisce il velo spesso e resistente sul cuore, vi è un ritorno al Signore con preghiera e supplica affinché lo rimuova; e quando, in risposta alla preghiera, il Signore si compiace di farlo, si vede la luce nella sua luce, la sua verità scende con sapore e dolcezza nell'anima, e la parola della sua grazia guida e regola il cuore, le parole e la vita.
30 Settembre
"Perché non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, ma ne abbiamo uno che in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi al momento opportuno" (Ebrei 4:15-16).
Quale cuore può concepire o lingua raccontare i trionfi quotidiani e ora per ora della grazia del Signore Gesù Cristo in grado di trionfare su tutti e tutto? Vediamo a malapena una milionesima parte di ciò che Lui, come Re sul suo trono, fa quotidianamente; e tuttavia vediamo abbastanza per sapere che egli vive sempre alla destra di Dio, e vive per salvare e benedire.
Quale folla di supplicanti bisognosi circonda ogni momento il suo trono! Quali urgenti bisogni e sofferenze a cui rispondere; quali lancinanti dolori e pene da lenire; quali cuori spezzati da fasciare; quali coscienze ferite da guarire; quali innumerevoli preghiere da ascoltare; quali fervide petizioni da esaudire; quali nemici ostinati da sottomettere; quali colpevoli timori da sedare! Quale grazia, quale gentilezza, quale pazienza, quale compassione, quale misericordia, quale amore e tuttavia quale potere e autorità dimostra questo Onnipotente Sovrano! Nessuna circostanza è troppo insignificante; nessun supplicante troppo insignificante; nessun caso troppo difficile; nessuna difficoltà troppo grande; nessun richiedente troppo importuno; nessun mendicante troppo cencioso; nessun fallito troppo squattrinato; nessun debitore troppo insolvente, perché lui non lo noti e non lo soccorra.
Seduto sul suo trono di grazia, il suo occhio onniveggente vede tutto, la sua mano onnipotente afferra tutto e il suo cuore amorevole abbraccia tutti coloro che il Padre Gli ha dato tramite un patto, che Lui stesso ha redento con il suo sangue e che lo Spirito benedetto ha vivificato alla vita con il suo potere invincibile. I disperati, gli indifesi; gli emarginati di cui nessuno si prende cura; gli sballottati dalla tempesta e non confortati; coloro che sono pronti a perire; i dolenti in Sion; la vedova affranta; l'orfano che piange; i malati nel corpo e ancora più malati nel cuore; gli afflitti dal dolore costante; il tisico febbricitante; il lottatore con l'ultima lotta della morte: oh, quali folle di oggetti pietosi circondano il suo trono; e tutti hanno bisogno di uno sguardo dai suoi occhi, di una parola dalle sue labbra, di un sorriso dal suo volto, di un tocco dalla sua mano! Oh, se solo potessimo vedere cos'è la sua grazia, cosa ha la sua grazia, cosa fa la sua grazia; e se solo potessimo percepire di più ciò che sta facendo in noi e per noi stessi, avremmo una visione più elevata del regno di grazia ora esercitato in alto dal Re intronizzato di Sion!