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'''IX.'''


'''SANTIFICAZIONE E BUONE OPERE'''
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''Leggere: Efesini 2:8-10; Filippesi 2:12,13; Ebrei 12:14''
= IX. GIUSTIFICAZIONE E ADOZIONE =


Abbiamo visto come l'agente che applica il beneficio dell'opera di Cristo ad una persona sia Dio lo Spirito Santo. Egli rigenera il peccatore tramite una vocazione efficace mettendolo in grado di convertirsi (ode l'annunzio dell'Evangelo, vi ripone fede e si ravvede dei suoi peccati). Il credente riceve così da Dio la dichiarazione che è giustificato e pienamente accolto da Dio come Suo figlio adottivo per grazia di Dio in Gesù Cristo.
'''Leggere''': {{Passo biblico|Romani 3:21-26; 8:15-17}}


Dio lo Spirito Santo, però, non termina così la sua opera sulla persona umana. Egli la prosegue in ciò che la Bibbia chiama ''santificazione.''
Molte persone nel corso della storia si sono fatte la domanda: "Come posso io essere 'a posto' con Dio?". Questa era pure la bruciante domanda di Martin Lutero, in Germania, nei primi anni del 16° secolo. Egli aveva sentito nel suo cuore tutto il peso del peccato, sapeva di essere dannato, e per molto tempo aveva cercato di guadagnarsi la sua salvezza, aveva cercato in tanti modi di poter 'essere a posto' con Dio. Aveva abbandonato lo studio della legge e si era preparato per il sacerdozio. Era poi entrato in un ordine monacale, proprio per cercare di guadagnarsi maggiori meriti difronte a Dio. Nessuno di questi metodi aveva però soddisfatto il suo senso di colpa.


'''Una definizione'''
Nel monastero e nel prepararsi per l'insegnamento, , Lutero così aveva cominciato a studiare la Bibbia, ed arrivando a Galati ed a Romani, aveva scoperto questa magnifica affermazione: "Ma il giusto vivrà per fede" (Ro. 1:17; Ga. 3:11).


Potremmo definire così la santificazione come ''quel processo di rieducazione che subentra in una persona quando essa viene presa in carico da Dio ai fini della salvezza''.
Per un uomo che aveva cercato di salvare sé stesso con ogni tipo di buone opere, questa fu per lui la notizia più liberante che avesse mai udito.


Il credente, benché giustificato, cioè accolto da Dio come se fosse giusto per grazia Sua a causa di Gesù Cristo, continua ad avere una ''natura intima contaminata dal peccato'' per cui Dio inizia in lui una graduale opera di ''ripulitura'' che durerà per tutta la sua vita. Dio lo Spirito Santo ricostruisce l'immagine di Dio in lui prima corrotta dal peccato.
Ripose così una fede intensa e personale in questa dottrina, e cominciò ad insegnarla ai suoi allievi e nella chiesa, e fu così che nacque la Riforma protestante. Uno dei suoi stessi slogan era appunto "la giustificazione per fede".


Questo implica che il credente comincerà ad essere attivo nella sua vita nel manifestare un modo di pensare, di parlare e di agire coerente con il modello di Gesù Cristo e in armonia con la volontà di Dio.
Questo importante argomento e concetto rappresenta uno dei benefici che riceviamo quando riponiamo la nostra fede in Cristo. La persona alla quale viene presentato l'Evangelo potrebbe però domandarsi: "Quale vantaggio io ricavo dall'essermi ravveduto dai miei peccati e dall'aver riposto la mia fede in Cristo come Signore e Salvatore? Quali ne sono i benefici pratici?".


Certamente questo sulle prime sarà imperfetto come chi comincia a fare i suoi primi passi; certamente vi saranno sempre "alti e bassi" nella sua vita: il cambiamento però non potrà che essere a tutti sensibile, visibile, tangibile. E' inevitabile che il vero credente manifesti ''opere buone'' secondo il criterio di Dio.
Vi sono due cose che devono aver luogo quando riceviamo Gesù Cristo come nostro Signore e Salvatore. Il primo è un atto giuridico di Dio il quale comprende la giustificazione e l'adozione. Il secondo è il cambiamento che avviene nella nostra natura, il quale influisce su tutto il nostro stile di vita, e che comprende l'opera che Dio svolge nel contesto della santificazione del credente. Esamineremo il primo di questi atti nel presente capitolo e tratteremo del secondo nel capitolo 9.


Se non vi è evidenza né di buone opere, né di crescita spirituale, la persona che ritiene di essere stata salvata e che non ha visto alcun cambiamento nella sua vita, dovrà necessariamente riesaminare la Scrittura ed il proprio cuore per vedere se di fatto abbia mai veramente riposto la sua fede in Cristo. Una persona che affermi di aver ricevuto Cristo come proprio Signore e Salvatore, e che giorno dopo giorno non veda come la sua vita venga influenzata da ciò che Cristo ha compiuto in suo favore, certamente non ha ancora abbracciato Cristo ai fini della salvezza.
== La giustificazione ==


La Bibbia non insegna che la santificazione sia facoltativa per un cristiano: essa è un risultato naturale e necessario della rigenerazione e della giustificazione. La mancanza di crescita spirituale dovrebbe far suonare un campanello d'allarme in tutti coloro che si professano cristiani, o per la durezza del loro cuore o perché ancora sono in uno stato di non-salvezza.
Accade troppo spesso che i moderni cristiani non comprendano più l'espressione giustificazione per fede. Dato che tutti noi, come cristiani, dovremmo avere una migliore conoscenza dell'Evangelo ed alcuni fra noi devono ancora sapere come 'mettersi a posto' con Dio, dobbiamo studiare questo concetto molto attentamente.


Ed ecco così la definizione di santificazione data dal Catechismo di Westminster, come sempre ottima: ''"La santificazione è l'opera della grazia di Dio per la quale (1) noi veniamo rinnovati completamente secondo l'immagine di Dio, e (2) veniamo messi sempre più in grado di morire al peccato e di vivere una vita di giustizia"'' (# 35).
Usiamo comunemente il termine giustificare fondamentalmente in due modi. I contabili lo usano per dimostrare che i loro libri finanziari siano ben bilanciati. Altri usano questo termine per affermare la giustezza di una certa azione. Per esempio: Io posso giustificare il fatto che abbia sparato ad un ladro che si sia introdotto in casa mia col fatto che questi avrebbe potuto fare del male alla mia famiglia. Lo stesso Giacomo usa così questo termine quando scrive: "Abramo, nostro Padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliolo Isacco sull'altare?" (Gm. 2:21). Il punto qui è che Abramo aveva dimostrato il suo (giusto) rapporto con Dio mediante un atto (un'opera) di obbedienza nella prontezza a sacrificare, come gli era stato chiesto, il figlio Isacco. Sebbene troviamo nella Bibbia occasionalmente ripetuto quest'uso della parola, esso non è il concetto di base che ad essa si riferisce.


'''Spiegazione termini'''
L'altro modo in cui è possibile usare il termine è in senso dichiarativo. Quando un imputato in un tribunale viene dichiarato non colpevole e dal giudice e dalla giuria, questi viene accettato come giusto davanti alla corte e dalla legge; potremmo così dire che questi sia stato giustificato.


Il termine che si usa per definire la crescita cristiana è dunque santificazione. Come il termine giustificazione, anch'esso deve essere meglio definito. 'Santificazione' deriva da un termine ebraico e poi greco che significa 'mettere da parte per uno scopo particolare'. Qualcosa di santificato, dunque, è qualcosa che si mette a parte. Per esempio, i sacerdoti ebraici (Es. 19:22) e i paramenti del tabernacolo venivano santificati, o riservati per un uso speciale nel culto del tempio (Es. 40:10-13), e così venivano designati come 'santi'. Questi termini non designano necessariamente connotazione alcuna di perfezione morale.
Questo è esattamente il senso usato da Paolo quando parla della nostra giustificazione per fede. Egli ci dice che a causa di ciò che Cristo ha compiuto, Dio perdona i nostri peccati, ci adotta nella sua famiglia, ci dà vita eterna, ci accetta alla Sua presenza, e ci dichiara giusti sulla base della giustizia di Cristo.


Nella discussione che abbiamo fatto al capitolo 2 sulla santità di Dio, avevamo già notato come l'idea di separazione fosse già presente in Dio nel fatto che Egli è separato, distinto, dal Suo creato. Lo stesso termine biblico descrive ciò che è moralmente giusto e retto, ed è quest'ultimo significato che dobbiamo tenere in particolare considerazione quando studiamo l'insegnamento della Bibbia sulla santificazione.
Era proprio nello studiare la lettera ai Romani che Lutero aveva scoperto la dottrina della giustificazione, presentata in modo sistematico. Nei primi tre capitoli di questa lettera, Paolo dimostra la colpevolezza dell'umanità, mostrando che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Ro. 3:23). Egli conclude dicendo che nessuno di noi potrà mai essere giustificato sulla base delle nostre azioni (opere), "giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato" (Ro. 3:20). Se questo è vero, allora chi mai potrà essere considerato 'a posto' difronte a Dio?


Si può tuttavia intendere che tutti coloro che vengono salvati siano altresì separati dal mondo per far parte del popolo di Dio. Per questo l'Israele dell'Antico Testamento e la chiesa del Nuovo Testamento vengono chiamati ''una nazione santa'' (Es. 19:6; 1 Pi. 2:9).
La risposta risiede nella dichiarazione "...e sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Ro. 3:24). Questo certo non fa riferimento alcuno al fatto che noi con questo dimostreremmo il nostro (giusto) rapporto con Dio per l'obbedienza del compiere buone opere, no. Al contrario, qui ci troviamo difronte all'idea che siamo gratuitamente perdonati dalla grazia di Dio, essendo stati dichiarati giusti da Lui, e sulla base di questa dichiarazione siamo stati gratuitamente accettati come giusti ai suoi occhi.


Quando usiamo la il nostro termine in questo modo allora parleremo di santificazione come di una condizione, in quanto è stato cambiato lo stato in cui si trovano ora i credenti; quelli che un tempo erano non-credenti, ora appartengono all'unico vero e santo Iddio (v, 1 Pi. 2:10). Quest'elevazione ad una nuova condizione è un atto che avviene nel momento stesso in cui ci affidiamo consapevolmente a Cristo (atto questo che è stato definito "santificazione definitiva").
Ricorda, quando ci vien detto che qualcosa ci proviene dalla grazia di Dio, esso ci vien dato senza alcun merito da parte nostra, e solo a causa della bontà di Dio. Paolo parla di questa giustificazione come di qualcosa che ci viene dato per grazia, nel senso che Dio non aveva alcun obbligo di darcelo. Egli lo ha fatto solo sulla base del Suo beneplacito.


'''Caratteristiche'''
Il Catechismo abbreviato di Westminster (#33) ci dà un'eccellente definizione di questo concetto: "La giustificazione è un atto della grazia di Dio per cui Egli perdona tutti i nostri peccati e ci accetta, considerandoci giusti ai suoi occhi per il solo merito della giustizia di Cristo, la quale ci viene accreditata e che riceviamo per sola fede".


Esaminiamo così alcune caratteristiche della santificazione.
La Bibbia dice che la giustificazione diventa possibile "mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Ro. 3:24). Qui l'apostolo ci insegna che, sebbene la nostra salvezza ci venga data gratuitamente, essa pure costa a Dio un prezzo altissimo - la morte del Suo Figliolo, "il quale Egli ha prestabilito come propiziazione" (v. 25).


'''1. E' sia opera di Dio che opera dell'uomo'''. L'apostolo Paolo fa questa dichiarazione: ''"Così, miei cari... compiete la vostra salvezza con timore e tremore"''. Poi ce ne da questa spiegazione: ''"poiché Dio è quello che opera in voi il volere e l'operare, per la sua benevolenza"'' (Fl. 2:12,13).
Propiziare significa soddisfare colui che è in collera con te, riappacificarci con lui. Esso presuppone la collera ed il dispiacere di Dio, ed il suo proposito è rimuovere quella fonte di dispiacere. Molti non vogliono ammettere che Dio sia così offeso per il peccato tanto da dispiegare per l'eternità la sua collera contro il peccatore ribelle e non disposto al ravvedimento. La Bibbia insegna chiaramente che vi sarà un grande giudizio sul peccato e sui peccatori, e l'unico modo in cui questa giusta collera può essere spenta è dare soddisfazione a chi è stato offeso.


Se analizziamo quest'interessante brano biblico, notiamo che è Dio l'autore del processo di santificazione, dato che è Lui che opera in noi e innesca in noi la dinamica del volere e dell'operare. Se la prendessimo da sola questa frase potrebbe portarci a pensare di non dover far nulla rispetto alla nostra santità, basta lasciare il tutto nelle mani di Dio. E' una falsa impressione, questo è ciò che l'apostolo voleva di fatto dire. Egli comincia con l'affermare il nostro dovere a compiere la nostra salvezza.
La cosa più sorprendente dell'Evangelo è che il Dio che è stato così offeso dai nostri peccati ancora tanto ami il mondo peccatore da dare l'unigenito Suo figliolo per pagare egli stesso il prezzo per la sua redenzione. Egli ha soddisfatto la sua collera attraverso la morte del Suo amato Figliolo.


Si tratta di un imperativo presente che implica un'azione continuata. Dobbiamo leggere questo brano molto attentamente, perché potrebbe anche darci l'impressione che noi dobbiamo darci da fare ''per'' la nostra salvezza. Abbiamo però già notato come nessuno potrebbe essere giustificato sulla base delle sue opere (Ro. 3:20). Allora che cosa mai intende qui l'apostolo Paolo?
Il prezzo per soddisfare la collera di Dio è stato l'effusione del sangue di Cristo -cioè la Sua morte sulla croce. E' proprio questo sangue versato da Cristo -la sua morte- che l'apostolo Paolo indica come oggetto per la nostra fede (Ro. 3:25). Dobbiamo considerare la morte di Cristo come il prezzo stesso che è stato pagato per la nostra salvezza. Dobbiamo smetterla di confidare in noi stessi, nei nostri genitori, nella nostra chiesa, in qualunque altra cosa o persona, e riporre invece la nostra fiducia nel sacrificio compiuto da Gesù per i nostri peccati. Notate come questo brano biblico (Ro. 3:21-26) metta proprio in evidenza il punto che avevamo fatto nel capitolo precedente, cioè che è stato Gesù a compiere l'opera di salvezza, mentre la fede non è che lo strumento mediante il quale riceviamo quest'opera compiuta.


Egli ci comanda di dispiegare il potenziale della salvezza che c’è stata donata per grazia. In altre parole, ora che siamo salvati, dobbiamo applicare, sviluppare, estendere la salvezza che abbiamo ricevuto da Dio a causa della Sua misericordia. Questo comando ha a che fare con la nostra santificazione.
L'apostolo poi rileva come lo scopo di questo piano di salvezza sia per Dio il dimostrare la Sua giustizia (Ro. 3:25). Dato che Cristo ha pagato il prezzo per i nostri peccati, Dio può essere sia giusto, sia Colui che giustifica i peccatori che hanno riposto la loro fede in Gesù (Ro. 3:26).


Questo comando implica per noi qualcosa ''da fare''. Esso non afferma che non dobbiamo far nulla perché tanto è Dio che opera tramite noi. Esso insegna piuttosto che dobbiamo darci da fare fini della santità con l'incoraggiamento annesso che è Dio che ci può mettere in grado di volere e di fare questo nel modo migliore. In conformità a questo brano, potremmo dire che Dio è l'autore della santificazione e che l'essere umano è il Suo agente.
Ecco così che da questo brano risulta chiaro come il piano di salvezza sorga dalla grazia di Dio, il quale offre il Cristo per soddisfare la divina giustizia -un dono che può essere ricevuto per fede sola, per la gloria di Dio.


E' come la risurrezione di Lazzaro: Gesù gli aveva comandato di uscire dalla tomba, ma era Lazzaro che doveva rispondere, facendo così con l'aiuto di Dio. Lo stesso è con la nostra santificazione e con le buone opere.
Come può Dio considerare giusto il peccatore? Accreditandogli, ascrivendogli, mettendo sul suo conto (imputandogli) la giustizia di Cristo.


Nella santificazione, così, i credenti devono essere attivi e personalmente responsabili, perché il Signore ci comanda di "svestirci" e di "rivestirci" di caratteri nuovi (v. Ef, 4:25-32; Cl. 3:5-17). Siamo chiamati ad obbedire alla Parola di Dio, a presentare il nostro corpo come sacrificio vivente, a non conformarci al mondo, ma ad essere trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente (Ro. 12:1).
Non solo possiamo dire che la morte di Cristo è stata da Dio accettata per i nostri peccati, ma è pure la giustizia di Cristo che ci viene ora messa in conto a nostro favore ("imputata"). Questo non significa che Dio ci renda giusti, ma che Egli ci consideri giusti sulla base, per merito, della giustizia di Cristo. Veniamo fatti giusti durante il processo che prende inizio dalla nuova nascita (la rigenerazione) e che perdura per tutta la nostra vita con la santificazione, e che culmina nella nostra glorificazione. La considereremo meglio nel prossimo capitolo.


Il Nuovo Testamento comprende molti imperativi (verbi di comando) che ci esortano ad assumere un preciso stile di vita, non un atto singolo.
La giustificazione è un atto dichiarativo di Dio. Egli ci perdona e ci accetta come giusti, e la base di questo perdono ed accettazione, non è nulla che si trovi in noi -nemmeno la nostra fede- ma solo la giustizia operata da Cristo e la piena soddisfazione che Egli ha reso a ciò che la divina giustizia esige. Alcuni ritengono che sia la fede ad essere la base per la nostra salvezza; questo però sottrarrebbe gloria all'opera di redenzione e darebbe a noi motivo di dare gloria a noi stessi. Paolo chiarifica in modo indiscutibile che la fede stessa è dono di Dio e che la salvezza "non è in virtù d'opere, affinché nessuno si glorî" (Ef. 2:9), o se ne vanti.


Le espressioni "svestirsi" e "mettere a morte", storicamente sono state chiamate "mortificare l'uomo vecchio" (v. Ro. 8:13), mentre il comando "vestirsi" o "rivestirsi" è considerato come parte della "risurrezione dell'uomo nuovo" (v. Ro. 6:4,5; Cl. 2:12; 3:1,3).
La giustificazione come atto avviene solo una volta (non è cioè un processo continuo), ed essa è da riceversi per sola fede. Questa fede, però, non rimane solitaria: se è una fede vera e vivente essa produrrà necessariamente buone opere (Gm. 2:17). Questo lo discuteremo in modo più esteso nel capitolo che seguirà.


'''2. Progressività.''' Il crescere in santità, necessità imprescindibile della vera fede, è un processo (chiamato anche "santificazione progressiva") che inizia con la rigenerazione e continua per tutta la nostra vita sulla terra. Il "nuovo cuore" che è stato innestato in noi ci rende creature nuove (2 Co. 5:17), e ci dà nuovi desideri, nuove speranze, e una nuova direzione per la nostra vita. Nel vivere la nostra vita cristiana con un nuovo cuore, sottoposti alla signoria di Cristo e condotti per grazia dallo Spirito Santo, cercheremo così sempre di più di fare la volontà di Dio.
Dopo avere esposto l'insegnamento di base sulla giustificazione, Paolo dimostra che esso pure si riflette in modo coerente attraverso tutta la Bibbia, dimostrando dall'Antico Testamento come sia Abrahamo che Davide fossero stati giustificati per fede e non per opere (Ro. 4). Poi egli risponde all'accusa che una tale dottrina porterebbe necessariamente alla licenziosità, mostrando come invece questo sarebbe totalmente contraddittorio in quanto, se essa ci unisce a Cristo, essa include altresì la nostra partecipazione alla Sua morte ed alla Sua risurrezione. Di fatto dobbiamo considerarci morti al peccato e viventi a Dio (Ro. 6:11).


Non possiamo però conseguire una perfezione ed una santificazione completa in questa vita, perché nella nostra natura permangono resti del peccato. Ben presto sperimenteremo che, seppure desideriamo fare ciò che è bene, il peccato rimane presente in noi (v. Ro. 7:21), e che persino le nostre migliori realizzazioni sono in effetti contaminate dalle imperfezioni risultanti dai peccati residui.
== L'adozione ==


'''3. Il suo ideale e modello a cui adeguarsi.''' Riconoscere però che in questa vita non saremo mai perfetti, non significa che dobbiamo abbassare il livello verso il quale dobbiamo tendere, giacché esso è qualcosa che Dio ha stabilito per il suo popolo in tutte le generazioni. Questo livello non è nulla di meno che la perfezione, perché Dio stesso è perfetto (v. Ge. 17:1; Mt. 5:48).
Il secondo atto giuridico che avviene quando rispondiamo a Cristo con la nostra fede è l'adozione in ciò che è stata chiamata 1"l'eterna famiglia di Dio". Nell'uso comune della parola, l'adozione avviene quando un estranei viene ricevuto come parte di una famiglia a tutti gli effetti, assumendo tutti i diritti che hanno i figli naturali. Paolo dichiara che questo è esattamente ciò che Dio ha fatto per noi: "avete ricevuto lo spirito di adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito, che siamo figlioli di Dio: e se siamo figlioli, siamo anche eredi; eredi di Dio, e coeredi di Cristo" (Ro. 8:15-17).


L'unico metro con il quale possiamo determinare quali siano le buone opere è la Parola di Dio, in particolare la Sua legge com’esposta nei Dieci Comandamenti (Es. 20:1-17). Ecco il codice di etica che Dio ci ha dato tramite Mosè, e che ci dice come dobbiamo vivere la nostra vita quotidiana secondo la volontà di Dio.
Talora abbiamo la tendenza di pensare che se abbiamo ricevuto la nuova nascita, siamo automaticamente parte della famiglia di Dio e non abbiamo bisogno di essere in essa adottati. E' vero che Dio ci ha dato "un nuovo cuore", e quindi una nuova natura che ci rende passibili di essere chiamati figlioli di Dio. I diritti legali, però, di quelli che vengono resi eredi di Dio, ci vengono conferiti tramite una dichiarazione giuridica di adozione.


La nostra più grande preoccupazione al riguardo della nostra santificazione dovrebbe essere il divario che intercorre fra il punto in cui siamo arrivati e la perfezione stessa di Dio. Ogni peccato che rimanga nel credente è una contraddizione rispetto alla santità che Dio ha impiantato in noi al momento della rigenerazione. Se da una parte è vero che tutti i nostri peccati sono stati coperti dal sangue di Cristo e che noi non siamo più in condizione di condanna perché Gesù ha pagato per ciascuno di noi, i peccati che il credente commette meritano la riprovazione e l'ira di Dio.
Sia la legge antica che quella moderna che governa l'adozione rende il figlio adottivo erede al pari diritto dei figli naturali. Una volta adottati, cioè, il figlio è considerato dalla legge in modo identico a tutti gli altri figlioli nati per via naturale in quella famiglia. E' interessante notare che, se pure la legge civile permetta lo sciogliersi di un matrimonio attraverso il divorzio, essa non preveda alcun modo per sciogliere un'adozione. Per analogia il nostro essere stati dichiarati figli adottivi da Dio dovrebbe esserci di straordinaria consolazione perché ci assicura che noi abbiamo e sempre avremo, tutti i diritti legali dei figlioli di Dio.


Gli elementi residui del peccato in noi sono una totale contraddizione a quello che ora siamo come uomini e donne rigenerati dalla grazia di Dio.
Oggi molti insistono nel dire che tutte le persone del mondo sarebbero figli di Dio. Questo potrà anche essere un punto di vista diffuso nel mondo, ma non è qualcosa che la Bibbia insegni. Quando Adamo ed Eva caddero nel peccato, essi rinunciarono a Dio come loro padre naturale e spirituale, trasferendo la loro fedeltà a Satana. Ecco perché Gesù disse ai Giudei che si opponevano a Lui che, sebbene fossero discendenti di Abrahamo, "Voi siete progenie del diavolo che è vostro padre" (Gv. 8:44). Certamente Gesù non insegnava la paternità universale di Dio, o l'universale fratellanza del genere umano.


Più santificato il credente diviene, più avrà coscienza dei suoi fallimenti, dei suoi peccati, delle sue mancanze.
Inoltre Giovanni ha chiaramente affermato che Gesù "è venuto in casa sua, e i suoi non l'hanno ricevuto, ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figlioli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome" (Gv. 1:11,12). Questi brani, presi insieme a Romani 8:15-17, indicano come questo diritto che Dio dona non è impartito in modo indiscriminato su tutti e dappertutto. Esso è uno dei ricchi benefici che ci pervengono dal nostro ricevere Cristo come Signore e Salvatore.


Più santificato un cristiano diventa, più umile egli sarà e più si rattristerà della sua inadeguata conformità all'immagine del figlio di Dio che egli vede in sé stesso.
Affermare che tutti siano figli di Dio sulla base della creazione significa rendere vano l'Evangelo. Significa dire che in realtà noi si abbia perduto il nostro rapporto con Dio a causa del peccato, che nulla sia necessario per stabilire un nostro legame eterno con Dio, che tutti alla fine siano salvati, che non si richieda alcuna nuova nascita e che non sia necessaria alcuna adozione. Queste concezioni sono radicalmente opposte all'insegnamento biblico sull'intero argomentazione di come una persona possa 'essere a posto' con Dio. Pietro afferma chiaramente che, prima della redenzione, noi non eravamo un popolo, ma che per grazia soltanto siamo divenuti "popolo di Dio" (1 Pi. 2:10).


Si tratta di conformare dunque la nostra vita alla volontà rivelata di Dio. Come però interpretarla? Nel sermone sul monte (Mt. 5:1-7:29) Gesù ci dà l'interpretazione appropriata di un certo numero di comandamenti. Un'interpretazione autorevole della legge di Dio la possiamo anche in molti altri brani della Scrittura scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.
Come corollario di quanto abbiamo fin ora detto noi potremmo rilevare come la paternità universale di Dio e la fratellanza umana non siano altro che il "vangelo" predicato dal liberalismo, cosa che si contrappone nettamente non solo a quanto la Bibbia afferma, ma pure a quella che è stata la tradizione del cristianesimo ortodosso. Si tratta di una delle distinzioni più chiare fra verità ed errore, e di fatto proprio questo punto diventa oggi quasi un "test" per verificare se una certa chiesa insegni la parola di Dio o la parola umana. Se udite queste falsità venire da un pulpito, è meglio cercarsi un'altra chiesa in cui si creda e si insegni la Bibbia, come ispirata, inerrante ed infallibile.


Notate in questo come per poter comprendere in modo appropriato la Legge, dobbiamo ancora notare quanto sia importante il principio per cui bisogna lasciare la Scrittura che interpreti sé stessa.
Per riassumere, la giustificazione e l'adozione sono atti giuridici dichiarativi. Dio dichiara entrambi veri quando per fede riceviamo Gesù Cristo come nostro personale Signore e Salvatore. Non sono un'opera progressiva di Dio, ma un atto di grazia compiuto una volta per sempre. Quando ci rendiamo conto che la giustificazione e l'adozione diventano nostre per grazia, dovremmo esserne grandemente confortati.


Ad esempio: potremmo prendere il comandamento "non uccidere" (Es. 20:13) e dire "io non ho mai ucciso" e liquidare così il problema. Gesù però allarga il concetto anche all'insulto verso qualcuno: ogni qual volta si insulta una persona si compie qualcosa che per Gesù equivale all'omicidio. Ogni singolo comandamento nel contesto dell'intero messaggio biblico, assume perciò uno "spessore" che non dobbiamo in alcun modo ignorare, anzi, cooperare con la nostra santificazione significa investigare diligentemente le Scritture per conformare ad esse ogni aspetto della nostra vita.
== Domande di revisione ==


'''4. La mortificazione'''. Secondo l'insegnamento biblico, la santificazione comprende due elementi: la mortificazione della nostra vecchia natura e un risuscitare a novità di vita.
*''1. Che cosa significa 'giustificazione'?''
*''2. In quali altri modi questo termine viene usato oggi?''
*''3. Come usa questo termine l'apostolo Paolo? Come lo usa l'apostolo Giacomo?''
*''4. Qual è la base sulla quale possiamo essere giustificati? Quale è lo strumento mediante il quale facciamo nostra la giustificazione?''  
*''5. Perché l'insegnamento sull'adozione è importante nella Bibbia? Come si può essere adottati da Dio?''
*''6. Perché è necessaria l'adozione?''


Santificazione implica perciò una cosciente repressione dei nostri vecchi istinti che a Dio dispiacciono, ed è indubbiamente una lotta.
== Domande per la discussione ==


Nel Nuovo Testamento veniamo esortati a ''"crocifiggere il vecchio uomo che è in noi".'' Il "vecchio uomo" non è altro che la nostra vecchia natura controllata dal peccato (cf. Ro. 6:6; Ga. 5:24). Nell'ultimo brano citato Paolo contrasta "le opere della carne" alle "opere dello Spirito": ''"E quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze".'' Questo significa che nel loro caso, lo Spirito è stato prevalente sulla vecchia natura "carnale".
*1. Perché la giustificazione per fede è una dottrina importante e perché costituisce il punto di separazione fra verità ed errore? Perché si continua a farsi la domanda: "Come posso io essere a posto con Dio?".  
 
*2. Che cosa disse Paolo sulla giustificazione di Abrahamo e di Davide? Perché questo è importante?
Tutto questo innesca evidentemente in noi una "lotta interiore". Quando noi consideriamo noi stessi e la nostra vita vediamo -pure come credenti- quanto noi siamo al di sotto del modello ed obiettivo finale della santificazione, cioè essere perfetti come è perfetto il Padre nostro celeste (Mt. 5:48). L'apostolo Paolo stesso pare aver lottato molto con questo problema in sé stesso (v. Ro. 7).
*3. Nel trattare con una persona che cerchi di guadagnarsi la salvezza e di essere a posto con Dio con i propri sforzi, come spiegheresti e appoggeresti alla Scrittura la dottrina della giustificazione per fede?
 
*4. Che cosa dice la Bibbia a proposito della paternità di Dio?
Egli dice che da una parte, nel suo intimo, egli si trova d'accordo con la legge di Dio (Ro. 7:22). D'altro canto egli vede in lui un'altra legge: quella che contrasta fortemente con la legge che la sua mente approva, e che lo rende schiavo della legge del peccato che abita in lui (Ro. 7:23). Così egli esclama con angoscia: ''"La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà?"'' (Ro. 7:24).
*5. Come si fa a diventare figli di Dio? Perché non possiamo dire di nascere semplicemente nella famiglia di Dio?
 
*6. Qual è il pericolo del diffuso insegnamento sulla paternità universale di Dio e la fratellanza dell'intera umanità?
Nel contemplare l'assoluta perfezione di Dio come canone rispetto al quale misurarsi, Paolo stesso si vede un essere debole, schiavo del peccato (Ro. 7:14). Si tratta però di una lotta che viene combattuta nella certa speranza della vittoria, perché subito dopo Paolo afferma: ''"Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore"'' (Ro. 7:25).
 
'''5. La risurrezione oggi.''' Se l'aspetto della santificazione del quale abbiamo parlato prima è negativo in carattere, questo è positivo. La santificazione qui diviene l'atto di Dio per cui viene rafforzata una santa disposizione del nostro cuore, viene incrementato l'esercizio della santità, e quindi promosso un nuovo stile di vita. La vecchia struttura di peccato viene gradualmente smantellata, e una nuova struttura divina viene edificata. Queste due parti della santificazione non sono successive, ma contemporanee. Grazie a Dio non dobbiamo attendere la totale demolizione dell'edificio vecchio per vederne uno nuovo! Con la graduale dissoluzione del vecchio appare il nuovo. E' come dare aria fresca ad una camera appestata di fumo e di aria viziata: si fa uscire l'aria vecchia ed entrare quella nuova.
 
E' veramente un risorgere con Cristo a novità di vita (Cf. Ro. 6:4,5; Cl. 2:12; 3:1,2). Questa nuova vita ci conduce ad essere ''"viventi a Dio"'' (Ro. 6:11; Ga. 2:19).
 
Cristo ha riportato piena vittoria sul peccato (1 Co. 15:57). Ecco perché Paolo era in grado di assicurarci che ''il peccato non avrà più potere su di noi, perché non siamo più sotto la legge, ma sotto la grazia'' (Ro. 6:14). Per questo dobbiamo considerarci ''morti al peccato, ma viventi per Dio, con Cristo Gesù'' (Ro. 6:11).
 
Ogni credente è stato unito a Cristo nella Sua morte e risurrezione: egli dovrà riconoscere questo fatto e considerarsi di fatto così unito a Lui. Ogni credente, in Cristo, ha riportato vittoria sul peccato. Se uno non fa esperienza di una tale vittoria, potrebbe essere che egli non sia quel credente che dice di essere. Se il potere del peccato non è spezzato in quella persona, potrebbe non essere un vero credente, perché quando si riceve Cristo come Signore e Salvatore, noi veniamo liberati dal potere del peccato.
 
Una parola di ammonimento è però necessaria: Il concetto di base che è stato espresso in questo capitolo è quello di uno sviluppo progressivo che implica un costante morire al peccato e un vivere sempre di più secondo giustizia. Non dobbiamo però mai supporre che, avendo raggiunto un certo livello nella nostra santificazione, non possiamo più cadere in alcun peccato veramente grave. Paolo così ci ammonisce: ''"Chi pensa di stare ritto, guardi di non cadere"'' (1 Co. 10:12).
 
Davide è l'esempio classico di un uomo che aveva molto progredito nella santificazione, ma che era caduto profondamente nel peccato. Anche Pietro, nonostante fosse stato con Gesù per diversi anni, era caduto in peccato, e pensava di non aver mai ceduto, invece... La meraviglia della grazia di Dio è che uomini e donne possono essere ristabiliti nella comunione con Dio nonostante la gravità dei peccati che hanno commesso e dei quali si sono pentiti. Questo misericordioso perdono dovrebbe essere per noi di grande conforto quando cadiamo in peccato. Impariamo dai Salmi di Davide come dobbiamo pentirci (v. Sl. 32, 38, 51).
 
'''6. L'intero essere umano.''' Va da se che la santificazione coinvolga il tutto dell'essere umano, anima e corpo. Se l'interiore dell'essere umano è stato veramente mutato, questo non potrà che influire sul complesso della vita di quella persona (Cf. 1 Te. 5:23; 2 Co. 5:17; Ro. 6:12; 1 Co. 6:15,20). Il corpo ne è evidentemente coinvolto in quanto prima esso era strumento di un'anima peccatrice, attraverso il quale si esprimevano inclinazioni, abitudini e passioni peccaminose. Dalla stessa Scrittura risulta infine chiaro che la santificazione influisce su tutte le facoltà dell'anima: l'intelligenza (Gr. 31:34; Gv. 6:45), la volontà (Ez. 36:25-27), le passioni (Ga. 5:24), e la coscienza (Ti. 1:5; Eb. 9:14).
 
'''Errori dottrinali'''
 
Tutto attraverso la storia della chiesa vi sono stati diversi movimenti e teologie che ritenevano possibile la perfezione. L'unico modo però in cui è possibile raggiungere questa perfezione è abbassando il livello della perfezione divina. Una delle concezioni più comuni a questo riguardo afferma che noi si possa progredire fino al punto di non commettere più peccati. Una tale concezione più bassa della perfezione fa sembrare certo possibile raggiungere questa perfezione, essa però non è il livello che Dio richiede.
 
Sarebbe troppo bello se potessimo cessare di peccare l'istante stesso in cui diventiamo cristiani, ma proprio non è il caso. Alcuni cristiani e certi sistemi di teologia credono che in realtà si possa raggiungere in questa vita un certo tipo di perfezione; quando però ci confrontiamo con la santità di Dio, dobbiamo riconoscere che in questa vita non saremo mai santi come Lui, e tantomeno la Scrittura insegna che una perfezione priva di peccato sia possibile su questa terra. Lo sarà poi.
 
Pietro ci dice che dobbiamo ''crescere nella grazia'' (2 Pi. 3:18), un'esortazione questa che già di per sé esclude che sia per noi possibile saltare a pie' pari in uno stato di totale santificazione. Si tratta di qualcosa in cui dobbiamo crescere giorno per giorno, e farlo, con l'aiuto della grazia di Dio, è un'eccitante avventura.
 
Quando noi consideriamo quanto lontano a quel tempo Paolo fosse andato sulla strada della santificazione, è sorprendente come ancora egli si consideri lontano dal suo obiettivo. Anche molto più tardi nella sua vita Paolo affermava di essere ''il primo dei peccatori'' (1 Ti. 1:15). Quando guardiamo a noi stessi in confronto con Dio, non possiamo che arrivare anche noi alla stessa conclusione di questo grande ma umile apostolo. Certo possiamo ben vedere un progresso nella nostra vita cristiana nel corso degli anni, quando però guardiano all'assoluta perfezione di Dio, noi dobbiamo inchinarci di fronte a Lui ed implorare il perdono per i nostri peccati e le nostre mancanze.
 
Un altro errore che si è insinuato nella chiesa al riguardo della santificazione è che essa possa essere conseguita da un singolo atto di fede, proprio come è un singolo atto di fede ricevere Cristo come Salvatore. Si pensa che si possa conseguire vittoria su ogni peccato accettando Cristo come Signore della nostra vita. Questo punto di vista ha riscontrato un certo seguito perché si rivela come un rinnovato atto di consacrazione personale verso Cristo che darebbe adito ad un senso di vittoria. Riconsacrarsi a Cristo, rinnovare la propria fede e il proprio impegno, un risveglio spirituale è sempre certo buono, ma questo non è una comprensione corretta di ciò che la Bibbia insegna sulla santificazione.
 
La Bibbia non insegna che vi siano due momenti in cui si riceve Cristo. Quando accogliamo Gesù come nostro Salvatore, lo riceviamo al tempo stesso come nostro Signore, perché egli è il ''Signore'' Gesù Cristo. Pietro, nella sua prima predicazione dopo l'ascensione di Gesù aveva dichiarato: ''"Sappia dunque sicuramente tutta la casa di Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo, quel Gesù che voi avete crocefisso"'' (At. 2:36). Non sta scritto da nessuna parte che noi si debba ricevere Cristo in un primo momento come Salvatore e poi come Signore.
 
Da quest’idea di santificazione "istantanea" si è sviluppata la dottrina errata che noi non dovremmo tanto sforzarci verso una maggiore santità e pietà, ma che basterebbe "lasciarci andare e lasciare che Dio adempia questa trasformazione nella nostra vita". Anche questo approccio è in una certa misura attraente, perché suggerisce che, dato che lo Spirito dimora in noi, tutto ciò che dovremmo fare per vivere una vita santa è ...cessare di voler vivere una vita santa con le nostre forze. Di fatto però questa concezione insegna che noi nemmeno dovremmo più cercare di obbedire alla legge di Dio. Sebbene questo punto di vista abbia certi elementi di verità, non si tratta di ciò che Dio ha provveduto per il Suo popolo.
 
Un'eresia che si era diffusa già molto presto nella Chiesa cristiana era quella dell''''antinomismo''' che era ed è ancora un errore piuttosto comune. Sostiene che una persona possa ricevere Cristo come proprio Salvatore senza che questa salvezza, dono di Dio, influisca sulla sua vita di tutti i giorni. Ora è perfettamente vero che la salvezza ci giunge per la sola fede nell'opera di Cristo, e che non vi è quantità alcuna di buone opere che possiamo fare che vi possa aggiungere qualcosa. La fede salvifica, però, è una fede vivente, perché la fede senza le buone opere è morta. Veniamo giustificati per sola fede, la fede, però, non sta mai da sola: nella vita del credente essa deve risultare in opere buone.
 
Un ultimo errore che possiamo citare ancora è quello del cattolicesimo romano che confonde giustificazione con santificazione. La giustificazione è un atto legale oggettivo per cui Dio accetta un peccatore a causa dei meriti di Cristo come se fosse giusto; la santificazione è un'opera soggettiva che è risultato della salvezza, possibile proprio perché la vita del peccatore sia stata "presa in carico" direttamente da Dio a causa della giustificazione.
 
Chiaramente, poi, le nostre buone opere non solo finalizzate a meritare la nostra salvezza, ma ne sono la conseguenza.
 
Infine da respingere è "tutta la faccenda" dei "santi mediatori", persone che secondo la chiesa cattolica, avrebbero accumulato nella loro vita sovrabbondanza di meriti a causa delle opere buone che hanno fatto, meriti che possono, secondo loro, essere applicati ai credenti.
 
Il discorso sarebbe lungo, ma se facciamo opere buone il merito non è nostro, ma solo di Dio che opera in noi, inoltre significa contravvenire al 1. comandamento invocare in preghiera altri che non sia Dio.
 
Nel Nuovo Testamento "santi" vengono considerati tutti i veri credenti, in quanto appunto "presi in carico" da Dio, e per questo separati -tramite la Sua elezione di grazia- dal resto dell'umanità.
 
'''Domande di revisione'''
 
1. Definisci che cos'è la santificazione.
 
2. Qual è il rapporto fra santificazione e giustificazione?
 
3. Che cosa significa il termine "santo" nella Bibbia?
 
4. Chi è opera la santificazione?
 
5. La gradualità della santificazione significa che non possiamo mai cadere in peccato?
 
6. Che cosa significa essere "crocefissi con Cristo" e "risorgere con Lui" già in questa vita?
 
7. Qual è la parte della nostra persona interessata alla santificazione?
 
8. Illustra quali sono i più comuni errori dottrinali che si possono fare al riguardo della santificazione.
 
'''Domande per la discussione'''
 
1. Quando Paolo parla dei Corinzi come di "carnali" (1 Co. 3:3) insegna forse che vi sono due classi di credenti- gli uni carnali, gli altri spirituali? Perché? (cf. 1 Co. 2:10-3:4).
 
2. L'idea di vivere una vita cristiana vittoriosa è biblica? Perché o perché no?
 
3. Forse che noi dovremmo lasciarci solo andare e lasciar fare tutto a Dio nella nostra vita cristiana? Perché o perché no?
 
4. Quale potrebbe essere un processo di santificazione ideale?
 
5. Come può un cristiano che abbia fatto grandi progressi nella santificazione cadere profondamente nel peccato?

Versione attuale delle 18:06, 2 lug 2020

Indice generale

Custodisci in buon deposito (M. H. Smith)

01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14

 

IX. GIUSTIFICAZIONE E ADOZIONE

LeggereRomani 3:21-26; 8:15-17

Molte persone nel corso della storia si sono fatte la domanda: "Come posso io essere 'a posto' con Dio?". Questa era pure la bruciante domanda di Martin Lutero, in Germania, nei primi anni del 16° secolo. Egli aveva sentito nel suo cuore tutto il peso del peccato, sapeva di essere dannato, e per molto tempo aveva cercato di guadagnarsi la sua salvezza, aveva cercato in tanti modi di poter 'essere a posto' con Dio. Aveva abbandonato lo studio della legge e si era preparato per il sacerdozio. Era poi entrato in un ordine monacale, proprio per cercare di guadagnarsi maggiori meriti difronte a Dio. Nessuno di questi metodi aveva però soddisfatto il suo senso di colpa.

Nel monastero e nel prepararsi per l'insegnamento, , Lutero così aveva cominciato a studiare la Bibbia, ed arrivando a Galati ed a Romani, aveva scoperto questa magnifica affermazione: "Ma il giusto vivrà per fede" (Ro. 1:17; Ga. 3:11).

Per un uomo che aveva cercato di salvare sé stesso con ogni tipo di buone opere, questa fu per lui la notizia più liberante che avesse mai udito.

Ripose così una fede intensa e personale in questa dottrina, e cominciò ad insegnarla ai suoi allievi e nella chiesa, e fu così che nacque la Riforma protestante. Uno dei suoi stessi slogan era appunto "la giustificazione per fede".

Questo importante argomento e concetto rappresenta uno dei benefici che riceviamo quando riponiamo la nostra fede in Cristo. La persona alla quale viene presentato l'Evangelo potrebbe però domandarsi: "Quale vantaggio io ricavo dall'essermi ravveduto dai miei peccati e dall'aver riposto la mia fede in Cristo come Signore e Salvatore? Quali ne sono i benefici pratici?".

Vi sono due cose che devono aver luogo quando riceviamo Gesù Cristo come nostro Signore e Salvatore. Il primo è un atto giuridico di Dio il quale comprende la giustificazione e l'adozione. Il secondo è il cambiamento che avviene nella nostra natura, il quale influisce su tutto il nostro stile di vita, e che comprende l'opera che Dio svolge nel contesto della santificazione del credente. Esamineremo il primo di questi atti nel presente capitolo e tratteremo del secondo nel capitolo 9.

La giustificazione

Accade troppo spesso che i moderni cristiani non comprendano più l'espressione giustificazione per fede. Dato che tutti noi, come cristiani, dovremmo avere una migliore conoscenza dell'Evangelo ed alcuni fra noi devono ancora sapere come 'mettersi a posto' con Dio, dobbiamo studiare questo concetto molto attentamente.

Usiamo comunemente il termine giustificare fondamentalmente in due modi. I contabili lo usano per dimostrare che i loro libri finanziari siano ben bilanciati. Altri usano questo termine per affermare la giustezza di una certa azione. Per esempio: Io posso giustificare il fatto che abbia sparato ad un ladro che si sia introdotto in casa mia col fatto che questi avrebbe potuto fare del male alla mia famiglia. Lo stesso Giacomo usa così questo termine quando scrive: "Abramo, nostro Padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliolo Isacco sull'altare?" (Gm. 2:21). Il punto qui è che Abramo aveva dimostrato il suo (giusto) rapporto con Dio mediante un atto (un'opera) di obbedienza nella prontezza a sacrificare, come gli era stato chiesto, il figlio Isacco. Sebbene troviamo nella Bibbia occasionalmente ripetuto quest'uso della parola, esso non è il concetto di base che ad essa si riferisce.

L'altro modo in cui è possibile usare il termine è in senso dichiarativo. Quando un imputato in un tribunale viene dichiarato non colpevole e dal giudice e dalla giuria, questi viene accettato come giusto davanti alla corte e dalla legge; potremmo così dire che questi sia stato giustificato.

Questo è esattamente il senso usato da Paolo quando parla della nostra giustificazione per fede. Egli ci dice che a causa di ciò che Cristo ha compiuto, Dio perdona i nostri peccati, ci adotta nella sua famiglia, ci dà vita eterna, ci accetta alla Sua presenza, e ci dichiara giusti sulla base della giustizia di Cristo.

Era proprio nello studiare la lettera ai Romani che Lutero aveva scoperto la dottrina della giustificazione, presentata in modo sistematico. Nei primi tre capitoli di questa lettera, Paolo dimostra la colpevolezza dell'umanità, mostrando che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Ro. 3:23). Egli conclude dicendo che nessuno di noi potrà mai essere giustificato sulla base delle nostre azioni (opere), "giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato" (Ro. 3:20). Se questo è vero, allora chi mai potrà essere considerato 'a posto' difronte a Dio?

La risposta risiede nella dichiarazione "...e sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Ro. 3:24). Questo certo non fa riferimento alcuno al fatto che noi con questo dimostreremmo il nostro (giusto) rapporto con Dio per l'obbedienza del compiere buone opere, no. Al contrario, qui ci troviamo difronte all'idea che siamo gratuitamente perdonati dalla grazia di Dio, essendo stati dichiarati giusti da Lui, e sulla base di questa dichiarazione siamo stati gratuitamente accettati come giusti ai suoi occhi.

Ricorda, quando ci vien detto che qualcosa ci proviene dalla grazia di Dio, esso ci vien dato senza alcun merito da parte nostra, e solo a causa della bontà di Dio. Paolo parla di questa giustificazione come di qualcosa che ci viene dato per grazia, nel senso che Dio non aveva alcun obbligo di darcelo. Egli lo ha fatto solo sulla base del Suo beneplacito.

Il Catechismo abbreviato di Westminster (#33) ci dà un'eccellente definizione di questo concetto: "La giustificazione è un atto della grazia di Dio per cui Egli perdona tutti i nostri peccati e ci accetta, considerandoci giusti ai suoi occhi per il solo merito della giustizia di Cristo, la quale ci viene accreditata e che riceviamo per sola fede".

La Bibbia dice che la giustificazione diventa possibile "mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Ro. 3:24). Qui l'apostolo ci insegna che, sebbene la nostra salvezza ci venga data gratuitamente, essa pure costa a Dio un prezzo altissimo - la morte del Suo Figliolo, "il quale Egli ha prestabilito come propiziazione" (v. 25).

Propiziare significa soddisfare colui che è in collera con te, riappacificarci con lui. Esso presuppone la collera ed il dispiacere di Dio, ed il suo proposito è rimuovere quella fonte di dispiacere. Molti non vogliono ammettere che Dio sia così offeso per il peccato tanto da dispiegare per l'eternità la sua collera contro il peccatore ribelle e non disposto al ravvedimento. La Bibbia insegna chiaramente che vi sarà un grande giudizio sul peccato e sui peccatori, e l'unico modo in cui questa giusta collera può essere spenta è dare soddisfazione a chi è stato offeso.

La cosa più sorprendente dell'Evangelo è che il Dio che è stato così offeso dai nostri peccati ancora tanto ami il mondo peccatore da dare l'unigenito Suo figliolo per pagare egli stesso il prezzo per la sua redenzione. Egli ha soddisfatto la sua collera attraverso la morte del Suo amato Figliolo.

Il prezzo per soddisfare la collera di Dio è stato l'effusione del sangue di Cristo -cioè la Sua morte sulla croce. E' proprio questo sangue versato da Cristo -la sua morte- che l'apostolo Paolo indica come oggetto per la nostra fede (Ro. 3:25). Dobbiamo considerare la morte di Cristo come il prezzo stesso che è stato pagato per la nostra salvezza. Dobbiamo smetterla di confidare in noi stessi, nei nostri genitori, nella nostra chiesa, in qualunque altra cosa o persona, e riporre invece la nostra fiducia nel sacrificio compiuto da Gesù per i nostri peccati. Notate come questo brano biblico (Ro. 3:21-26) metta proprio in evidenza il punto che avevamo fatto nel capitolo precedente, cioè che è stato Gesù a compiere l'opera di salvezza, mentre la fede non è che lo strumento mediante il quale riceviamo quest'opera compiuta.

L'apostolo poi rileva come lo scopo di questo piano di salvezza sia per Dio il dimostrare la Sua giustizia (Ro. 3:25). Dato che Cristo ha pagato il prezzo per i nostri peccati, Dio può essere sia giusto, sia Colui che giustifica i peccatori che hanno riposto la loro fede in Gesù (Ro. 3:26).

Ecco così che da questo brano risulta chiaro come il piano di salvezza sorga dalla grazia di Dio, il quale offre il Cristo per soddisfare la divina giustizia -un dono che può essere ricevuto per fede sola, per la gloria di Dio.

Come può Dio considerare giusto il peccatore? Accreditandogli, ascrivendogli, mettendo sul suo conto (imputandogli) la giustizia di Cristo.

Non solo possiamo dire che la morte di Cristo è stata da Dio accettata per i nostri peccati, ma è pure la giustizia di Cristo che ci viene ora messa in conto a nostro favore ("imputata"). Questo non significa che Dio ci renda giusti, ma che Egli ci consideri giusti sulla base, per merito, della giustizia di Cristo. Veniamo fatti giusti durante il processo che prende inizio dalla nuova nascita (la rigenerazione) e che perdura per tutta la nostra vita con la santificazione, e che culmina nella nostra glorificazione. La considereremo meglio nel prossimo capitolo.

La giustificazione è un atto dichiarativo di Dio. Egli ci perdona e ci accetta come giusti, e la base di questo perdono ed accettazione, non è nulla che si trovi in noi -nemmeno la nostra fede- ma solo la giustizia operata da Cristo e la piena soddisfazione che Egli ha reso a ciò che la divina giustizia esige. Alcuni ritengono che sia la fede ad essere la base per la nostra salvezza; questo però sottrarrebbe gloria all'opera di redenzione e darebbe a noi motivo di dare gloria a noi stessi. Paolo chiarifica in modo indiscutibile che la fede stessa è dono di Dio e che la salvezza "non è in virtù d'opere, affinché nessuno si glorî" (Ef. 2:9), o se ne vanti.

La giustificazione come atto avviene solo una volta (non è cioè un processo continuo), ed essa è da riceversi per sola fede. Questa fede, però, non rimane solitaria: se è una fede vera e vivente essa produrrà necessariamente buone opere (Gm. 2:17). Questo lo discuteremo in modo più esteso nel capitolo che seguirà.

Dopo avere esposto l'insegnamento di base sulla giustificazione, Paolo dimostra che esso pure si riflette in modo coerente attraverso tutta la Bibbia, dimostrando dall'Antico Testamento come sia Abrahamo che Davide fossero stati giustificati per fede e non per opere (Ro. 4). Poi egli risponde all'accusa che una tale dottrina porterebbe necessariamente alla licenziosità, mostrando come invece questo sarebbe totalmente contraddittorio in quanto, se essa ci unisce a Cristo, essa include altresì la nostra partecipazione alla Sua morte ed alla Sua risurrezione. Di fatto dobbiamo considerarci morti al peccato e viventi a Dio (Ro. 6:11).

L'adozione

Il secondo atto giuridico che avviene quando rispondiamo a Cristo con la nostra fede è l'adozione in ciò che è stata chiamata 1"l'eterna famiglia di Dio". Nell'uso comune della parola, l'adozione avviene quando un estranei viene ricevuto come parte di una famiglia a tutti gli effetti, assumendo tutti i diritti che hanno i figli naturali. Paolo dichiara che questo è esattamente ciò che Dio ha fatto per noi: "avete ricevuto lo spirito di adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito, che siamo figlioli di Dio: e se siamo figlioli, siamo anche eredi; eredi di Dio, e coeredi di Cristo" (Ro. 8:15-17).

Talora abbiamo la tendenza di pensare che se abbiamo ricevuto la nuova nascita, siamo automaticamente parte della famiglia di Dio e non abbiamo bisogno di essere in essa adottati. E' vero che Dio ci ha dato "un nuovo cuore", e quindi una nuova natura che ci rende passibili di essere chiamati figlioli di Dio. I diritti legali, però, di quelli che vengono resi eredi di Dio, ci vengono conferiti tramite una dichiarazione giuridica di adozione.

Sia la legge antica che quella moderna che governa l'adozione rende il figlio adottivo erede al pari diritto dei figli naturali. Una volta adottati, cioè, il figlio è considerato dalla legge in modo identico a tutti gli altri figlioli nati per via naturale in quella famiglia. E' interessante notare che, se pure la legge civile permetta lo sciogliersi di un matrimonio attraverso il divorzio, essa non preveda alcun modo per sciogliere un'adozione. Per analogia il nostro essere stati dichiarati figli adottivi da Dio dovrebbe esserci di straordinaria consolazione perché ci assicura che noi abbiamo e sempre avremo, tutti i diritti legali dei figlioli di Dio.

Oggi molti insistono nel dire che tutte le persone del mondo sarebbero figli di Dio. Questo potrà anche essere un punto di vista diffuso nel mondo, ma non è qualcosa che la Bibbia insegni. Quando Adamo ed Eva caddero nel peccato, essi rinunciarono a Dio come loro padre naturale e spirituale, trasferendo la loro fedeltà a Satana. Ecco perché Gesù disse ai Giudei che si opponevano a Lui che, sebbene fossero discendenti di Abrahamo, "Voi siete progenie del diavolo che è vostro padre" (Gv. 8:44). Certamente Gesù non insegnava la paternità universale di Dio, o l'universale fratellanza del genere umano.

Inoltre Giovanni ha chiaramente affermato che Gesù "è venuto in casa sua, e i suoi non l'hanno ricevuto, ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figlioli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome" (Gv. 1:11,12). Questi brani, presi insieme a Romani 8:15-17, indicano come questo diritto che Dio dona non è impartito in modo indiscriminato su tutti e dappertutto. Esso è uno dei ricchi benefici che ci pervengono dal nostro ricevere Cristo come Signore e Salvatore.

Affermare che tutti siano figli di Dio sulla base della creazione significa rendere vano l'Evangelo. Significa dire che in realtà noi si abbia perduto il nostro rapporto con Dio a causa del peccato, che nulla sia necessario per stabilire un nostro legame eterno con Dio, che tutti alla fine siano salvati, che non si richieda alcuna nuova nascita e che non sia necessaria alcuna adozione. Queste concezioni sono radicalmente opposte all'insegnamento biblico sull'intero argomentazione di come una persona possa 'essere a posto' con Dio. Pietro afferma chiaramente che, prima della redenzione, noi non eravamo un popolo, ma che per grazia soltanto siamo divenuti "popolo di Dio" (1 Pi. 2:10).

Come corollario di quanto abbiamo fin ora detto noi potremmo rilevare come la paternità universale di Dio e la fratellanza umana non siano altro che il "vangelo" predicato dal liberalismo, cosa che si contrappone nettamente non solo a quanto la Bibbia afferma, ma pure a quella che è stata la tradizione del cristianesimo ortodosso. Si tratta di una delle distinzioni più chiare fra verità ed errore, e di fatto proprio questo punto diventa oggi quasi un "test" per verificare se una certa chiesa insegni la parola di Dio o la parola umana. Se udite queste falsità venire da un pulpito, è meglio cercarsi un'altra chiesa in cui si creda e si insegni la Bibbia, come ispirata, inerrante ed infallibile.

Per riassumere, la giustificazione e l'adozione sono atti giuridici dichiarativi. Dio dichiara entrambi veri quando per fede riceviamo Gesù Cristo come nostro personale Signore e Salvatore. Non sono un'opera progressiva di Dio, ma un atto di grazia compiuto una volta per sempre. Quando ci rendiamo conto che la giustificazione e l'adozione diventano nostre per grazia, dovremmo esserne grandemente confortati.

Domande di revisione

  • 1. Che cosa significa 'giustificazione'?
  • 2. In quali altri modi questo termine viene usato oggi?
  • 3. Come usa questo termine l'apostolo Paolo? Come lo usa l'apostolo Giacomo?
  • 4. Qual è la base sulla quale possiamo essere giustificati? Quale è lo strumento mediante il quale facciamo nostra la giustificazione?
  • 5. Perché l'insegnamento sull'adozione è importante nella Bibbia? Come si può essere adottati da Dio?
  • 6. Perché è necessaria l'adozione?

Domande per la discussione

  • 1. Perché la giustificazione per fede è una dottrina importante e perché costituisce il punto di separazione fra verità ed errore? Perché si continua a farsi la domanda: "Come posso io essere a posto con Dio?".
  • 2. Che cosa disse Paolo sulla giustificazione di Abrahamo e di Davide? Perché questo è importante?
  • 3. Nel trattare con una persona che cerchi di guadagnarsi la salvezza e di essere a posto con Dio con i propri sforzi, come spiegheresti e appoggeresti alla Scrittura la dottrina della giustificazione per fede?
  • 4. Che cosa dice la Bibbia a proposito della paternità di Dio?
  • 5. Come si fa a diventare figli di Dio? Perché non possiamo dire di nascere semplicemente nella famiglia di Dio?
  • 6. Qual è il pericolo del diffuso insegnamento sulla paternità universale di Dio e la fratellanza dell'intera umanità?