Predicazioni/Proverbi/Il coraggio di ammettere i propri misfatti e farne ammenda per vivere timorati di Dio: differenze tra le versioni
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'''Versetto 14.''' Uno dei primi, più comuni e più sciocchi errori umani è il tentativo di nascondere i nostri peccati al Creatore (Genesi 3:8–10). Non c'è nulla che Dio non sappia (1 Giovanni 3:20). Non c'è nulla che non possa vedere (Ebrei 4:13). Ogni evento fa già parte della Sua perfetta comprensione (Isaia 46:9–10). Coloro che credono di potersi nascondere da Dio non rispettano la Sua autorità; è un segno di incredulità (Salmo 10:11–13). Secondo questo proverbio, la persona che finge di essere irreprensibile sarà giudicata, mentre quella che ammette il proprio peccato sarà perdonata (1 Giovanni 1:9–10; Luca 18:10–14). Diversi esempi nell'Antico Testamento parlano del pericolo di cercare di nascondere i propri peccati. Acan aveva violato il comando di Dio di non prendere bottino da Gerico. Confiscò un mantello, argento e oro e li seppellì nella sua tenda. Tuttavia, gli oggetti rubati e il suo peccato non furono nascosti al Signore. Acan non prosperò. Fu giustiziato per il suo peccato e quindi non ereditò un solo granello di sabbia nella Terra Promessa (Giosuè 7). Anni dopo, il re Davide aveva cercato di coprire il suo peccato di adulterio, arrivando persino a far uccidere uno dei suoi uomini valorosi (2 Samuele 11-12). La sua anima e il suo corpo avevano sofferto di un dolore incessante finché non avrebbe confessato al Signore. Le parole di Davide nel Salmo 32 attestano la sua colpa quando cercò di nascondere i suoi crimini, così come il profondo sollievo nel confessare e ricevere il perdono. Esclama: ''"Beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata e il cui peccato è coperto!"'' (Salmo 32:1). Questo proverbio tocca anche una verità culturale. Nel mondo moderno, influenzato dal pensiero giudaico-cristiano, la confessione è vista più favorevolmente della scoperta. Una persona che ammette di aver commesso un errore prima di essere scoperta riceve solitamente più clemenza di chi ha cercato di nascondere il proprio peccato e ha fallito. Un'espressione comune dice: "la copertura è spesso peggiore del crimine". Sebbene non venga presa alla lettera, questa espressione riflette la drastica differenza tra errore morale e malvagità profondamente radicata. | '''Versetto 14.''' Uno dei primi, più comuni e più sciocchi errori umani è il tentativo di nascondere i nostri peccati al Creatore (Genesi 3:8–10). Non c'è nulla che Dio non sappia (1 Giovanni 3:20). Non c'è nulla che non possa vedere (Ebrei 4:13). Ogni evento fa già parte della Sua perfetta comprensione (Isaia 46:9–10). Coloro che credono di potersi nascondere da Dio non rispettano la Sua autorità; è un segno di incredulità (Salmo 10:11–13). Secondo questo proverbio, la persona che finge di essere irreprensibile sarà giudicata, mentre quella che ammette il proprio peccato sarà perdonata (1 Giovanni 1:9–10; Luca 18:10–14). Diversi esempi nell'Antico Testamento parlano del pericolo di cercare di nascondere i propri peccati. Acan aveva violato il comando di Dio di non prendere bottino da Gerico. Confiscò un mantello, argento e oro e li seppellì nella sua tenda. Tuttavia, gli oggetti rubati e il suo peccato non furono nascosti al Signore. Acan non prosperò. Fu giustiziato per il suo peccato e quindi non ereditò un solo granello di sabbia nella Terra Promessa (Giosuè 7). Anni dopo, il re Davide aveva cercato di coprire il suo peccato di adulterio, arrivando persino a far uccidere uno dei suoi uomini valorosi (2 Samuele 11-12). La sua anima e il suo corpo avevano sofferto di un dolore incessante finché non avrebbe confessato al Signore. Le parole di Davide nel Salmo 32 attestano la sua colpa quando cercò di nascondere i suoi crimini, così come il profondo sollievo nel confessare e ricevere il perdono. Esclama: ''"Beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata e il cui peccato è coperto!"'' (Salmo 32:1). Questo proverbio tocca anche una verità culturale. Nel mondo moderno, influenzato dal pensiero giudaico-cristiano, la confessione è vista più favorevolmente della scoperta. Una persona che ammette di aver commesso un errore prima di essere scoperta riceve solitamente più clemenza di chi ha cercato di nascondere il proprio peccato e ha fallito. Un'espressione comune dice: "la copertura è spesso peggiore del crimine". Sebbene non venga presa alla lettera, questa espressione riflette la drastica differenza tra errore morale e malvagità profondamente radicata. | ||
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Versione attuale delle 00:48, 17 nov 2024
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I.
“Chi copre le sue trasgressioni non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia” (Proverbi 28:13).
A tutti i livelli, la più tipica espressione dell’ipocrisia (il “portare una maschera”) è nascondere le proprie colpe e misfatti. È comune farsi vedere per quel che non si è, segnalare le proprie virtù e tacere, perché non appaia, “quel che c’è sotto”, coprire la realtà per supposta convenienza - e poi giustificarsene se scoperti... C’è chi, per esempio, parla di pace e poi ha interessi nell’industria degli armamenti. C’è chi sostiene l’immigrazionismo ma fa con esso lauti guadagni. L’Apostolo scrive: “... come mai, dunque, tu che insegni agli altri non insegni a te stesso? Tu, che predichi che non si deve rubare, rubi? Tu, che dici che non si deve commettere adulterio, commetti adulterio? (...) Tu, che ti glori della legge, disonori Dio trasgredendo la legge?” (Romani 2:21-23). È infatti uno dei primi, più comuni e più sciocchi errori umani il tentativo di nascondere i nostri peccati non solo agli altri, ma al Creatore stesso! “... e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza dell'Eterno Iddio fra gli alberi del giardino. E l'Eterno Iddio chiamò l'uomo e gli disse: ‘Dove sei?’” (Genesi 3:8-9). Superare, però, la vergogna, ammettere apertamente le proprie colpe e farne ammenda è un’esperienza necessaria e liberante. “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni ingiustizia. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo e la sua parola non è in noi” (1 Giovanni 1:8-10). Come mi pongo io, come ti poni tu, di fronte a tutto questo?
II.
“Beato l'uomo che è sempre timoroso, ma chi indurisce il suo cuore cadrà nella sventura” (Proverbi 28:14).
Beati quelli che temono sempre? Chi o che cosa? Il versetto in sé non lo specifica. Forse che esso loda “i conigli”, i pavidi, quelli che sono paurosi per natura, timidi, e che hanno sempre paura di tutto e di tutti e, con un esagerato senso di rimanere in sicurezza, mai si arrischiano a fare o a dire alcunché e di “uscire allo scoperto”? Forse tu stesso sei così, probabilmente a causa di cattive esperienze che hai fatto in passato. Questo versetto loderebbe magari persino i codardi e vili? No, niente di tutto questo. Esso dichiara beato chi vive sempre “con timor di Dio”, che rispetta sempre Lui e la Sua Legge, chi teme di fare il male e sta sempre attento a quel che dice e fa. Troppi, invece, sono coloro che, sostanzialmente empi e disavveduti, con il cuore indurito e insensibile, “vanno avanti come un rullo compressore” senza badare a niente e a nessuno, e tanto meno considerando Dio e la Sua legge. Come quel giudice della parabola evangelica che “non temeva Dio né aveva rispetto per alcuno” (Luca 18:2). Questi ultimi, però, “cadranno nella sventura”, si predispongono alla propria catastrofe, vanno inevitabilmente incontro a guai disastrosi. Con chi potresti tu qui personalmente identificarti?
Preghiera: Caro Padre celeste, sono grato di poter sempre venire da Te e confessare i miei peccati, e Tu non mi respingerai mai, ma mi estenderai sempre misericordia e mi libererai dal male. Padre, possa io essere sempre sensibile ai suggerimenti dello Spirito Santo e obbedirti quando mi dici di fare qualcosa. Non voglio mai alcuna durezza nel mio cuore verso le cose di Dio. Possa io sempre stare davanti a Te con un timore reverenziale, sapendo che Tu sei onnipotente e onnisciente. Signore, non avrò paura di ciò che altri possano farmi, perché la mia fede e la mia fiducia sono in Te. Sono grato di poter invocare il nome del Signore Gesù Cristo. Amen.
Approfondimento
Versetto 13. Questo proverbio usa la radice ebraica pachad, spesso usata per l'emozione della paura. Diversi termini tradotti come "paura" possono riferirsi di più al rispetto o alla riverenza (Proverbi 1:7; Levitico 19:32). Entrambi i concetti sono importanti, ma questo versetto sembra più incline all'idea di allarme o terrore. Coloro che ignorano ostinatamente i pericoli del peccato (Proverbi 22:5), gli avvertimenti degli altri (Proverbi 12:15) o i chiari comandi di Dio (Proverbi 1:23) si predispongono alla catastrofe (Proverbi 8:32–36). Questo atteggiamento è raffigurato come qualcuno che "indurisce il suo cuore", una frase comune collegata alla disobbedienza ostinata al Signore (Esodo 7:13; Daniele 5:20; Giovanni 12:40). Più tardi, Salomone (Proverbi 25:1) riporta un altro proverbio che mette in guardia sulle conseguenze del rifiuto ostinato di Dio (Proverbi 29:1). Alcuni interpretano questo come un appello a riverire Dio. Questa non è una conclusione irragionevole, anche se il testo ebraico stesso non menziona "l’Eterno". La lezione contrasta con coloro che sono ostinati e l'insegnamento precedente faceva riferimento al pentimento (Proverbi 28:13). Affinché una persona sia adeguatamente riverente e cerchi la bontà, è implicita l'obbedienza a Dio (Proverbi 2:6–9). Il Salmo 1 definisce la felicità, in parte, come seguire le verità della Parola di Dio. La felicità deriva dall'amare la Parola di Dio e dall'obbedirvi. Ciò significa rifiutare l'influenza degli empi. I malvagi ricevono il giudizio divino e sono eternamente separati da Dio, ma la persona che riverisce il Signore gode di una vita produttiva. Nel suo Sermone sul Monte, Gesù usa un termine che significa "beati" o "felici" per descrivere "coloro che hanno fame e sete di giustizia" (Matteo 5:6). La scelta è chiara: se una persona sceglie di onorare il Signore e "temere" il male, sarà felice. Se qualcuno indurisce il suo cuore contro il Signore, alla fine ciò porta a guai disastrosi.
Versetto 14. Uno dei primi, più comuni e più sciocchi errori umani è il tentativo di nascondere i nostri peccati al Creatore (Genesi 3:8–10). Non c'è nulla che Dio non sappia (1 Giovanni 3:20). Non c'è nulla che non possa vedere (Ebrei 4:13). Ogni evento fa già parte della Sua perfetta comprensione (Isaia 46:9–10). Coloro che credono di potersi nascondere da Dio non rispettano la Sua autorità; è un segno di incredulità (Salmo 10:11–13). Secondo questo proverbio, la persona che finge di essere irreprensibile sarà giudicata, mentre quella che ammette il proprio peccato sarà perdonata (1 Giovanni 1:9–10; Luca 18:10–14). Diversi esempi nell'Antico Testamento parlano del pericolo di cercare di nascondere i propri peccati. Acan aveva violato il comando di Dio di non prendere bottino da Gerico. Confiscò un mantello, argento e oro e li seppellì nella sua tenda. Tuttavia, gli oggetti rubati e il suo peccato non furono nascosti al Signore. Acan non prosperò. Fu giustiziato per il suo peccato e quindi non ereditò un solo granello di sabbia nella Terra Promessa (Giosuè 7). Anni dopo, il re Davide aveva cercato di coprire il suo peccato di adulterio, arrivando persino a far uccidere uno dei suoi uomini valorosi (2 Samuele 11-12). La sua anima e il suo corpo avevano sofferto di un dolore incessante finché non avrebbe confessato al Signore. Le parole di Davide nel Salmo 32 attestano la sua colpa quando cercò di nascondere i suoi crimini, così come il profondo sollievo nel confessare e ricevere il perdono. Esclama: "Beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata e il cui peccato è coperto!" (Salmo 32:1). Questo proverbio tocca anche una verità culturale. Nel mondo moderno, influenzato dal pensiero giudaico-cristiano, la confessione è vista più favorevolmente della scoperta. Una persona che ammette di aver commesso un errore prima di essere scoperta riceve solitamente più clemenza di chi ha cercato di nascondere il proprio peccato e ha fallito. Un'espressione comune dice: "la copertura è spesso peggiore del crimine". Sebbene non venga presa alla lettera, questa espressione riflette la drastica differenza tra errore morale e malvagità profondamente radicata.