Teopedia/Pietismo: differenze tra le versioni

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
 
Riga 44: Riga 44:
Se con la Riforma l'accento cadeva sulla giustificazione, con il pietismo l'accento fu posto sulla santificazione. La Riforma doveva essere intesa come qualcosa da rinnovarsi in continuazione che non poteva essere vissuto in termini istituzionali. Se da un lato c'era chi sosteneva il primato della Scrittura e dall'altro quello della ragione, con il pietismo il primato fu dell'esperienza. Insoddisfatti della realtà della chiesa, alcuni diedero vita alle ecclesiole all'interno della chiesa ufficiale per alimentare la propria pietà (''collegia pietatis''). In tali «chiesuole» non si riconosceva più il ruolo dei pastori, perché era lo Spirito a dover agire in tutti i fedeli e si comunicavano a vicenda le proprie esperienze interiori ed il messaggio spirituale della Scrittura.
Se con la Riforma l'accento cadeva sulla giustificazione, con il pietismo l'accento fu posto sulla santificazione. La Riforma doveva essere intesa come qualcosa da rinnovarsi in continuazione che non poteva essere vissuto in termini istituzionali. Se da un lato c'era chi sosteneva il primato della Scrittura e dall'altro quello della ragione, con il pietismo il primato fu dell'esperienza. Insoddisfatti della realtà della chiesa, alcuni diedero vita alle ecclesiole all'interno della chiesa ufficiale per alimentare la propria pietà (''collegia pietatis''). In tali «chiesuole» non si riconosceva più il ruolo dei pastori, perché era lo Spirito a dover agire in tutti i fedeli e si comunicavano a vicenda le proprie esperienze interiori ed il messaggio spirituale della Scrittura.


La nascita del pietismo viene fatta risalire a Jakob Spener (1635-1705). Nel 1675 egli pubblicò un libretto dal titolo ''Pia desideria'' in cui si proponeva di correggere gli abusi di mondanità, aridità e formalismo della chiesa con cinque proposte: 1. Un più ampio uso della Parola di Dio; 2. un diligente esercizio del sacerdozio universale; 3. la predicazione della fede; 4. uno spirito caritatevole nelle controversie; 5. una formazione degli studenti in teologia che tenesse maggiormente conto dell'esigenza dell'edificazione e della prospettiva pastorale. La sua influenza fu notevole, soprattutto a partire dal momento in cui Spener divenne predicatore di corte a Dresda (1686).
La nascita del pietismo viene fatta risalire a Jakob Spener (1635-1705). Nel 1675 egli pubblicò un libretto dal titolo ''Pia desideria'' in cui si proponeva di correggere gli abusi di mondanità, aridità e formalismo della chiesa con cinque proposte:
 
*1. Un più ampio uso della Parola di Dio;  
*2. un diligente esercizio del sacerdozio universale;  
*3. la predicazione della fede;  
*4. uno spirito caritatevole nelle controversie;  
*5. una formazione degli studenti in teologia che tenesse maggiormente conto dell'esigenza dell'edificazione e della prospettiva pastorale. La sua influenza fu notevole, soprattutto a partire dal momento in cui Spener divenne predicatore di corte a Dresda (1686).  


L'altro esponente del movimento fu A. Hermann Francke (1663-1727), che insegnava ad Halle. Più mistico e sistematico di Spener, egli fu molto attivo nel campo pedagogico ed assistenziale, e contribuì a fare della sua città il centro del pietismo. Egli sviluppò una concezione pedagogica che avesse quale obiettivo la conversione dei fanciulli. Nacquero scuole, orfanotrofi ed altre organizzazioni a scopo filantropico. Si ebbe anche una vasta diffusione della Parola di Dio, in particolare attraverso il lavoro delle missioni estere.<br/> Nikolaus Ludwing conte di Zinzerdorf (1700-1769), che proveniva dal circolo di Halle, fu all'origine del movimento dei Fratelli boemi di Herrnhut che divenne una comunità pietista autonoma nella quale confluirono tradizioni anteriori alla Riforma. Egli sottolineò ulteriormente i temi della salvezza per la sola fede, la necessità della santificazione e del progresso spirituale e l'apertura missionaria dei credenti.
L'altro esponente del movimento fu A. Hermann Francke (1663-1727), che insegnava ad Halle. Più mistico e sistematico di Spener, egli fu molto attivo nel campo pedagogico ed assistenziale, e contribuì a fare della sua città il centro del pietismo. Egli sviluppò una concezione pedagogica che avesse quale obiettivo la conversione dei fanciulli. Nacquero scuole, orfanotrofi ed altre organizzazioni a scopo filantropico. Si ebbe anche una vasta diffusione della Parola di Dio, in particolare attraverso il lavoro delle missioni estere.<br/> Nikolaus Ludwing conte di Zinzerdorf (1700-1769), che proveniva dal circolo di Halle, fu all'origine del movimento dei Fratelli boemi di Herrnhut che divenne una comunità pietista autonoma nella quale confluirono tradizioni anteriori alla Riforma. Egli sottolineò ulteriormente i temi della salvezza per la sola fede, la necessità della santificazione e del progresso spirituale e l'apertura missionaria dei credenti.
Riga 94: Riga 100:
&nbsp;
&nbsp;


[[Category:Teopedia]][[Category:Storia]][[Category:Teologia]][[Category:Pietas]]
[[Category:Teopedia]] [[Category:Storia]] [[Category:Teologia]] [[Category:Pietas]]

Versione attuale delle 00:10, 15 feb 2023

Ritorno


Pietismo

Il pietismo era un movimento religioso del XVII secolo nato all'interno del luteranesimo tedesco, ma che si diffuse in tutta Europa e negli Stati Uniti d'America nel XVIII secolo. Il pietismo enfatizzava l'esperienza personale di conversione e la pratica della vita cristiana.

Caratteristiche

Le caratteristiche principali del pietismo includono:

  1. L'importanza della conversione personale: I pietisti credevano che ogni individuo dovesse sperimentare una conversione personale, un cambiamento interiore che lo avvicinasse a Dio.
  2. La santità di vita: Il pietismo enfatizzava la necessità di vivere una vita cristiana di santità e di servizio agli altri, seguendo l'esempio di Gesù Cristo.
  3. La devozione personale: I pietisti erano noti per la loro devozione personale alla preghiera, alla meditazione e allo studio della Bibbia. Questo tipo di spiritualità personale e individuale spesso contrastava con le pratiche più formali e istituzionalizzate della chiesa.
  4. L'importanza delle emozioni e dell'esperienza: I pietisti credevano che la religione non dovesse essere solo una questione di fede intellettuale, ma anche di esperienza emozionale e spirituale. Per questo motivo, spesso incoraggiavano la preghiera in modo spontaneo e la partecipazione attiva alle attività religiose.
  5. La responsabilità sociale: I pietisti credevano che la loro fede dovesse influenzare la loro vita quotidiana e il loro impegno nella società. Molti pietisti erano attivi nella carità e nella riforma sociale.

In generale, il pietismo ha avuto un impatto significativo sulla vita religiosa in Europa e negli Stati Uniti d'America, influenzando molte denominazioni e contribuendo al sorgere di movimenti come il metodismo e il risveglio.

Critiche

Nonostante il pietismo abbia avuto un grande impatto sulla vita religiosa, non è stato immune a critiche da parte di alcune persone, in particolare di alcune istituzioni religiose. Ecco alcune delle critiche più comuni rivolte al pietismo:

  1. L'accento sulla conversione personale e la vita cristiana individuale può portare a una mancanza di enfasi sulla comunità e sulla vita ecclesiale.
  2. Il pietismo, con il suo enfasi sulla devozione personale, può portare a una mancanza di rispetto per le autorità ecclesiastiche e per le pratiche tradizionali della chiesa.
  3. Alcuni hanno criticato il pietismo per aver promosso un'eccessiva emozionalità e un atteggiamento eccessivamente soggettivo nella fede, a discapito della verità oggettiva delle dottrine cristiane.
  4. Altri hanno criticato il pietismo per aver promosso un'eccessiva enfasi sulla santità personale, a discapito della grazia di Dio e del fatto che la salvezza è un dono gratuito.
  5. Alcuni hanno criticato il pietismo per aver promosso una visione dualistica della vita, che separa il sacro dal profano e il mondo spirituale dal mondo fisico, creando così una distinzione artificiale tra vita religiosa e vita quotidiana.

È importante notare che molte di queste critiche sono state rivolte al pietismo in modo specifico, ma in generale il movimento ha avuto un impatto positivo sulla vita religiosa, contribuendo a promuovere l'importanza della spiritualità personale e della responsabilità sociale all'interno della vita cristiana.

Origini e caratteristiche

Anche se alcuni aspetti della religiosità pietista si possono riscontrare alla fine del medioevo, le sue origini risalgono agli inizi del XVII secolo, mentre la sua maggiore fioritura si ebbe nella prima metà del XVIII secolo.

Pur sviluppandosi all'interno del luteranesimo, esso lasciò una profonda impronta nella vita di molte altre chiese anche nei secoli successivi. Si può anche dire che lo stesso luteranesimo fu in qualche modo protetto dall'influenze devastanti di parte della teologia tedesca a causa della benefica presenza del pietismo.

Il pietismo costituisce comunque un fenomeno complesso e multiforme in cui confluiscono vari elementi e sarebbe illecito considerarlo come qualcosa di totalmente omogeneo. Si potrebbe anzi distinguere un pietismo luterano, uno moravo ed uno più radicale. Il primo cercherebbe di portare a compimento la Riforma di Lutero, il secondo di unire tutti i credenti in Cristo, il terzo di sostituire le forme ecclesiastiche tradizionali con un'autentica esperienza personale.

Nel suo complesso il pietismo reagiva all'aridità dottrinale dell'ortodossia e sottolineava l'importanza di una fede visibile. Si faceva dunque carico delle istanze di rinnovamento che da più parti si levavano e voleva agire come lievito in seno ad una religiosità troppo facilmente compromessa.

Se con la Riforma l'accento cadeva sulla giustificazione, con il pietismo l'accento fu posto sulla santificazione. La Riforma doveva essere intesa come qualcosa da rinnovarsi in continuazione che non poteva essere vissuto in termini istituzionali. Se da un lato c'era chi sosteneva il primato della Scrittura e dall'altro quello della ragione, con il pietismo il primato fu dell'esperienza. Insoddisfatti della realtà della chiesa, alcuni diedero vita alle ecclesiole all'interno della chiesa ufficiale per alimentare la propria pietà (collegia pietatis). In tali «chiesuole» non si riconosceva più il ruolo dei pastori, perché era lo Spirito a dover agire in tutti i fedeli e si comunicavano a vicenda le proprie esperienze interiori ed il messaggio spirituale della Scrittura.

La nascita del pietismo viene fatta risalire a Jakob Spener (1635-1705). Nel 1675 egli pubblicò un libretto dal titolo Pia desideria in cui si proponeva di correggere gli abusi di mondanità, aridità e formalismo della chiesa con cinque proposte:

  • 1. Un più ampio uso della Parola di Dio;
  • 2. un diligente esercizio del sacerdozio universale;
  • 3. la predicazione della fede;
  • 4. uno spirito caritatevole nelle controversie;
  • 5. una formazione degli studenti in teologia che tenesse maggiormente conto dell'esigenza dell'edificazione e della prospettiva pastorale. La sua influenza fu notevole, soprattutto a partire dal momento in cui Spener divenne predicatore di corte a Dresda (1686).

L'altro esponente del movimento fu A. Hermann Francke (1663-1727), che insegnava ad Halle. Più mistico e sistematico di Spener, egli fu molto attivo nel campo pedagogico ed assistenziale, e contribuì a fare della sua città il centro del pietismo. Egli sviluppò una concezione pedagogica che avesse quale obiettivo la conversione dei fanciulli. Nacquero scuole, orfanotrofi ed altre organizzazioni a scopo filantropico. Si ebbe anche una vasta diffusione della Parola di Dio, in particolare attraverso il lavoro delle missioni estere.
Nikolaus Ludwing conte di Zinzerdorf (1700-1769), che proveniva dal circolo di Halle, fu all'origine del movimento dei Fratelli boemi di Herrnhut che divenne una comunità pietista autonoma nella quale confluirono tradizioni anteriori alla Riforma. Egli sottolineò ulteriormente i temi della salvezza per la sola fede, la necessità della santificazione e del progresso spirituale e l'apertura missionaria dei credenti.

L'influenza del pietismo si fece sentire anche sui risvegli del diciottesimo secolo (J. Wesley, D.L. Moody); si combinò pure col calvinismo di uomini quali Jonathan Edwards e contribuì alla produzione di musica di grande qualità come quella di Handel e Bach.

Osservazioni

Il pietismo costituì un'autentica boccata d'aria fresca e infuse vita e fervore in seno agli irrigiditi fronti confessionali. L'accento sull'esperienza poteva infatti penetrare gli ambienti più diversi, perché non poneva a fondamento dell'identità criteri teologici, ma psicologici. Come tale stimolò assai fortemente le varie realtà ecclesiali anche se rischiava talvolta di degenerare in soggettivismo.

Non si deve dimenticare che Schleiermacher, padre del liberalismo dell'esperienza religiosa, proveniva proprio da un ambiente pietista. Attribuendo all'uomo peccatore o convertito tanta importanza, il pietismo poteva infiltrarsi ovunque ponendo nell'ombra il peso della grazia di Dio e venendo così a trovarsi assai vicino ai presupposti dell'ortodossia che voleva combattere.

Se l'ortodossia tendeva talvolta all'oggettivazione, all'intellettualismo e all'istituzionalizzazione, il pietismo rischiava di esagerare la soggettività, il vissuto e l'aspetto informale della chiesa. La soggettività, con l'esplosione dell'io, rischiava di trasformare la teologia in antropologia, l'oggettivismo del solus nel soggettivismo del «noi», la giustizia extra in giustizia intra. Perciò, anche se il pietismo dichiara formalmente di riconoscere le grandi intuizioni di Lutero, col tempo se ne separa. Si preferisce il Lutero giovane a quello maturo, l'autore dei canti religiosi a quello degli scritti dottrinali e politici.

Il ruolo dell'intelletto veniva seriamente ridotto con la conseguenza d'uno scollamento tra vita spirituale e vigore intellettuale. Ciò comportava una certa sterilità nei confronti delle sfide lanciate dal mondo della scienza e della filosofia. Si tendeva così a ritirarsi dal mondo in una pietà interiore ed eccessivamente individualista. Il mondo veniva rimosso perché era ritenuto dominio di Satana.

La vittoria di Cristo sul mondo appariva come una immagine retorica, ma senza consistenza. La legge di Dio veniva limitata ai precetti morali relativi alla persona rischiando così di diventare una nuova forma di neoplatonismo. Nei movimenti di risveglio del XIX secolo, tale prospettiva condusse però alla giusta separazione tra chiese e Stati.

Si riusciva a dire ciò che si sentiva, ma non abbastanza fortemente quello che il Signore esigeva. La pietà interiore permetteva di dire: «Io sento...», non: «Così dice l'Eterno». Il baricentro finiva così per passare nuovamente da Dio all'uomo. La predicazione acquistava un tono vagamente sentimentale e perdeva il suo primato nella chiesa.

Col tempo ci si «ritira» dal mondo per non essere «del mondo». Il concetto di regno di Dio viene trasferito nella sfera puramente celeste ed ideale e si configura sempre più come qualcosa d'interiore. Anziché accettare in modo concreto l'affermazione del Signore risorto che «ogni potere» gli è dato in cielo e sulla terra e pregare che la Sua volontà sia fatta sulla terra come è fatta in cielo, ci si ripiega in un mondo interiore che non riconosce in modo sufficiente il valore della vittoria e del trionfo di Cristo. Si può parlare di «sovranità» di Dio, ma si ha difficoltà a riconoscerla in tutti i campi.

Al concetto della chiesa nella chiesa (ecclesiola in ecclesia), si accompagnò una riduzione delle esigenze dottrinali che permisero poi certe deviazioni. Se infatti l'autenticità della fede (fides qua creditur) sembra più importante della verità della fede (fides quae creditur), si finisce nell'indifferentismo dottrinale. Col tempo il giudizio tra verità ed errore, tra ortodossia ed eresia diventa difficoltoso e si seguono criteri pragmatici che poco o nulla hanno a che vedere con l'autentica fede cristiana. Se permise la creazione d'organismi interdenominazionali o paraecclesiali di notevole utilità per lo slancio missionario, provocò anche effetti di disgregazione ecclesiale e lo sganciamento delle opere stesse dalle chiese originarie.

In sintesi si inserisce nel seno delle realtà esistenti, ma non ne condivide che in minima parte le strutture; dà per scontato lo studio teologico, ma non lo promuove; proclama la necessità della santificazione, ma circoscrive il senso della signoria di Dio. Pur non annullando ciò che esiste, lo relativizza a tal punto che con il passare del tempo gli elementi primari finiscono per svanire.

Anche a causa della poliedricità del pietismo ha dato luogo a valutazioni di segno diverso. Per alcuni esso dovrebbe essere visto come la riemergenza del monachesimo e della pietà medievale in ambito riformato. Per altri andrebbe visto nella prospettiva della nuova comprensione di sé dell'uomo moderno che va verso la scoperta della soggettività «autonoma» che si libera dal peso della tradizione per affidarsi alla freschezza dell'immediatezza dell'esperienza.

L'impressione di fondo è che le tare del pietismo si siano sviluppate più ampiamente che le sue qualità. Orientamento mistico, antipatia dottrinale e mentalità antiecclesiale hanno contribuito ad alimentare false antitesi tra ragione e cuore, teologia e pietà, struttura e vita. Soprattutto in coincidenza con particolari periodi della storia, è facile che tali luoghi comuni trovino riscontro anche tra coloro che si considerano cristiani. E' comunque evidente la ricerca per una vita santa, per un più intenso studio della Scrittura, per una religiosità vissuta, per uno sviluppo della pedagogia e per lo slancio missionario. Questi elementi contribuirono ad arricchire il protestantesimo per molto tempo e in diversi paesi.

Bibliografia

  • Ph.J. Spener, Pia Desideria, 1675, rist. Torino, 1986; A. Ritschl, Geschichte des Pietismus, 3 voll., Bonn 1880-6 (rist. Berlin 1966);
  • H. Heppe, Geschichte der Pietismus und der Mystik in der reformierten Kirche, Leipzig 1879;
  • H. Bornkamm, Mystik, Spiritualismus un die Anf„nge des Pietismus im Luthertum, Giessen 1926;
  • G. Necco, Lo spirito filisteo. Storia del pietismo germanico fino al romaticismo, Roma, 1929;
  • M. Beyer-Frölich (a cura di), Pietismus und Rationalismus, Leipzig 1933 (rist. Darmstadt 1970); A. Lang, Puritanismus und Pietismus, Neukirchen 1941;
  • H. Kirchhoff, Theologie und Pietismus, Neukirchen 1961;
  • V. Subilia "Il pietismo-conseguenze attuali di un fenomeno inattuale" Prot (1963/1);
  • L. Mittner, Storia della letteratura tedesca. Dal pietismo al romaticismo (1700-1820), Torino 1964;
  • E.E. Stuffler, The Rise of Evangelical Pietism (Numen Suppl.), Leiden 1965; M. Schmidt-M. Stallmann "Pietismus" RGG 3 V, 370-383;
  • J. Wallmann, Ph.J. Spener und die Anfänge des Pietismus, Tübingen 1970;
  • J. Baubèrot "Pietisme" Encyclopaedia Universalis, vol 13, Paris 1972;
  • B. Bianco, Motivi pietistici nel pensiero dell'età di Goethe, I, Trieste 1976;
  • E. Beyreuther, Geschichte des Pietismus, Stuttgart 1978;
  • Dale Brown, Understanding Pietism, Grand Rapids, 1978;
  • M. Cassese "Il pietismo, un movimento di rinascita della Chiesa Luterana" Studi ecumenici 5 (1987) 9-73.