Escatologia/La fallacia del rapimento: differenze tra le versioni
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La fallacia del " rapimento"
La teologia del rapimento ha ostacolato il vangelo del Regno che Cristo ha proclamato. Di fatto, distorce l’unica speranza cristiana, influenzando così il modo in cui noi evangelici pensiamo e viviamo nel mondo di oggi. Tutto questo ha importanti implicazioni per la nostra comprensione e pratica del Vangelo e per le nostre aspettative per il futuro.
Affermo l’insegnamento ortodosso della chiesa che ci sarà un letterale ritorno di Cristo. Mi sconcerta completamente come qualcuno possa negare questa dottrina essenziale della chiesa primitiva (Matteo 24:36-42; Marco 13:26-37; Filippesi 3:20; 1 Tessalonicesi 4:13-18; 2 Pietro 3:8-10, Apocalisse 22:20-21 ecc.).
Quindi, mentre credo nel ritorno corporeo di Cristo, non credo nel calendario “dispensazionalista” della fine dei tempi, che solo di recente (nell’ultimo secolo o giù di lì) è stato elaborato in modo dettagliato tagliando e incollando insieme versetti, e maneggiando male i testi apocalittici per promuovere qualcosa di estraneo alla speranza apostolica del NT per il futuro.
La situazione e il contesto
Mi dilungherò qui (anche se non molto a lungo) e dirò che la teologia del rapimento è interamente basata solo sulle parole di Paolo in 1 Tessalonicesi 4:16-17.
Cominciamo innanzitutto da quella che ritengo essere la pietra angolare di questo insegnamento popolare. Se esamineremo uno o due versetti della Scrittura, è sempre meglio leggere i versetti circostanti nel contesto. Quindi, facciamolo prima.
1 Tessalonicesi 4:13-18 recita: “Or, fratelli, non vogliamo che siate in ignoranza circa quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Poiché, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, così pure, quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Gesù, li ricondurrà con esso lui. Poiché questo vi diciamo per parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole” (Riv.).
Dovrebbe essere chiaro che Paolo scrive in risposta alla confusione tra i credenti di Tessalonica. Apparentemente erano stati portati a credere che i cristiani che sarebbero morti prima del ritorno di Cristo avrebbero perso la piena realizzazione del Regno sulla terra. Paolo sta correggendo la loro teologia e li rassicura nella speranza che “i morti in Cristo risusciteranno i primi” (v.16).
Il punto principale di questo passaggio è che i morti non perderanno la risurrezione. Parteciperanno alla vittoria finale di Dio. Non sono perduti. Cristo li risusciterà nell’ultimo giorno.
Ora diamo un’occhiata alle metafore che Paolo usa per dipingere un’immagine del tutto familiare, sebbene antica, di un re che torna vittorioso come eroe conquistatore.
I testi che appoggerebbero il “Rapimento”
“…perché il Signore stesso, con potente grido, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insieme con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore” (1 Tessalonicesi 4:16-17).
Ammetto che sia del tutto comprensibile come, senza alcuna conoscenza di base della letteratura antica e dell’uso comune di metafore bibliche, una persona possa vedere un’idea di “rapimento”. Ma tieni presente che quella che può sembrare una lettura “semplice” ai nostri occhi moderni, non è necessariamente una lettura semplice per il lettore antico.
Cosa significavano queste immagini per i lettori di Paolo? L’unico modo per arrivare al significato di Paolo è riconoscere le metafore che sta usando qui.
Hai davvero bisogno di avere una certa conoscenza delle immagini delle parole dell’Antico Testamento, delle idee del primo secolo sulle incoronazioni imperiali (incoronazione dei re) e una consapevolezza del giudaismo del secondo tempio per comprendere le immagini che Paolo usa in questo passaggio.
Non si ricorderà mai abbastanza alla chiesa che la Scrittura è un testo antico che spesso richiede l’aiuto di persone preparate che hanno trascorso gran parte del loro tempo a studiare l’antico contesto letterario e culturale del mondo biblico. Alcuni sono stati addestrati meglio di altri. Questo non vuol dire che lo studio formale garantisca una corretta interpretazione. Ma significa che il mondo antico non è il mondo moderno. Pertanto, per avvicinarsi all’intento originario dell’autore è necessaria un’intima conoscenza dei generi e degli stili letterari antichi.
Vorresti forse che qualcuno eseguisse un intervento chirurgico a cuore aperto su di te senza avere una vera formazione e si affidasse solo alla guida dello Spirito Santo? Non sarebbe molto confortante vero? Non contrapponiamo l’istruzione formale contro lo Spirito.
Mescola le metafore
'Il' linguaggio di Gesù che viene sulle nuvole e di tutti coloro che gli salgono incontro, non va inteso alla lettera, ma va visto invece come un’immagine potente della regalità divina.
Nel primo secolo, i re sarebbero tornati in città vittoriosi dalla battaglia e sarebbero stati fatti sfilare nella sua città.
Ricorderete che in realtà fecero questo a Gesù la Domenica delle Palme. Il contrasto sorprendente è che Gesù stava cavalcando un asino, non un cavallo bianco; non aveva un esercito, solo una folla speranzosa di seguaci e fan pacifici. Ora questo ci dice ben qualcosa!
Lo squillo delle trombe indica una processione vittoriosa e un inno al ritorno di Cristo (v. 16). Le nuvole dovrebbero essere giustamente intese come esaltanti di Cristo come divino. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento le nuvole parlano della divinità, della presenza di Dio.
Lo vedi con la nuvola di giorno che condusse gli Ebrei fuori dall’Egitto, la nuvola sul monte. Il Sinai che circondava Mosè quando ricevette la Legge, le nuvole del Figlio dell’Uomo in Daniele 7:13, la nuvola che avvolge Gesù durante la sua trasfigurazione, e ora qui con il ritorno di Cristo.
Gesù letteralmente “scenderà dal cielo” (lo spazio di Dio), non letteralmente fluttuerà giù dai cumuli e nembi, ma da una dimensione completamente nascosta, “altra” rispetto a questo mondo.
Lo scopo dei morti che risorgono per “incontrare il Signore nell’aria” è mescolare le metafore (per così dire) nel presentare questa immagine di un re divino che viene nella sua città e riporta indietro (in questo caso sulla terra) delle persone. È una bella immagine che i lettori antichi avrebbero capito. Il ritorno di Cristo è letterale, ma le immagini usate non devono essere prese alla lettera.
Gli autori ei lettori del NT lo avrebbero capito. Hanno comunicato grandi verità misteriose (soprattutto eventi futuri) in questo modo e non ne sono stati disturbati come quei cristiani del 21° secolo che tendono a pensare che l’nterpretazione letterale sia sempre quella giusta.
La teologia del rapimento distorce questo immaginario leggendolo letteralmente e sottolineando la rapio (latino: “essere catturati”) al fine di promuovere una visione d’evasione del futuro. La promessa del Signore è sempre stata quella di rinnovare questa terra, non di distruggerla per portarci via da qualche altra parte.
L’immagine che Paolo sta usando qui è coerente con le alleanze bibliche, le promesse e la speranza per il futuro del buon mondo di Dio. Questo è ciò che tutti gli ebrei, compreso Gesù, si aspettavano. Il Regno di Dio sarebbe venuto sulla terra in un evento cosmico nell’ultimo giorno.
Significato e intento originale
Paolo intende dire che Gesù (re) tornerà vittorioso e, come un re che entra nel suo regno, lo riaccompagneremo nella città (terra) e regneremo con lui per sempre. Come dice: “Così saremo con il Signore per sempre”.
Il contesto letterario detta queste cose.
Pertanto, l’intento originario del linguaggio umano, nella situazione e nel contesto antichi, è ciò che qui fa la differenza.
Sfortunatamente, l’ignoranza delle metafore e l’uso deliberato di Paolo di un linguaggio esagerato in 1 Tessalonicesi 4:16-17 è il motivo per cui la maggior parte degli evangelici reagisce con tale frustrazione a qualcuno che afferma che l’interpretazione letterale è un errore.
È visto letteralmente solo da coloro che non hanno familiarità con la/e metafora/e nel testo e dai difensori di una visione evasiva del futuro.
Come ho detto prima, per leggere questo antico testo è necessario imparare e studiare. Il significato non emerge sempre in superficie. A volte devi andare più a fondo in modo da poter apprezzare il contesto, il linguaggio degli scrittori biblici e i loro metodi di comunicazione delle idee.
Siamo onesti, a molti cristiani non piace che questo venga loro ricordato. Suppongo che questo scetticismo verso lo studio biblico approfondito nasca da pura pigrizia, anti-intellettualismo o puro dogmatismo e fondamentalismo. Non sono sicuro di quale. In ogni caso, possiamo fare di meglio. Dobbiamo fare di meglio.
La seconda venuta di Cristo
Come posso quindi immaginare la letterale parusia (venuta) di Cristo ? Onestamente, non lo so esattamente. E non sono troppo sicuro che lo sapessero neanche gli apostoli. Penso che sia per questo che usano metafore per descriverlo. In sostanza dicono questo: “Quando Cristo ritornerà, sarà come un re che torna trionfante dalla battaglia nella sua città. Andremo tutti a incontrarlo e festeggeremo il suo arrivo. Allora alla fine vivremo con il nostro re per sempre sulla terra».
Paolo mescola le metafore delle nuvole (divinità) e dell’incontro nell’aria (esaltate e intrappolate tra cielo e terra) per ovvie ragioni. Questo non è un re umano. Questo è il divin Figlio dell’uomo (Daniele 7:13).
Getta la risurrezione dei morti in questo incontro del Signore e hai un modo bellissimo di parlare di qualcosa di misterioso e sconosciuto a qualsiasi uomo su questo pianeta. Che spettacolo glorioso presto da vedere!
Tutto questo si perde quando si forza un’interpretazione letterale.
Quindi, mi atterrò alle metafore e immagino che qualunque cosa sarà, sarà più grande delle metafore stesse.
“Ma, com’è scritto: Le cose che occhio non ha vedute, e che orecchio non ha udite e che non son salite in cuor d’uomo, son quelle che Dio ha preparate per coloro che l’amano” (1 Corinzi 2:9).
Pertanto, credo che il NT riconosca solo l’imminente “secondo” ritorno del Signore Gesù per stabilire il suo Regno sulla terra per sempre senza fine.
Sulla base di questa lettura del testo biblico, penso che possiamo affermare con sicurezza che non si possa costruire una teologia del rapimento da 1 Tessalonicesi 4:16-17.
D. F.