Discussione:Teologia/Immortalità dell'anima: differenze tra le versioni
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“Poiché nella morte non c'è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?” (Salmo 6:5). | “Poiché nella morte non c'è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?” (Salmo 6:5). | ||
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L'espressione di Davide qui non nega quella conoscenza e non si presta di per sé a speculazioni metafisiche. Se lo si usa per far quello, si esce dal contesto in cui Davide qui usa quest’espressione. Non era quella la sua finalità. Stava solo dicendo che Dio avrebbe perso la lode tra i vivi se Davide fosse morto. E’ come se dicesse: “Se io morissi, non potrei più stare in mezzo ai miei fratelli e sorelle per lodare Dio e proclamare pubblicamente le tue virtù”. | L'espressione di Davide qui non nega quella conoscenza e non si presta di per sé a speculazioni metafisiche. Se lo si usa per far quello, si esce dal contesto in cui Davide qui usa quest’espressione. Non era quella la sua finalità. Stava solo dicendo che Dio avrebbe perso la lode tra i vivi se Davide fosse morto. E’ come se dicesse: “Se io morissi, non potrei più stare in mezzo ai miei fratelli e sorelle per lodare Dio e proclamare pubblicamente le tue virtù”. | ||
== Salmi 88:11-12 == | |||
La tua bontà sarà narrata nel sepolcro? O la tua fedeltà nel luogo della distruzione? Le tue meraviglie saranno esse note nelle tenebre, e la tua giustizia nella terra dell'oblìo?" (Salmo 88:11-12). | |||
Vale lo stesso discorso già fatto per il salmo 6 qui sopra. | |||
== Ecclesiaste 3:19-20 == | == Ecclesiaste 3:19-20 == |
Versione attuale delle 13:35, 2 feb 2023
Risposta ad alcuni testi che sembrerebbero affermare la mortalità dell'anima
Salmo 6:5
“Poiché nella morte non c'è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno dei morti?” (Salmo 6:5).
Il sostantivo ebraico זֵכֶר ( zekher , "ricordo") qui si riferisce al nome del Signore invocato nella liturgia e nella lode. Cfr. Sal 30:4;97:12. "Morte" qui si riferisce al regno della morte in cui risiedono i morti. Sheol era il luogo in cui i credenti dell'Antico Testamento credevano che andassero gli spiriti dei morti. Questo termine ricorre spesso nell'Antico Testamento come sinonimo di morte e tomba.
La domanda retorica anticipa la risposta, “nessuno”. Nello Sheol chi ti rende grazie? Secondo l'Antico Testamento, coloro che scendono nel regno della morte (Sceol) sono tagliati fuori dalle potenti azioni di Dio e dalla comunità dell'alleanza adorante che sperimenta l'intervento divino (Salmi 30:9;88:10-12; Isaia 38:18). Nel suo sforzo di suscitare una risposta divina positiva, il salmista ricorda a Dio che non riceverà alcuna lode o gloria se permetterà al salmista di morire. I morti non lodano Dio!
Se fosse morto, Davide non avrebbe potuto elogiare pubblicamente Dio per averlo liberato, e Dio quindi non avrebbe ricevuto onore tra il Suo popolo come avrebbe fatto se avesse risparmiato la vita di Davide. I credenti al tempo di Davide ebbero comunque qualche rivelazione della vita dopo la morte (cfr. Giobbe 19:25).
L'espressione di Davide qui non nega quella conoscenza e non si presta di per sé a speculazioni metafisiche. Se lo si usa per far quello, si esce dal contesto in cui Davide qui usa quest’espressione. Non era quella la sua finalità. Stava solo dicendo che Dio avrebbe perso la lode tra i vivi se Davide fosse morto. E’ come se dicesse: “Se io morissi, non potrei più stare in mezzo ai miei fratelli e sorelle per lodare Dio e proclamare pubblicamente le tue virtù”.
Salmi 88:11-12
La tua bontà sarà narrata nel sepolcro? O la tua fedeltà nel luogo della distruzione? Le tue meraviglie saranno esse note nelle tenebre, e la tua giustizia nella terra dell'oblìo?" (Salmo 88:11-12).
Vale lo stesso discorso già fatto per il salmo 6 qui sopra.
Ecclesiaste 3:19-20
“Infatti, la sorte dei figli degli uomini è la sorte delle bestie; agli uni e alle altre tocca la stessa sorte; come muore l'uno, così muore l'altra; hanno tutti uno stesso soffio e l'uomo non ha superiorità di sorta sulla bestia; poiché tutto è vanità. Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere e tutti ritornano alla polvere” (Ecclesiaste 3:19-20).
Un fenomeno che rende molto difficile per noi comprendere le vie di Dio e rispondere adeguatamente ad esse è il problema dell'ingiustizia in questa vita. Salomone credeva che Dio alla fine avrebbe bilanciato la bilancia della giustizia (v. 17) e che usasse l'ingiustizia per i propri scopi (v. 18). Probabilmente Salomone credeva che il giudizio avrebbe avuto luogo sulla terra (Proverbi 22:22-23), anche se non lo disse esplicitamente. Dio usa l'ingiustizia per ricordarci la nostra bestialità finita, tra le altre cose. Ci comportiamo come bestie e moriamo come loro (vv. 18-20 ). «Lo stesso luogo» (v. 20 ) è il sepolcro (cfr 6,6), non che il futuro dell'uomo sia identico a quello di un animale. Nessuno può osservare alcuna differenza tra il futuro dell'uomo e degli animali, ma Dio ha rivelato queste differenze. In vista di queste cose Salomone ripeté il suo consiglio (v. 22 ).
Dio, ovviamente, ci ha permesso di vedere cosa accadrà dopo la nostra morte dandoci ulteriori rivelazioni dopo il tempo di Salomone. La risposta alternativa a quella propugnata da Salomone è la disperazione, che la riflessione sull'ingiusta oppressione provoca ( 4:1-3 ).
Senza il timore del Signore, l'uomo non è che vanità; nemmeno i giudici usano bene il loro potere. Ma c'è un altro Giudice che ci attende. Con Dio c'è un tempo per essere giudicati, anche se non ci crediamo. Salomone sembra esprimere il sentimento che gli uomini percepiscono quando, scegliendo questo mondo come il loro tutto, si abbassano allo stesso livello delle bestie, senza essere veramente liberi da vessazioni presenti e dal giudizio futuro. Entrambi ritornano alla polvere da cui sono stati tratti. Siamo così poco ragionevoli se pensiamo di essere fieri del nostro corpo o delle sue conquiste! Eppure nessuno comprende fino in fondo, tranne pochi, la differenza che c'è tra l'anima razionale dell'uomo e lo spirito o la vita della bestia. Lo spirito dell'uomo va verso l'alto, per essere giudicato, e si fisserà in uno stato immutabile di felicità o infelicità. Ed è altrettanto certo che lo spirito della bestia va verso il basso, alla terra e perisce al momento della morte. Sicuramente la situazione degli empi è deprecabile perché il risultato delle loro speranze e desideri è di morire come le bestie. Cerchiamo di investigare se l'eternità può essere per noi una eternità di godimento? A questo risponde il grande disegno della rivelazione. Gesù si rivela come il Figlio di Dio e la speranza dei peccatori.
Ecclesiaste 9:5-6
“Infatti i viventi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla e per loro non c'è più alcun salario, perché la loro memoria è dimenticata. Il loro amore, come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più né avranno mai nessuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole” (Ecclesiaste 9:5-6).
“I morti non sanno nulla” non significa che siano insensibili. La rivelazione successiva indica che i morti sono consapevoli dei loro sentimenti, del passato, delle altre persone e di altre cose (cfr . Matteo 25:46; Luca 16:19-31 ; et al.). Nel contesto questi versetti l’affermazione significa che i morti non hanno la capacità di godersi la vita come lo possono fare i vivi. Il riferimento qui è che coloro che sono morti sono oltre alle cose di questo mondo, le passioni terrene non li riguardano più. Quelle cose che ora ci colpiscono così tanto e ci riempiono, di cui siamo così preoccupati e di cui siamo così gelosi, saranno finite.
I versetti 4-6 non contraddicono 4:2-3 dove Salomone disse che i morti stanno meglio dei vivi. Una persona che stia soffrendo l'oppressione può sentire che è preferibile essere morta (4:1), ma quando una persona è morta le sue opportunità di godimento terreno non esistono (9:4-6).